L’Autorità di vigilanza bancaria europea per le grandi banche europee?
Ottimo.
La crisi del 2007 deriva senza dubbio dalla sproporzione tra i regolati e i regolatori di allora: troppo grandi i primi, così grandi da dettare le regole ai piccoli regolatori nazionali catturati, e troppo grandi, sempre i primi, da potere essere sorvegliati da chi aveva solo la visibilità del territorio nazionale.
Bene anche la decisione, imposta dai tedeschi, di lasciare in pace le piccole banche. Così eviteremo che una vigilanza lontana dal territorio imponga costi addizionali poco giustificati alle banche (ed in ultima analisi alle PMI) locali.
Eppure.
Eppure non sono tranquillo, per niente.
L’Autorità di vigilanza bancaria europea nella BCE e non in un’agenzia indipendente?
Pessimo. Per 3 ragioni.
Perché le regole del gioco, a cui dovrà sottoporsi la BCE, se l’è scritte la BCE, con la Commissione Europea. Conflitto d’interessi immenso per risolvere un problema nato appunto dagli enormi conflitti d’interesse tra regolatori e regolati.
Perché non si è ancora parlato nemmeno un poco di a chi risponderà questa BCE dei suoi errori. Al Parlamento europeo? Magari. Ma come? Poco è dato sapere. E, visti gli scarsi successi dell’Autorità che abbiamo costruito appena pochi anni fa, la EBA, e che già abbiamo bocciato, la domanda è dovuta: come verificare la qualità dell’operato di questa Autorità? La responsabilità (accountability), avrei pensato, avrebbe dovuto essere il punto chiave della governance della nuova autorità bancaria sovranazionale. Ma niente.
Ma il punto fondamentale è un altro e per farlo userò le parole del grande (o poco grande secondo alcuni) Paul Samuelson. Un Samuelson giovane. L’annata è di quella delle grandi vendemmie: il 1945 bellico. Ma è vino ancora buono per i nostri pensieri e dunque ve lo ripropongo, come uscì allora dalle cantine della prestigiosissima American Economic Review:
Traduciamo: “le verità più semplici abbisognano di essere costantemente ripetute. L’attuale dibattito in America suggerisce essere saggio asserire le seguenti due proposizioni:
1. Il sistema bancario nel suo complesso in realtà non è danneggiato da un generale aumento della struttura dei tassi d’interesse. E’, piuttosto, tremendamente aiutato da un simile cambiamento.
2. Una tipica banca singola, presa a sé stante, in realtà non è danneggiata da un generale aumento della struttura dei tassi d’interesse. E’, piuttosto, aiutata da un simile cambiamento.
L’autore di questo articolo vuole rimarcare come egli non creda che aumenti dei tassi d’interesse siano né probabili né desiderabili”.
Così un giovane Paul Samuelson, costretto a ripetere semplici verità.
Che c’entra tutto ciò con la BCE a capo della supervisione bancaria?
C’entra. C’entra perché la BCE avrà due mandati, il controllo dei prezzi (che la rende già intollerabilmente poco attenta alla disoccupazione) e l’attenzione ai bilanci delle banche perché non si crei instabilità finanziaria.
Ma siccome i bilanci delle banche vanno bene quando i tassi d’interesse crescono (come ricorda Samuelson), ecco che magicamente avremo aggiunto un altro motivo affinché la BCE si opponga ad abbassamenti dei tassi per aiutare la disoccupazione ciclica, oltre all’attenzione maniacale alla lotta contro l’inflazione. Una BCE ancora più conservatrice di oggi. Non male eh?
Certo che se ci fosse una gara tra continenti su chi non sa pensare alla felicità degli infelici, beh, sembra che l’Europa di questo scorcio di secolo se la batta alla grande per il primato mondiale.
Grazie Lo.
15/12/2012 @ 10:12
Pensiero naive di un ignorante : la moneta emessa da uno STATO SOVRANO dovrebbe nutrire il lavoro volto alla produzione di quei beni che infine giustificano la presenza di quella stessa moneta. La misura della quantità da emettere dovrebbe essere la quantità di beni che il sistema produttivo di quello stato può effettivamente creare. Nessun interesse è giustificato oltre il riconoscimento del costo di emissione della moneta.
Lo so sono davvero naive ed ignorante. Grazie comunque per la sua attenzione e per i suoi sforzi.
15/12/2012 @ 10:26
…ho letto il suo articolo su sussidiario.net pubblicato 1l 15/12…davvero bello per concisività e chiarezza
15/12/2012 @ 11:42
Caro prof.,
ma lo sa che non è vero che la BCE, in base alla norme pattizie e di Statuto sue “proprie” (artt.127 TFUE e 2 Stat,protocollo 4 ai Tr.) non deve SOLO far salva la “stabilità dei prezzi” ma DEVE anche “contribuire a realizzare gli obiettivi dell’Unione definiti nell’art3 del TUE, tra cui la “piena occupazione” (par.3)?
Che la sua missione le imponga un “contemperamento” di tali obiettivi e non una semplice incondizionata realizzazione del primo risulta dal criterio ermeneutico di “bone fide” e di rilevanza delle clausole alla luce della “causa” (cooperativa) e dei principi fondamentali (“sociali”, espressamente enunciati) del Trattato istitutivo.
http://orizzonte48.blogspot.it/2012/12/per-chinon-guardasse-solo-google-e.html.
Quanto alle regole che Commissione, anzitutto, e BCE (comunque soggetta ai principi generali procedimentali dell’azione UE) si sono dettate in materia “controllo bancario”, va segnalato che tali autorità sono (auto)vincolate a emanarle previo “RIA” (regularoty impact assessment) http://orizzonte48.blogspot.it/2012/12/accertamento-dellimpatto-regolatorio.html
Pare, in definitiva, che gli organi comunitari usino una sospetta fretta che implica una “violazione” sistematica, nella lettera e nello Spirito, degli stessi trattati: ma lo sa che l’art.11 Cost, correttamente inteso secondo la più autorevole dottrina costituzionalista, imporrebbe al nostro governo di “denunciare” queste violazioni?
15/12/2012 @ 13:33
In realtà lei ha ragione e torto: “Without prejudice to the objective of price stability”. Quindi preferenze lessicografiche che danno priorità alla lotta all’inflazione. Quindi un contempearmento condizionato.
Sull’AIR (aspetto su cui sono fissato) la ringrazio di cuore: è essenziale e leggerò con attenzione il suo post.
15/12/2012 @ 13:50
Sì il problema lessicale me lo ero posto anche io.
Però, sul piano di una corretta tecnica di interpretazione, trascura che:
1) il testo in italiano (“fatto salvo l’obiettivo”) è giuridicamente equivalente e non subordinato al testo inglese (e d’altra parte la legge di ratifica è sulla traduzione in italiano);
2) per tradizione del diritto e anche dello jus cogens internazionale (che racchiude i principi comuni alle nazioni civili) nella “apparente” conflittualità tra due proposizioni normative, prevale l’interpretazione alla luce dello scopo fondamentale dell’accordo (cooperativo e comunque definitio dal principio essenziale di cui al’art.3, par.3, richiamato continuamente anche nella sua dizione materiale nelle disposizioni del trattato) ;
3) dunque il contemperamento dei due principi si “impone” proprio in queste situazioni “congiunturali” di conflitto di obiettivi politici (altrimenti, come sta facendo ora la BCE, una clausola di principio fondante sarebbe “tam quam non esset”), cioè il contemperamento non può arrivare MAI all’ “incondizionato” prevalere, attuale, della stabilità dei prezzi, che è proprio, tra l’altro il problema economico che afflige il riequilibrio interno all’area;
4) gli strumenti del diritto non sono così facili e “scontati” da maneggiare, e servono proprio a trovare le vie d’uscita negoziali. Se li si ignora ci si arrende alla legge del “più forte costituito”, cioè all’asimmetria strutturale (De Grauwe).
Che i trattati correttamente intesi NON consentono.