THIS SITE HAS BEEN ARCHIVED, AND IS NO LONGER UPDATED. CLICK HERE TO RETURN TO THE CURRENT SITE
Post Format

Il sogno che abbatte le barriere

Peccato, oggi da Barisoni non sono riuscito a finire il mio pensiero, c’era poco tempo ma mi sa che forse parlo troppo. :-)

*

Ma chi crede al Direttore Napoletano nella sua battaglia contro la burocrazia? Come credere che questa ci salverà? Lo sappiamo bene che ci vogliono anni per, se proprio lo si vuole, vedere i frutti di una lotta contro una burocrazia che uccide un Paese, il nostro Paese.

Lo sappiamo bene che ci salverà solo l’espansione dell’economia e che l’unico motore che può sostenere questa è la domanda pubblica. Ma ecco dove ci ritroviamo con Napoletano.

A Bruxelles, per ottenere il via ad un piano di spesa pubblica stile Giappone, vorranno qualcosa in cambio. E noi gliela daremo, la lotta alla burocrazia che piacerà a tutti a quel tavolo di “27 fannulloni che non sanno sognare l’Europa”. Ecco, la lotta contro la burocrazia, saggia nel lungo termine, diventa di fatto essenziale anche per il breve termine.

Ma.

Noi sappiamo come spendere. Basta fare gare di appalti che danno lavoro a tante imprese. Ma come si combatte la burocrazia?

Oh, semplice. 4 cose. Ognuna precondizione dell’altra!

*

Primo. Lo dice Napoletano: “avviando concretamente con gli uomini giusti (ci sono) la ristrutturazione della macchina dello Stato“. Eh già. Senza gli uomini giusti non si parte nemmeno. Lo sanno tutti che il pesce puzza dalla testa. Eh già, ci sono, senza parentesi, gli uomini giusti. Sappiamo nomi e cognomi, indirizzi, degli uomini giusti. Non li scegli? E va bene, vuol dire che ti stanno bene le cose come stanno. Game over.

Secondo. Hai scelto gli uomini giusti? Allora fai che questi indirizzino al meglio le risorse a disposizione. Crea regole ed organizzazione al servizio del successo. Assicurati che là dove ci sono gli uomini giusti ci siano anche i soldi che si meritano coloro che lavoreranno con entusiasmo, ben coordinati, per gli uomini giusti, per il Paese. Che dove ci siano quelli bravi, ci siano le risorse per compensarli e stimolarli a fare ancora di più. Ma proprio tanti soldi. Non li premi? Game over.

Terzo. Le risorse saranno allocate secondo le regole giuste? Ora non ti resta che individuare i più bravi da premiare e stimolare. Come? Beh per prima cosa devi avere i dati, tanti dati, milioni di dati, miliardi di dati per poter verificare, misurare, indicare la via. Non misuri? Game over.

Quarto. Con quei dati, indicata la via, e solo allora, parte la spending review. Per capire dove aumentare, dove diminuire, dove modificare la spesa, per un Paese migliore. Non sogni? Game over.

Ecco, I need a dream.

Questo sogno richiede una quinta condizione. Un leader, un vero leader, un leader qualsiasi, ma non uno che veda nella stabilità un valore in un tempo di così profonda crisi. Uno che veda il sogno per il Paese. Tutto qui. Tutto comincia da qui, dal sogno.

I Viaggiatori domenica a Subiaco, per quel sogno.

9 comments

    • Certo, ma credo sia più serio per me farle un piccolo elenco qui a casa mia, all’università. Dove per entrare nel mio Master dirigenti di amministrazioni estere che vengono a Roma per 3 mesi devono andare un giorno intero al Commissariato a farsi prendere… le impronte digitali (e quindi vanno in altri Paesi a fare il Master). Dove gli studenti stranieri che fanno domanda per studiare da noi devono infilarsi in colloqui con le ambasciate italiane locali estenuanti per ottenere la documentazione richiesta (e quindi vanno in altri Paesi). Dove per fare un contratto a tempo determinato a personale amministrativo eccezionale per lavorare in programmi di formazione di eccellenza devo inventarmi le formule più assurde che mi portano via giorni di fantasia perché le possa assumere, quando ci riesco. Dove per tenere aperte le biblioteche la sera per i ragazzi che vogliono studiare non devo fare altro che rinunciare. Dove per acquistare materiale per le aule avendo io i soldi grazie a programmi di eccellenza mi sento dire che non è possibile perché la norma non lo prevede. Non lo so, ma guardi, se mi sforzo continuo. Io questo lavoro continuo a farlo, con passione. Ma le assicuro che capisco chi dice basta e va via. Uccidendo il paese.

      Reply
      • Mi ha fatto molti esempi, professore, che fanno riferimento al settore che conosce, quello universitario, ma che non mi pare siano problemi “burocratici” veri. Se ai dirigenti di amministrazioni estere chiedono le impronte digitali è perchè esistono leggi che hanno lo scopo dichiarato di rendere difficili gli ingressi legali di stranieri, leggi (dal punto di vista di chi le ha emanate) efficacissime.
        Le difficoltà nell’assumere personale o nel fare acquisti, pur avendone le risorse economiche, sono anch’esse figlie di norme che precisamente questo scopo intendevano conseguire, riuscendoci perfettamente. Però non capisco consa centri questo con la burocrazia!

        Reply
        • E’ semantica, se vogliamo convergere intendiamo con red tape invece di burocrazia tutte quelle regole del gioco e di comportamenti che condizionano inutilmente il gioco senza procurare benefici.

          Reply
  1. Spett.le Prof. Piga, ho ascoltato il suo intervento a Radio24 dal sig. Barisoni.
    Mi stavo chiedendo come fa un minuto prima ad affermare che in Italia ci vuole più domanda interna, affermazione con la quale io sono perfettamente d’accordo e credo anche il sig. Barisoni visto che ha citato la scomparsa del mercato interno affermazione del sig.Piccinelli, l’imprenditore di Brescia, che ha confermato che vende per l’85% all’estero e il 15% in Italia di una sua produzione calata comunque del 50%, ed un minuto dopo dice che uno stato estero non può partecipare ad una gara per realizzazioni di natura PUBBLICA, così da fare in modo di abbassare i prezzi delle gare d’appalto proposti dalle aziende (italiane)?
    Potremmo parlare per ore di quello che comporta un’affermazione del genere, ma le dico solo una cosa: quando i lavori in Italia li fanno le aziende italiane, forse gli operai che ci vanno a lavorare saranno italiani e, perchè no, magari i soldi che guadagnano li possono usare per acquistare uno dei libri che sicuramente lei avrà pubblicato e così in qualche modo faranno guadagnare anche lei. I fornitori di quell’azienda forse saranno italiani e via dicendo…Non basta: le tasse che pagherà quell’az. sull’utile magari serviranno a finanziare le spese di un’amministrazione pubblica migliore (sono d’accordo sulla rif. della P.A. , magari chiudere anche qualche ospedale zavorra sarebbe utile).
    Insomma la vogliamo finire o no di bramare i capitali esteri? Non ci servono se non aumentano in qualche modo il benessere della popolazione residente! Siamo un mercato di quasi 60 milioni di individui, tutti con dei bisogni e mi lasci dirlo, con la voglia di poter vivere bene.
    Un’ultima cosa. Lei sarebbe disposo a partecipare ad una gara d’appalto dove deve tenere i margini della sua prestazione più che al minimo? Fino a quano può scendere?
    Con questo non voglio dire che non esistano sprechi ma ci tengo a sottolineare che un limite al prezzo al ribasso, specie se uno i soldi dalla pubblica amm.zione li aspetta anche 5 anni, ci deve essere. Nessuno lavora e deve lavorare gratis e proporrei un tetto al ricaico minimo piuttosto. Sì lo so questo è protezionismo e arrivederci al mercato libero e non ha torto, sono anche io per la libera concorrenza allora facciamola al contrario, a busta chiusa si intende, magari così si battaglierà sulle prestazioni e servizi offerti e non più sul prezzo.
    Saluti Enrica

    Reply
    • Grazie Enrica è un’ottima domanda, non c’era troppo tempo per parlarne ma concordo con lei che va spiegato bene. Io non bramo capitali esteri, lei lo sa se legge questo blog.
      Ma mi pare ovvio che: a) chiudere le porte a imprese estere con vincoli assurdi porta poi a trovarsi sbattute in faccia le porte di quel Paese; b) se in gara c’è più partecipazione i prezzi scendono e ho più soldi per fare più spesa o meno tasse c) lo stesso come sopra se l’azienda è capace di fornire più qualità.
      Ma il problema vero è altrove. Sa perché credo sia utile la lamentela di quel Paese straniero? Parliamoci chiaro: le commesse pubbliche sono in mano alle imprese nazionali, è il settore più protetto di tutti, in tutti i Paesi del mondo, e credo che per molti versi sia un bene (in particolare in questa recessione). Di fatto, e paradossalmente, la battaglia che fa quel Paese straniero per una maggiore possibilità di partecipazione è di gran lunga una battaglia per le nostre imprese: perché la maggior parte delle piccole imprese italiane che non partecipa alle gare pubbliche non lo fa perché incontra esattamente le stesse problematiche delle (medie o grandi) imprese estere. E’ quindi una lobby potente anche e soprattutto per il cambiamento interno. Paradossale ma largamente vero.

      Reply
      • Gentile prof. Piga, la ringrazio per la sua risposta.
        Comprendo le sue ragioni. Tralasciando la libera concorrenza europea o mondiale, che poi ci sono casi come in Francia che quando è l’Italia a voler giocare le sbattono comunque le porte in faccia, lei dice che in un certo senso sia più facile farsi aprire la strada dalle imprese straniere per poi avvantaggiarsi senza sforzo delle semplificazioni ottenute.
        A parte che semplificandola sembra tanto: ” Vai avanti tu che a me mi viene da ridere(piangere)”, non possiamo aspettare che la battaglia la facciano loro, devono farla le PMI italiane. Questione di soppravvivenza. Cosa aspettano?
        Poi se ne può anche parlare e vorrei che mi si assicurasse la concorrenza ad armi pari e la possibilità di giocare di giocare in un’altra casa.

        Portando invece il discorso fuori dagli appalti pubblici e dalle grandi opere, il prossimo anno vorrei, nel mio piccolo di cittadina lavoratrice, poter acquistare un mestolo di legno, va bene anche di plastica, fatto in Italia.

        Grazie,
        saluti Enrica.

        Reply
        • Concordo con lei , la battaglia la devono fare le PMI italiane, anzi la guerra. Con I Viaggiatori glielo diciamo ogni minuto, difficile mobilitarle.

          Reply
  2. Una precisazione: quando parlo di benessere intendo quello reale, fisico, concreto. Non il benessere del “ti finanzio tutto quello che vuoi in 36 rate da 20 euro anche se sei disoccupato, in cassa integrazione, nullatenente con 3 figli a carico e già un mutuo di 25 anni sulle spalle”.
    Saluti
    Enrica

    Reply

Lascia un Commento

Required fields are marked *.

*