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Le serrate danesi ed il numero chiuso italiano

La serrata (o lockout in inglese) è la chiusura di un’impresa all’utilizzo della manodopera; tale chiusura può essere totale o parziale. Con essa l’azienda non accetta la prestazione lavorativa offerta dai suoi dipendenti e rifiuta di pagarne ogni tipo di compenso. Si tratta di una forma di pressione del datore di lavoro effettuata sui lavoratori.

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C’è un paese dove al Governo sono tre partiti. Sorretti dall’appoggio esterno di un quarto. Tutti e quattro i partiti sono retti da una donna. Il Primo Ministro anche è una donna.

Anche lì hanno un problema di rappresentanza di genere, come da noi con i saggi. Una serrata contro gli uomini.

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La Danimarca è anche nel mezzo di un’altra incredibile serrata. La serrata delle scuole pubbliche contro i suoi docenti. Che, come mostrano le statistiche Ocse (p. 477), indubbiamente stanno troppo poco in aula a insegnare e troppo a casa a preparare le lezioni. E che il governo di sinistra pretende stiano più ore in classe, con i ragazzi.

Ancora un mese ed i fondi del sindacato per sostenere la protesta contro la serrata saranno finiti. A quel punto forse il  braccio di ferro vedrà vincitore il Governo. Nel frattempo, le aziende dove lavorano i genitori – quando possono - specie le più grandi, ospitano i bambini.

Non pare una serrata contro i 600.000 studenti. Pare proprio che sia una battaglia liberale per la protezione del loro diritto ad una migliore istruzione. Il Paese sembra schierato contro i maestri: anche l’opposizione di destra, mi dicono, è a favore dell’aumento delle ore, forse un po’ di meno del numero di ore voluto dalla sinistra.

“Da noi funziona così, ci ritroviamo spesso attorno a soluzioni condivise, tutto il Parlamento”.

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Serrate contro le discriminazioni dei più deboli. Condivisione sul bene comune.

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Non che in Italia abbiamo bisogno di più ore in classe dei nostri maestri. Ma qualcosa da imparare c’è. Le statistiche Ocse confermano che i danesi sono tra gli ultimi quanto a questo indicatore. E che fanno? Si rendono conto che qualcosa va cambiato, che qualcuno soffre di una evidente discriminazione. E fanno una serrata.

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Vorrei prendere anche io un indicatore dove l’Italia è carente e dove è evidente una discriminazione. E fare una serrata contro chi discrimina.

Trovo esilarante il rilievo che si da oggi all’importanza della sentenza della Corte europea a favore del numero chiuso nelle università italiane. Come se la vera discriminazione ed il vero problema non fosse invece uno di apertura, contro quell’80% più povero tra i nostri giovani a cui impediamo di laurearsi, ultimi o quasi in Europa, non aumentando la qualità e la quantità dei nostri Atenei,  investendo in essi e monitorandone la qualità, per raddoppiare come ci chiede l’Europa il tasso di laureati dal 20 al 40%.

La serrata che farei in Italia? Contro tutti quelli che hanno scambiato la parola qualità con austerità, la parola pari opportunità con meritocrazia, la parola spesa pubblica con la parola spreco, la parola investimento con la parola risparmio. Fuori dai palazzi della politica, li lascerei, tutti questi. Locked out.

3 comments

  1. Caro Piga,
    nella nostra università i rettori, con l’appoggio dell’intero corpo docenti, procurano una fulminante carriera (roba da Guinnes dei primati!) ai loro figli. Di nulla esperti se non del fatto di esser figli di cotanti padri. Se non sono i figli sono le amichette bionde …
    Già alla fine dell’Ottocento Nitti (o Giustino Fortunato) diceva che la maggioranza dei nostri laureati (per lo più in legge o lettere) erano degli spostati del tutto perduti per ogni attività produttiva …
    Le cose non sono molto cambiate e questi ultimi decenni (dal Craxi in poi) le hanno addiritture peggiorate con una corruttela ormai imperante ad ogni livello, per quanto basso.
    Un saluto Piuma

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