Anni fa ebbi modo di scrivere un libro in cui, tra le altre cose, mostravo come uno dei tanti danni degli stupidi indicatori di finanza pubblica dentro Maastricht (3% deficit-PIL, 60% debito-PIL i più famosi), un danno sottile ma rilevante fosse quello di avere reso la statistica ufficiale, che tali indici misura per mandato, preda della politica e delle sue esigenze elettorali.
Non a caso mostravo come il dibattito su come contabilizzare le operazioni in derivati dei Governi, allora tema sensibile perché questi venivano usati con qualche … maquillage per rendere i conti pubblici compatibili con i requisiti di Maastricht, fosse stato allontanato da pure e corrette questioni scientifiche degli statistici a più materiali e scorrette argomentazioni degli esperti ministeriali interessati a tutt’altro.
La statistica è un bene pubblico di grandissimo valore. Là dove ci sono le dittature le statistiche non esistono o sono manipolate. Là dove le statistiche sono inesistenti o manipolate la democrazia fa fatica ad emergere perché gli elettori sono ingannati sullo stato delle cose. Le grandi democrazie hanno eccellenti uffici statistici e le rendono indipendenti e piene di risorse per lavorare bene.
In Italia la mancanza di fondi per la statistica fa male. Lo penso mentre ascolto la bella presentazione di Magda Bianco e Marco Tonello della Banca d’Italia in cui si mostrano slide come queste sulla corruzione:
dove l’indice di corruzione è calcolato con il rapporto denunce di reati contro la Pubblica Amministrazione e popolazione residente per 100.000 abitanti (valori medi 2004-2009).
Che c’entra, mi direte, con la statistica? Tanto. Sarà pur vero che stiamo facendo una riforma contro la corruzione ma è anche vero che più di quello che vedete nella figura sopra su di essa non sappiamo. Già. Non ci sono altri dati disponibili. Al di là di chiedersi come si fa a combattere la corruzione senza conoscerla e dimensionarla, lasciatemi spiegare perché questi dati che vedete sopra non bastano per niente.
Primo. Perché le denunce non sono le condanne. E sulle condanne i dati giacciono inutilizzati nella pancia dei Ministeri (Interno? Giustizia? se ci siete battete un colpo).
Secondo. Perché i reati di cui sopra, ancora non disponibili, sono tracciati per anno di condanna e non di commissione del reato. Quindi anche se li avessimo dovremmo lavorarli per fargli acquisire una minima capacità di rivelarci qualcosa.
Terzo. Perché i reati non sono un indicatore rivelatore di cosa sta succedendo al fenomeno: se crescono potrebbe voler dire che le cose vanno peggio oppure meglio (se cresce la sensibilità e la voglia di combattere la corruzione nel paese).
Ma perché, direte, anche questo minimo ammontare di dati non viene messo a disposizione dei cittadini e dei ricercatori? Bah. A voi la risposta.
Io credo che Corte dei Conti e Istat con qualche centinaia di migliaia di euro in più potrebbero assumere tranquillamente consulenti scientifici e fare un servizio al paese che vale forse miliardi di euro: un dato che possa credibilmente segnalare con precisione le aree a rischio di corruzione e le sue correlazioni con tante altre variabili, così da facilitare i controlli a campione dei controllori.
Eppure, altro che soldi in più. Qui i soldi li levano. E indovinate a chi? All’Istat. Sì, proprio a quell’Istat che il nuovo Presidente Giovannini (mio collega a Tor Vergata, che stimo moltissimo, quindi tenete conto del mio conflitto d’interessi nell’esprimere questo giudizio) ha rimesso a nuovo dandogli grande visibilità e combattendo tante battaglie meritevoli a favore dei dati e della loro valorizzazione.
Giovannini (che non ho sentito per questo pezzo) dichiara a Repubblica la sua preoccupazione. Lo dice col tono istituzionale che si conviene. Io che sono libero di dire quel che penso vi dico che è gravissimo.
E che all’Istat andrebbero aumentate largamente le risorse, di 10-20 milioni, soldi che varrebbero oro nelle mani dell’Istat di oggi. Ma a una condizione Presidente: 100.000 euro li dedichi a mettere subito on line i dati puliti e utili sull’andamento della corruzione. Il Paese gliene sarà grato.
14/07/2012 @ 09:14
Credo sia gravissimo che una “riforma” dell’Istat – nel senso di dotarlo delle risorse, soprattutto finanziarie, per diventare un’Istituzione in grado davvero di radiografare ogni attività del Paese (e quando uno parla così sembra rievocare l’URSS o la Stati, e invece pretende solo di avere dati comparabili a quelli che gli studiosi STATUNITENSI hanno a disposizione..!) – non sia stata la PRIMA riforma di un governo “tecnico”.
Senza valutazione non si può riformare; pretendono di spiegarlo ai professori che la valutazione “subiscono”, ma si comportano in maniera opposta.
Sarebbe poi ora di introdurre la cultura democratica delle sperimentazioni e della valutazione delle riforme prima della loro generalizzazione, ma questo è forse chiedere la luna..