Quasi 6 mesi fa (qui il tempo passa ma nessuno fa nulla, quindi tutto si deve ripetere) vi illustravo uno dei più importanti lavori di economia usciti di recente riguardanti il dibattito sulla politica fiscale. Era scritto da 3 valenti ricercatori del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea, tutti italiani.
Chiudevo quel post soffermandomi su uno dei loro risultati: che la maggiore spesa pubblica ha più impatto (positivo) sul PIL che la maggiore tassazione (impatto negativo sul PIL), specie in una recessione come la nostra:
Particolarmente importante per me e per quel che sostiene il blog da tempo …. gli effetti della spesa pubblica essendo più potenti delle tasse, la mia proposta (p.s.: di Stiglitz, l’ho solo rubata) in recessione di aumentare la spesa pubblica con pari aumento delle tasse (senza deficit) è decisamente espansiva. Peccato che gli autori non ne esaminino l’impatto sul rapporto debito-PIL: che sarebbe ovviamente quello di farlo calare, con PIL che cresce. Spesa pubblica espansiva oggi, senza deficit, maggiore PIL, minore debito-PIL, minori tassi d’interesse e parte il circolo virtuoso che permette a quel punto di rafforzare l’Europa come Unione da applaudire ed amare perché genera crescita e non sofferenza, finendo poi, nella ripresa, per riabbassare i livelli di spesa pubblica, l’unica cosa che i governi europei non hanno mai sorvegliato e preteso, e Dio sa se dovevano farlo allora, altro che austerità oggi.
Insomma le cose che dico da sempre, con una ripetitività che suona, a me ed a voi, quasi nauseante.
Eppure.
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I tre autori hanno letto il mio pezzo sul blog. E si sono detti disposti, su mia richiesta, ad usare il loro modello per vedere cosa succede al rapporto debito pubblico-PIL, e cioè alla stabilità dei conti pubblici, se usassimo le tasse (finora aumentate in maniera enorme, ma solo per ripagare il debito) per fare maggiore spesa pubblica per acquisti di beni e servizi e infrastrutture, quella spesa di cui parla Janet Yellen, Vice Presidente della Fed, nel post di ieri.
Insomma, se facessimo una manovra come quella contenuta nel Programma per l’Italia dei Viaggiatori che espande del 5% del PIL l’intervento pubblico senza farlo in deficit: cosa succederebbe alle finanze pubbliche ed in particolare al rapporto chiave del debito-PIL (sappiamo già che il PIL salirebbe, senza dubbio)?
Li devo ringraziare pubblicamente per avermi risposto, per essersi prestati a verificare le mie richieste, non capita spesso di trovare nelle istituzioni chi si mette in gioco in questo modo. E i loro risultati hanno del clamoroso.
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Prima domanda che ho posto al loro modello: “consideriamo una manovra di finanza pubblica che non abbia nessun impatto sul saldo primario, ovvero aumento di tasse e di spesa per lo stesso ammontare” che succederebbe al debito su PIL in un contesto non recessivo ma normale?”
Il grafico che vedete rappresenta sull’asse delle ordinate la dinamica del rapporto debito PIL per diversi valori di shock (sull’asse delle ascisse i trimestri, 20 equivalente dunque a cosa avviene dopo 5 anni) di minore o maggiore intensità (addirittura la linea viola rappresenta un aumento annuale di spesa pubblica e tasse del 5% del PIL, una mega manovra simile a quella dei Viaggiatori).
![callegari1](../../wordpress/wp-content/uploads/2013/02/callegari1.png)
Cosa notate? Che il debito pubblico-PIL che parte da livelli del 120% si riduce sempre con questo tipo di manovra: aumentare la spesa pubblica via tassazione comporta maggiore PIL e migliori finanze pubbliche, esattamente l’opposto delle stupide manovre austere finora richieste dall’Europa all’Italia.
Questo anche perché con uguali shock su tasse e spesa l’effetto netto sulla crescita è positivo, visto che la spesa pubblica (che gioca un ruolo espansivo) ha moltiplicatori più alti delle tasse. Se si inverte il segno dei due shock (riduzione della spesa e riduzione delle tasse come chiedono Alesina e Giavazzi) il debito su PIL aumenta perché la minore spesa deprime di più il PIL di quanto non lo stimoli la minore tassazione.
L’impatto sul debito-PIL diventa comunque rilevante solo per livelli piuttosto alti di manovre di finanza pubblica: una manovra (linea blu) con un aumento di spesa primaria discrezionale e di tasse dello 0.5% del PIL ogni anno ed ha un effetto positivo ma minimale sul debito-PIL, molto più forte l’impatto (linea viola) di manovre del 5% del PIL. Ma manovre grandi (come 5% di PIL) hanno poco senso se protratte a lungo, perché implicano livelli di spesa e tasse in rapporto al PIL assai poco realisti.
È anche importante notare che questi tipi di shock fiscali così grandi con tutta probabilità spingono l’output oltre il livello potenziale, ed hanno dunque senso solo se esaminati in un contesto recessivo. Ecco perché ho chiesto ai 3 economisti di esaminare gli effetti della stessa manovra, o della sua assenza, in un contesto in cui l’economia sta soffrendo, ovvero in cui è in recessione per uno shock negativo da domanda aggregata. Li ringrazio immensamente per avere fatto anche questa verifica.
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E i risultati sono confermati, come non mai, anzi diventa enorme il potenziale della spesa pubblica finanziata non in deficit.
Seconda domanda posta: in presenza di uno shock negativo della domanda (temporaneo shock negativo della durata di 3 trimestri) che differenza c’è nelle dinamiche del debito tra adottare o no una manovra di finanza pubblica con maggiori spese e pari maggiori tasse?
Nel grafico sottostante vedete la differenza delle dinamiche del debito su PIL con l’adozione o meno di manovre di finanza pubblica come quelle di cui sopra (aumento di spesa pubblica finanziato da tassazione) per diversi livelli di intensità della manovra (meno intensa, blu, più intensa, viola) in caso di recessione.
![callegari2](../../wordpress/wp-content/uploads/2013/02/callegari2.png)
Notate la linea viola di manovra del 5% del PIL di spesa e tasse. Vedete che dopo 5 anni c’è una differenza di circa 33% di PIL? Dato che senza manovra stile Viaggiatori il debito sale al 133% del PIL dopo 5 anni, con la manovra esso scende a livelli intorno al 100% dopo 5 anni.
In questo caso, l’impatto della manovra sul debito-PIL è maggiore, molto maggiore, dato che i moltiplicatori sono quelli dei periodi di recessione e quindi maggiori.
Queste simulazioni quindi supportano l’adozione di manovre di maggiore spesa pubblica non finanziata in deficit, specie in caso di recessione. Le tasse avendole noi già aumentate, basta usare queste risorse per farci appalti, e sappiamo bene di quanta infrastruttura abbisogna il nostro Paese e di quanto sia facile non farle diventare sprechi con una appropriata leadership di Governo.
Ribadiamo ancora una volta: prendendo per buoni i nostri risultati, però, diventa di centrale importanza che la manovra non sia costruita come diminuzione contemporanea di tasse e spesa à la Alesina-Giavazzi, perché con i nostri moltiplicatori questo porterebbe ad una contrazione del PIL.
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Insomma. Nel caos più totale di questa Europa piccina picciò che va a brandelli per stupida incompetenza o mancanza di coraggio, la ricetta per uscirne fuori c’è, eccome. Per far tornare a crescere il Pil e l’occupazione, far scendere il debito su PIL e stabilizzare dunque i mercati e gli spread su livelli più bassi.
Incredibile ma vero. Si può fare, si deve fare.