THIS SITE HAS BEEN ARCHIVED, AND IS NO LONGER UPDATED. CLICK HERE TO RETURN TO THE CURRENT SITE
Post Format

Discriminazioni di genere

Quando emergono testimonianze crescenti di reati nel nostro Paese non dobbiamo necessariamente deprimerci. Quando i giornali sono pieni di notizie sulla corruzione e gli abusi di politici ed ufficiali pubblici dobbiamo anche rallegrarcene. Vuol dire che il Paese sta crescendo, che il suo DNA diventa meno tollerante verso questi crimini e invece che accettarli supinamente si ribella e li denuncia.

Così per la violenza contro le donne.

E’ una giornata importante e ce la teniamo stretta questa crescente sensibilità del Paese su questo tema così decisivo.

E’ la migliore difesa, il migliore attacco per sconfiggere idioti violenti, criminali violenti.

Poi c’è anche l’economia, meno importante.

*

Ricorderete il post sul rapporto Prometeia e sul fenomeno del cambiamento dell’occupazione indotto dalla stupida austerità. In esso riportavamo come:

“… Dopo 4 anni di riduzione del loro reddito disponibile le famiglie tornano sul mercato del lavoro: spesso per integrare il reddito del lavoratore a tempo pieno o per rimediare al licenziamento o alla perdita di lavoro per lo stesso. Non a caso mentre l’occupazione non cala calano le ore lavorate: questi nuovi lavori sono spesso part-time.”

Spesso sono le consorti che cercano di integrare il reddito del capofamiglia, maschile, che ha perso il lavoro a tempo indeterminato, ma ottenendo un lavoro solo a tempo determinato.

Una delle tante asimmetrie di genere o semplicemente un indicatore di come le maggiori incertezze sul futuro che introduce una recessione si ripercuotono sulle offerte di lavoro delle imprese?

E’ noto dalla letteratura economica che parte della ben documentata differenza del trattamento contrattuale femminile  nel mercato del lavoro è dovuto a diversa volontà/capacità delle donne a negoziare il loro salario.

Un lavoro di due economisti (uno di Chicago ed uno australiano) cerca di verificare se questa tendenza è presente anche con le nuove modalità di ricerca di un lavoro, sempre più basate via offerte postate su internet dai datori di lavoro e con contrattazione preliminare tra le parti con lo stesso mezzo.

Tramite una serie di esprimenti mostrano come effettivamente, in assenza di specifica menzione nell’offerta di lavoro postata su internet che questa è negoziabile, gli uomini 1) partecipano di più e 2) successivamente negoziano di più delle donne che non quando le offerte postate menzionano in maniera specifica che l’offerta salariale è negoziabile.

Là dove le offerte di lavoro sono dunque descritte con qualche ambiguità, si crea uno spazio che gli uomini sono più capaci/desiderosi di sfruttare, negoziando. Ma se le possibilità di negoziazione sono specificate, la mera specifica rende le donne altrettanto desiderose di negoziare.

Di fatto, se c’è lavoro presso un’azienda, a seconda delle regole che descrivono lo stesso quando pubblicizzato, è maggiore o minore il surplus che viene lasciato al genere femminile rispetto a quello maschile.

Se la recessione è dunque quel momento in cui le aziende per recuperare ossigeno o passano in nero o cercano di offrire condizioni meno vantaggiose per i lavoratori, non è detto che regole che rendano più chiare per tutti le modalità di contrattazione siano necessariamente da interdersi come maggiore rigidità che riduce il lavoro disponibile, ma come maggiore tutela di pari opportunità che migliora il lavoro.

4 comments

  1. Ma perche’ non fare la stessa cosa anche per i ragazzi che vengono da famiglie di bassa estrazione sociale?
    Lei parla spesso di solidarieta’ ma non crede che l’unico collante autentico di una societa’, molto di piu’ dei “buoni principi inculcati”, sia il fatto che lo Stato si impegni concretamente e visibilmente per favorire una vera mobilita’ e fluidita’ sociale, per esempio con degli analoghi “sociali” delle quote rosa?

    Reply
      • Lei mette l’accento su alcuni temi: la solidarieta’ (riferendosi all’esempio dei trasferimenti fra stati USA e al caso della Grecia in Europa) le quote rosa e le quote giovani.
        A mio avviso pero’ il problema centrale rimane quello sempre tenuto un pochino in secondo piano della mobilita’ e soprattutto della fluidita’ sociale. Se non lo si affronta tutte le altre proposte e buone intenzioni non solo restano irrealizzabili ma anzi possono addirittura diventare un mezzo perfettamente funzionale al mantenimento dei privilegi dovuti alle diseguaglianze (quote “rosa” e “giovani” sono proposte che sottintendono una equita’ sociale di irrogazione che e’ tutt’altro che scontata).

        Questa crisi (tutte le crisi) derivano dall’acuirsi e soprattutto dal cristallizzarsi delle diseguaglianze sociali; la chiave per poter “cominciare” a realizzare delle proposte valide e eticamente molto ispirate come le vostre e’ rendersi conto che, dato per scontato che l’uguaglianza non puo’ essere ne’ imposta ne’ mai completamente raggiunta, l’autentico collante della societa’, che permette una corretta collaborazione fra le varie classi, e’ solo ed unicamente la certezza (che deve essere chiaramente percepita a tutti i livelli) che tutti “possono farcela”, che lo Stato stesso promuove in tutti i modi l’ascesa dei figli delle classi piu’ umili.
        Naturalmente questo implica che venga messo in discussione il mantenimento a tutti i costi delle rendite di posizione dovute alla classe sociale della famiglia di origine, che e’ il motivo per cui in realta’ qualsiasi discorso sulla meritocrazia, quote rosa, quote giovani rischia di trasformarsi in un boomerang per chi li propone cercando di andare al di la’ del “rent seeking” (and keeping).

        Per questo ritengo assolutamente necessarie DEGLI ANALOGHI DELLE QUOTE ROSA RISERVATI PERO’ AI GIOVANI DELLE CLASSI SOCIALI BASSE, cioe’ in funzione della classe di appartenenza al fine di favorirne l’ascesa sociale intesa come reddito e prestigio.
        Tutti i vostri discorsi su una massiccia educazione civica a scuola (che io ritengo molto rischiosa e sostanzialmente improduttiva) non riuscirebbero mai a essere autenticamente efficaci in una societa’ in cui, al di la’ dei buoni principi insegnati a chiacchiere, rimane “implicitamente” prevalente il discorso relativo al rent seeking and keeping che come sappiamo fa particolarmente presa nel nostro paese (per motivi di cui bisognerebbe anche parlare qualche volta).

        Solidarieta’, quote rosa, quote giovani, meritocrazia, sono tutti discorsi che presuppongono come “comunemente accettata” l’idea che la societa’ sia fluida dal punto di vista della mobilita’, che per ogni “salita” e’ ovvio che possa esistere una discesa.
        Questo a prima vista puo’ apparire inaccettabile ma in realta’, per la stragrande maggioranza di noi e’ l’unica autentica garanzia che il mondo tutto sommato umano e vivibile che abbiamo conosciuto possa continuare a esistere migliorandosi.

        PER CONCLUDERE: la fluidita’ sociale nel giro di poche generazioni sdrammatizzarebbe il concetto stesso di differenza fra classi e automaticamente creerebbe un autentico sentimento di solidarieta’ perche’ la maggiore probabilita’ di perdere la rendita di posizione dovuta al patrimonio e al prestigio della famiglia di origine renderebbe finalmente chiara a tutti l’assoluta necessita’ di un costante sostegno reciproco fra gli appartenenti ai vari strati sociali.

        Reply
        • molto interessante. grazie Marco. concordo. Nel programma università questo c’è, e devo verificare se c’è, ancora + importante, nel programma scuola.

          Reply

Lascia un Commento

Required fields are marked *.

*