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Rilanciamo le quote rosa, anche al governo

Volevo parlare oggi del mega rapporto anti corruzione presentato dal Ministro Patroni Griffi, ma un Twit mi segnala l’uscita di un rapporto annuale importante, il Global Gender Gap Report, coordinato dall’economista di Harvard Ricardo Hausmann, di Berkeley Laura D. Tyson e Saadia Zahidi del World Economic Forum.

Una classifica mondiale dello sviluppo rosa, al femminile, basato su un mix di indicatori. Semplicemente perché è meno basato sulle percezioni ma più sui duri fatti, lo ritengo più attendibile dell’indice di Transparency International sulla corruzione.

Quando sfogli questi rapporti, la prima cosa che fai è guardare come è messo quest’anno il tuo Paese. Inevitabile tentazione.

Male. Anzi peggio.

In realtà la parola “gap” è utilizzata proprio per misurare il ritardo del mondo femminile da quello maschile. Il nostro ritardo, già cronico, peggiora.

Su 135 paesi valutati, siamo ottantesimi. Eravamo 67° nel 2008. Il valore dell’indice ha smesso di crescere da allora.

I paesi scandinavi la fanno ovviamente da padroni occupando i primi posti. Spiccano (oltre al 101° posto del Giappone) l’ottavo posto delle Filippine ed il 13° della Germania. Un altro nostro ritardo competitivo? Sì, specie se notiamo che delle 4 dimensioni del ritardo prese in considerazione (istruzione, salute, opportunità politiche, opportunità economiche) , è quella economica (e in parte quella politica) che spiega la nostra performance disastrosa:  centounesimi, 101°.

Una cosa sono le ragioni del peggioramento, una cosa sono i ritardi strutturali. Quanto ai primi, il rapporto è chiarissimo: ”l’Italia perde sei posizioni quest’anno. Le più ampie perdite derivano dalla peggiore percezione di eguaglianza salariale, istruzione secondaria e terziaria … ed il numero di donne con posizioni ministeriali.” In effetti ho verificato le percentuali del Rapporto: i nostri ministri donne sono il 17%. Nel peggioramento di eguaglianza salariale può avere giocato un ruolo la recessione con l’accettazione da parte delle donne entrate nella forza lavoro per aiutare la famiglia l’accettazione di lavori poco remunerativi? E’ possibile, ma il rapporto non lo dice.

Quello che dice a chiare lettere è che quanto a eguaglianza salariale percepita dalle imprese siamo in gravissimo ritardo, e non da oggi: 126° su 129. La Francia, molto curiosamente, è ultima.

In realtà, l’Italia è un mix molto articolato con ampie differenze regionali nelle problematiche: ad un Sud dove il gap salariale uomo-donna non è enorme quanto la differenza invece tra i tassi di occupazione, corrisponde un Nord più europeo dove le donne partecipano quasi quanto gli uomini ma con gap salariali notevoli a parità di abilità: malgrado i risultati delle studentesse donne siano migliori, il minor salario è del -4.9% secondo l’Unione europea e del -7.2% secondo il Cnel, e non ottengono le stesse posizioni.

Ecco, le posizioni. Specie quelle apicali. Se le cose vanno male quanto a leadership al femminile oggi, non c’è speranza vera che le cose cambino domani nelle posizioni più basse: perché il pesce puzza dalla testa. Se riuscissimo a scalfire il modello dalla leadership aziendale, a valle se ne vedrebbero presto i risultati.

Nel 2011 solo il 7,2% dei posti nei Consigli di amministrazione era in rosa. In crescita dal 4,1% del 2001, certo …  Ma mi dice Magda Bianco, valente dirigente Banca d’Italia che a questo tema ha dato forte rilevanza (basti leggere il suo articolo con 2 colleghi Consob nell’ultimo volume – curato da Luca Gnan – della Rivista di Politica Economica che dirigo, dove c’è una bellissima casistica di storie di sfide spesso vinte): ”siamo oltre quota 10% quest’anno”.

Bene, ma facciamo di più.

La soluzione? Il modello scandinavo, specie quello norvegese, insiste sulle quote rosa come fattore scatenante. E’ per questo essenziale che non si perda la tensione riformatrice e si proceda senza esitazioni nello spingere “spintaneamente” le aziende ad anticipare l’adozione del modello approvato lo scorso anno dal Parlamento della quota rosa al 33% nei CDA e collegi sindacali a valere dal 2015.

Ovviamente emergeranno scandali, frodi, aggiramenti astuti della norma, come mi segnala Mario Seminerio. Inevitabile. Ma non applichiamo la stupida logica del “c’è Fiorito, allora non si fa più spesa pubblica” tipica di chi fa di tutta l’erba un fascio. Si va avanti, spediti, con l’aiuto di una stampa seria per segnalare e reprimere gli abusi.

Ed il prossimo governo, oltre ad avere il 51% dei ministri al femminile, rafforzerà la legge chiedendo il 50% del Cda al femminile? Quale partito sarà disposto nel suo programma a rilanciare le quota rosa?

3 comments

  1. Annalisa Castelli

    24/10/2012 @ 22:28

    Caro Gustavo,
    pieno e convinto appoggio all’introduzione delle quote rosa. Vorrei però alzare l’asticella. Accompagnamole con adeguate politiche di sostegno, volte ad aiutare le donne ad occuparli effettivamente quei ruoli. Asili nido, dentro e fuori dalle aziende. Pre e post scuola, solo per iniziare una lista che puo’ essere molto lunga.

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    • yes. E con manager donna la probabilità che ciò si realizzi diventerà più alta. Almeno se siamo un paese dove le donne imparano a fare network tra loro.

      Reply
      • Annalisa Castelli

        25/10/2012 @ 05:44

        Ecco questo è un buon punto sul quale noi donne dobbiamo lavorare. Ce ne sono di esempi di fallimenti dovuti a tensioni per così dire “interne”.
        Altro spunto su quanto dicevo nel mio primo commento: adeguate misure per l’immigrazione che permettano alle persone, fondamentali per le incombenze familiari, di lavorare regolarmente ed in maniera dignitosa.

        Reply

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