Oggi vi porto al cinema. Godetevi questo breve spettacolo dell’economia e di cosa sia un vero economista.
Attore principale: Andrés Velasco. Oggi è un Professore a contratto alla Columbia University, dove ha studiato, come il sottoscritto. Ma fare il Professore non è l’unica cosa che sa fare. E’ stato Ministro delle Finanze del Cile, tornato nel suo Paese dopo che l’aveva lasciato per scegliere con la sua famiglia l’esilio negli Stati Uniti durante la dittatura di Pinochet. Non fu amato all’inizio come Ministro, perché durante il boom del prezzo del rame decise di mettere da parte i grandi ricavi da export e non usarli, malgrado le pressioni delle lobby e dei sindacati, per aiutare una economia che già tirava da sola. Ma finì per essere adorato per averli poi usati sapientemente nella recessione che seguì al calo dei prezzi.
Andrés Velasco sa parlare. Quando scorrerete il breve video lo vedrete grande oratore, quasi attore di Hollywood. Ma la bellezza di una persona, come sempre, è nei contenuti e non nell’apparenza, nella credibilità e nella forza dell’argomentare. E sì che ce n’è di concretezza nel suo splendido discorso.
Partendo dal fatto che nessuno si è chiesto, in questa crisi, né di interpellare i maestri del (recente) passato che avevano ampiamente analizzato crisi simili, né studiare quei Paesi che di crisi identiche avevano sofferto. Non parla di Keynes, né del 1929, ma di economie più vicine a noi, come quelle sudamericane, alle quali per snobberia – sembra dire – i commentatori dei paesi dominanti, facendo orecchie di mercante, non prestano attenzione.
No, crisi come questa – dice Velasco – le abbiamo conosciute bene noi sudamericani, piantatela di dire che la vostra recessione è la più grave ed è l’unica, come se foste l’ombelico del mondo (che tra l’altro si diceva nell’antichità che fosse a Cuzco, in Perù). E soprattutto, ora vi dico quello che vi avremmo consigliato, se voi europei aveste avuto l’umiltà di chiederci un consiglio, e che se solo ci aveste ascoltato, non avreste finito per sbagliare tutto.
In effetti avrebbero fatto bene, Merkel e Monti ad assumerlo come consulente. Per non parlar di Draghi.
7 dati di fatto. E’il titolo del film.
Primo dato di fatto. Moneta unica? Si sapeva che il progetto si teneva politicamente sul seguente assunto: si sa che questi Paesi del Sud d’Europa hanno delle economie stanche che non intendono riformarsi, la moneta unica è l’occasione per obbligarle a farlo, obbligandole a rinunciare al tasso di cambio come strumento di breve periodo di competizione globale ed affrontando decisamente una volta per tutte i loro problemi strutturali.
Beh, si da il caso che un altro gruppo di paesi caldi, cattolici, spendaccioni, del Sudamerica – dice Velasco – provarono a fare esercizio di cambi fissi e/o di rinuncia alla sovranità monetaria: fallimenti totali nel giro di un decennio. E perché? Perché non fecero le riforme necessarie. E perché non le fecero? Per un semplice motivo. Perché quando fai un accordo di cambio, che appare all’inizio sempre stabile e duraturo, i mercati si precipitano da te, ti riempiono di capitali, gli spread crollano, il credito è abbondante, l’economia tira, e … addio alle riforme, di cui nessuno sente più il bisogno.
Commento di Piga: assolutamente così, anche se magari l’euro l’abbiamo fatto anche mirando ad una unità politica con ambizioni geopolitiche e valoriali, e non solo per riforme interne. La droga del credito ci ha addormentato tutti, tutti noi che dovevamo migliorarci in questo decennio. E si sono addormentati anche alla BCE, alla Commissione Europea, in Germania, istituzioni e leader che dovevano guidare il cambiamento e perlomeno non permettere una crescita drogata e distratta. Drogata da trucchi con derivati e distratta guardando solo e soltanto a se il deficit pubblico sul PIL di un Paese era del 3,1 o del 3%, fermando la 500 che sull’autostrada va a 90 con un faro rotto mentre non si arrestava il TIR con le gomme lisce a 180 all’ora.
Secondo. Dice Velasco: non è una gran crisi la vostra. In una grande crisi si finisce in una grande recessione a causa della sparizione dei capitali, che scappano, e della conseguente necessità di riportare in equilibrio la spesa ed i conti con l’estero tagliando le importazioni ed i tenori di vita. Non mi pare, dice Velasco, che voi abbiate ridotto drasticamente la vostra spesa, e ciò – tra parentesi – è anche il segno che la Germania e la BCE hanno fatto parte del loro dovere, continuando a prestare al Sud dell’Europa.
Commento di Piga: è vero, Germania e BCE hanno prestato, ritardando in parte l’aggiustamento drastico. Ma attenzione: non in Grecia. E se il modello è quello greco, stia tranquillo Velasco: la crisi seria può ancora arrivare negli altri Paesi. E quanto al fatto che siano stati Germania e BCE a salvarci, i dati dicono una storia leggermente diversa. Per esempio che il contributo italiano alla Grecia ed alla protezione da questa crisi non è stato da meno, anzi. La Tabella 1 qui sotto, tratta dal Punto Macro del Servizio Studi di Federcasse, mostra come l’Italia, che aveva una esposizione bancaria bassa verso la Grecia, ha contribuito in termini relativi decisamente maggiori di Francia e Germania al “salvataggio greco”, se così si può chiamare. E così idem per quanto riguarda il contributo al Fondo Salvataggio europeo.
Terzo. Ma per favore fate attenzione al tasso di cambio reale, dice Velasco! Se un’economia ha un tasso di disoccupazione alto, la sua crescita da anni è bassa o negativa, e continua ad avere problemi di partite correnti ed export, quell’economia è ovvio che ha un problema di competitività dovuta al fatto che il suo cambio reale è sopravvalutato. Il Sudamerica è strapieno di queste storie. E che cosa insegna il Sudamerica? Che è durissimo aggiustare senza svalutare. Nemmeno Pinochet ce la fece, ad aggiustare riducendo gli stipendi, pubblici e privati: svalutò. Sì, i Paesi baltici ce l’hanno fatta, ma perché hanno accanto il mostro dormiente russo, che li getta terrorizzati nelle braccia dell’Occidente a costo di qualsiasi sacrificio. Quindi il triste messaggio che vi do: o la Grecia (ed altri) escono dall’euro con una svalutazione, o preparatevi per una lunghissima recessione.
Commento di Piga: E’ così. Non fa una grinza. Ne parlavamo pochi giorni fa, con la moderazione salariale non se ne esce rapidamente. Se vogliamo evitare la recessione prolungata senza uscire dall’euro si deve guadagnare tempo mentre si riformano le nostre carenze strutturali. Si guadagna tempo con la crescita europea spinta dalla domanda, del Nord in deficit, del Sud con tagli agli sprechi e senza riduzioni del debito (ma solo del rapporto debito-PIL via PIL).
Quarto. Non se ne esce quasi mai da una crisi come queste senza aumento del credito all’economia, specie senza far ricorso alla svalutazione. E in Europa non c’è credito perché le banche stanno sedute sui loro soldi senza prestare. Per portarle a prestare? Quinto dato di fatto, fare l’opposto di quello che fa l’Europa. Smettere di far comprare titoli di Stato alle banche, come sta facendo invece la BCE. E, per farle prestare all’economia, smettetela di ricapitalizzare le banche in questo momento recessivo, altrimenti non prestano, anzi riducono i loro prestiti. Come è avvenuto in Argentina, abbraccio mortale tra banche e governi tramite stupida regolazione.
Commento di Piga: I dati del Bollettino Economico della Banca d’Italia parlano chiaro, la crisi del credito in Italia è drammatica. E gli spread non calano strutturalmente chiedendo alle banche di prestare ai governi. Ma è difficile uscirne. A meno che non si chieda alle banche di prestare, con garanzia dello Stato, alle piccole imprese. Mi direte che è rischioso. Ma abbiamo dato – nel quasi silenzio dei commentatori - questa garanzia alle banche quando prendono a prestito, cosa molto più rischiosa. Perché allora non farlo?
Sesto: non esiste una politica fiscale di austerità che genera una espansione del PIL. Breve interludio: ilarità generale e applausi da parte del pubblico. Piga applaude guardando il video. Velasco fa riferimento esplicito ai lavori di Alesina e Giavazzi? Credo proprio di sì, ma fa sorridere il riferimento al capo economista del Fondo Monetario Internazionale, Olivier Blanchard, che ha cercato invano di far trovare ai suoi dipendenti evidenza empirica che tagliare la spesa pubblica fa bene all’economia ed al PIL. Non ce l’hanno fatta (ma va?). “Insane”, follia, dice Velasco. Cosa fare? Austerità sì, ma non adesso, nel futuro, per ripagare l’espansione odierna.
Commenti di Piga: nessuno, silenziosa soddisfazione.
Settimo: come si fa a rendere credibile una espansione fiscale ora, garantendo che tra 5 anni i debiti torneranno indietro con una austerità che a quel punto non farà male? Io ne so qualcosa, dice Velasco, ho avuto lo stesso problema in Cile con i proventi del rame. Bisogna darsi una regola flessibile ma che non sia violata. La regola datasi dall’Europa con il Fiscal compact? Non commento, il diavolo sta nei dettagli.
Commento di Piga: già, nei dettagli. E’ inutile pensare di avere una aggiustamento ciclico del deficit e dire che abbiamo la regola giusta se a questa si associa il … piccolo dettaglio della riduzione del rapporto debito PIL in venti anni al 60%, un suicidio che nessun economista che si rispetti e che abbia a cuore la sopravvivenza dell’euro avrebbe mai ideato.
Dedico questo video a coloro che credono ancora che esista qualcosa chiamata economia, che non è scienza, ma arte, l’arte sofisticata del possibile, applicata con buon senso per contribuire ad alleviare i problemi economici delle persone. Buona visione.
21/04/2012 @ 13:22
Molto educativo e informativo , ma vorrei un attimo parlare
di politica : che avessimo problemi di aree valutarie non attimali
non era certo ignoto nè a berlusconi nè a tremonti e -anche se la stampa italiana non ha parlato -il problema è stato citato dai nostri rappresentati politici agli ultimi vertici europei …Esplicitamente
risultato ? Arriva un nuovo premier e con la ricetta della deflazione competitiva (citata esplicitamente come unica soluzione accettabile sia dalla BCe che dalla dbank …) se ci fosse lo spazio e la volanta’ politica per ‘fare’ l’europa (nel senso di unione economico politica completa) saremmo arrivati a questo punto? Al punto dei migliai di suicidi in grecia di una situzione di pre-rivolta in spagna e di pre-depressione in italia (E il peggio arrivara’ con l’autunno è chiaro a tutti) Come è possibile trovare un soluzione politica quanto la decisione dirimente è in mano ai creditori germanici che massimamente (e con merito per carita’ ) hanno beneficiato dell’area valutaria non ottimale?
IL cambio delle regoli e prassi concordate va’ contro ogni modo di pensare tedesco , questo è intrinseco alla cultura tedesca , non è un aspetto da sottovalutare .
21/04/2012 @ 13:23
Crisi Euro. World Bank: “Spagnoli e italiani, emigrate in Germania”
L’unica prospettiva rimasta è una maggiore mobilità all’interno dei confini europei. Detta così sembra un’opzione come un’altra, anzi, per le figure professionali qualificate dovrebbe rappresentare un’opzione scontata. La circostanza che in Germania scarseggia la manodopera, specie non qualificata, induce il presidente uscente della Banca Mondiale a consigliare ai disoccupati spagnoli ad emigrare lì. Robert B. Zoellick ha sostenuto che non ci sono alternative per alimentare la crescita europea: il consiglio ai governi europei è proprio quello di facilitare i trasferimenti dei lavoratori di paesi con alta disoccupazione verso i paesi dove c’è domanda. Un ragionamento sensato negli Stati Uniti, impervio nell’Europa delle nazioni. Torneremo ai contratti tra stati tipo voi ci mandate i braccianti del mezzogiorno noi vi vendiamo carbone a prezzi scontati come nel dopoguerra che preparò i boom economico? Non importa se economici trolleys sostituiranno le proverbiali valigie di cartone: una nuova generazione di emigranti spagnoli e italiani rimetteranno indietro le lancette dell’orologio europeo.
23/04/2012 @ 08:25
Da “ignorante” in economia, una delle cose che mi lasciò perplesso quando venne introdotto l’euro fu proprio il fatto che il mercato del lavoro sarebbe rimasto locale, così come il mercato di una larga fetta dei prodotti.
Lo spostamento della forza lavoro è una di quelle cose che permette di risolvere gli squilibri tra area e area nel momento in cui si usa una moneta unica. Non possiamo certo pensare di sviluppare attività economiche di ampia portata in mezzo al Sahara on in Antartide (è un paradosso chiaramente). Per un laureato può essere relativamente facile spostarsi anche se, per esempio, non credo che in Germania e in Francia si riesca a lavorare parlando l’inglese. Io stesso, nella mia azienda (americana), pur avendo sede in Italia svolgo un ruolo di tipo globale. Potrei tranquillamente abitare ad Adelaide e fare le stesse cose che faccio oggi. Non è, ovviamente, la stessa cosa per un muratore. Se oggi c’è bisogno di costruire case a Stoccolma, i muratori servono in Svezia, domani magari serviranno in Provenza. Ma per loro può essere più difficile spostarsi.
E quindi avere una moneta unica non può funzionare.
Ho parlato anche di prodotti. Negli USA il mercato per le aziende, per esempio, del settore alimentare copre l’intera nazione. Dappertutto si va da McDonald’s e si beve Coca Cola. Noi mangiamo la pasta e beviamo il vino, in Germaia magiano carne di maiale (eccetto quelli di origine turca) e bevono birra (anche i turchi). I greci mangiano moussaka e youghurt e bevono ouzo. Anche molti servizi, in quanto legati alla lingua, hanno mercati geograficamente ristretti. Insomma la moneta unica porta benefici solo ad alcuni tipi di aziende, auto ad esempio, ma per altre non ha senso o finisce per essere un danno.
21/04/2012 @ 13:36
Non è perchè non amiamo la cultura europea (e quella tedesca e germanica ) possiamo dimenticare che quest’area valutaria non attimale che è l’eurozona abbia avvantaggiato oltremodo l’europa
core piu’ competitiva grazie ai minori tassi di inflazioni e alla migliore propensione all’innovazione e a un certo ordine sociale
Mi è difficile pensare che l’italia centromeridionale o la spagna possano mai raggiungere livelli di competetitivita’ e inflazione germanici (non prima di un paio di secoli )
Francamente la permamenza dell’italia in una area valutaria non ottimale con le regole per cosi’ dire tedesche (che a mio avviso non cambieranno perchè il popolo tedesco NON accettera’ di fare un unione totale ,anche se magari molti impreditori tedeschi vorrebbero) mi sembra un valido presupposto per una secessione reale del nord italia ,che idealmente molti vedrebbero come una zona culturalmente e economicamente
compatibile e -forse- appetita al mondo tedesco …
21/04/2012 @ 14:00
Eccellente. Ancora una volta, grazie prof!
22/04/2012 @ 09:13
L’Italia a differenza di molti Paesi del Sud d’America e della stessa Europa ha un patrimonio proprio molto consistente che potrebbe essere utilizzato ( fondi patrimoniali regionali aperti ai grandi capitali) per abbattere parte del debito in modo tale da stornare le risorse ottenute dalla maggiore tassazione verso una nuova politica di sviluppo economico. Cambiare il vecchio modello di sviluppo economico, oggi, ormai in corto circuito e provare magari a carattere territoriale ( meridione, delocalizzato di fatto senza alcun beneficio da ciò) magari a tempo determinato ( dieci anni) mettendo insieme gli attori principali ( Istituzioni finanziarie, imprese, lavoratori) in un nuovo modello societario che possa calmierare le divergenze legittime del momento e converga invece verso gli interessi comuni che potrebbe generare.
22/04/2012 @ 09:39
Super grazie, Gustavo, il link è prezioso. Grazie anche dei commenti. Pietro
22/04/2012 @ 09:47
Molte cose giuste in questo video…ma attenzione all’ultimo punto: il fiscal compact non è la soluzione, e condivido, ma qual è la regola flessibile da non violare che ci permetterebbe di non ripetere gli stessi errori fatti da Maastricht in poi? solo due parole: tracciabilità, trasparenza e approccio manageriale alla spesa…fosse mica che gli economisti hanno bisogno degli aziendalisti e viceversa…
Un salutone prof., spero di farci presto una bella chiacchierata in facoltà!
Sandro
22/04/2012 @ 10:51
E’ così. Dialogo tra . Essenziale.