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Europa, Marte.

Il Gruppo dei 20, G-20, è il forum principale per la cooperazione internazionale sugli aspetti più importanti nell’agenda finanziaria ed economica internazionale. Il G-20 include 19 paesi membri e l’Unione europea, che rappresentano il 90% del PIL mondiale, 80% del commercio mondiale, due terzi della popolazione mondiale.

Sul sito si legge che i suoi obiettivi sono: 1) coordinamento delle politiche dei suoi membri per raggiungere la stabilità economica globale e crescita sostenibile, 2) promozione della regolazione finanziaria per ridurre i rischi e prevenire future crisi finanziarie, 3) creare una nuova architettura finanziaria internazionale.

Ulla! Importante. Come importante devono essere le sue deliberazioni. Nel 2009, a Londra, al termine del primo Summit del 2009 (eccezionalmente nel 2009 e 2010 ci furono 2 summit in un anno, vista la gravità della crisi), i Leader mondiali firmarono la dichiarazione di intenti conclusiva.

Andiamola a rileggere (punti 26 e 27).

Riconosciamo la dimensione umana di questa crisi. Ci impegniamo a sostenere coloro che sono stati colpiti dalla crisi, creando opportunità di lavoro e misure di supporto al reddito…. Sosterremo l’occupazione stimolando la crescita, investendo in istruzione … e tramite politiche attive del lavoro, con attenzione a coloro che sono più vulnerabili…. Abbiamo concordato di fare il migliore uso possibile di investimenti finanziati da programmi di stimolo fiscale con l’obiettivo di raggiungere una ripresa durevole, sostenibile e eco-compatibile.

G-20? Coordinamento mondiale delle politiche? Forse noi europei viviamo su Marte. Forse viviamo in Europa, che fa parte di Marte. Forse ci sono 19 paesi nel G-20 ed una Unione di osservatori. Distratti, indifferenti alla crescita ed alla dimensione umana di questa crisi.

Grazie Ste.

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Ricette per la felicità: piu’ filosofi ed ingegneri. Con piu’ libertà.

“Quando, nel 1400, i lavori di costruzione del Duomo di Milano s’interruppero, ad esempio gli architetti impegnati nel progetto s’impegnavano in accesi dibattiti pubblici su quale forma di arco fosse più resistente. Entrambe le fazioni misero in chiaro di considerare impossibile uno svolgimento rigoroso di tali discussioni senza ricorrere alla matematica ed alla filosofia naturale aristotelica.” Grafton (2003).

Il collega Nicola Persico si diletta con esperimenti di centralizzazione stile anni cinquanta quando chiede che l’Italia produca più ingegneri e meno filosofi, come Singapore. Le sue conclusioni, certamente motivate da tanta buona volontà, sono pericolose quasi quanto quelle che hanno abbondato, appunto, nel XX° secolo, con esiti mostruosi e disastrosi.

Quanti errori contiene la logica che guida Persico? Non pochi.

1.Presume che si possa orientare una società verso certi obiettivi produttivi anche se questa non ha la tecnologia per raggiungerli. In particolare, se non vi è un mercato di sbocco vibrante per gli ingegneri, produrremmo disoccupati o disadattati. Quanti geniali e infelici matematici ha prodotto la pianificatrice Unione Sovietica? E con che impatto per quell’economia?

2.Presume che la crescita di un paese dipenda dal suo livello di istruzione. E non viceversa. Eppure è probabile che gli individui abbiano voglia di andare a istruirsi se ne raccolgono i frutti. Non è un caso che nessuno in Italia (o quasi) finisca l’università dato che l’economia là fuori non cresce e dunque non premia la (maggiore) conoscenza.

3.Se proprio di un qualche esperimento centralizzato in Italia si può parlare è quello della pervasiva politica,  e dell’industria delle lobby, che recluta persone con conoscenze giuridiche. E infatti i dati parlano chiaro: la nostra vera differenza, che spicca, rispetto a Singapore, è quella dei giuristi, ben più presenti che i filosofi nella penisola. Attività, quella dei giuristi, spesso più di redistribuzione della ricchezza che di creazione della stessa.

4.Ma non diamo colpa ai giuristi. Chiediamoci piuttosto: come sarebbe il mondo se tutti i Paesi fossero uguali? Se tutti fossero come Singapore? Con una gigantesca offerta di ingegneri ben presto il loro salario crollerebbe e qualcuno comincerebbe a cercare altri mestieri. Non sarebbe il caso di chiederci se non sia vero che il mondo ha bisogno non solo di ingegneri ma anche di altre professioni? Di avvocati, operai, musicisti, scienziati, architetti, cuochi, agricoltori, matematici, filosofi? Non è che per caso il mondo ha bisogno di varietà e non di grigia uniformità? E non è forse vero che in un mondo globalizzato questa varietà può prevedere una specializzazione differenziata tra paesi, magari basata su un vantaggio competitivo dovuto a fattori storici e altri fattori facilitanti?

5.Dico questo perché non è pensabile che un Paese ricco di storia e cultura – che il mondo ci invidia e che è fattore di export e ricchezza – non investa massicciamente nelle materie classiche, nella conservazione e valorizzazione del suo patrimonio e del bello. Ma dico anche che il mondo occidentale, che sta diventando l’industria dei servizi del mondo manifatturiero spostatosi verso l’Asia, ha bisogno di sapere fornire e produrre servizi di consulenza ad alto contenuto intellettuale, anche per gli studi di ingegneria di Singapore. E i servizi intellettuali che si danno con qualità richiedono capacità di analisi, di logica, la trasmissione di valori, che una laurea in filosofia fatta bene può dare più di qualsiasi altra. Non a caso alla Columbia University di New York i corsi di filosofia sono strapieni di studenti che poi andranno a lavorare nelle imprese, che hanno bisogno di pensiero critico.

6.L’Italia non ha bisogno di più ingegneri o più filosofi. Probabilmente ha bisogno di tutti e due. Di sapere pratico e teorico, dove, speriamo, gli ingegneri si ispirino agli ideali nel costruire ed i filosofi prendano spunto dalla realtà e dalla tecnica per pensare, come nel 1400. Ma il punto chiave è un altro. Il punto è che l’Italia deprime non gli ingegneri, ma le idee. Non premiando i giovani bravi, non aiutando i giovani più poveri ad educarsi ed istruirsi di più, non permettendo alle imprese piccole di svilupparsi, noi non sapremo mai qual è la nostra forza, qual è la scintilla che ci farà tornare a crescere. Potrebbero essere gli ingegneri, o i filosofi, o ambedue, magari lavorando assieme in tante case di consulenza. Non lo sapremo mai perché la loro impresa non vedrà mai la luce, a volte distrutta da uno stato invasivo e burocratico, a volte non protetta da uno stato debole, assente o corrotto.

Prima di svolgere esperimenti sull’Uomo come quelli proposti da Persico, diamo la possibilità all’Uomo di sperimentare i suoi talenti. Diamogli questa libertà. Allora vedremo la bellezza e la felicità.

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Quando le piccole imprese vanno in paradiso.

Eccola la politica che serve alle piccole imprese. Che le farà crescere, affermarsi nella vita e nel mondo. Politiche di protezione ed assistenza. Perché è solo proteggendole, occupandosi attivamente di loro che si avranno domani le grandi imprese di successo. Come per i bambini.

Politica europea. Fattibile. Anche con le attuali rigide norme europee sugli appalti pubblici. Ovviamente nel Regno Unito, esempio di attivismo pragmatico e vincente per combattere la crisi che colpisce (di nuovo ovviamente) maggiormente le PMI.

Un anno fa il Primo Ministro David Cameron aveva annunciato una serie di misure per rendere più facile la prequalifica alle gare di ammontare inferiore a 100.000 sterline, stabilire pagamenti rapidi e soprattutto aumentare la quota di contratti aggiudicati alle piccole imprese.

Ebbene in un anno, questa sì  che è politica economica di qualità, le aggiudicazioni dirette alle piccole sono salite dal 6,7 del 2010 al 13,7 per cento del 2011.

E ora si punta più su: si mira al 25%, si mira a contratti su IT in piccoli lotti per attirare le PMI, si parla di pagamento al subappalto nelle costruzioni entro 5 giorni dal giorno dovuto.

E’ bello vedere un Governo che si mette a disposizione dei cittadini e soprattutto dei più deboli, senza se e senza ma.

Grazie Ric.

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Dignità e crescita.

Tutto il corsivo è tratto da Istat, ieri. Nel quarto trimestre del 2011 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2005, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,7% rispetto al trimestre precedente e dello 0,4% nei confronti del quarto trimestre del 2010.

Nel complesso, il Pil dei paesi dell’area Euro è diminuito dello 0,3% rispetto al trimestre precedente ed è aumentato dello 0,7% nel confronto con lo stesso trimestre del 2010.

Crescita acquisita: crescita annuale che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nei restanti trimestri dell’anno. La crescita acquisita per il 2012 è pari a -0,5%.

Nell’ambito dei consumi finali, la spesa delle famiglie residenti è diminuita dello 0,7%, quella della Pubblica Amministrazione (PA) e delle Istituzioni Sociali Private (ISP) dello 0,6%. 

Segantini Giovanni, Il lavoratore della terra o Lavoratore dei campi

Gli investimenti fissi lordi hanno segnato nel complesso una diminuzione del 3,1%. In particolare, la riduzione è stata pari al 4,6% per la spesa in macchinari e altri prodotti, al 3,4% per gli investimenti in mezzi di trasporto e all’1,8% per gli investimenti in costruzioni.

Il grafico è il grafico di una enorme sconfitta della nostra politica. Il PIL odierno è quasi al livello del 2000, quando eravamo circa 4 milioni in meno di abitanti.

La politica economica odierna si inserisce in questo contesto aggravando la contrazione del PIL rispetto a quanto era nella nostre capacità fare. Ciò peggiora la stabilità dei nostri conti pubblici anziché migliorarli.

Come la Spagna, nel 2012 non raggiungeremo gli obiettivi di bilancio previsti: la crescita stimata  dal Governo, più 0,5, è indicata ufficialmente dall’Istat essere di 1 punto percentuale più bassa. Circa 0,5% di deficit-PIL in più rispetto a quanto comunicato a Bruxelles. Eccola per voi la minore crescita che genera instabilità.

Fa bene Monti a non discutere di tutto ciò e a non preoccuparsi che la Commissione Europea si azzardi a richiamarci come ha fatto con la Spagna. A quel punto dovremmo fare come la Spagna e mostrare l’orgoglio minimo che ha avuto Rajoy e non piegarci ai diktat stupidi di Bruxelles e non accettare di raggiungere l’obiettivo precedente con altre manovre, perché ciò peggiorerebbe ulteriormente lo stato dell’economia italiana.

Siamo certi che il nostro Presidente abbia già mandato i giusti messaggi al Commissario Rehn. Ma non basta. Il quadro dipinto dall’Istat è un resoconto di una economia inviluppata, senza entusiasmo, timorosa, in alcune areee importanti del paese spaventata e depressa. La cui dignità è a rischio.

La riforma delle pensioni ha fatto stracciare tantissimi piani di assunzioni di giovani entusiasti per tenere in azienda anziani non sempre felici di rimanere. Dei tassisti non si sa più nulla. Dell’art.18 temiamo l’irrilevanza e vorremmo sapere dal Ministro Fornero con quale modello studiato sui libri di testo di economia intende raggiungere una disoccupazione del 5% come da lei dichiarato ed in quanto tempo. Speriamo vivamente che le sue affermazioni siano basate su rigorose analisi e non su piani elettorali più propri di politici demagoghi: la gente non va presa in giro. Sui pagamenti ritardati alle imprese speriamo veramente tanto che Banca d’Italia e Governo facciano il miracolo: sarebbe una vera riforma di questo Governo, con un qualche impatto rilevante per l’economia.

Questo Governo ha reso l’Italia momentaneamente più degna di se stessa. Ma la dignità che perdura viene dalla bellezza di quel che riusciamo a fare e dal lavoro che ci fa sudare e tornare a casa mai umiliati di fronte alle nostre famiglie. E’ tempo di capirlo.

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Spending Review? Basta, grazie. Ora fate sul serio.

Il prof. Piero Giarda è persona seria. Non spara notizie sensazionali per far fare i titoli ai giornali. Dunque se trovaste irritante che l’ultima domanda del giornalista nella lunga intervista al Corriere a pagina 3 è lunga 15 righe e la sua risposta 7 parole ed una virgola (“E’ una buona idea, ci penseremo”) sareste nel torto.

Detto questo, era una intervista molto attesa perché doveva dirci dove stiamo andando con la famosa spending review per valutare l’efficacia e l’efficienza della spesa. Volano strategico per il rilancio del paese tramite una migliore spesa pubblica.

Ebbene man mano che scorrevo l’intervista mi sono depresso sempre più. Ecco perché.

1)      Giarda fa riferimento solo alle amministrazioni centrali. Non comprende nella review i settori che negli ultimi dieci anni sono stati al centro dei maggiori aumenti di spesa, le regioni con la sanità, dimenticando che proprio il Ministero dell’Economia ha una leva formidabile per condizionare i comportamenti di queste: i trasferimenti statali.

2)      La Consip. Chiamata a giocare un ruolo con le sue competenze informatiche, la stazione appaltante centralizzata del Ministero viene evocata solo per una eventuale e non meglio specificata “progressiva estensione della centralizzazione” che procede a rilento. Ora se sappiamo una cosa è che di centralizzazioni ce ne possono essere di due tipi. Centralizzazione degli appalti in mano alla Consip, politicamente non fattibile e dannosa per le piccole imprese, provata 10 anni fa (ero Presidente allora e ne facemmo tante di cose, molto innovative e intelligenti, ma i danni alle PMI in molti casi ci sono stati ed è bene non ripetere quell’esperienza). Centralizzazione dell’informazione sugli appalti di tutta Italia, come in Corea, dove ogni stazione appaltante fa la sua gara senza delegarla alla Consip, ma usando la piattaforma Consip così da avere tutte le informazioni per fare confronti e fermare gli sprechi.

3)      E se qualcuno dopo la risposta breve poteva sospettare che il Ministro non avesse in mente il ruolo chiave dell’informazione basta dire che la famosa risposta di 7 parole era alla domanda più importante del giornalista Marro: possiamo avere l’informazione voce per voce di cosa compra la P.A. così che si possa verificare? Beh, sentirsi dire dal Ministro che in tutti questi mesi ha dovuto pensare alla spending review  “è una buona idea, ci penseremo”, fa cadere le braccia. Nessun riferimento all’uso delle tecnologie abilitanti che tanti paesi hanno già utilizzato per identificare sprechi e trovare risorse per lo sviluppo. Altro che tassisti, pensioni o articolo 18.

Cadere le braccia sì, ma non la nostra convinzione che le cose si possano e si debbano fare. Ripetendo fino alla nausea le stesse cose fino a quando non si accorgeranno di noi tutti e della bontà dei nostri argomenti semplici semplici.

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It’s our Turn to Eat: When Ants Turn into Crickets

Say German workers to the whole world: it is our turn to eat now.

Real gross German wages have increased 1% only in 2011 and 1.5% only in 2010. Much higher the increases in the rest of the Europe and in the euro area (see graph below). Which explains the incredible divergence in this decade among current account balances of euro area countries (Germany vs. euro-Med countries in particular) that so much has put pressure on the euro survival chances, a risk so well synthesized by spread dynamics in this last year.

These internal imbalances cannot disappear  with deflation in the Euro-med countries but through re-flation in German wages that push for higher internal demand in Germany.

A deflation, wage-cut driven, model of rebalancing competitiveness of the kind put in place in some Baltic countries is impossible in Southern Europe. Baltic countries are more ready to sacrifice their new high earning power because they have yet to get fully used to it and because of the fear of falling back in the deadly embrace of the Russian giant. Southern countries like Italy would never accept the needed 20% cut to restore competitiveness (see graph on real gross wage dynamics).

Restoring equilibrium with higher wages in Germany will be an important move. Italy-Germany spreads will go down when this will occur. It would still need to be complemented by a large fiscal expansionary package, but for that to occur forget Germany with its 2013 election and let France with M. Hollande take the lead.

Thank you Ale.

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Breaking News – Ultim’ora: Appalti riservati alle piccole in Europa

Straordinaria notizia dal discorso di Nicholas Sarkozy oggi a Villepinte nella sua campagna elettorale. Cito dal sito del Monde:

La France exigera que désormais les PME européennes aient une part des marchés publics qui leur soit réservée, a encore annoncé M. Sarkozy. Si au bout d’un an, la discussion n’a pas progressé, la France appliquera unilatéralement jusqu’à ce que les négociations aboutissent.”

La Francia esigerà che da ora in poi le PMI europee abbiano riservata una parte dei mercati degli appalti pubblici; se, tra un anno, la discussione non avrà progredito, la Francia l’applicherà unilateralmente fino a quando le negoziazioni non vi sbocchino”.

Incredibile. Solo leggerle queste parole rimango basito. In Francia in questo momento alla televisione tutti parlano di una mossa protezionistica di grande impatto. Correggo io: di protezione, non protezionismo. Ma di impatto, sì eccome. Da anni combatto inutilmente affinché  una simile mossa sia adottata in Europa, per adeguare la normativa europea a quella statunitense che dal 1953 prevede che il 23% degli appalti pubblici siano riservati esclusivamente alla piccola impresa.

Mi spiego sul perché protezione e non protezionismo, parola quest’ultima che ha una chiara valenza negativa. Prendete una gara da 1 milione di euro ed una piccola impresa di 5 dipendenti ed una grande di 500. Per partecipare a quella gara devono distogliere dall’attività normale per 3 mesi, diciamo, 1 dipendente, per redarre l’offerta. Conti presto fatti: la PMI deve distrarre 1/5 della sua forza lavoro, la grande 1/500 per 3 mesi. Potete immaginare quanto costa in proporzione la partecipazione a questa gara per la piccola rispetto alla grande? Un differenziale di costi unitari enorme che nulla ha a che vedere con la bravura dell’impresa. E pensate che in Europa c’è chi dice che la gara tra piccola e grande, purché pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, è gara che assicura le pari opportunità! Gli Stati Uniti da tempo sanno che questo è ridicolo e, proprio in nome della concorrenza , riservano una quota rilevante di appalti per le piccole. Per l’Egalité.

Come per un figlio, piccolo, che dovete accompagnare a scuola. Lo lasciate attraversare la strada da solo? No. Lo proteggete, attraversa con voi dandovi la mano, affinché cresca un giorno e possa andare a scuola ed affermarsi nel mondo. Così per le piccole imprese, vanno protette se abbiamo a cuore la concorrenza e la crescita del domani.

Era tempo che nell’agone dei programmi elettorali se ne parlasse. Era dannatamente ora. La verità è che Sarkozy vi aveva già provato all’inizio del suo mandato ed aveva fallito, bloccato dalla Commissione Europea dei tecnocrati, da qualche Paese membro e da una scarsa sua leadership. Come fidarsi che stavolta ci riuscirà? Beh, averlo detto in maniera così forte in un certo senso lo obbliga.

La Francia cerca dunque di riprendersi in mano il pallino della conduzione europea: potrà farlo perché la Merkel sarà distratta dalle sue elezioni nel 2012-2013. Apprezziamo Hollande se vuole più spesa pubblica. Apprezziamo Sarkozy se chiede protezione per le piccole. Se avessimo il candidato che unisse queste 2 mosse vedremmo un segno di rinascita europea.

Cosa farà Passera? E Monti? Se la sentiranno di schierarsi in questa battaglia così importante per ridare vigore all’Europa? O resteranno come lo sono stati tutti i Governi di Europa negli ultimi 10 anni catturati dagli interessi delle grandi imprese e ostili a qualsiasi grido di dolore delle piccole imprese distrutte letteralmente da questa crisi?

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European Leadership for Sale

While French President Sarkozy today (in his campaign toward Spring elections) promised a revolutionary (and very welcome) shift toward – just like in the USA - reserving a share of European public contracts to small and medium firms (something forbidden so far by the EU Treaty), his socialist rival, Mr. Hollande was quoted in the German press:

Who seriously believes, …”except perhaps a few people in Germany, that we can reduce our deficits if there is no growth?” He also said he is opposed to the European Court of Justice having the power to encroach on national fiscal sovereignty, as is currently stipulated in the fiscal pact.

Very sound Economics 101, indeed good news too.

Less austerity, more growth, French-style. So something is moving in the Old Continent. The power of elections and democracy I guess. Not entirely true. What about Germany? Elections are next year around but Mrs. Merkel is increasingly playing a defensive battle full of unwelcome symbolism.

Alarmed by the rising unemployment rates in south-European countries, the German labour ministry instructed to stop Hartz-IV social  transfers for EU immigrants, Spiegel online cites the Frankfurter Rundschau. Up until now, immigrants from 17 EU countries were eligible to unemployment benefits (Arbeitsgeld II) under the European Convention on Social and Medical Assistance (EFA). Germany revoked its EFA contract commitments with regard to welfare and unemployment benefits. Socialists and the employment agency critised the move.

A very bad move indeed. Understandable but so myopic. Unemployment in many countries in Europe increases also because of German fixation with austerity measures. The natural consequence of this German decision is that European workers in countries with high unemployment – moving toward where unemployment is lower and job chances higher, i.e. Germany – see their move made more costly by the increase in search costs.

Yes, it is understandable. Germans see their taxes rise because of higher unemployment benefits offered to Greek workers migrating to Germany. But right now, this measure has simply the ugly similarity with the one of closing borders and of a retrenching Europe.

Leadership badly wanted in Europe.

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I numeri: Mancano 2 giorni e 15 firme a quota 1100. Firma anche tu!

L’appello è agli sgoccioli, domani chiudiamo e lo inoltriamo a Governo e Presidente della Repubblica. E’ stata un’avventura bellissima che ci ha fatto conoscere. Da qui continuiamo a parlare insieme di tutto quello che farà rinascere questo meraviglioso Paese.

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Oversestimating growth, ECB style.

Does the ECB consistently overestimate growth? The following graph, regarding official euro area growth projections by ECB staff on 2012 growth since December 2010 seems to confirm that.

Reasons? A bad model of the economy within ECB headquarters? Severe unexpected shocks? Overly restrictive monetary policy driven by fixation with 2% inflation (because indeed inflationary mistakes over 2012 have been lower, see chart below)?  Disinformation to avoid sound keynesian fiscal policies? I leave that up to you.