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Di corvi, articoli 54 e appalti al Ministero degli Interni

« ART. 54-bis. – (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). –

1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite, di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

2. Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato.

3. L’adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall’interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell’amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.

4. La denuncia è sottratta all’accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ».

Così la nuova legge anti corruzione approvata in via definitiva alla Camera dei Deputati. E’, l’articolo 54 bis, quello che si occupa di disciplinare il caso dei whistleblower, termine intraducibile che letteralmente significa “coloro che soffiano nel fischietto”. Il testimone di atti di corruzione che riporta il crimine.

Non è un caso che nel nostro dizionario non si abbia una parola per questo concetto, finora mai utilizzato nelle aule dei tribunali. E’, nei paesi ad alta corruzione come il nostro, strumento spuntato perché, si dice, rischia di funzionare poco: nessuno oserà mai utilizzarlo per paura di subire rappresaglie.  Funziona, ecco il suo paradosso, nei paesi che ne abbisognano di meno, come gli Stati Uniti che ne fanno ampio uso, dove il contesto culturale è tale (più intollerante contro la corruzione) da facilitarne la denuncia.

La Commissione ministeriale nel suo rapporto preliminare ne aveva suggerito una visione molto molto più rafforzata di quella approvata dal Parlamento,  in cui si raccomandava che il 20% della mazzetta venisse riservata come premio al testimone. Proposta così ardita per l’Italia che è addirittura sparita dalla versione finale del Rapporto anti corruzione della Commissione recentemente pubblicato.

Sta di fatto che, come vedete da sopra, qualcosa comunque è stato approvato: che non sia punito se si espone (!!) e che sia protetta la sua identità. Robetta che non smuoverebbe nessuno addizionalmente, o meglio che non aumenterebbe la disponibilità a testimoniare più di quanto non si farebbe in assenza di legge: perché questa fa veramente poco per rassicurare chi ha dubbi se rischiare la vita per una denuncia che dimostra eroismo civile.

Giancarlo Spagnolo, un mio collega esperto della materia, ha sempre detto che, quando parla in Italia dei whistleblower, piuttosto che eroi, dalle facce in platea di quelli che lo ascoltano, percepisce una visione negativa di queste persone: è convinto che siano da queste considerati dei delatori, a conferma di una resistenza culturale che svuota di significato qualsiasi normativa così debole come quella appena approvata nella versione dell’art. 54 bis.

Sono tentato dal dargli ragione quando leggo gli ultimi articoli su giornali come Corriere e Repubblica sulla faccenda degli appalti pubblici del Ministero degli Interni e della denuncia anonima di un testimone del Ministero di cui non si è ancora riusciti a determinare l’identità.

Intanto la titolazione: si parla di “corvo” per descrivere la figura di questa persona ancora ignota. Ora, può darsi che effettivamente questa denuncia si rivelerà essere calunniosa, e quindi non entriamo nel merito della stessa, ma chiamare a priori “corvo” chi si espone la dice lunga su come vengono viste queste persone. Il corvo è oggi visto come uccello di malaugurio (non sempre fu così) e per sua sfortuna comunica una immagine negativa. Perché non chiamarlo “falco”? O semplicemente un “potenziale testimone”?

Ma c’è altro che mi urta in tutta questa faccenda.

Il fatto che la denuncia sia partita prima della legge anti corruzione sta a significare che non è certo grazie a questa che questa persona ha deciso di collaborare, è ovvio. O è per calunniare o è per un alto senso morale che travalica le convenienze personali. Non a sufficienza, comunque, da rivelare la propria identità, che rimane ad oggi ancora a  tutti ignota, a conferma che non sono ancora esistenti garanzie tali sull’anonimato da permettere al testimone di emergere almeno verso i vertici apicali (di quale struttura? A chi esattamente deve rivolgersi un testimone per sentirsi tranquillo? Non è dato sapere, nemmeno dalla norma appena approvata). Dubito che la nuova legge abbia modificato le eventuali perplessità di questo testimone anonimo.

C’è infine, se confermata la credibilità della denuncia, uno strano paradosso in questa faccenda del Ministero degli Interni. Nelle rivelazioni del testimone ancora ignoto appare una denuncia ancora più sconvolgente: quella dell’esistenza di un altro potenziale eroe, il vice questore Salvatore Saporito, suicidatosi nel 2011, non per le accuse nell’ambito di un’indagine, ma perché non avrebbe sopportato più il mobbing di alcuni colleghi che non tolleravano il suo opporsi al sistema “appalti”: “gli urlavano contro, stracciavano le sue relazioni e gliele buttavano in faccia. Hanno fatto di tutto per allontanarlo. E proprio quando stava per giungere l’ordine di trasferimento, Saporito decise di togliersi di torno: con un colpo di pistola alla tempia” (testo da Repubblica).

Insomma un testimone che parla di un testimone. Ucciso(si).

Ecco, se fosse vero, un buon esempio di cosa succede a questi eroi testimoni di corruzione se si espongono. E noi pensiamo che articoli come il 54 bis possano fare qualcosa per aiutare questi eroi?

5 comments

  1. Riccardo Colangelo

    03/11/2012 @ 20:27

    I collaboratori di giustizia sono oggetto di grande attenzione e interventi di protezione importanti, ope legis, eppure mi sembra siano chiamati “infami” da una parte della popolazione. Non sara’ forse che piu’ che di leggi (ne abbiamo tante) abbiamo bisogno di un cambiamento della societa’? Allo stato attuale, prendendo a prestito il titolo di un libro di un mio amico, direi che molto spesso le leggi in Italia sono usate come “Salvagente della forma”

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  2. Jacopo Avogadro

    04/11/2012 @ 09:33

    In fondo la “delazione” puo anche fungere da strumento democratico di prevenzione. Ci sono paesi in cui è incentivata. Dal sacchetto dell’immondizia messo fuori posto, all’abusivismo edilizio fino a croniche situazioni di malagestio, o finanche il contrasto a cancrene quali la pedopornografia (vedi il lavoro che fanno i vari “guardian angels” del web anonimi) si crea un circolo virtuoso di controllo civico e sociale benevolo basato sulla paura di essere “beccati”.

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  3. francesco russo

    05/11/2012 @ 03:40

    Per essere “corvi” bisogna avere fegato perchè spesso sotto questioni di grandi appalti nella PA c’ è di mezzo la criminalità organizzata e quando dico così intendo CAMORRA, MAFIA E NDRANGHETA spesso correlate all’ interno con un manipolo di white collars, molte volte inappuntabili apparentemente. Bisogna credere all’ ETICA prima che alle LEGGI UMANE, cioè alla Legge della propria coscienza. Quindi bisogna essere disposti a mettere a repentaglio la propria vita sociale (emarginazione e stop della carriera), la propria vita familiare (riduzione del tenore di vita, rischio di minacce dirette), la propria autostima: bisogna essere corazzati dentro fin da bambini a questo e per questo motivo spesso si è uccisi preventivamente e professionalmente. Molti se ne vanno per evitare di dover fare questo, fare i corvi.
    Il CORVO è un gran bell’ animale creda a me, Professore. Ma non ne vedo granchè, anzi !!

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