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Le garanzie concesse alle banche rallentano la discesa degli spread. Chi paga?

Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, valenti economisti abituati sia a sporcarsi le mani lavorando spesso fuori dall’università (lei a Bear and Sterns ben prima che fallisse, lui come economista del Fondo Monetario) sia a manipolare con accuratezza dati storici, ci riprovano. In “From financial crisis to debt crisis” pubblicato sempre nella prestigiosa American Economic Review, si cimentano nel cercare di trovare nella storia delle crisi delle regolarità causali tra crisi bancarie, crisi di cambio e crisi di debito. E quella regolarità che trovano come più significativa è che sono le crisi bancarie ad aumentare le probabilità di un default  di un emittente sovrano.

Tra le tante cose interessanti di cui parlano, c’è la verifica dell’ipotesi che se i governi si accollano il debito delle banche private minano la loro propria stessa solvenza. Si attardano giustamente a parlare di “debiti nascosti” (hidden debt) nelle pieghe dei bilanci pubblici di cui il … pubblico poco o nulla sa. Citano i debiti greci verso Goldman Sachs nascosti ma soprattutto – per quanto ci interessa nel prosieguo – fanno riferimento all’incredibile numero di garanzie implicite date nella storia dai governi (spesso alle banche).

Penso a ciò mentre mi leggo con gusto un articolo dell’Economist. Dove l’idea è che, dando garanzie pubbliche alle banche europee, gli Stati possono riuscire a far scendere i costi di raccolta degli intermediari finanziari (sin qui concordiamo, vedi dopo i dati sull’Italia). E dunque aiutarle ad effettuare credito alle imprese (PMI incluse) a più basso costo e rilanciare la crescita in Europa (questa ultima parte del ragionamento rimane poco convincente: le banche – nell’attuale clima recessivo – non prestano punto e basta, anche se diminuiscono i costi della loro raccolta). Ma c’è un pericolo, ci ricorda correttamente il giornalista: che, con la garanzia, i bilanci pubblici sono a rischio se le banche saltano. E ciò potrebbe far salire i tassi d’interesse dei governi (li chiamiamo spread noi in Italia!) e le tasse per riequilibrare i conti pubblici.

L’articolista cerca di individuare dove vi sia un vantaggio potenziale di queste garanzie, ovvero in quali  Paesi si hanno tassi bancari (molto) superiori ai tassi governativi: Francia, Regno Unito, Germania. Ma non la Spagna, perché lo scarto è già basso. Né l’Italia. E poi conclude, grossolanamente, argomentando che dunque in Italia “non c’è spazio per dare garanzie pubbliche alle banche”. Peccato che gli sono state appena concesse nella manovra Monti del 6 dicembre!

Mancano i dati su quanto sono  cresciute le garanzie in Italia da dicembre quando furono comunicate la prima volta, mi dice una giornalista. Ma guardate che ho scovato grazie a Chiara. L’andamento degli spread tra Repubblica italiana e banche italiane nell’ultimo anno. Molto interessanti.

Un valore positivo dello spread indica un Governo percepito come più rischioso del sistema bancario (evento raro: di solito assume un valore negativo).

Notate che nella prima parte del 2011 Banca Intesa è addirittura percepita come meno rischiosa della Repubblica Italiana (non Monte Paschi né Unicredit però). Uno specifico rischio Berlusconi? Sembrerebbe di sì se notiamo come lo spread torni ad essere “normale” (negativo) all’arrivo di Monti al governo (fine novembre) e quando vengono approvate le garanzie pubbliche alle banche ai primi di dicembre.

 

Ma ora guardate agli spread odierni: per la prima volta dal gennaio 2011 tutti gli spread, già crescenti nell’ultimo mese, compresi quelli tra MPS e Repubblica Italiana, sono positivi. Insomma, anche il governo Monti è ora considerato più rischioso delle banche, proprio quando il Governo Monti è esso stesso … considerato meno rischioso (visto che gli spread con il Bund stanno scendendo).

Dunque la garanzia pubblica sembra stia avendo l’effetto previsto dall’Economist: il rischio si sta trasferendo dalle banche, garantite, ai contribuenti (garanti). Migliorerà le condizioni del credito bancario alle imprese, specie le piccole? Ne dubito. Ma, più preoccupante, forse ciò può significare che i mercati cominciano a prezzare un “debito nascosto” nelle pieghe dei conti pubblici (la pericolosa garanzia?). Dovremmo temerlo. Sia perché ciò fa sì che il costo del debito della Repubblica non diminuisce tanto quanto potrebbe senza la garanzia, sia perché, come dicono Reinhart e Rogoff, le crisi bancarie finiscono per causare crisi del debito. E certo non è una bella cosa se per comportamenti improvvidi dei banchieri i nostri contribuenti dovessero finire per pagare il conto senza avere avuto nessun beneficio di maggiore credito all’economia.

E’ ora che Banca d’Italia e Governo ci dicano di più, e con più trasparenza quotidiana, su quante garanzie sono state concesse e se è previsto con la crescita delle stesse e del rischio connesso se 1) verrà aumentata la copertura nel bilancio pubblico o se 2) si cesserà di estendere tale garanzia.

One comment

  1. Stefano Caiazza

    20/01/2012 @ 10:47

    L’articolo è molto interessante. Come anche quello di Reinhart e Rogoff e dell’Economist.
    Pongo una domanda di fondo basandomi sul grafico da te riportato e sulle conclusioni che ne derivi. Sappiamo valutare il rischio?
    Quando guardiamo ai CDS, stiamo dando la parola al mercato, entità immateriale, fidandoci di quel che dice il mercato. Ma quali modelli utilizza? Come depuro il rischio “vero” dalle manovre degli speculatori che falsano il dato osservabile (il CDS non è più un indice di rischio ma riflette il profitto atteso).
    In un momento in cui l’economia è così legata alla politica, alle scelte di fondo di un’area (quella euro), in cui, forse, vi sono interesse specifici in altre parti del mondo affinchè un progetto fallisca, ha senso affidarci ciecamente a questa misura di rischio?
    Il discorso non cambia di molto se ritorniamo agli spread tra i titoli governativi. Quanto pesa la speculazione? Ossia, di quanto è alterata questa misura se la voglio utilizzare per quantificare il rischio?
    Nel mondo globalizzato del III millennio abbiamo bisogno di nuove, indipendenti, verificabili, trasparenti, misure di rischio.
    Perchè abbiamo visto che si questa misura si costruiscono manovre, si incide sulla vita presente e futura dei cittadini, cadono i governi, si annientano gli Stati.

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