THIS SITE HAS BEEN ARCHIVED, AND IS NO LONGER UPDATED. CLICK HERE TO RETURN TO THE CURRENT SITE
Post Format

Trieste, Italia

Trieste, Italia. L’autista alle ore 23 s’infila nel Vecchio Porto. Vuole che io veda. Ora non più zona doganale, o quasi, si può entrare.

Il mare è nascosto dalle costruzioni, ma la sua presenza è innegabile.  Un effetto stranissimo, in questa città così bella. Una città  nella città, un fantasma del passato, con i suoi spettri di gloria andata, di commercio fiorente, di scambi marittimi che furono. Di magazzini enormi, pieni di merci destinate verso chissà quale Oceano. Assicuratori, uomini di mare, operai, che come formiche si incrociano in un ritmo incessante per le vie interne lunghissime del Porto che fu, brulicante di attività, con i suoi rumori, i suoi odori, le risate e le urla di chi lavora e di chi torna a casa e di chi dà il cambio per il turno di notte.

Sono tutti lì, mi guardano da chissà quale anfratto, da dietro chissà quale vetro di una finestra sfondata di una delle tante enormi costruzioni abbandonate e fatiscenti. Dietro il cancello che costeggia la strada principale quando si arriva nel centro cittadino, ci sono questi prigionieri del passato. Invisibili a chi non entra nel vecchio Porto.

Credo chiedano di essere liberati, chiedono che queste chilometriche costruzioni, ad un passo da Piazza dell’Unità d’Italia, a un tiro dal Palazzo Generali, siano abbattute per sempre, si permetta a questa città di vivere pienamente il futuro ed a loro di divenire ricordo e non rimorso.

“I giovani scappano, i vecchi restano”, mi dice l’autista. A preservare il loro passato, certo, ma “quante cose potremmo fare di questo Porto vecchio? A radere tutto al suolo, mantenendo e abbellendo quello che si deve, a farne un lungomare che accolga nuovi progetti imprenditoriali e turistici, costruzioni fatte per rilanciare Trieste ci vuole niente, a parte tanti soldi e tanta voglia di fare, ma qui nessun politico se la sente, troppi ostacolo burocratici.”

E non finisce qui, mi dice il mio Cicerone: “mentre Capodistria ed il suo porto piccino picciò si espandono, mentre vi si draga per accogliere navi sempre più grandi, il porto nuovo di Trieste arretra, piano piano, impercettibilmente.” La Slovenia non si ferma, vogliosa di vivere.

Trieste. L’Italia. Bellissima, e triste, nella sua costante attesa.

4 comments

  1. Vedere quella rovina fa piangere il cuore a chi ci è abituato, figuriamoci a chi la vede per la prima volta.

    Qui:

    http://www.portocitta.com/it/progetto/

    l’ultimo progetto di recupero che prevede di mantenere l’operatività per i due terminal ora in funzione e, fortunatamente, non l’abbattimento bensì il recupero dei magazzini teresiani.

    Qui un esempio di quelli che sono i “problemi burocratici”:

    http://www.lavoceditrieste.net/2011/11/01/7221/

    In pratica gli accordi di pace del ’47, e poi il memorandum del ’54 e gli accordi di Osimo del ’75 impegnano lo Stato Italiano a mantenere la destinazione dell’area a porto franco internazionale.

    Per quanto riguarda la Slovenia, vero il boom del loro unico porto, non dimentichiamo che però che si sono appena candidati come ultriore S da aggiungere all’orrendo acronimo PIIGS. Non posso far a meno di notare che la strada che conduce al porto è costellata da un florilegio di centri commerciali stranieri, e nessuno mi potrà mai convincere che questo sia un buon modello di sviluppo.
    Mi dispiace anche per i Croati, che si apprestano ad entrare nella casetta di marzapane. Parlando con alcune giovani croate ho dovuto prender atto che ciò credevo li avrebbe salvati, ossia un forte nazionalismo, è stato declinato come orgoglio di essere ammessi al club dell’euro.

    Reply
  2. Fabrizio Padua

    27/09/2012 @ 08:36

    Bella fotografia ed ennesima testimonianzia del declino attuale del nostro Paese, ma non dobbiamo arrenderci, abbiamo troppe risorse e troppa storia e cultura per fermarci, dobbiamo far sapere e spronare chi ha responsabilità amministrative a lanciare nuovi progetti, per attirare giovani imprenditori.
    il nostro petrolio è la bellezza, storia e cultura, dobbiamo valorizzare e pensare positivo.

    Reply
  3. L’ennesimo segnale della scarsa preparazione dei politici da noi (direttamente o indirettamente) eletti sul tema della visione strategica ed internazionale di come funziona l’economia in un mondo globalizzato in cui certi confini sono pressoché virtuali mentre altri, magari meno visibili e tangibili, sono più che reali nelle conseguenze che generano sul tessuto socio-economico.
    Non fare, non agire, non impegnarsi, non decidere (dei politici e dei cittadini) equivale esattamente al contrario, permette infatti che altri facciano, agiscano si impegnino e decidano per noi e per i nostri figli.
    In Italia c’è ancora troppo benessere perché un cambiamento (anche etico e morale), vero e profondo, trovi la forza per autosostenersi.

    Reply
  4. Complimenti per l’iniziativa relativa all’invito del Sindaco alla cittadinanza di partecipare alla passeggiata per poter rendersi realmente conto di cosa sia realmente il Porto Vecchio, iniziativa che certamente cercherò di non disertare anche perché avendo trascorso una significativa parte della mia vita lavorativa tra queste mura, posso certamente confermare/assicurare che ormai per giustificate e difficilmente contestabili ragioni per questo sito non ci potrà più essere un futuro operativo “in termini di portualità propriamente detta”.

    Quindi non riesco ad immaginare altre soluzioni che non contemplino lo spostamento del Punto Franco in atre zone poste sul nostro litorale certamente molto più appetibili in termini operativi >>> http://triestesuperporto.jimdo.com <<< e poter quindi nel contempo finalmente consentire alla Città di poter fruire di questo magnifico sito, magnifico sia per il suo inestimabile valore architettonico che per i ritorni economico/occupazionali che sarebbe certamente in grado di generare.
    Brunello Zanitti Giuliano

    Reply

Lascia un Commento

Required fields are marked *.

*