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L’unione politica europea è fuori dalla Storia, l’unione culturale è fuori dal dibattito

“L’Europa è in punto di morte… l’Europa come idea. L’Europa come sogno e come progetto.”

“Si decompone ad Atene, una delle sue culle, nell’indifferenza e nel cinismo delle nazioni sorelle.”

“Si decompone a Roma, un’altra delle sue culle … la fonte romana inquinata dai veleni di un berlusconismo che non smette di finire”

“Si decompone per l’interminabile crisi dell’euro… Il teorema è implacabile. Senza federazione, non c’è moneta che tenga. Senza unità politica, la moneta dura qualche decennio, poi, con l’intervenire di una guerra, di una crisi, si disgrega. In altre parole, senza progresso dell’integrazione politica … senza abbandono di competenze da parte degli Stati-nazione e senza una franca sconfitta, quindi, dei sovranisti che spingono i popoli a ripiegarsi su stessi e alla disfatta, l’euro si disintegrerà come si sarebbe disintegrato il dollaro se i sudisti avessero vinto, 150 anni fa, la guerra di secessione.”

Tra i firmatari dell’appello: Umberto Eco, Bernard Henri Lévy, Claudio Magris, Salman Rushdie.

*

Che meravigliosa prospettiva, la cultura europea che si unisce per resuscitare il sogno europeo.

Che curioso salto logico, per degli uomini di cultura, quello di pensare che senza unità culturale possa esserci una unità politica. Che con l’indifferenza e cinismo di oggi si possa magicamente costruire, a tavolino, come in un terrorizzante esperimento sociale, l’altruismo federato.

Che errore di valutazione quello di pensare che i sovranisti spingano i popoli a ripiegarsi su se stessi e non piuttosto a orgogliosamente rivendicare un ruolo nella costruzione europea.

Che il dollaro sarebbe morto con la vittoria del Sud è non capire la radice alla base di una unione di popoli diversi. Il dollaro sarebbe rimasto ben vivo, intriso di valori confederali del Sud, scrivendo semplicemente una storia diversa, ma scrivendola.

La guerra civile americana racconta una sola cosa: la necessità del confronto, sperabilmente non estremo, tra popoli diversi è l’unico modo di procedere verso una unione politica.

Ecco perché conta dire, certo, che l’Europa si disintegrerà se si disintegra l’euro, ma conta di più spiegare perché ciò avverrebbe.

Non perché, come invece sostengono gli intellettuali firmatari dell’appello, alla disgregazione della moneta unica seguirà “regressione sociale, precarietà, esplosione della disoccupazione, miseria” (è possibile anzi che le cose migliorino a medio termine senza euro, vista la pessima politica economica che ha accompagnato sinora la moneta unica) ma perché verrà a mancare un dialogo culturale, teso ed a volte dal volto violento quanto si vuole, che genera infine comprensione e poi ancora solidarietà reciproca. E che costituisce la sola precondizione per la cessione volontaria di sovranità, a sua volta pre-condizione di una vera democrazia europea che invece imploderebbe dopo pochi anni con una unione politica imposta dall’alto.

11 comments

  1. Questo modo di vedere aperto, pieno di umanità e intelligenza è il motivo per cui aderisco ai Viaggiatori.

    Perché non è stato scritto nel proemio del programma non si sa.
    Temo che in quanto a timing e marketing ci sia qualcosina da rivedere…

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    • Marco. Forse perché oggi appare anacronistico parlare di dimensione umana chiaramente. Tutti ne abbiamo pudore, per non apparire privi di concretezza mettiamo in primo piano l’efficacia della logica. Gli anni che ci hanno preceduto hanno efficacemente banalizzato la ricerca umanistica ritenuta inutile al profitto. Così esseri incompleti, con grottesche emulazioni delle virtù sono avanzati in intere legioni di tecnici stupidi e ignoranti. È sbagliato e ne pagheremo le conseguenze approvare solo quello che a prima vista appare utile e produttivo, mortificando quella base umanistica che unita alla tecnica e alla scienza sarebbe necessaria per l’esplorazione dell’intero contesto, che non significa sopravvivere costi quel che costi. Ma questo i Viaggiatori come tu dici lo sanno bene e spero abbiano l’opportunità di dimostrarlo, perché il cammino se vince l’egoicità sarà impervio.

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      • Cara Cristina, più che anacronistico il modo di ragionare del prof è in anticipo sulla media degli approcci politico economici attualmente sul mercato.
        Non c’è un confronto col problema al fine di superarlo e basta, ma si cerca di individuare anche quel tanto di energia che il problema stesso contiene e che non va buttato via.
        Ottimo e anche esteticamente molto bello.
        Solo che forse è un errore pensare che tutti ragionino in questo modo o che quantomeno lo apprezzino a prima vista e ne siano interessati.
        Perché non tutti sono nelle condizioni di “comodità” che permettono di non pensare solamente alla risoluzione delle proprie incombenze immediate e questo comporta che esiste tutto un lavoro di “contatto” da fare senza il quale nulla potrà compiersi.
        Spero che avremo modo di parlarne tutti insieme.

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        • Certo Marco. Una rettifica è d’obbligo però, anacronistico non era assolutamente rivolto al prof.Piga verso il quale provo unicamente una grande ammirazione, che tra l’altro non perdo occasione di esprimere. Profitto immediato è invece riferito a speculazioni amministrative , verso chi ha delle responsabilità, non era rivolto a chi deve sbarcare il lunario a fine mese. E comunque sia la spinta evolutiva il progresso umano nasce con noi, è in atto da sempre, per tutti, basta ricordarlo e assecondarlo. È questo l’esercizio che deve precedere ogni nostra azione. Saluti.

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  2. L’Europa è dei popoli e delle nazioni, non degli stati-nazione e delle banche che sono un prodotto del loro potere sovrano. Gli stati-nazione europei sono una breve ed unica parentesi storica. I popoli e le nazioni preesistevano e li sopravviveranno. Inoltre, a ben guardare gli stati-nazione hanno creato più guasti che vantaggi, in Europa e nel mondo, guerre orribili e la colonizzazione.
    Se l’Europa vuole esistere deve fare i conti con la propria storia, quella dal 1648 al 1945.
    Con le sovranità non esiste dialogo, non ci sarebbe stato il Rinascimento.
    Scusate, ma o l’Europa provoca il superamento degli stati-nazione e della loro ignobile cultura predatrice fondata sulla falsa tradizione e lo sfruttamento, oppure l’Europa non ci sarà.
    Non esistendo più un’ideologia politica per far convergere gli stati-nazione nel loro superamento, si è provato con il mercato, la moneta e le banche. Tentativo piuttosto fallimentare, come vediamo.
    La Germania propone di rifondare l’Europa attorno ai principi cardine del costituzionalismo e i diritti findamentali. La Francia, ferma allo stato-nazione, va in giro a fare guerre (fallimentari) in Libia e Mali/Algeria. Il Regno Unito, e Cameron lo ha ripetuto, credono ancora nella forza demiurgica del mercato. E l’Italia? Che cosa propone? Per ora nulla.
    L’Italia è uno stato-nazione mancato. Ogni volta che ha provato a forzare la storia per esserlo è stato catastrofico. Ma i popoli italici hanno fatto grande la storia dell’Italia fino a quando lo stato-nazione ci ha inabissato nel debito.
    Un’idea d’attualità completamente oscurata è il pensiero di Giuseppe Mazzini, per l’Italia e per l’Europa. Invece, sul piano etico religioso, il pensiero di Sant’Agostino darebbe nuovo impulso alla nostra Roma millenaria, superando i tanti danni delle congregazioni millenaristiche e temporali che lo hanno succeduto.

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    • Elena Gajani Monguzzi

      27/01/2013 @ 10:33

      I Comuni (di storica memoria) e i comuni cosí come li conosciamo potrebbero (e dovrebbero?) essere l’unità di misura della partecipazione attiva, della guarigione ecosistemica e dal basso dell’economia, dell’applicazione e della verifica dello spirito di collaborazione tra le persone.
      Non potendo abolire le sovrastrutture (a partire dagli stati-nazione e dai gruppi mondiali del potere finanziario) con un colpo di bacchetta magica (che dovrebbe essere bipolare e instaurare immediatamente/”magicamente” un velo di copertura o un sughero per tappare) si potrebbe (dovrebbe!) tentare di creare non tanto una rete quanto un cordone sanitario di collaborazionbe/elaborazione fattiva tra i portatori sani di spirito di cittadinanza vivi (e vegeti?) nei PIIGS.

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  3. Si può pensare di vivere senza sforzo questa folle Europa? La crisi e il cambiamento? Ci annoia anche l’inutile saccenteria. Cosa difficile da imparare, anche per gli intellettuali evidentemente, è invece la comunicazione, che dovrebbe significare condividere un problema comune, esaminarlo da vicino, con responsabilità di tutti, evitando che qualcuno parli e qualcun altro ascolti. Comunicare significa condividere, prendere parte al problema , un problema che tocca tutti. Collettivamente assistiamo a questo straordinario cambiamento. La rivoluzione che sta modificando questa struttura sociale e culturale richiede si raffinate competenze ma anche freschezza, menti pulite ed occhi ben aperti, perché oramai è chiaro che chi avrà una mentalità rigida o inclinazione ideologiche troppo profonde, chi preferirà non dissolvere il sonno dell’illusione, risolverà tutto con grande confusione ottenendo solo altra miseria.
    Grazie Professore per l’opportunità che ci offre ospitandoci, di rispondere a irresistibili impulsi di riflessione. Sono anche certa che il suo blog metta in atto potenti dinamiche in ognuno di noi.

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  4. Troppo spesso la parola “sovranità” nel dibattito odierno è intesa in senso negativo, quasi fosse un retaggio di retorica fascista, tralasciandone invece il significato genuinamente patriottico. Troverei normale che il Signor Monti negativizzasse qualunque tipo di pulsione sovranista per meglio uccidere politicamente le forze che più si oppongono al suo progetto e quindi all’attuale progetto europeo. Ma da intellettuali del calibro di Eco questo non me lo aspetto. Credo sia normale, logico e giusto che un cittadino abbia poco desiderio di cedere la propria sovranità a Van Rompuy quando ad aspettarlo dietro la porta ci sono rigore, austerity, deflazione salariale e tante altre belle riforme strutturali. Concordo quindi con l’analisi del Profesor Piga, anche se manifesto opinioni più pessimistiche sulla sorte dell’Euro, che non è affatto da intendere con l’Europa (come insieme di popoli e culture) e anzi credo che il crollo dell’Euro potrebbe essere una nuova opportunità per operare verso un progetto europeo più sano e sociale, nel senso moderatamente sinistro del termine.

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  5. La cosiddetta Europa, altrimenti chiamata dittatura oligarchica, è in punto di morte, ma la terranno artificialmente in vita fino a quando avremo qualcosa, ovvero avranno qualcosa da prenderci.
    Il dibattito culturale, la civiltà e la democrazia, sono sempre stati più avanzati qui che negli States nonostante, anzi proprio forse perché l’Europa è divisa in tanti stati, ognuno con un suo portato culturale che quelli come lei stanno tentare di distruggere omogeneizzandolo e falsificandolo.
    Gli States sono solo più ricchi e potenti a spese del mondo intero e i poveracci non hanno nessuna tutela, bell’esempio davvero!

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  6. Sono dubbiosa, molto dubbiosa sul tema, professore. Ho sempre creduto che per costruire questa Europa unita fossimo partiti dal punto sbagliato e le politiche economiche messe in atto ce lo dimostrano, purtroppo, cosa abbiamo in comune noi, per esempio, con i tedeschi? Con gli svedesi? e così via… Sono convinta che prima di realizzare il progetto Europa unita dal punto di vista economico bisognava pensarci dal punto di vista culturale, non c’è senso di appartenenza tra i popoli europei, e come può esserci se alcuni di noi italiani ancora oggi ci identifichiamo per regione, addirittura da alcune parti per provincia? Senza questo senso si può costruire soltanto una grande Spa dove gli interessi economici la fanno da padroni, padroni sì ma dove tutti i componenti o soci hanno diritti e obblighi in egual maniera, non esistono soci di serie a o di serie b, oppure quelli con credenziali, diciamo così, meno forti si assumono pure responsabilità meno onerose rimanendo in una partecipazione limitata, senza dover fare finanziarie di lacrime e sangue per mettersi alla pari con gli altri dal punto di vista dei conti pubblici. Daremo di meno? Bene, usuifruiremo di meno di eventuali benefit europei, ma sopravvivereremo con meno fatica alla crisi attuale. Ogni stato sovrano ha la sua realtà economica, sociale e culturale, se non si costruisce prima quella culturale di appartenenza europea alla fine ci guarderemo sempre con sospetto e critica reciproca sui fatti non esplicati di uno stato o dell’altro.

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