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La monotonia della disoccupazione. Può terminare?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Civilian Corporation Corps statunitensi, 1933-1942, volontari “poco abbienti” tra i 18 ed i 25 anni.

Monti: “Che monotonia il posto fisso i giovani si abituino a cambiare“.

Benissimo. Rovescerei il messaggio: che monotonia stare a casa disoccupati. I giovani si abituino a cambiare.

2 milioni circa di giovani disoccupati. Uno spreco incredibile per il nostro Paese.

Immaginiamo di metterli tutti al lavoro. Fine della monotonia. Contratto a 3 anni, 1000 euro al mese, non rinnovabile, non tassati. In totale, 12.000 euro l’anno, 25 miliardi di euro, poco più di 1% di PIL.

Pavlina Tcherneva, professoressa negli Stati Uniti, ritiene che il vero messaggio keynesiano durante una crisi non fosse quello di spingere (come sostengo io) sulla spesa pubblica per beni, servizi e lavori, destinata ad aiutare poco – secondo lei – i più svantaggiati. Ma di aiutare direttamente questi più svantaggiati, così da avere sì l’addizionale effetto di stimolare la domanda, ma soddisfacendo al contempo le esigenze dei più bisognosi.

Questi ragazzi, lavorando nei Ministeri, presso i Musei, nelle università, nei cantieri, nel supporto agli anziani … quante cose imparerebbero? Quante incontri utili farebbero? Quanto aiuterebbero la ricostruzione del nostro Paese? Di quanto aumentarebbe la loro probabilità di trovare poi un lavoro grazie alle abilità acquisite.

Altro che soldi per sussidi di disoccupazione, quelli sì fonti di frodi in larga scala. Uno stipendio piccolo ed un impegno monitorato costante: quanto basta forse per scoraggiare i falsi disoccupati dal fare domanda per prendere i soldi e scappare, quanto basta forse per incoraggiare i veri disoccupati a candidarsi.

Ricorderete, ci fu un tempo in cui lo facemmo. Si chiamava servizio militare. Non fu usato come strumento ciclico, ma strutturale. Unì l’Italia forse più ancora della televisione e delle emigrazioni al Nord. Ora questo servizio civile per ricostruire l’Italia potrebbe salvare tanti dalla monotonia di una vita vissuta con angoscia e delusione. E potrebbe anche salvarci dalla monotonia di una vita senza l’euro. Pensiamoci.

25 comments

  1. si tratterebbe di potenziare qualcosa che già esiste già parzialmente: il servizio civile http://www.serviziocivile.gov.it/Default.aspx
    la paga è notevolmente inferiore a 1000€, solo 400€ e la durata non è di 3 anni. Ma tutti quelli che lo fanno tornano molto arricchiti dall’esperienza!
    Inoltre la lancio così: si potrebbe pensare di renderlo obbligatorio per tutti i NEET, piuttosto che per i disoccupati. Certo, poi bisognerebbe trovare le risorse…ma per questo sappiamo dove andarle a cercare!

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  2. Come tutte le uova di Colombo, le soluzioni più semplici sfuggono proprio per essere tali. Condivido tutto l’articolo e in particolare il penultimo capoverso, a cui aggiungerei anche: quanto basta per cambiare la mortificazione di un sussidio nella fierezza di una retribuzione.

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  3. Antonella Bucci

    02/02/2012 @ 10:51

    Il termine monotonia è fuorviante e molto. Ne fai un cenno all’ultimo paragrafo. La disoccupazione non è monotona è disperante, priva l’individuo di una parte della sua identità, quella sociale. Se si perde il lavoro ci si sente “fuori” dal mondo, rifiutati e dipendenti. Si tratta di una tragedia che ha un carattere erosivo. Se, da giovani, non si riesce nemmeno ad entrare nel mondo del lavoro si finisce con il passare del tempo per non avere più alcuna visione del futuro. Pur con tutta la vita davanti. Oggi questa situazione riguarda milioni di persone. Altro che monotonia. Forse se si avesse più coscienza “pubblica” di quanto sia terribile non poter lavorare, di quanto la disoccupazione sia l’effetto SOCIALE (oltre che individuale) più devastante della crisi attuale, le urgenze sarebbero diverse. E non si parlerebbe più di monotonia.

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  4. Caro Gustavo, ci provarono, li chiamarono LSU (Lavori Socialmente Utili). Forse furono implementati male, ma ricordo che fu loro gettata addosso una tale quantità di fango da parte di stampa, media, economisti, “esperti” che parlare di LSU era diventata una vergogna assistenzialista da evitare ad ogni costo.

    Ci sono sempre pronti i “guardiani della rivoluzione”, insomma, a far sì che i cittadini disapprovino ciò che a loro non conviene… ;-)

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    • Parlare di LSU non e’ una vergogna in se’, ma lo diventa nel momento in cui non lo si fa con la encessaria onesta’ intellettuale.
      Gli LSU sono stati e sono ancora, ad esempio in Sicilia, sinonimo di voti di scambio e clientele. E questo per me e’ fango. Non c’e’ neppure da perdere tempo per cercare quanto l’introduzione nel settor puubblico di nuovi LSU (o come si chiamavano una volta “articolisti”) va di pari passo con le tornate elettorali…Strano eh?
      Inoltre, moltissimi, ma proprio troppi di questi LSU sono pagati e non hanno nulla da fare..non e’ sempre colpa loro ovviamente, tante volte vengono assegnati a uffici gia’ sovraffollati. E’ vero che potremmo risolvere un po’ la situazione, ovvero dovremmo avere una regolamentazione che obbliga gli uffici ad integrare (non sto dicendo stabilizzare) gli LSU se e solo se hanno progetti su cui possono lavorare. E ce ne sarebbero a iosa..ma ci vuole volonta’ politica le cui decisioni sono possibili (e neppure sempre) solo se eletti. Siamo punto e a capo!
      MI sembra abbastanza evidente che nati nella cultura del “mi paghi ma io non devo muovere una carta”, questi pseudo-lavoratori garantirano futuro appoggio politico se e solo se la loro mentalita’ non viene intaccata da una qualsivoglia smania di prodttivita’ o pura efficienza sociale, o giusto un po’ di servizio civile.

      Mandiamo questi impiegati a fare qualcosa se vogliamo tenerli nel pubblico, riallochiamoli laddove ce n’e’ veramente bisogno..altrimenti e’ inutile diventano (o rimangono) un costo morto e peggio ancora concime per tutto il clientelismo che vige nel nostro Paese.

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  5. Tra l’altro, un servizio civile obbligatorio per tutti (o almeno per chi non ha un lavoro e non studia) sarebbe una magnifica occasione per fare quella manutenzione ambientale e culturale di cui il disastrato territorio italiano ha un gran bisogno. Bisognerebbe trovare il modo di rendere più concreta l’idea, pero”, perché sarebbe un peccato restasse la solita petizione di principio. Cominciamo dalle possibili obiezioni liberiste: il lavoro erogato in questo modo spiazzerebbe le imprese? Sarebbe “concorrenza sleale”? Io dico di no se sono lavori sui beni pubblici. Poi vediamo come si finanzia. Infine, servirebbe qualche parlamentare illuminato…..

    Che io ricordi, di questa cosa si era già parlato. Forse, c’era perfino una proposta della sinistra giovanile (i giovani ds,, per chi li ricorda). Magari si può ripartire da li

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  6. Federica Di Paolo

    02/02/2012 @ 13:21

    Un progetto simile sarebbe di grande aiuto, andrebbe ad accrescere non solo le competenze individuali ma anche ad arricchire e consolidare la coscienza personale. Parlo soprattutto degli inoccupati: non sempre a 19 anni, finita la scuola, si ha chiaro cosa si voglia fare nella vita, si perde tempo, autostima, voglia…e si resta indietro. Quanto ci sarebbe da dire…

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  7. massimo ciuffini

    02/02/2012 @ 13:56

    Bravo! Finalmente una proposta concreta ma sognante allo stesso tempo. E’ di questo che abbiamo bisogno.

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  8. è improponibile. Il nostro sistema di leggi IMPONE al datore di lavoro degli obblighi che lo riguardano penalmente. Oppure vuoi farli lavorare senza contributi, senza assitenza, senza nulla? come un clandestino? e se qualcuno si fa male? chi ne risponde penalmente? lo stato? il premier? non esiste.
    Sono solo parole che riempiono la bocca, che di certo non ne ha bisogno vista la quantità di castronerie si sentono in giro.

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  9. Pingback: Monti: la monotonia del posto fisso, e i guardiani della rivoluzione - Kimblo Economia

  10. Giammarco Giardi

    02/02/2012 @ 16:51

    Questa è una bellissima proposta nè guadagnerebbero tutti, la società che avrebbe maggiori servizi e i 2 milioni di ragazzi che avrebbero l’opportunità di guadagnare in termini economici e in termini di conoscenze. Inoltre questo sarebbe un progetto molto attuabilissimo se solo riuscissero a riallocare la spesa attingendo da qualche ammortizzatore sociale di sussistenza ( che a mio avviso occupano gran parte degli ammortizzatori in Italia ), a favore di questo ammortizzatore sociale destinato alla crescita (1% del PIL come diceva lei), a maggiori servizi per i cittadini e a maggiore esperienza per il giovane disoccupato. Inoltre volevo tener presente che il discorso della monotonia del posto fisso credo sia stato citato dal Prof.Monti come incentivo per avere una concezione del lavoro in modo dinamico pronto a raccogliere sempre nuove proposte lavorative (che ovviamente devono essere create se non sono disponibili) e quindi il suo messaggio credo che fosse quello di vedere il contratto di lavoro come una tappa del lungo percorso lavorativo di ogni cittadino e non (come molti oggi credono) il punto di arrivo.

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  11. e, di grazia, c’è un limite di età a quanto proposto? fino a quando si può essere “giovani”? 23 anni? 29 anni come dice l’istat (a quell’età Martone che era straraccomandato però era già docente universitario?)? a 35 anni?

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  12. L’idea è buon ed è un bene riproporla: Maurizio Blondet e anche altri, tra cui il sottoscritto, hanno indicato nel settore turismo a vocazione artistica un volano per l’economia. Oltre a ricordare che ci sono numerosissime opere d’arte da classificare e far conoscere e che, purtroppo, giacciono negli scantinati di musei e magazzini. Di sicuro ci sono altri campi o settori cui servirebbe intervenire e ,con quanto detto dal Prof. Gustavo Piga, si può fare. Aggiungo due cose: se non ricordo male o se non è una bufala, in Svizzera i giovani svolgono un tirocinio di due anni nelle banche. Non so se vengono retribuiti e che cosa succede loro dopo:vengono assunti?L’altra cosa è questa: se al governo ci fossero “altri”, quanto scritto dal Prof. Piga verrebbe “passato” come provvedimento necessario o indispensabile, magari ricorrendo alla fiducia e dopo una “buona campagna mediatica” (che dovrebbe essere brevissima per via delle condizioni psicologiche dei giovani e delle loro famiglie).
    ps.: Occorrerebbe inventare e creare qualcosa per gli over, per gli autonomi falliti, per chi è “fuori” da tutto.

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  13. Una banale domanda: ma perché, piuttosto che pensare ai LSU, o come altro li vogliamo chiamare, non diciamo a questi cari ragazzi intano di andare a fare quei lavori per cui c’è richiesta nei posti dove c’è richiesta?
    Qualcuno si è mai posto la domanda del perché vi siano tanti immigrati, soprattutto regolari e con posto di lavoro regolare, se non per coprire esigenze che altrimenti rimarrebbero scoperte.

    Perché non si trova un/una colf/badante italiano? Le ultime 6 colf che ho avute erano polacche, rumene, croate e moldave. O forse fare il/la colf non è un lavoro come un altro, in cui si imparano forse anche più cose che non a passare inutili carte.

    E perché una amica di mia moglie, che è proprietaria di un caffè/pasticceria, ogni volta che deve assumere un pasticcere si deve raccomandare l’anima a Dio nella speranza di trovarlo entro sei mesi?

    E perché, per non restare solo in Italia, in Belgio, come mi raccontava l’altro ieri un mio collega di là, il proprietario di un’azienda di panetteria industriale deve chiudere 2 forni perché non trova nessuno che vada a fare il pane? Lo stesso che avviene anche in Italia comunque.

    Perché ho dovuto aspettare una settimana affinché, in pieno inverno, un tecnico mi venisse ad aggiustare la caldaia rotta?

    Perché se uno si vuole far fare un mobiletto dal falegname deve mettersi in una lista d’attesa che manco fosse un primario di cardiochirurgia?

    Perché se devo fare aggiustare la macchina, il meccanico mi dice “ripassi la settimana prossima che ora non ho tempo”?

    Il lavoro c’è, c’è quello che il mercato richiede. Il lavoro che manca è quello finto, nelle pubbliche amministrazioni, fatto solo per giustificare la sua esistenza e non per l’utilità degli altri.

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    • Era il 1978 e avevo 28 anni , una moglie e una figlia di 2 anni.
      Avevo fatto l’insegnante per 3 anni dal 74 al 77 in un centro Enaip.
      Il centro fu chiuso e rimasi 18 mesi disoccupato .
      Non voglio dirvi come stavo, ne cosa facevo per sopravvivere.
      A quel tempo lo stato fece una legge sul collocamento facilitato degli iscritti a quelli che ora sono i Centri Impiego Provinciali e una buona parte dei disoccupati , seguendo una graduatoria di bisogno, fu collocata sia nel pubblico che nel privato con mansioni di base : operai comuni o impiegati di base.
      Io andai a fare l’operaio e riacquistai la stima in me stesso .
      Potevo dare da mangiare a mia figlia in modo continuo e dignitoso e questo mi bastava.
      Ora , mi sembra chiaro, che non si voglia trovare una soluzione onesta, e chi si nasconde dietro il dito delle proprie necessità negate o meglio inevase ( colf , amici che non trovano dipendenti, tempi lunghi per eseguire lavori di manutenzione)
      o addita gli immigrati come indice di non volontà dei nostri giovani : ha mai provato costui l’esser “DISOCCUPATO”?
      L’idea di Gustavo è apprezzabile e da sostenere. Ciò che è stato fatto in passato può andar bene , non c’è da preoccuparsi di questioni giuridiche ed economiche : ciò che deve essere in primo piano è l’UOMO,la sua DIGNITA’ e il suo diritto COSTITUZIONALE al lavoro.

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      • @Fabrizio
        In risposta al riferimento a quanto ho espresso nel mio post, nel Novembre 2001 l’azienda in cui lavoravo ininterrottamente dal 1982 mi comunicò che non servivo più e che il rapporto si sarebbe interrotto nel successivo febbraio, giusto il tempo di farmi celebrare i 20 anni di servizio.
        Avrei potuto appellarmi a mille ottime ragioni per mantenere il posto e probabilmente un tribunale del lavoro mi avrebbe dato ragione. Ma che senso avrebbe avuto rimanere in una azienda che non mi voleva più?
        Mi misi alla ricerca e prima ancora di uscire avevo già raggiunto l’accordo con un’altra azienda dove avrei ricominciato da capo facendo un qualche cosa che era lontano anni luce da ciò che avevo fatto fino ad allora e che poco o nulla c’entrava con i miei studi.
        Passai l’ultima settimana di lavoro in trasferta. Avrei potuto rifiutarmi, adducendo qualche scusa, di andare in giro, di stressarmi. E anzi, non avendo fatto in tempo a completare il rapporto di viaggio l’ultimo giorno di lavoro, un venerdì, tornai poi il lunedì, da disoccupato, a finirlo. Chi me lo fece fare? La soliderietà per un collega che ne aveva bisogno.
        Tra la cessazione di un rapporto di lavoro e l’inizio di un altro passarono due settimane, per mia libera scelta, volevo prendermi un po’ di vacanze.
        Sono quindi rimasto in questa nuova azienda per un anno, imparando a vedere il mondo del lavoro con un occhio differente rispetto a quello cui ero abituato.
        Un anno dopo la vecchia azienda mi propose di rientrare e accettai, perché come attività mi piaceva e divertiva di più.
        Spesi gli ultimi due giorni di lavoro nell’azienda che stavo per lasciare a fare formazione ad una collega che aveva iniziato da poco. Chi me lo faceva fare? Nessuno, solo la consapevolezza che il lavoro arricchisce.
        Rientrando nella vecchia azienda mi venne detto che, nella nuova posizione, avrei passato due-tre settimane al mese in giro per mezza Europa, in posti spesso improbabili. E mi è stato benissimo, perché quello che si impara allontanandosi dal proprio nido non c’è scuola che lo insegni.
        Fortunato? Forse, ma penso che lo sono stato perché ho sempre visto le cose non come problemi ma come opportunità.

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    • SCUSI: perchè se io mi candido come colf, non mi prendono? perchè se cerco come cameriera, segretaria, nei panifici……ecc. mi dicono che NON ho esperienza e quindi non mi prendono (a volte nemmeno mi chiaman per un colloquio).

      sono io sfortunata?
      è vero, ci sono persone che non farebbero MAI “certi” lavori.
      ma TANTE altre, come me, sì.

      sono laureata, ma cerco di tutto. Voglio adattarmi alla situazione attuale, basta lavorare.
      Non sa le critiche che ho ricevuto per questo, da parenti ed estranei.
      Me ne sono semi-fregata (perchè comunque ci restavo male).

      Spesso mi dicono pure “ma sei laureata…..” e non mi prendono.
      Mah.

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  15. E bravo il nostro Vincenzo. Proprio come pensavo , non ti sei mai trovato DISOCCUPATO, hai sempre colto al volo le “opportunities” come dicono i miei colleghi americani.
    Vedi io non sono nato ieri e credo di avere avuto molte opportunità nella mia vita lavorativa e di averle anche sapute cogliere , ma come dici tu “20 anni” forse anche meno di vita lavorativa insegnano, specie se non si è nel pieno dell’indigenza e del bisogno.
    Se ti fosse capitato di perdere il lavoro molto prima ?
    Se non lo avessi mai trovato, da giovane, un lavoro?
    Continueresti a pensare che nella vita esistono solo opportunità oppure ce l’avresti con qualcuno o con te stesso ?
    E’ nei panni di ragazzi ventenni che diventano trentenni senza aver trovato una strada che dobbiamo metterci, se è vero che abbiamo così tanti giovani senza un’occupazione degna di tale nome.
    Non possiamo pensare , noi navigati pronti a cogliere opportunità , che loro con la loro inesperienza sappiano fare altrettanto.
    E poi scusa è così difficile capire che non tutti hanno accesso alle opportunità ?
    E’ altresì difficile capire che uno Stato democratico, una repubblica “fondata sul lavoro” ha il dovere di fare qualcosa in situazioni come quella che stiamo vivendo?
    Insomma ben vengano liberalizzazioni e quant’altro si voglia, ma anche un’idea come quella di Gustavo può aiutare o no?

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