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La sostenibilità del debito pubblico italiano? Solo con la crescita (subito)

Un recente working paper del Fondo Monetario Internazionale di una ricercatrice italiana, Edda Zoli (che ringrazio), mette in risalto (tra le altre cose) il legame tra spread ed aspettative del mercato sull’andamento futuro del rapporto debito-PIL. Trovando un legame positivo.

Giusto guardare al rapporto tra aspettative di sostenibilità fiscale e spread, ma la domanda rimane aperta: è l’aspettativa di crescita economica o l’aspettativa sull’andamento dei conti pubblici che spiega le reazioni dello spread? Ovviamente dipende dalla situazione specifica in quel momento del Paese.

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Nel grafico vedete (in blu) rappresentate le aspettative dei mercati sul rapporto debito PIL a 4 anni di distanza (dati Economist Intelligence Unit) dal 2000 a fine 2012. Quel rapporto debito-PIL previsto si è poi materializzato ed è diventato il livello che leggete sulle statistiche ufficiali (in rosso).

Per esempio per l’anno 2000 (gli anni sono sull’asse delle ascisse) leggete, sulla linea blu, che debito/PIL il mercato si aspettava per il 2004 e sulla linea rossa che debito PIL c’è stato poi effettivamente nel 2004 (attorno al 105%).

Dal 2009 in poi la linea rossa indica sempre il debito su PIL 2012, 123,3%, mentre la linea blu indica sì le stime di mercato per quell’anno, il 2012, ma mano a mano che passa il tempo l’orizzonte temporale delle previsioni si accorcia da 4 anni a 0. Per esempio per il 2012 sull’asse delle ascisse avete la stima che il mercato fa nel 2012 sul rapporto debito pubblico/ PIL italiano del 2012. Spero siate ancora con me e non vi siate suicidati. Se sì, continuiamo.

La distanza tra le linee rosse e blu indica gli errori che ha fatto il mercato sull’andamento a 4 anni del rapporto debito PIL. Come vedete gli operatori hanno sempre sottostimato l’andamento del rapporto debito PIL, mostrando eccessivo ottimismo sulla capacità dei governi italiani di frenarne la dinamica. Solo negli ultimi mesi vedete che la linea blu supera quella rossa: per l’ovvio motivo che il 2012 sta finendo e ormai l’errore non può che essere minuscolo; ma fate attenzione che il mercato si aspetta un dato ancora peggiore del Governo ….

Ho anche inserito, dal 2009, un’altra linea, quella verde che ci dice dal 2009 in poi come si evolve l’aspettativa da parte degli operatori di mercato sul rapporto debito-PIL tra 4 anni. Quindi gli ultimi dati della linea verde ci dicono cosa si aspettano a fine 2012 i mercati che sia il rapporto debito su PIL italiano nel 2016. Su questa terza linea torniamo tra poco.

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Perché voglio dirvi 3 cose e poi vi lascio godere la domenica. Tre cose su questo grafico. Tre cose che sintetizzo in 3 periodi, cerchiati.

1. Il periodo del cerchio giallo delle cicale.

Che succede di particolare tra il 2004 ed il 2006? Una cosa. L’errore di previsione sul debito PIL di quegli anni diventa immenso. Sono, per l’Italia, anni di crescita economica discreta, quella dei primi anni del nuovo secolo. Quando l’economia tira è giusto aspettarsi che un governo metta fieno in cascina e mantenga sotto controllo il debito su PIL. Ed invece no, non l’abbiamo fatto per niente. E’ in quegli anni che abbiamo probabilmente messo le basi per la crisi attuale, in cui l’Europa ci impedisce di spendere per uscire dalla crisi ricordandoci che siamo stati cicale in estate. La logica dell’Europa che non consente di dire no all’austerità è il fallace argomento “siccome siete state cicale in estate, dovete fare le formiche in inverno”, come se in inverno si potesse mettere da parte qualcosa e come se non si dovesse aiutare, in inverno, chi è stato cicala. E’ vero tuttavia che il non essere stati formiche in quegli anni ha in parte causato il nostro fato odierno e rende più difficile richiedere oggi la fine della stupida austerità.

2. Il periodo del cerchio rosa della crisi mondiale.

Guardate cosa succede alla linea blu nel 2009: fa un salto enorme. I mercati prendono atto della crisi mondiale del 2008 e aggiornano subitaneamente le loro aspettative sul debito-PIL italiano futuro di circa 15 punti percentuali.

Visto che l’Italia in quegli anni di crisi non fa politiche fiscali espansive, il mercato si aspetta debiti su PIL più alti a causa della scarsa crescita.

Ciò conferma che il problema della sostenibilità del debito pubblico attuale così come percepito dai mercati non è un problema di cattive finanze pubbliche ma di crescita che sparisce. E che è solo con la crescita che si ristabilisce la sostenibilità del debito pubblico.

3. Il periodo del cerchio viola di Monti.

Ora guardate solo la linea verde. Nel seguirla, vedrete come è cambiata giorno dopo giorno l’aspettativa del debito PIL tra 4 anni in questi ultimi anni.

Vedete quel calo brusco della linea verde, di circa 5 punti percentuali? Il primo novembre 2011 l’aspettativa dei mercati sul debito su PIL il 1mo novembre 2015 è del 117,1%.

3 mesi dopo, il 1mo febbraio 2012, l’aspettativa sul rapporto per il 1mo febbraio 2016 è scesa di più di 5 punti percentuali a 111,8%.

Monti. E l’ottimismo che sappia ridare sostenibilità al rapporto debito PIL.

Ma che succede subito dopo? Dal 1mo febbraio 2012 torna a salire addirittura di 10 punti percentuali fino al 121,2% di ottobre 2012, pieno Governo Monti, la stima per il rapporto debito su PIL per ottobre 2016.

Cosa è cambiato in questi mesi del 2012 nella percezione dei mercati su Monti? Forse la sua capacità di generare austerità? Certamente no.

Certamente piuttosto la percezione della sua incapacità di generare crescita immediata. E dunque dell’incapacità di assicurare sostenibilità del debito pubblico in un periodo in cui questa dipende tutta dalla crescita economica, e non dall’andamento del debito, come meccanismo iniziale.

Quando capiremo che i mercati sono affamati di crescita - oggi, non quella tra 10 anni – saremo pronti per fare in Europa la cosa giusta.

4 comments

  1. Luigi Biagini

    08/04/2013 @ 07:48

    “Quando capiremo che i mercati sono affamati di crescita – oggi, non quella tra 10 anni – saremo pronti per fare in Europa la cosa giusta.” sembra un cosa ovvia ma come mai nessuna la mette in pratica? Misteri d’Italia…

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  2. Lorenzo Donati

    08/04/2013 @ 12:05

    Caro prof. avevo dei dubbi se sarei riuscito a seguirla…ma….come al solito, è stato chiarissimo e farò leggere la sua analisi ai soliti amici che ancora predicano che bisogna PRIMA aggiustare i bilanci e POI pensare alla crescita.
    P.S.: Ho letto il post oggi e quindi ho potuto passare una domenica tranquilla !!

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  3. questo suo post mi ha intristito molto ( e non retoricamente purtroppo )

    perchè se è evidente che la sotenibilita’ del debitopubblico (senza trattino parola unica ) dipende dalla crescita
    dovrebbe essere altrettanto evidente che i problemi non nascano dalla mancata riduzione del debitopubblico nel 2004
    la spagna aveva ridotto il debitopubblico fino al45% d/Pil
    ma mi sembra che abbia qualche piccolo problema…e che abbia fatto ricordo ad un fondo salvabanche di cui è sostenitrice (creditrice) anche l’italia…

    mi spiace davvero che non voglia parlare del vero problema centrale ovvero la crisi delle bilancia dei pagamenti e dei crediti target2 nei paesi euromediterranei…

    il dibattito politico ne avrebbe enorme beneficio..

    ma gli italini vogliano andare al disastro allegri…(soprattutto i grandi bancheri e rentiers vari evidentemente…)

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    • Ma non dobbiamo intristirci ma dibatterne. Non credo certo che “i problemi nascono dalla mancata riduzione del debito pubblico” ma certamente a livello politico sarebbe stato più facile ottenere oggi meno austerità se in quegli anni avessimo fatto politiche controcicliche. Magra consolazione, lo so.
      Il vero problema non è certamente la crisi della bilancia dei pagamenti e di target 2, che sono conseguenza e non causa della crisi. Il problema è da un canto strutturale in alcune aree dell’euro (e in buona parte dovuto ad un lento reagire della politica – italiana in primis – verso la globalizzazione e le sue conseguenze ed imperativi di cambiamento (ma cambiamento intelligente, non quello liberista dettato dalla commissione europea) e dall’altro di domanda interna in tutta l’area dell’euro. Risolvere questi 2 problemi (nell’ordine appropriato cioè primo il secondo e poi il primo) risolve i problemi europei, con buona pace della bilancia dei pagamenti e soprattutto evitando quella disgrazia politica che sarebbe l’uscita dall’euro ma che è opportunità economica se continuiamo con la stupida austerità.

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