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La semantica italiana anticorruzione aiuta la corruzione

Eccomi al bel convegno su Corruzione nella Sanità.

Prende la parola Taryn Vian, Professoressa della Boston University per la sua bella lezione di apertura sul tema.

Il coordinatore della giornata la introduce come “esperta di corruzione”. Lei sorride e elengantemente schiva il colpo e ricorda di essere piuttosto una esperta di … anticorruzione. Penso tra me e me che spesso mi accade, in queste occasioni, suscitando l’ilarità generale, di giocare su questa ambiguità semantica.

La giornata passa tranquilla e interessante. Si succedono gli interlocutori. E le parole. E la semantica.

“Mentalità diffusa di corruzione…”

“Clima di sfiducia …”

Solo il Colonnello Bortoletti, di cui vi ho già parlato in questo blog, scuote questo pessimismo, chiedendo di cessare di parlare male di noi stessi, curioso male italico osservato da tanti stranieri che hanno la fortuna di imbattersi nella nostra cultura.

E allora qualcosa scatta in me. Guardo al mio discorso, fila tutto, è perfetto e sono pronto a parlare. Eppure lo strappo. E’ buono per un’altra occasione, non ora.

Ho altro da dire oggi.

*

Che sono stato chiamato qui a parlare di quali strumenti utilizzare per combattere la corruzione negli appalti della sanità. Che però questi strumenti hanno una forza che non gli è propria e che dipende dalla forza della collettività che gli sta alle spalle, a sostegno. Un’Autorità Anti Corruzione è un strumento la cui bontà dipende dalla qualità del suo Presidente che a sua volta dipende dalla forza che lo ha sospinto al vertice: in un ambiente prono alla corruzione è probabile che questa Autorità abbia un Presidente corrotto o che faccia poco contro la corruzione, mentre tanto potrà se la società ha spinto con successo per una nomina di persona forte e competente.

E che molti sono i fattori secolari che incidono sul grado di corruzione in una società, sulla sua pervasività. E che su questi oggi non mi soffermerò, se non su uno, stimolato dalla semantica dei relatori odierni che mi hanno preceduto: il ruolo della semantica, tutta italiana, sulla corruzione.

*

Perché la corruzione ha questo di peculiare, che per dire la stessa cosa si possono usare semantiche diverse. E che, forse, la scelta di quale semantica utilizzare non è neutrale per un’efficace battaglia per sconfiggerla.

Insomma, se introdurre un’esperta di anticorruzione come esperta di corruzione non cambierà il mondo, il mondo potrebbe cambiare se non sappiamo approfittare di questa discrezionalità letterale che abbiamo quando parliamo di corruzione.

Qualche esempio sarà utile.

Quando interpretiamo i dati e vediamo che i reati (o le denunce) di corruzione, per esempio, crescono, come dovremmo comunicare questa notizia? La verità è che non sappiamo cosa significhi questo dato. Potrebbe essere una buona o una cattiva notizia. Una cattiva notizia perché potrebbe voler dire effettivamente che le cose stanno volgendo al peggio, con un maggiore ricorso a tangenti e condizionamenti. Ma maggiori denunce potrebbero voler dire anche che il Paese, il nostro bellissimo Paese, sta crescendo nella sua capacità di contrastare la corruzione, tollerandola di meno, sostenendo maggiormente chi denuncia, proteggendolo. E siccome non sappiamo quale delle due spiegazioni è quella vera, quale semantica adottiamo? Tiriamo una monetina?

La relatrice del Censis, nel descrivere il clima del Paese tramite un sondaggio, mostra come il sentimento chiave è quello della “rabbia”. La relatrice che segue poco dopo menziona il dato, ma parlando di “sfiducia”. No, la rabbia non è sfiducia. La rabbia ha un contenuto meno stanco, più costruttivo, della sfiducia. Ma ha detto sfiducia, chissà perché.

Nei sondaggi mostrati da un altro relatore appare come il 63% degli italiani è convinto che la corruzione possa essere sconfitta, contro il 67% dei francesi ed il 72% di chissà chi. Il dato viene commentato come una sconfitta. Mi chiedo perché. In fondo, 63% è una splendida maggioranza per vincere la battaglia. Potremmo dunque essere fieri di questo risultato. Ma no.

Pochi mesi fa ero ad un’ambasciata, ad un seminario organizzato per discutere come in Italia e nel paese di quella ambasciata si affrontavano la corruzione e la lotta agli sprechi. L’ambasciatore aveva invitato un famoso editorialista di un famoso quotidiano italiano per descrivere la situazione del nostro Paese. Slide dopo slide, esempio dopo esempio, Fiorito dopo Fiorito, enunciava ai basiti ospiti stranieri le pecche del nostro Paese, ridicolizzandolo. Guardavo attonito le slide ed i sorrisini degli ospiti stranieri, appena trattenuti e dunque gigantesche risate. Avrei strozzato il giornalista. Chissà perché. In fondo, era tutto vero. Eppure, pensavo, il fatto che tali cose erano uscite allo scoperto era un segno che il mio Paese le aveva scoperte, esumate, condannate, anche solo mediaticamente. Un vanto, forse, non una pecca. E comunque, chi può dire se vanto o pecca?

Al Ministero degli Interni non potranno fare più gare come quelle che hanno fatto sinora, grazie alla denuncia del corvo. Che dico, di quell’eroe ancora anonimo che ha rischiato la sua vita per denunciare l’indenunciabile.

*

La corruzione, scusate l’anticorruzione, è tema che può essere affrontato con due semantiche opposte senza tema di smentite. Dunque quale val la pena adottare?

Una semantica positiva ha un costo, forse, quello di adagiarsi, di dirsi “va tutto bene, la corruzione non è un problema”. Ma, se ben strutturata, una semantica positiva incoraggia. Incoraggia chi è solo a sentirsi meno solo, meno anomalo. Incoraggia all’azione, perché se funziona possiamo continuare, forse funzionerà di nuovo.

Una semantica negativa è, forse, solo narcistica, un compiacimento perverso, pigro, che chiama all’inazione, al fare di tutta l’erba un fascio.

Io credo che Fiorito sia sempre esistito e sempre esisterà nel nostro Paese, ed altrove. Credo tuttavia che ci siano stati lunghi periodi della nostra storia in cui questi Fiorito siano rimasti nell’ombra, troppo potenti per essere giudicati, troppo ammirati per essere contestati, troppo temuti per essere denunciati. Non più ora.

Altri Fiorito rimangono nell’ombra, ma non questo.

Il che significa che dobbiamo essere fieri di quanto stiamo facendo e dobbiamo, sulla base di questa fierezza, concentrare tutte le nostre energie sull’esumare nuovi Fiorito. Con la incredibile forza dietro di ognuno di noi quell’incredibile 63%. Fieri e determinati, mai depressi e mai arresi, contro la corruzione.

4 comments

  1. Aldo Ferruzzi

    28/01/2013 @ 10:42

    La semantica si ferma allo studio dei discorsi, delle parole, senza valutare o studiare la volontà o gli scopi del relatore. La verità è che le parole hanno significato diverso che dipende dalla buona fede e/o buona coscienza di questi che, quanto più ha un linguaggio forbito, tanto più sa di poter soddisfare i suoi ascoltatori lasciando loro la possibilità di interpretarlo a seconda delle rispettive aspettative. La prova di ciò sta nella sua analisi delle parole chiave di questi discorsi che giunge all’assoluta validità delle interpretazioni e valutazioni contrapposte (positive o negative) che possiamo dare alle stesse. Penso che tutto debba essere accettato con il “beneficio dell’inventario” in quanto solo con la valutazione del “prima e del dopo” si può fare un bilancio del valore di una scelta. Ogni valutazione ad “ante” è sempre di parte ed in ogni scelta politica vince sempre “il più forte” che non sempre è “il più giusto”, anche quando chi viene dopo decide di annullare o modificare scelte prese dai “nemici” che lo hanno preceduto, basandosi solo sull’ideologia e non sui fatti e “conti” reali ed onesti.

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  2. GianMarco Tavazzani

    28/01/2013 @ 17:15

    In Germania decenni fa compresi come il sentimento largamente condiviso fosse l’indignazione; se uno proclama a voce alta di esser indignato, ha un plauso che nemmeno s’attarda a verificare che non sia semplice conformismo.
    Tra la popolazione meridionale è l’omertà; ‘fare la spia’ è condannato al di là di ogni giudizio di opportunità umana, sociale.
    Nel mondo islamico le parole che ricorrono in contesti nei quali mai mi sognerei di trovarle, sono ‘insultare’; tutti si sentono insultati per tutto, gli si gonfia la giugolare e non c’è verso di portarli alla ragione.
    Nel mondo cattolico il refrain è: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra!” (che poi fa pendant con l’arabo: ‘Non è perfetto!’ ed il bergamasco: ‘quello perfetto l’hanno messo in croce’) che ci fa tutti peccatori, senza distinguer la goccia da lare, il mettersi le dita nel naso col metterle a forza a chi ne farebbe anche volentieri a meno.
    Son atteggiamenti di chi il consenso facile di una larga maggioranza intellettualmente pigra, gregaria o che, appartenendoci inestricabilmente, nemmeno riesce a porsi in posizione critica, riflessive.
    La semantica è convenzione; se dico sedia intendendo tavolo (magari solo perché mi ci son seduto sopra) mi capirò solo io; poca sopresa che inclini verso il convenzionale anche l’uso che se ne fa, con un salto logico inammissibile, vero, ma… quasi inevitabile: si parte per farsi capire, si finisce per dire quel che l’uditorio si aspetta; successo pieno, obbiettivo mancato!

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    • GianMarco Tavazzani

      28/01/2013 @ 17:20

      Correggo:
      “In Germania decenni fa compresi come il sentimento largamente condiviso fosse l’indignazione; se uno proclama a voce alta di esser indignato, ha un plauso che nemmeno s’attarda a verificare che non sia semplice conformismo.
      Tra la popolazione meridionale è l’omertà; ‘fare la spia’ è condannato al di là di ogni giudizio di opportunità umana, sociale.
      Nel mondo islamico le parole che ricorrono in contesti nei quali mai mi sognerei di trovarle, sono ‘insultare’; tutti si sentono insultati per tutto, gli si gonfia la giugolare e non c’è verso di portarli alla ragione.
      Nel mondo cattolico il refrain è: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra!” (che poi fa pendant con l’arabo: ‘Non è perfetto!’ ed il bergamasco: ‘quello perfetto l’han mess’ in croce!’) che ci fa tutti peccatori, senza distinguer la goccia dal mare, il mettersi le dita nel naso col metterle a forza a chi ne farebbe anche volentieri a meno.
      Son atteggiamenti di chi desidera il consenso facile di una larga maggioranza intellettualmente pigra, gregaria o che, appartenendoci inestricabilmente, nemmeno riesce a porsi in posizione critica, riflessiva.
      La semantica è convenzione; se dico sedia intendendo tavolo (magari solo perché mi ci son seduto sopra), mi capirò solo io; poca sopresa che inclini verso il convenzionale anche l’uso che se ne fa, con un salto logico inammissibile, vero, ma… quasi inevitabile: si parte per farsi capire, si finisce per dire quel che l’uditorio si aspetta; successo pieno, obbiettivo mancato!

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  3. Più che un commento il mio è un complimento all’autore di queste bellissime riflessioni.

    Quando ho postato sul mio blog il primo articolo sulla nuova legge anticorruzione e ho dovuto scegliere i tags da utilizzare, mi sono posta il problema: corruzione o anticorruzione? Quale sarà la parola più digitata sui motori di ricerca? Anticorruzione senz’altro, ora i media parlano solo di questo.
    Ma chi cerca/usa la parola anticorruzione conosce prima di tutto il significato della parola corruzione?
    Alla fine ho scelto di utilizzare i tags “corruzione” e “legge anticorruzione”, mi è sembrato più corretto sul piano della semantica…

    La corruzione è una particolare condotta, un atteggiamento che probabilmente, almeno una volta nella vita, ha toccato da vicino ognuno di noi.
    Pertanto può essere sconfitta soltanto se ogni italiano, nel suo piccolo e nel suo quotidiano, modifica la propria condotta e la propria mentalità.
    Complimenti per il messaggio positivo, fiero e determinato, che spero sia condiviso da quell’incredibile 63%!

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