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Quanto spreco nel trovare gli sprechi

Oggi sto facendo il trasloco di casa. Non ho mai buttato così tanta roba in vita mia. Pare sia sempre così.

Anche quando cambi fornitore dopo tanto tempo, pare che il nuovo fornitore scopra tantissime cose che si avevano da tempo immemorabile, che non servivano, e per cui comunque si pagava.

Non fosse altro che per questa ragione ogni tanto cambiare fornitore serve.

Penso a ciò quando leggo la succinta ma precisa sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ( sentenza ) che ha accolto la domanda di annullamento da parte di Fastweb (ricorrente) degli atti di affidamento a Telecom Italia SpA – dichiarando inefficace alla data del 31 dicembre 2013 la convenzione quadro datata 31.12.2011 – per la “fornitura di servizi di comunicazione elettronica a favore del Dipartimento di Pubblica Sicurezza e dell’Arma dei Carabinieri, quali servizi di fonia vocale, fonia mobile, trasmissione dati”.

PS: Gustavo Piga non ha contratti di consulenza (o altri) in corso né ha avuto contratti né pensa di ottenere contratti con Fastweb S.p.A.

Una gara della bellezza di 521,5 milioni di euro, affidata con trattativa diretta e senza gara. Leggiamo dallae motivazioni:

… il Collegio ritiene che tali dati di fatto e circostanze non integrino i requisiti e le condizioni fissate dalla legge per disporre l’affidamento mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, perché non integrano quelle specifiche ‘ragioni tecniche’ che inducono a ritenere che vi fosse un solo operatore economico (nella specie, Telecom Italia S.p.A.) in grado di garantire l’esecuzione dei servizi indicati. … La logica insita nella norma, che eccezionalmente deroga al principio della gara, è quella di non imporre una gara il cui esito sia pressoché scontato a priori perché solo un operatore è in grado di assicurare la prestazione richiesta. In casi del genere, l’unicità del fornitore deve essere certa prima di addivenire all’affidamento e l’indagine di mercato può avere il solo scopo di acquisire la certezza di tale unicità o di escluderla …Ebbene, nel caso di specie – proprio per le ragioni sopra evidenziate -, anche alla luce della disponibilità manifestata da Fastweb S.p.A. con nota del 3 maggio 2011 -, non era così scontato a priori che un solo operatore economico (Telecom Italia S.p.A.) era in grado di assicurare la prestazione richiesta, posto che non vi erano né diritti di esclusiva … né ragioni tecniche che impedissero l’espletamento di una procedura selettiva … Sotto altro profilo, va rilevato che alcuni dei servizi rientranti nella procedura contestata hanno costituito oggetto di contratti quadro stipulati all’esito di gare svolte da centrali di committenza nazionali CNIPA (ora Digital-Pa) e Consip, all’esito delle quali sono stati selezionati, rispettivamente, 4 e 2 fornitori, tra i quali Telecom Italia SpA e Fastweb SpA. e, quindi, il Ministero dell’Interno avrebbe potuto valutare la convenienza dell’adesione all’uno o all’altro fornitore, anziché decidere di addivenire alla stipula di un contratto settennale con Telecom Italia SpA mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara. E, comunque, al fine di garantire il massimo rispetto del principio generale di concorrenza, avrebbe dovuto valutare la scorporabilità dei diversi servizi così come hanno fatto – secondo quanto asserito da Fastweb Spa e non smentito dall’Amministrazione resistente e dalla controinteressata – il Ministero della Difesa (che ha aderito alla Convenzione Consip per i servizi di telefonia fissa, ritenendo frazionabile la fornitura dei servizi di telefonia, trasmissione dati e ICT) ed il Ministero della Giustizia (che si è rivolto a diversi partner commerciali per usufruire dei servizi di comunicazioni elettroniche e relativi apparati).

Ci sono tanti modi di fare la spending review. Uno di questi è di lasciarla in mano ai fornitori sconfitti in gara che fanno emergere possibili storture sulle quali si pronuncia la magistratura. E’ raro che avvenga e di solito avviene là dove ce n’è meno bisogno, nei mercati già competitivi, mentre nei mercati dove regnano pochi operatori ti aspetteresti il quieto vivere. Così non è stato questa volta, e a quanto pare è stato un bene: il Ministero dovrà fare la gara (non è dato conoscere cosa abbia fatto l’Ispettorato interno al Ministero per manifestare le proprie perplessità sulla gara in questione).

Ma la sentenza illustra anche che nel mondo degli appalti, anche presso le stazioni appaltanti più qualificate, lo spazio per il miglioramento organizzativo è enorme. Enorme.

E dunque vi è necessità di incidere sulle competenze e i processi. Sulle prime l’attuale decreto “Bondi” non fa nulla, ed è un peccato. Basterebbe condizionare la carriera e la possibilità di bandire gare al superamento di certificazioni professionali, come viene fatto nel Regno Unito. Sui processi, beh, il decreto Bondi potrebbe impattare, evitando che ci si debba affidare ad un contenzioso che ritarda i tempi di reazione dell’autorità e che comunque poi richiede del tempo per rimediare ai danni (nel nostro caso, per esempio, non si potrà fare la gara per tutto il 2013 per assicurare la continuità del servizio).

Ecco dunque tre fatti chiari che emergono da questa gara:

a)    Gli sprechi potenziali ci sono;

b)    La cabina di regia serve;

c)     Ci si deve dotare di strutture per identificare gli sprechi e migliorare l’organizzazione sottostante.

Le 3 cose vanno di pari passo. L’una senza l’altra, è spending review monca.

Diciamolo a Bondi: trovare 4,2 miliardi di sprechi e lasciare tutto come è ammonta a far fare il trasloco e non insegnare a mettere su la nuova casa più bella e funzionale. Valeva la pena? Sì, ma quanto spreco nel trovare gli sprechi.

3 comments

  1. flaviano bruno

    05/06/2012 @ 09:08

    Ottimo articolo e segnalazione, sarebbe utile analizzare tutti i casi simili (pochi competitors) e verificare per ciascuno che, anche gli eventuali ricorsi, non nascondano insidie, ossia maggiori costi per le PA, basterebbe poco e si potrebbero trovare casi interessanti.
    La concorrenza fra 1,2 o 3 soli fornitori è … a rischio, soprattutto in mercati a costi decrescenti.

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  2. Buonasera Professore.
    Quanto Lei scrive nell’articolo è pienamente condivisibile. Effettivamente incidendo su competenze e processi si realizzerebbero risparmi consistenti.
    A mio opinione, comunque, non è questo il problema più grave della spesa pubblica italiana, bensì quello della sua qualità, argomento che Lei ha peraltro già affrontato. A ben vedere, “l’austerità” che ci viene chiesta dall’Europa è probabilmente proprio la revisione della qualità della spesa.
    Nel corso degli anni, e la cosa l’ho potuta osservare in modo diretto provenendo da una famiglia piena di funzionari pubblici, si è passati da una pubblica amministrazione produttrice effetiva di beni e servizi, magari non sempre in modo efficiente, utili comunque ai cittadini per lo svolgimento della loro attività economica e per la loro vita di tutti i giorni, a una pubblica amministrazione produttrice di regole spesso assurde e che devastano l’attività quotidiana del cittadino comune.
    Un tempo la PA produceva difesa, giustizia, scuola, sanità, strade, pulizia dei parchi, ferrovie, trasporti in generale, manutenzione delle opere d’arte e via discorrendo. Il grosso del personale pubblico era fatto di operai e tecnici, che tra le altre cose imparvano un lavoro che potevano poi rivendere al settore privato (pensi a uno che aveva imparato a fare il meccanico di carri armati quanto poteva essere richiesto dalle aziende private per riparare automobili), impiegati amministrativi e dirigenti che gestivano il lavoro di queste persone. Per quanto poco efficiente potesse essere la PA il suo output era comunque apprezzabile, e in molti casi anche apprezzato, dai cittadini. In fondo anche io che sono un fautore del libero mercato riconosco che la sanità, da Roma in su, è tuttora pregevole.
    A un certo punto la PA è iniziata a diventare una produttrice di regole sempre più complesse e sempre più imbriglianti l’attività provata. Forse le ho già citato la normativa REACH, peraltro di origine UE, relativa ai prodotti chimici, che è un vero e proprio attentato al libero commercio.
    Se quella non fosse sufficiente come esempio le cito il caso di un mio conoscente che ha una attività di lavanderia. L’attività era prima della madre e lui lavorava con lei. A un certo punto la madre si è spostata in un altro luogo lasciando al figlio l’attività avviata. Per ragioni contributive il figlio ha preferito intestare l’attività alla moglie casalinga, in modo da versarle i contributi (ovvero di contribuire alle casse dello stato), risultando lui come dipendente della moglie.
    Orbene le norme vigenti prevedono che quando viene aperta una nuova attività di lavanderia, cosa effettivamente avvenuta nel suo caso, se il titolare ha già lavorato per un certo numero di anni nello stesso settore ciò valga come credito al fine della qualificazione tecnica ad operare nel settore. Se ciò non è avvenuto, come nel caso in questione in cui il titolare era la moglie del mio conoscente, il titolare o un suo dipendente è tenuto a seguire un corso per ottenere la qualifica a meno che già non lo abbiano seguito in precedenza. L’assurdo in questa storia è quindi che il mio conoscent sarebbe stato automaticamentee tecnicamente qualificato come titolare, mentre non lo era più come dipendente della moglie non qualificata.
    Seguire il corso per sentirsi dire cose che già sapeva gli è ovviamente costato soldi.
    Ma ugualmente succede con le norme relative alla sicurezza, peraltro in tuta Europa. Personalmente sono 30 anni che entro negli impianti di raffinazione del petrolio per verifiche tecniche di vario tipo. Ebbene, ogni volta che visito una raffineria dove non sono mai entrato, mi tocca seguire un corso sulla sicurezza per sentirmi ripetere per la centesima volte i rischi e le misure di prevenzione cose che, come ingegnere, sono perfettamente in grado di valutare da solo. Quanto costa il mio tempo e il tempo della persona che è obbligata a ripetermi questa storia? Ma ci pensano i burocrati a tutto questo quando producono i regolamenti.
    Non parliamo poi delle folli normative in campo edilizio, ho una moglie architetto che perde più tempo negli uffici che a progettare.
    Questa è la vera riqualificazione della spesa che andrebbe fatta. Fare tornare il settore pubblico ad essere produttore di beni e servizi piuttosto che di norme. La norma non produce PIL, anzi lo fa calare nel momento in cui impone troppi inutili limiti. Le stesse persone che producono norme possono essere impiegate allo stesso costo per insegnare qualcosa ai giovani, costruire una strada, riparare un argine pericolante.

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