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Le ali della speranza

« C’est surtout en prison qu’on croit à ce qu’on espère ! » Honoré de Balzac

E’ soprattutto in carcere che si crede a ciò che si spera, diceva Balzac.

Si sbagliava.

Perché non aveva visto le prigioni italiane. Lì, oggi, ormai, non si crede a nulla perché non si spera più nulla.

Ma invece mi sbaglio io. Dovrei piuttosto dire “non si dovrebbe credere più a nulla perché non si capisce cosa ci sia da sperare”. E invece.

Durante la recente visita di Benedetto XVI al carcere di Rebibbia un detenuto di nome Rocco ha chiesto al pontefice “se questo suo gesto (la visita, NdR) sarà compreso nella sua semplicità, anche dai nostri politici e governanti affinché venga restituita a tutti gli ultimi, compresi noi detenuti, la dignità e la speranza che devono essere riconosciute ad ogni essere vivente. Speranza e dignità indispensabili per riprendere il cammino verso una vita degna di essere vissuta.” Speranza. Speranza. Speranza.

Il Partito Radicale denuncia come mai in passato i detenuti ristretti nelle nostre carceri sono stati così tanti, settantamila circa, e il personale di ogni livello così ridotto nel suo organico. I suidici di carcerati e guardie carcerarie cresce. Il Partito radicale chiede l’amnistia.

Noi chiediamo - sia a chi è a favore sia a chi è contrario all’amnistia – di pronunciarsi ora a favore di un piano immediato di costruzione di carceri che restituisca speranza a chi nel carcere rimane. Lo chiediamo innanzitutto a questo Governo.

Nel 2009 Ance, l’associazione dei costruttori edili, stimò per un Piano straordinario di edilizia carceraria, la necessità di circa 1,6 miliardi di euro di cui 1,2 per la realizzazione di 22 nuovi istituti penitenziari e 400 milioni per la realizzazione di 47 nuovi padiglioni o la ristrutturazione di quelli esistenti. Le risorse già disponibili ammontavano a circa 600 milioni; di qui l’esigenza di trovare 1 miliardo di euro aggiuntivi. Il documento Ance menzionava il possibile coinvolgimento dei privati nel finanziamento dello stesso tramite la valorizzazione di strutture carcerarie dismesse o dismettere, spesso in zone urbane centrali.

Il problema con la valorizzazione è che, malgrado sia una buona idea, richiede tempo e qui tempo non ce n’è. Non ce n’è per quei 17129 carcerati che Ance stimava potessero riallocarsi nelle nuove strutture, dando a loro dignità e speranza e dando agli altri cinquantamila più luce, aria e diritti umani. Non ce n’è nemmeno per le imprese edili, specie quelle piccole, che stanno soffocando nella morsa della recessione e che potrebbero essere coinvolte a pieno ritmo nel 2012 su questo progetto, sostenendo il PIL e la loro sopravvivenza.

E dunque che fare? Semplicissimo. Monti riconosce la validità, nel nuovo Trattato Europeo che andiamo ad approvare, dell’inovocare un grave momento recessivo per rinviare l’aggiustamento di bilancio? Ottimo. Usi dunque 1 miliardo dei circa 18 derivanti dall’aumento delle imposte sui consumi approvato in Parlamento a dicembre per finanziare immediatamente il piano carceri. Parte della maggiore spesa sarà compensata dalle entrate derivanti dalla minore recessione che tale manovra comporterà.

Gliene saranno grate le piccole imprese. Gliene saranno grati i cittadini che potranno vantarsi di avere una Pubblica Amministrazione degna di questo nome. Ma soprattutto gliene saranno grati tutti quegli uomini e donne che avranno ripreso a credere perché avranno ripreso a sperare.

10 comments

  1. Che il voto contrario all’arresto di Cosentino dipenda da questa volontà dei Radicali di portare avanti l’amnistia anche per coloro che trafficano con la criminalità organizzata a spese della nostra democrazia, delle nostre istituzioni, della nostra credibilità?

    Ha ragione nel dire che abbiamo bisogno di carceri più grandi e anche migliori. Però non scordiamoci che dovremmo anche guardare alla gerarchia che esiste nelle carceri, la loro architettura e il metodo iniquo e sicuramente non commisurato alla gravità del reato con cui vengono allocati i detenuti nelle carceri, se davvero di speranze vogliamo parlare. Altrimenti, il problema delle carceri viene solo strumentalizzato a favore della domanda di spesa pubblica, cosa socialmente inaccettabile.

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  2. Rapisarda Salvatore

    13/01/2012 @ 09:10

    Gentile professore vorrei sottoporle le seguenti ossevazioni:
    Questo problema che Lei affronta costituisce a mio sommesso avviso un modello del rapporto tra crisi economica e modalità di uscita.
    Si rileva comunemente come una delle cause e delle distorsioni più rilevanti del nostro sistema carcerario sia l’eccessivo numero di detenuti in attesa di giudizio.
    Una delle soluzioni dunque: assumere più giudici.
    In questo modo si darebbe una risposta seria al problema occupazionale (e non quella discutibile e costosa degli ammortizzatori sociali) e si risparmierebbe riducendo la quota di detenuti in attesa di giudizio peraltro ingiustamente detenuti, lo stato sarebbe riportato al suo funzionamento fisiologico e si risparmierebbe in edilizia carceraria.
    Tagliare le spese non equivale automaticamente a risparmiare, in altre parole dobbiamo uscire dalla ubriacatura anarcoliberista di Friedman e dei suoi cultori.
    Le sarei grato di una risposta,

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  3. Benedetto_Croce

    13/01/2012 @ 11:11

    L’assunzione di più giudici può essere una azione immediata ma non la soluzione. L’inefficienza del comparto Giustizia in Italia non dipende solo da carenze di organico ma da una serie di fattori, in primis inefficienze e sprechi ormai cronici. C’è poi anche la mancata riforma sia del Processo Civile (quello più importante, perchè di fatto l’incertezza del diritto contribuisce a bloccare l’economia) sia del Processo Penale. Peraltro il budget assegnato al Ministero di Giustizia nel corso degli ultimi anni si è sempre più assottigliato sia per le condizioni economiche generali ma anche per una precisa volontà politica degli ultimi governi. A ciò si aggiunga che i pochi progetti di ammodernamento (informatizzazione del Processo Penale e Civile) sono sostanzialmente fermi anch’essi per carenza di budget ed il quadro è completo. E’ poco noto che spesso, anche quando ci sono capacità tecniche ed organizzative dell’amministrazione pubblica e del suo personale, le stesse capacità sono di fatto bloccate o rese inefficaci.
    Un esempio concreto, che mi è noto avendoci personalmente lavorato negli anni passati (sono un informatico)… la Procura della Repubblica di Roma aveva messo in piedi (sotto la direzione attenta e capace di uno degli aggiunti, il PM Laviani) una informatizzazione parziale del Processo Penale che poteva e può tuttora essere una possibilità concreta di sbloccare gli arretrati, che sono la vera palla al piede della giustizia italiana … ma anche lì fondi zero o quasi nulli assegnati dal ministero e progetto sostanzialmente congelato. Nella PA succede quasi sempre così, poco discrimine sulle spese realmente strategiche oppure fondi a pioggia anche per le attività non cardine.
    Da qui anche deriva la necessità di non fermare ora la “buona” spesa pubblica, come correttamente suggerito da Piga …

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  4. Roberto Evoli

    13/01/2012 @ 13:39

    Tralasciando i giudizi sulle condizioni disumane dei nostri penitenziari e senza entrare assolutamente nella discussione tecnica della riforma della giustizia , vorrei invece ribadire alcuni concetti ECONOMICI.

    Per far aumentare il PIL, e quindi la domanda di beni e servizi, e quindi maggior posti di lavoro e quindi maggior benessere, in Italia ed aggiungerei anche in gran parte dell’Europa, c’e’ un indispensabile bisogno di domanda pubblica che dia commesse alle grandi aziende (aziende edili, infomatiche, di telecomunicazioni, meccanica e trasporti) e di conseguenza a cascata anche a tante altre aziende “sub contractors”. Cio’ comportera’ la creazione di nuovi posti di lavoro, piu’ soldi in circolazione e maggiori domanda di beni di consumo e durevoli oltre che di servizi (edilizia civile, abbigliamento, auto, ristoranti, cultura).
    L’Italia e direi anche parte dell’Europa e’ un continente considerato vecchio in infrastrutture da parte del resto del mondo, soprattutto rispetto a quello asiatico. Questa crisi ci da paradossalmente la possibilita’ di rimodernare questo continente. Sfasciamo il vecchio fattisciente e costruiamo il nuovo partendo dalle grandi infrastrutture (Strade, Ponti, Edifici pubblici, Reti Telco, etc). Il Prof. Piga ha spiegato in piu’ occasioni come trovare le risorse per garantire queste gare pubbliche. Ma io aggiungerei che la lotta all’ evasione deve essere in Italia priorita’ numero 1. Nelle tante discussioni che ascolto in vari programmi televisivi e leggo nei giornali mai sento la parola TERRORE per chi tenta di evadare. Io ho vissuto anni in Danimarca e debbo dire che in questa nazione i cittadini pagono le tasse non per dovere civico, queste sono idiozie. Chiunque ha la possibilita’, legale, di non pagare le tasse, non le paga, altrimenti si parlerebbe di donazioni a scopo benefico. I Cittadini in Danimarca pagano le tasse perche’ hanno il TERRORE delle conseguenze. Non tanto di andare in galera, ma della velocita’ nel recupero di quanto evaso da parte della plizia tributaria, direttamente dai conti correnti e dalla certezza del controllo.
    Ecco dove e’ la risorsa numero 1 per finanziare le gare pubbliche d’appalto. E questo da subito, basta prelevare dai conti correnti di chi ha evaso. Prima si preleva, poi il cittadino, che pensa di aver subito un torto da parte dello stato, potra’ fargli causa.

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      • E delle piccole aziende e imprese che ne facciamo? il subappalto è una materia complicata in Italia e non siamo ancora in grado di deregolarlo…quindi è uno strumento difficile da applicare, che potrebbe anche generare ulteriori clientelismi e rapporti di forza tra le piccole e le grandi imprese. Sviluppo e crescita vuol dire a mio avviso che dobbiamo essere in grado di fare lavorare le piccole imprese in modo indipendente.

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  5. maurizio campolo

    13/01/2012 @ 15:50

    Egregio Professore, Lei pensa – come farebbe ogni persona in buona fede e, come si dice, ogni uomo “di buona volontà” – ai programmi di edilizia carceraria come ad uno dei tanti piccoli volani dei quali avrebbe bisogno l’economia italiana per riprendersi dalla recessione prima che sia troppo tardi.
    Io, da “operatore del diritto” – espressione orrenda, ma che rende l’idea – ho ancora nelle orecchie l’eco delle polemiche per le recentissime misure “svuotacarceri” e per i braccialetti elettronici, del costo esorbitante – pare – di 5000 euro “cadauno” e per di più privi del ricevitore GPS (e quindi inidonei a rintracciare i detenuti….).
    Vorrei essere tra gli Italiani che vogliono tornare a sperare.
    Ma a me, ultimamente, viene prevalentemente da piangere per il triste destino al quale il nostro Paese pare condannato….

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      • maurizio campolo

        14/01/2012 @ 09:51

        Lacrime di rabbia….
        I metodi di questo governo sono da regime.
        L’abuso della decretazione d’urgenza è palese.
        Il ricorso alla delegificazione è sconclusionato.
        La qualità legislativa ancor più scadente che nel passato.
        Riprendere le fila non sarà semplice….

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