“I’d like to give you this quote of Professor Zygmunt Bauman, a Polish sociologist who has become best known for his analyses of postmodernity and consumerism. It has to do with the fact that you don’t lose sovereignty when you share it, but you actually regain it.”
Mario Draghi, Financial Times Person of the Year 2012.
“Le vorrei citare il Professore Zygmunt Bauman, un sociologo polacco che è assurto a notorietà specie per le sue analisi sulla post-modernità ed il consumismo. Ha a che vedere con il fatto che non perdi sovranità quando la condividi, ma anzi la recuperi“.
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“Dire che un quadro politico non può affermarsi se manca un organismo etnico-culturale vitale non è né più né meno convincente di dire che un organismo etnico-culturale non può diventare e restare praticabile senza un quadro politico funzionante ed attuabile. E’ il più classico esempio del dilemma dell’uovo e della gallina”.
Così Bauman (L’etica in un mondo di consumatori) sull’Europa che dovrà nascere. Europa nazione per creare uno Stato o Europa Stato per creare una nazione? Io mi schiero con la prima opzione, dalla parte dell’uovo, forse.
Ma. Al di là di ciò. Lasciamo parlare ancora Bauman che non concorda con me, sempre che prevalgano determinate condizioni di democraticità europea:
“Una nazionalità condivisa non è una condizione necessaria di legittimità dell’autorità dello Stato, se lo Stato è un organismo autenticamente democratico.”
Potrebbe anche essere. Ma purtroppo così non è oggi in Europa, confermando a mio avviso la necessità di avviarci prima verso un lento processo che porti ad una nazionalità europea condivisa, grazie alla cultura, ai ponti ed al viaggio, e solo poi verso uno Stato europeo con le sue strutture politiche. Ma vediamo ancora Bauman, interessante, anche perché trovo le mie conferme nelle sue parole:
“Si potrebbe affermare che il nazionalismo colmi il vuoto di legittimazione lasciato (o non riempito in primo luogo) dalla partecipazione democratica dei cittadini. Quando questa è assente, allo Stato non resta che evocare e alimentare i sentimenti nazionalistici.”
Bauman pensa all’Italia ed alla Germania? Probabilmente, ma non resisto a leggere la sua frase sotto una luce europea: chi parla di Europa nazione oggi lo fa per colmare il vuoto di partecipazione democratica europea.
“Lo Stato è costretto a invocare il destino comune della nazione, costruendo la propria autorità sulle disponibilità dei suoi sudditi a morire per il loro paese, se e soltanto se i governati rivestono importanza per i governanti unicamente in virtù della loro disponibilità a sacrificare la propria vita, mentre non è giudicato importante, o addirittura viene rifiutato, il loro contributo alla gestione quotidiana del paese”.
Ecco leggete ora questa frase e pensate allo “Stato” come lo Stato europeo ed al “paese” come all’Europa.
Non è questo che fanno oggi a Bruxelles? Invocare in vuoti discorsi un destino comune di Europa nazione? Costruendo la loro autorità sui “sacrifici” dei governati (quante volte in questi giorni avrete sentito parlare dei “sacrifici fatti”, da non gettare dalla finestra, grazie alla stupida austerità?) senza permettergli di contribuire alla gestione quotidiana del paese?
Io di Bauman preferisco quei rari passi in cui si perde nella contraddizione di un’Europa che non può che ripartire dalla sua storia e dal suo localismo, quell’Europa, quando cita George Steiner, che “morirà se non combatte per difendere le sue lingue, le sue tradizioni locali, le sue autonomie sociali. Perirà se dimentica che Dio si trova nei dettagli“.
Perire per i sacrifici dell’austerità o perire perdendo il senso della nostra tradizione. Oppure combattere la stupida austerità e combattere per difendere la nostra storia nazionale. Ecco la differenza tra chi chiede uno Stato europeo austero oggi senza nazione e chi come me chiede uno Stato europeo solo dopo che si sia, lentamente, diventati una Nazione unica tramite la solidarietà (sharing) del soccorso a chi al di là del confine nazionale soffre.
14/12/2012 @ 11:15
Caro Gustavo ho letto con molto interesse il tuo intervento. Conosci perfettamente la mia posizione sull’Europa e su quanto io intenda impegnarmi nella realizzazione di una seria e reale integrazione politica del nostro Continente. Gli Stati Uniti d’Europa è il primo traguardo di una lunga corsa a tappe che dovrà portarci ad essere fieri di considerarci cittadini europei e membri di una comunità coesa, solidale, equa, tollerante, inclusiva e soprattutto, politicamente ed istituzionalmente, democratica.
L’impegno deve manifestarsi in particolar modo all’interno delle politiche portate avanti dalle singole nazioni allontanando l’idea che si possa arrivare ad una integrazione europea che porti all’appuntamento “pezzi” di territori nazionali o, ancor peggio, che vengano ad avviarsi soluzioni che contemplino le tanto rappresentate “doppie velocità” : TU PER ADESSO SI. PER TE POI SI VEDRA’.
Per onorare questo impegno molto deve fare la politica ma le istituzioni economiche europee devono fare altrettanto. Pensare che quest’ultime abbiano esaurito il loro compito con la moneta unica e con la recentissima decisione (monca) sul controllo bancario della BCE sarebbe come sbagliare un rigore a porta vuota. La politica economica dei futuri Stati Uniti d’Europa deve e dovrà essere tracciata nel solco di una stretta collaborazione duale tra il Parlamento, la Commissione (auspicabilmente riformati) e le Istituzioni economiche e finanziarie dell’Unione; una politica economica che, però, deve incamminarsi nella direzione di una “crescita possibile” e non sia solo incentrata sul rigore e prigioniera dei debiti sovrani. Con questo non voglio assolutamente affermare che non esista un “problema debito” e che porre sotto controllo (certamente non con le misure FMI) l’indebitamento “complessivo” dell’area euro non sia necessario. Dico, però, che forse è giunta l’ora di liberarsi da alcuni fantocci (spread nazionali, inflazione rigida, patti di stabilità oppressivi, ecc.) e rendere più flessibile il sistema economico- finanziario europeo in modo tale da saper meglio rispondere agli andamenti ciclici dell’economia mondiale.
Il lavoro è pesante e non è un Monti qualsiasi che porterà l’Italia a questo appuntamento. Occorre l’apporto di ogni singolo cittadino qualunque sia la sua posizione ed attività nella società. Occorre lo sforzo delle nuove generazioni a cui molto è stato sottratto e molto gli si prospetta di sottrarre se non si cambia strada. Occorre che la frase ( riguardo alle azioni dei policymaker europei) di Mr. Krugman “ E’ come la medicina medievale: salassavano i pazienti per curare i loro malanni e, quando il sanguinamento li faceva star peggio, li salassavano ancora di più” sia smentita con tutte le forze possibili.
14/12/2012 @ 14:01
Mi riesce difficile credere che il governatore della BCE prenda sul serio le parole di Baumann. Sono convinto che il caso sarà quello di cedere la propria sovranità e non di condividerla. La Germania per prima non ha nessuna intenzione di condividere la sua sovranità , ma solo di aumentarla. La cultura locale è in via di rarefazione e non riesce ad avere riferimenti e rappresentanza. Il Nuovo (dis)Ordine Mondiale si sta inesorabilmente affermando. La “mano invisibile” di smithiana memoria sembra esistere davvero, ma pare di una natura del tutto diversa da quella che intendeva il coniatore di tale termine
le auguro un ottimo pomeriggio
14/12/2012 @ 15:29
Lei ha ragione. Se non lottiamo per quello che è giusto, noi come nazione Italia, non avremo mai la nazione Europa.
15/12/2012 @ 13:35
Concordo con Domenico.
Draghi, in perfetta sintonia con i (n)eurocrati, legge la parola “condivisione” e la traduce mentalmente in “cessione”, probabilmente senza nemmeno rendersene conto. Siamo alla Neolingua già descritta da Orwell: contro-intuitiva e ossimorica, non cerca di descrivere la realtà ma di darne una rappresentazione funzionale. Funzionale a che cosa, poi, ognuno giudichi da sé.
14/12/2012 @ 17:45
A volte trovo difficile essere italiani, ma potrebbe essere più facile essere europei. L’importante è mantenere le “radici” altrimenti non si è nessuno.