“Tra il 1933 ed il 1940, i governi centrali, statali e locali assieme spesero 2 miliardi di dollari l’anno per fornire aiuto ad almeno 2 milioni di famiglie al mese. Nel 1933, con la disoccupazione al 25%, il governo centrale introdusse un piano di aiuti che ridistribuiva il 4% del PNL ad un quarto delle famiglie del paese. La possibilità di fornire così tanto denaro ad un quarto delle famiglie costituiva una opportunità unica, nella storia della nazione, per la corruzione.”
Stati Uniti, New Deal, Franklin Delano Roosevelt (FDR).
Ho riletto con interesse un articolo di qualche anno fa che spiegava come e perché Roosevelt riuscì a trasformare l’amministrazione centrale (statale) americana – America che fino ad allora aveva utilizzato, per aiutare i più poveri ed indigenti, schemi di beneficenza e assistenza dei privati assieme a trasferimenti locali delle municipalità – in una macchina alquanto burocratica ma anche efficiente che soppiantò in larga parte (ma non completamente) Governatori e sindaci in tale missione.
Spetta a Roosevelt il merito di avere creato in nuce la prima Agenzia Anti Corruzione che monitorava l’uso di questi fondi, una divisione della Works Progress Administration (WPA), creata nel 1935, di investigazione che assicurasse “l’esecuzione onesta dei programmi di aiuto.”
La questione chiave era anche quella di farlo rapidamente. Roosevelt era conscio che il Paese soffriva e c’era bisogno di supporto subito, senza perdite di tempo ma anche con la sicurezza che questo intervento fosse efficace e non solo di facciata. Per questo il primo passo fu l’allocazione del potere decisionale amministrativo sulla gestione dei fondi. E creò nel 1933 la Federal Emergency Relief Administration, FERA, scegliendo Harry Hopkins come suo Presidente.
Hopkins (nella foto con FDR) a giudizio della storia portò a termine il suo mandato con successo: lo Stato riuscì a fissare nuovi standard e nuove regole per la spesa pubblica. Più standardizzati, più organizzati, e meno corrotti.
Che interesse aveva FDR a fare tutto ciò? La risposta è semplice: il Presidente, Franklin Roosevelt, aveva poco o nulla da guadagnare direttamente da tali programmi di aiuto. Ma aveva tantissimo da perdere quanto a reputazione del suo Governo se il progetto di finanziamento spinto dal Governo fosse stato caratterizzato da tanta corruzione: ne andava del suo futuro politico. Erano i senatori, gli onorevoli, i governatori, i sindaci ad avere un interesse specifico nel singolo finanziamento ed era lì che si annidava la corruzione. Non a caso la parola “politico”, allora, veniva usata in senso spregiativo quando si riferiva ai politici locali, dicono gli autori.
E malgrado le tante concessioni fatte a costoro, Roosevelt riuscì a controllare una quota sostanziosa di queste somme nonché di bloccare i trasferimenti ai locali quando le cose parevano sospette o non ci si adeguava ai processi ed alle regole fissate a livello centrale. Già perché l’America di allora non era proprio un esempio di rettitudine amministrativa: morti che ricevevano l’assegno per l’assistenza, impiegati del Programma di assistenza che ricevevano contributi politici,eccetera eccetera eccetera .
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Penso che Monti si trovi più o meno nella stessa situazione. Ha un interesse diverso dai politici, una reputazione personale in gioco di fronte ad un Paese in enorme difficoltà. Come allora c’è bisogno di più Stato, ma di Stato di qualità. Come allora, gli sprechi si annidano nel locale (pensate alla Sanità). Uno Stato centrale forte che sappia dare gli standard giusti e blocchi i trasferimenti statali alle Amministrazioni non virtuose è possibile.
Un’Agenzia Anti Corruzione dotata di poteri effettivi è lo strumento migliore per far funzionare una spending review che funzioni.
Per fare questo. La smetta di farsi portare in giro sulla questione irrilevante delle pene anti-corruzione e faccia approvare la legge così come è (tanto pene più lunghe o meno, tutto finirà in prescrizione), portando però a casa la creazione di un’Agenzia Anti Corruzione indipendente, con struttura (non come quella fatta in passato, con poche decine di dipendenti senza potere, e non come oggi la CIVIT o il Dipartimento SAET della Presidenza del Consiglio che non hanno quasi dipendenti) che abbia il potere di esprimersi su ogni appalto che viene fatto in Italia prima che si firmi il contratto.
E a quel punto usi quel 2-3% di PIL che risparmierà con gli sprechi evitati per darci il nostro New Deal: scuole, ospedali, carceri, informatica, che diano servizi e felicità al Paese e produttività alle imprese.
Prof. Monti, nessun bambino negli Stati Uniti oggi si ricorda chi erano i politici del 1933. Tutti sanno invece chi era Franklin Delano Roosevelt. I miei figli hanno bisogno di crescere con dei modelli positivi, che sappiano ricordare chi fosse stato il grande capo di quella cosa così importante chiamata Pubblica Amministrazione. Spero per il loro bene che quando saranno grandi si ricordino di lei.
23/04/2012 @ 11:55
Giustamente serve un’agenzia anticorruzione e pene esemplari per corruttori e corrotti. Come va di moda dire “lo ha chiesto l’Europa”, il secolo scorso. Non sembra a nessuno singolare che di tutto quello che chiede l’Europa si adottino alcune misure che non cambiano il corso dell’economia? Non sarà il caso di andare a vedere se di chi siede al vertice di istituzioni cardine europee qualcuno ha avuto a che fare con Goldman Sachs, come è accaduto per Monti (il figlio si sta già allenando nella stessa palestra), Draghi e prima di loro anche Prodi? O questa considerazione è davvero ininfluente per comprendere la direzione della “storia”?
27/04/2012 @ 13:42
prof ma è vero che Monti ha firmato dei documenti che aggravavano ancora di più la situazione dell’Italia sborsando la bellezza di 35,1 miliardi di euro a favore di Grecia, Portogallo e Irlanda? Oltre al patto fiscale anche questa?