La partecipazione alla forza lavoro delle donne in Italia è tra le più basse dei Paesi Ocse e la più bassa in Europa … Insomma, troppe donne con grandi potenzialità non le sfruttano. … Perché le donne italiane lavorano così poco fuori casa? Si dice perché non ci sono abbastanza asili nido gratuiti o sussidiati. Magari fosse così semplice! … Insomma, le ragioni della scarsa partecipazione al lavoro sono molto più profonde: hanno a che fare con la nostra cultura, che assegna alla donna il ruolo di «angelo del focolare» e all’uomo quello di produttore di reddito … il punto è che in Italia, più di ogni altro Paese europeo, il carico della famiglia è troppo sbilanciato sulla donna. Fino a quando non si aggiusta questa equazione non si fanno passi avanti. Sia chiaro: ci stiamo muovendo su un terreno minato, che sfiora il dirigismo culturale… Proposte ce ne sono. Ad esempio uno di noi … ha da tempo suggerito vari metodi per detassare il lavoro femminile e favorire la partecipazione al lavoro delle donne. Si deve anche pensare a un uso molto più flessibile del part-time per facilitare la gestione familiare, come nei Paesi nordici, dove il part-time è molto più diffuso che da noi. Attenzione però: part-time sia per uomini che per donne, appunto per riequilibrare i ruoli nella famiglia. Mario Monti nella sua Agenda ha ricordato il problema del ruolo della donna nella nostra società. Il prossimo governo dovrà partire proprio da lì.
Alesina e Giavazzi, Corriere di ieri
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Papà, queste quote rosa, non mi paiono giuste.
Mio figlio oggi.
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“Nel 1960, 94 percento dei medici e degli avvocati negli Stati Uniti erano uomini, bianchi. Nel 2008 la frazione è scesa al 62%…
Considerate il mondo che fronteggiò il (mitico, NdR) giudice della Corte Suprema Sandra Day O’Connor quando si laureò in legge alla (mitica, NdR) Stanford University nel 1952. Malgrado fosse la terza della classe il solo lavoro che poté trovare subito fu quello di segreteria in uno studio legale.”
Cosa fa cambiare la distribuzione dei lavori disponibili per genere o razza? Certamente il caso. Certamente gli sviluppi delle competenze necessarie per un certo lavoro (se tira il settore delle costruzioni forse gli uomini hanno più domanda di lavoro). Certamente cambiamenti di abitudini (contraccettivi e lavastoviglie hanno aumentato l’offerta di lavoro femminile).
E cambiamenti sociali che hanno divelto barriere all’ingresso? L’accesso all’università, così a lungo vietato agli afroamericani? Il movimento femminista e quello dei diritti civili che hanno preteso l’abbattimento dei tanti “soffitti di vetro (glass ceilings)” e stereotipi culturali che pervadevano la società americana all’uscita delle seconda guerra mondiale?
Certamente.
Ma quali sono stati i motivi più significativi legati al tipo di occupazione che spiegano l’incredibile incremento della produttività aggregata americana dal 1960 ad oggi? Il maggiore talento della forza occupata? Il cambiamento tecnologico che richiede uno speciale tipo di occupazione? Oppure la rimozione delle barriere all’entrata nel mercato del lavoro di una particolare tipologia di lavoratore?
“Scopriamo che il cambiamento delle barriere all’occupazione che fronteggiavano afroamericani e donne spiega circa dal 15 al 20% dell’aumento del monte salari tra il 1960 ed il 2008 (linea verde di PIL è dove saremmo senza rimozione barriere”).
e che i salari reali sono aumentati, a causa delle minori barriere, del circa 40% per le donne bianche, del circa 60% per le donne afroamericane e del 45% per gli uomini afroamericani, ma sono scesi del circa 5% per gli uomini bianchi. La riduzione delle barriere può dunque spiegare di fatto tutto l’assottigliarsi del gap salariale tra neri e donne rispetto agli uomini bianchi”.
Una buona parte dei risultati deriva dall’apertura del mercato del lavoro alle donne nei lavori a più alto contenuto intellettuale, ovvero la crescente propensità da parte delle donne a divenire avvocati, scienziati, professori, manager.
La quota di donne al lavoro negli Usa è cresciuta dal 32,9% del 1960 al 69.2% del 2008. Di questo aumento di 36.4 punti percentuali, la rimozione di barriere spiega circa il 75% dell’aumento, il rimanente 25% essendo attribuibile a cambiamenti nella tecnologia.
I nostri coraggiosi autori chiudono così il loro lavoro:
“ci siamo concentrati sui guadagni derivanti dall’abbattimento delle barriere verso donne e afroamericani negli ultimi 50 anni. Ma temiamo che le barriere che confrontano i giovani che provengono da famiglie ed aree georgrafiche meno abbienti siano aumentate nelle ultime decadi. Se ciò fosse vero si spiegherebbero sia i trend negativi nella produttività aggregata che i destini degli americani con meno formazione avvenuti nelle ultime decadi”.
Già. E’ così importante quella crescita economica che dipende dallo slegare le catene dei tanti a cui si impedisce di entrare pienamente nell’economia, emergere ed esprimere il proprio unico talento. L’altro ieri erano le catene degli schiavi, ieri quelle dei giovani neri che non potevano andare all’università e delle giovani donne di talento che non potevano accedere alla stanza dei bottoni. Oggi le nuove catene negli Stati Uniti sono riservate a nuove classi di persone. Andranno abbattute. Con qualsiasi mezzo, quote rosa, gialle, blu, verdi.
Non bastano contratti part-time e tassazione: quando si tratta di barriere culturali, di discriminazioni, si è in guerra. E in guerra ci si va per proteggere i più deboli, per la loro libertà. Ci si va, come hanno fatto gli Stati Uniti con coraggio, con quote e vincoli, quelle che non piacciono a mio figlio e che A&G nemmeno menzionano.
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E la nostra Italia? Quali barriere, oltre a quella ovvia rivolta contro il mondo femminile di cui parlano anche A&G e mio figlio, mai abbattute hanno impedito al PIL italiano di crescere negli ultimi due decenni?
Ma è ovvio. Le barriere alle PMI che abbiamo eretto e continuiamo a mantenere con mille regolazioni inutili e con la cattura da parte di alcune grandi imprese dei nostri politici. E le barriere che una egoista classe politica vecchia oltre ogni biologica possibilità ha eretto contro i giovani, non sapendone e non volendone rappresentare gli interessi.
Nessun partito che corre in queste gara elettorale ha mai menzionato i giovani e le PMI e cosa fare di loro e che futuro liberargli. Come spesso accade, si libereranno da soli. A noi Viaggiatori spetta solo di rappresentarne la lotta di libertà come megafono democratico.
17/01/2013 @ 07:23
“Nessun partito che corre in queste gara elettorale ha mai menzionato i giovani e le PMI e cosa fare di loro e che futuro liberargli”.
Non è corretto, segnalo che sul blog di Beppe Grillo è appena stato fatto un sondaggio sulle misure urgenti per le piccole e medie imprese:
http://www.beppegrillo.it/risultati_pmi.html
Il tema delle piccole e medie imprese è un tema ricorrente su quel blog.
Preciso che non ho avuto modo di approfondire nel merito le proposte avanzate e che ho delle enormi perplessità sul Movimento 5 stelle.
17/01/2013 @ 07:34
Integro il messaggio precedente per dire che la ricetta proposta da Grillo è sostanzialmente identica a quella dei vari Alesina e Giavazzi e Giannino. Cito dal suo blog: “per uscire dal buio è necessario tagliare i rami secchi dello Stato, le sacche di privilegio, eliminare i processi burocratici da delirio, diminuire il carico fiscale sulle imprese”. Ossia ridurre il ruolo dello Stato (perchè c’è la corruzzzione) per ridurre le tasse.
Ricette vecchie e fallimentari.
17/01/2013 @ 07:41
Io vedo solo un sondaggio, dove devo cliccare?
17/01/2013 @ 08:13
http://www.beppegrillo.it/2013/01/sondaggio_sulle.html#commenti
e ancora:
http://www.beppegrillo.it/2012/10/le_pmi_il_cuore.html
http://www.beppegrillo.it/2012/11/la_morte_delle_pmi.html
http://www.linkiesta.it/beppe-grillo-restitution-day
17/01/2013 @ 08:18
Può leggere qui: http://www.beppegrillo.it/2013/01/sondaggio_sulle.html#commenti
oppure anche
http://www.beppegrillo.it/2012/10/le_pmi_il_cuore.html
http://www.beppegrillo.it/2012/11/la_morte_delle_pmi.html
http://www.beppegrillo.it/2012/11/la_morte_delle_pmi.html
17/01/2013 @ 07:39
Grazie mille della precisazione e vado subito a controllare.
17/01/2013 @ 18:05
Sempre a proposito di stupidità, cosa preferire al certo sapere dei tecnocrati dove si avverte l’assenza totale di quella preparazione al dubbio? Preferiremmo che non soffrissero di quella “ignoranza ” che priva loro della capacità di vedere le cose nel loro insieme reale, al cospetto di questo epocale cambiamento.
Tutti siamo apparentemente informati su tutto, ma il risultato è il contrario, e finiamo per rimanere sommersi nella confusione di una politica della paura, i sui leader e le sue contraddizioni, che alimentano così efficacemente questa inutile (ma forse inevitabile) crisi economica e non solo, che ci sta presentando il conto.
Io vedo una speranza quando osservo che un esperto di economia così specializzato come lei Professore, catalizza l’interesse anche di quelle persone, come me, così lontane dalla logica della sua materia. E’ un fatto assolutamente straordinario, che fa riflettere. Personalmente come simpatizzante dei “viaggiatori in movimento” vedo che non mi sta deludendo, continuando semplicemente a chiede di applicare il buonsenso alla vita umana e politica in questo Paese e in questa Europa, anche quando si utilizzano dei modelli matematici. Tutto questo è potente, non è ideologico, è pratico!
È un discorso per tutti quando spiega come questa paura possa innescare quelle dinamiche che potrebbero cavalcare quella linea emozionale che scaturisce egoismo e cecità, così dannose per la buona salute della società. E ha compreso bene che se creiamo un inferno poi lo dovremo abitare, come ci insegna la macabra e drammatica realtà di Taranto.
Dimostrando di appartenere a quella specie che non vuole estinguersi, e dimostrando, col suo esempio, come logica e umanesimo possono essere complementari in un individuo del XXIº secolo. Questo i giovani dovranno comprenderlo molto bene, dentro di loro in profondità, se vorranno essere i protagonisti convinti, che condurranno questa epoca fuori dal crepuscolo.