Ho ascoltato il Premio Nobel James Mirrless al Festival di Trento via web. L’ho ascoltato confermare, come credo anche io fortemente, che la migliore soluzione per uscire dalla crisi dell’area euro sia quella di stimolare la domanda interna di tutti i Paesi europei, spingendo in Germania ancora di più di quanto non si possa fare nell’area euro Sud. Domanda via spesa pubblica, si intende, anche di beni e servizi.
Con i primi che chiedono più inflazione per generare quell’occupazione sul mercato del lavoro che non hanno ed i secondi che vi si oppongono per proteggere quella ricchezza nominale in titoli che possiedono.
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E mi è venuto in mente che di questa guerra me ne ero occupato una quindicina di anni fa, quando studiavo con il mio amico Lorenzo Pecchi le determinanti politiche dell’inflazione e combattevo la follia delle teorie dominanti di allora, quelle sulla bontà di un banchiere centrale indipendente. Ero in buona compagnia, con Milton Friedman, anche lui (ben prima di me…) conscio dei pericoli immensi di una tale soluzione istituzionale, poco democratica e poco efficiente.
Sono andato a rileggermi, dopo aver ascoltato Mirrlees, i miei lavori in quella parte in cui menzionavo il tema dell’invecchiamento delle società e il livello dell’inflazione. Ritrovando spunti interessanti. L’idea iniziale era del grande Franco Modigliani che assieme a Stanley Fischer spiegava appunto come il tasso d’inflazione era destinato ad essere tanto più alto quanto più la popolazione fosse composta da giovani non detentori di titoli.
Un altro economista allora noto, Faust, richiamava come popolazioni con una maggioranza di giovani (vecchi) avrebbero spinto per più (meno) inflazione e come tale rischio avrebbe potuto essere smorzato dalla nomina di un comitato della Banca centrale fatto di anziani (giovani).
Una soluzione per vincere la guerra civile europea a favore dell’occupazione sarebbe dunque quella di fare entrare i giovani nei gangli decisionali della politica economica, Banca Centrale inclusa, da cui oggi sono esclusi?
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Vi è anche una connotazione geografica del problema.
Certo gli Stati Uniti hanno una popolazione over-65 minore in proporzione di quella europea: forse questo può spiegare in parte le politiche economiche più espansive americane rispetto a quelle europee?
La frase sopra la volevo scrivere da qualche ora, ma poi pensavo al “vecchio” Giappone e mi dicevo: “e poi come faccio a spiegare che Abe ed i nipponici, così protesi verso una società in forte invecchiamento, sono oggi invece al comando della lotta per crescita ed occupazione?”. Non torna, lascia perdere.
Ma poi, perché le cose succedono sempre magicamente, il mio amico Carlo Clericetti qualche minuto fa mi segnala via mail quest’articolo su Repubblica sul Giappone dove si legge che il Ministro dell’Economia Akira Amari ha pronunciato queste parole:
“Tra un paio di decenni un quarto della popolazione giapponese avrà un’età superiore ai 65 anni. Aumenteranno le spese sanitarie e previdenziali e diminuirà la forza lavoro, potrebbe essere una tragedia. Ma se invece fosse possibile una soluzione a questo problema, grazie allo sviluppo tecnologico o mediante la riforma del sistema previdenziale, creando cioè una società nella quale le persone rimangano attive per tutta la vita, questa soluzione potrebbe essere esportata in tutto il mondo“.
Bingo. Ecco dunque che se il Giappone è intenzionato ad eliminare il pensionamento degli anziani e introduce il concetto di lavoro eterno torna a comprendersi come il partito dell’inflazione, reflazione, occupazione possa imporsi anche in una società che invecchia come quella nipponica, ma che tuttavia potrebbe dover risparmiare di meno e lavorare di più.
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Dobbiamo dunque sperare in una riforma pensionistica in Europa che allunghi ulteriormente l’età pensionabile affinché il … Continente Vecchio la smetta finalmente di combattere come Don Chisciotte l’inflazione che non c’è e si concentri su politiche della domanda che stimolino l’occupazione, come in Giappone?
No, perché sappiamo bene che in Italia la riforma pensionistica ha ucciso occupazione, specie giovanile, altro che stimolare politiche espansive. Meglio concentrarci su qualcosa di più ambizioso: il pensionamento di una classe politica che non rappresenta in alcun modo i giovani, le piccole imprese, il nuovo e che difende oramai da troppo tempo gli interessi dei detentori (anziani) di attività finanziarie.
Non è un caso che i giovani si siano scatenati davanti alla BCE a Francoforte; forse sarà lì che un giorno ci sarà la Gettysburg dell’austerità. Ma chi sarà il Lincoln che guiderà le truppe dei giovani verso la vittoria?