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Some more Information on Italy’s and Greece’s Derivatives in the Euro Area

The light. The curtain is slowly being raised. A PBS Video provides now more information compared to what yet known on the use of derivatives by Europan governments.

So now we know. That Eurostat and Europe knew all along about the various derivatives transactions done to enter into the euro area by several members.

So now tell me why Greece and its people should be kicked out of the euro area because of the mistakes of some Greek politicians backed by European politicians.

And tell me why the European Central Bank has yet to revel the content of the Greek transaction with Goldman Sachs, refusing to accommodate the request of Bloomberg news on the details of the transaction.

The video. Watch it all. If you are interested only on European Governments and Derivatives Misuse, the minutes are the ones from minute 29 to minute 44.

European citizens need to know. This Europe of darkness is not the Europe we want and have voted for.

Ask the European Central Bank to release information available on derivative transactions done by Greek government with Goldman Sachs.

Ask the Italian Government to release data on all its derivatve transactions done in these past 20 years.

Watch Money, Power and Wall Street: Part Four on PBS. See more from FRONTLINE.

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The Barroso-rule for Europe and the Deutsche Mark Necessity

…. so of course the agreements have to be respected, by everybody.  And if the agreements are not respected, it means that we are not in the condition to continue with a country that does not respect the agreements. …. if  a member of a club, I am not now speaking about a specific country but if a member of a club does not respect the rules of the club, it’s better not to remain in the club that is for any organization, any institution, in general any project.”

Manuel Barroso, European Commission President, not yet resigning, enlightening us regarding the new Barroso-rule shaping Europe.

Since Mr. Barroso seems to say that countries that do not respect agreements in Europe should abandon the euro area, we have a large set of countries to choose from. Which ones ought to leave the area?

Germany did not respect the Stability and Growth Pact. See what former Chancellor Gerhard Schroeder had to say about it just a few days ago:

When all is said and done we are now recapitulating a debate which we conducted about the stability and growth pact between 2003 and 2004. In trying to reform the pact, Germany and France were not attempting to emasculate its criteria. What they wanted to do was to emphasize the growth element, since Germany was not in a position to cut spending to the tune of billions of euros in addition to pursuing the policy of reform.

Wow. Quite honest of him and quite similar to Greece’s situation today or Italy’s right?

So now, following the Barroso-rule, since we can kick out either Greece or Germany out of the euro area, who would you choose?

You see, the logic of Mr. Barroso leads us to these enlightening discussions. Let’s follow it.

Well, since it looks like economics is ruling Europe and not principles, values, cooperation, solidarity, brotherhood, let’s follow an economic logic.

Surely Germany. If Greece were to adopt the dracma and Italy the lira (why not? after all we belong to Southern Europe, not anymore Europe), can you imagine the contractual chaos that would ensue (and the nice fees for lawyers)? Greek and Italian citizens pretending to pay their debt in devalued drachmas with huge losses for German creditors…. No way.

Much much better for Germans to hold appreciated Deutsche Marks and the rest of the countries to hold on to a (devalued) euro. After all, Germans holding Italian bonds would be paid in euro respecting the formal promise that was made when they bought those bonds. And if Germans owe debt in euro their appreciated mark would make the debt payment much lighter. Over all, much much better, less litigation.

So Germany, step back, for a few years. In a few years a new euro with a stronger Deutsche Mark will be possible, creating less tensions of external imbalances across members of the area.

It is the Barroso-rule that suggest to me these … ficticious considerations.

Seriousness and sense of history would require to save the Union (not “the club” mentioned by Barroso) by reducing imbalances across countries immediately and allow Germany and the rest of the countries to expand through fiscal policies and (in Germany) wage increases.

No other way out. None other is available. Slowly letting go, country by country, millions of worthy individuals with a European passport, will only humiliate these people and make them abandon any interest in the construction of a joint Europe, increasing the strength of nationalistic parties and killing for decades any project of United States of Europe.

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Se proprio deve morire, conviene fare il marco e tenerci l’euro

Purtroppo il Corriere della Sera intervista personaggi che poco contribuiscono alla causa europea. Non che non si abbia diritto di parola, ma uno si aspetterebbe di sentire voci giovani e europeiste in un momento di difficoltà come questo.

Tristissima l’intervista a Roland Berger (file pdf), consulente tedesco anche lui preda della smania di cacciare la Grecia dall’Europa e sostenitore degli investimenti pubblici di lungo termine, quelli che aiuteranno l’economia tra 3-4 anni di qualche decimo di PIL, quando tutti i giochi saranno ormai chiusi. L’obolo all’Europa del Sud, ormai la chiamano così, l’”Europa del Sud”.

Agghiacciante il titolo: “sono falliti, ne abbiamo parlato anche troppo”. Non vi devo spiegare perché è agghiacciante.

Cresce dunque il sentimento, presso alcune élites  (anche ma non solo tedesche) minoritarie ma purtroppo influenti per non sappiamo quale motivo, che la Grecia “deve rassegnarsi” ad abbandonare l’euro. Stupide élites che non sanno guidare nessuno. Come se negli Stati Uniti, dove c’è pure il vantaggio di un lingua comune e la conseguente mobilità del lavoro, la California dicesse all’Alabama: “esci dagli Stati Uniti, sei uno Stato razzista, sei diverso, non ti sei uniformato negli ultimi 100 anni (non 10…) alla produttività degli Stati ricchi ed operosi”.

Guardate che non sto argomentando l’ovvio e cioè che gli spread italiani peggioreranno se la Grecia esce perché a quel punto si sarà mostrato che “tecnicamente” si può fare, di passare dall’euro alla dracma e alla lira. No, sto solo dicendo l’ovvio, che una Unione non è un club, come invece si è permesso di dire il Sig. Barroso. Che solo per questo dovrebbe rassegnare le dimissioni da Presidente della Commissione europea. In una unione, ci si aiuta a vicenda per uno scopo comune.

Ora un ultimo punto. Se deve morire l’euro, e prego che non muoia perché poi l’Unione sarà ferita forse a morte, meglio che muoia senza causare troppo dolore. Se deve morire, meglio tenersi la Grecia e l’euro e lasciare andare la Germania con il suo marco.

Perché dico questo.

Perché se dovesse uscire la Grecia (e fermiamoci qui) la gazzarra contrattuale che si creerebbe (e che farebbe ricchi tanti studi di avvocati) sarebbe immensa perché la Grecia intenderebbe ripagare i suoi debiti uno a uno in dracme (svalutate), mentre gli investitori esteri chiederebbero di essere rimborsati in euro. Una battaglia senza fine, devastante per tutti.

Se la Germania uscisse, invece, il marco si apprezzerebbe immediatamente ma i crediti in euro dei tedeschi, anche se pagati in una valuta deprezzata, sarebbero sempre rispettosi delle promesse iniziali (“ti pagherò in euro”) mentre i debiti in euro dei tedeschi sarebbero facilmente rimborsabili dai vincitori germanici con una valuta forte. Molto minori le tensioni, volete  mettere?

In che mondo vivremmo poi? Certo l’export tedesco andrebbe un po’ in affanno, ma dopo tutti questi guadagni di questi anni il dramma per la Germania sarebbe limitato. L’export del Sud riceverebbe la boccata d’ossigeno per fermare i suicidi.

E poi i tassi d’interesse. Crescerebbero in termini nominali quelli del sud, nella convinzione certamente corretta di una maggiore inflazione attesa di un gruppo di paesi meno anti-inflazione della Germania, ma al netto dell’inflazione i tassi d’interesse reale sarebbero uguali. Anche perché con la svalutazione e l’inflazione dell’euro conseguente all’uscita del marco crollerebbero i nostri spread a causa di probabilità di default dell’Italia molto minori.

Cara Germania, pensaci bene, rimani nell’euro facendo uno sforzo di divenire più europea. Altrimenti, ci riproveremo presto, non ti preoccupare, partendo da tassi di cambio ragionevolmente più equilibrati. E senza sprecare 10 anni a parlare a Bruxelles di cose che non servono a nulla, come Germania e altri hanno voluto, ed a fare trucchi contabili da tutti approvati, ma facendo sin da subito le riforme che servono all’Europa, tutti insieme. Voi quelle che non avete ancora fatto. E noi quelle che dobbiamo ancora fare. Insieme di nuovo. Uniti.

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La soluzione ai debiti della P.A. coi fornitori? A portata di mano

Continuo a sentire parlare di “come faremo a pagare i fornitori” della Pubblica Amministrazione. Non ci sono i soldi! La Commissione europea, la Germania non ci ascoltano!

Sono scuse.

L’asta BOT di oggi è un chiaro esempio di quello che potevamo fare oggi e possiamo fare regolarmente per risolvere il problema.

7 miliardi BOT oggi offerti a 1 anno. 12 miliardi e mezzo domandati.

Rendimento massimo pagato: 2,35% .

Abbiamo cioè detto no a banche disposte a darci liquidità aggiuntiva per 5,5 miliardi di euro. Il Tesoro non dice nel suo comunicato a che tasso. Male che vada scommetto che 3 miliardi in più ad un tasso medio del 3% li potevamo ottenere.

Ecco. Bastava che avessimo ampliato la domanda a 10 miliardi, riservando 3 miliardi ad un conto speciale i cui proventi andavano  a pagare i fornitori della P.A.

Ad un tasso certamente inferiore a quello di mora che la P.A. si meriterebbe di pagare (e non sempre paga perché i poveri fornitori hanno paura di farlo scatare).

Certo il debito pubblico sarebbe salito, ma sarebbe sceso quello commerciale. Nessun impatto sullo spread, anzi forse questo sarebbe migliorato, vedendo uno Stato attento a trovare una soluzione al problema delle imprese, dell’economia reale  e della crescita.

Nel giro di una decina di aste raccoglieremmo abbastanza liquidità da soddisfare gran parte dei creditori affamati di liquidità.

Altro che cavillosi dibattiti su cessioni pro-solvendo o pro-soluto:la soluzione è a portata di mano. Basta volerlo.

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Cala la stima della Commissione europea

Ogni 6 mesi siamo deliziati dalle previsioni della Commissione Europea sull’andamento futuro dell’economia italiana. Appena uscite quelle della primavera 2012.

Stime che possono dimostrarsi errate perché non hanno tenuto conto di qualche evento imprevedibile, oppure perché non hanno tenuto conto di qualche evento prevedibile, oppure perché essendo la Commissione coinvolta nella valutazione dei Paesi questa non è indipendente nelle sue stime, che vengono mascherate e dunque aggiornate solo con ritardo quando i fatti rendono insostenibile ”imbellettare” ulteriormente i dati.

Penso a questo quando paragono le stime per l’economia italiana 2012 e 2013 a distanza di 6 mesi, oggi che sono uscite quelle aggiornate rispetto a novembre 2011.

Un bollettino di guerra di una economia, quella italiana, che si scioglie al sole di un’estate finalmente arrivata. Le stime fatte nel 2011 non includevano la manovra Monti, ma siccome una parte di essa conteneva le ultime decisioni del governo Berlusconi possiamo dire che in parte nelle stime  novembre 2011 la manovra Monti era inclusa nelle stime della Commissione.

Un po’ di confronti.

Stima tasso di crescita del PIL Italia 2012 (2013): abbassata di 1,5% la prima (siamo a -1,4% contro il +0,1% previsto a novembre!!) alzata di 0,3 la seconda. Certamente poco credibili i rialzi di PIL 2013, certamente molto credibili i crolli 2012. Lasciamo dunque perdere il 2013 in quanto segue per questo motivo e concentriamoci sul 2012.

Consumi privati: abbassata di 2,4% la stima (siamo a -2,3% per il 2012!). Chissà come mai. Forse la folle austerità voluta dalla Commissione europea?

Investimenti, peggio ancora, stima per il 2012 peggiorata del 2,6%: ora siamo a -3,8%.

Anche l’export cala, ma meno del resto: dal +2,3% di novembre siamo al +1,1%. Il minore calo si spiega con il fatto che il resto del mondo non UE non dà retta alla Commissione europea e non si spinge a suicidarsi con la crescente austerità.

Poi però per fortuna ci sono alcune sicurezze nella vita e su quelle sì che possiamo fare affidamento. Il taglio del deficit per esempio: state tranquilli che quello la Commissione non lo sbaglia quando si tratta di stimarlo. Certo, perché la Commissione pretende che si raggiunga l’obiettivo a costo di rinunciare a qualsiasi altra cosa. E dunque se l’obiettivo a novembre era di un rapporto deficit PIL del 2%, tranquilli, sforiamo solo di 0,3%, siamo a 2,3%. Il paese è salvo. A danno della crescita, ma sono dettagli.

Certo c’è questo paradosso che il debito sul Pil 2012 previsto a novembre era del 120,5% e ora salirà a 123,5%. Non tutte le ciambelle riescono col buco alla Commissione: la coperta è corta, se vuoi stabilità con austerità non c’è crescita e dunque non c’è nemmeno stabilità. Ma vaglielo a dire che la perversione non paga.

L’ultima chicca per chiudere in bellezza. Il rapporto debito pubblico PIL nel 2013 è oggi stimato in discesa (tutto va bene nel… 2013) al 121,8%, che è tuttavia valore più alto del debito sul PIL 2012 stimato nel novembre 2011, quando si pensava che nel 2012 le cose sarebbero andate male ma il futuro dopo il 2012 sarebbe stato più roseo (so che è complicato, ma rileggete un paio di volte e si capisce).

Insomma, spostiamo al futuro la felicità, certi che – con queste politiche – non arriverà mai.

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Mr. Barroso should resign

May 10, 2012. Please keep in mind this date.

It is the date in which stupidity and arrogance have touched their highest point in the European euro construction. Never had such a low point been touched in all these years of the construction of our Union.

At an Italian tv (Sky) the European Commission President, Mr. Barroso, has declared (translation above his voice): “I much respect the Greek democracy and of course the Greek Parliament, but I also have to respect the other 16 Parliaments that have approved the program (for Greece). So of course the agreements have to respected by everybody. And if the agreements are not respected it means there are not the conditions to continue with a country that does not respect the agreements…. Look if a member of a club, I don’t want to talk about a specific member, it is like a club, if a member does not respect the rules of a club it is better it leaves the club, and this is valid for any organization, for any institution, for any project“.

Forget about making markets more nervous and convinced of a credible worsening of the probabilities of Greece to remain in the euro area, a cost in terms of interest expenses and lower investment that will be borne by Greek citizens. Forget also about contagion to other euro countries.

And forget also the huge conflict of interest that Mr. Barroso has, being Portuguese. A conflict of interest that will lead him to never say anything of the kind for his country, I am sure. His same country that, a recent ECB study shows, has done much worse then Greece in terms of reforms and productivity over the past decade. The worse actually.

 

Nevertheless, I personally would never tolerate anything of the kind being said about Portugal.

But do not forget that the true wound that M. Barroso has inflicted to European institutions is a deadly one.

First, a European Commissioner should have no say nor comment to provide on whether a country belonging to the euro area should or should not leave the club because it does not respect the rules. Many many countries have disobeyed the rules in the past without anything being said of the kind to them. Including France and Germany that did not obey the Stability and Growth Pact. But this is again not the point. The main roles of the EC, one can read on its website, are to: “set objectives and priorities for action, propose legislation to Parliament and Council, manage and implement EU policies and the budget, enforce European Law (jointly with the Court of Justice), represent the EU outside Europe (negotiating trade agreements between the EU and other countries, etc.)“. Nowhere is it said that the EC and its President can express opinions on excluding countries from the euro area. Nowhere.

A semantic disgrace accompanies the huge political mistake above. Europe is not a club. Clubs are closed, Europe should not. A club denies entrance to people, Europe should not. I might remind M. Barroso of the language that M. Monnet used to have regarding Europe: “Continuez, continuez, il n’y a pas pour les peuples d’Europe d’autre avenir que dans l’union“.

Europe is a union, not a club. By your words you have contributed to slow down significantly the process of peace and progress that Monnet pushed forward with his words.

You should resign.

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L’antipolitica diventa politica: saranno sindaci bravi?

Ci sono nuovi politici che entrano in Comune a quanto pare.

Dicono di essere nuovi. Che cambieranno il modo in cui si gestiscono le amministrazioni locali.

Mostrano entusiasmo, e questo è bello già di per sé. Ma saranno competenti?

Se fossero competenti li pagheresti di più? In realtà la domnda chiave dovrebbe essere rovesciata: dobbiamo pagarli di più per attrarre quelli più competenti?

Forse sarebbe stato più opportuno deciderlo prima delle elezioni, ormai è troppo tardi.

Ma supponiamo di promettergli un aumento per le prossime elezioni, a chi vince la prossima volta. Secondo voi che sindaci avremmo, se li pagassimo di più? La teoria economica su questo è abbastanza chiara: se li paghiamo di più, i sindaci, possono fare una di queste 3 cose.

Primo. Lavorare meglio perché se vengono cacciati dal voto elettorale hanno più da perdere. Secondo. Lavorare meglio perché salari più alti attraggono candidati più bravi. Terzo. Lavorare meglio perché salari più alti motivano maggiormente.

Quarta possibilità, aggiungo io, non cambia nulla.

Si da il caso che 2 miei bravi colleghi giovani, uno di Tor Vergata e uno della Bocconi, Stefano Gagliarducci e Tommaso Nannicini, hanno studiato da vicino la questione, pubblicando su di una rivista altamente prestigiosa il loro bel lavoro quantitativo sull’impatto dell’aumento dei salari ai sindaci sulla qualità dei sindaci.

Non entrerò sulla tecnica che usano. Ma sui risultati sì.

Esaminano l’impatto di un aumento del 33% del salario lordo per i sindaci di vari comuni italiani.

Scoprono che tali aumenti consentono di attrarre verso la professione di sindaco candidati con un livello di istruzione maggiore (circa 1 anno in più di scuola, in media) e più avvocati e managers, potenzialmente più competenti.

Sindaci meglio pagati riducono le tariffe urbane di circa lo 86% e l’ammontare di investimenti e spese correnti dell’11 e 22% rispettivamente. E lo fanno non tanto per motivi ideologici quanto per maggiore bravura manageriale.

Insomma il salario più alto funziona più perché attrae migliori candidati e non tanto perché è capace di dare maggiori stimoli agli stessi candidati.

Salari al massimo allora? No, ma forse salari più compatibili con il salario equivalente che potrebbe avere un bravo laureato sul mercato privato, questo sì potrebbero aiutare a migliorare la qualità della politica.

I nuovi arrivati? Chissà se, dati i bassi salari che ricevono, siano proprio bravi. Magari ci mettono della passione, maggiore di quella di chi li ha preceduti, e questo è già tanto. Magari sono più integri. Ma chi ci dice che passione, integrità e competenza insieme, piuttosto che la sola passione ed integrità, non siano il cocktail migliore?

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Fighting Back for Europe Requires a Powerful Weapon, like 200 Years ago

Oh I just read a fantastic paper. By Harvard’s Aghion (one of Hollandes’ advisors, I believe), Persson and Rouzet.

It speaks to my heart, a bit bleeding for my poor country, fretting between a glorious even recent past and an inglorious present. A dim future. Which one is my poor country? Is it the Italy that my parents fought for leaving me full of hope? Is it the Europe I wish to leave to my children for they should be full of hope? I don’t know.

Like many voters in my country these days, I am angry. Angry like someone who wants to fight and sees no clear battlefield where to take revenge at the enemy. Because we feel beaten. We have lost, we are losing.

How does a country feel when beaten or close to be beaten? How does Italy feel today? How does the Europe that I wanted feel today?

Well Aghion et al. have an answer. They do. They look at the past. To the past of those countries, those great nations too,  that had been defeated. That were humiliated, close to defeat.

And that fought back.

Take defeated Prussia in the early 800s. Where “the chief idea was to arouse a moral, religious and patriotic spirit in the nation, to instill into it again courage, confidence, readiness for every sacrifice in behalf of independence from foreigners and for the national honor, and to seize the first favorable opportunity to begin the bloody and hazardous struggle”.

Take defeated France in 1870:  a highly disintegrated population, largely illiterate, speaking a multiplicity of dialects, and with no sense of nationhood, (that) was to be transformed into a unified people sharing the same patriotic values, a spoken and written language, a set of moral principles, and a motivation and ability to defend France in future conflicts.

Take close to be invaded Japan, where “in 1872, government leaders were haunted by a crisis of international proportions. Powerful western nations were expanding trading posts throughout the world. European colonial empires had spread into the Far East, threatening the very existence of Japan as a sovereign state…The rise of western capitalism and international colonialism posed a pervasive threat to Japan, as perceived by the new leaders. They were determined to use any means necessary to transform their country into a modern state in order to preserve the political order and the national sovereignty.

And exactly what means did they use to regain their status? How did they fight back? What weapon did they use?

“The resounding defeat by Prussia tipped the scales in favor of the education reformers. Enrollments and expenditures accelerated across the 1870s, with local taxation leading the way. The real victory of universal tax-based education came with Jules Ferry’s Laic Laws of the 1880s, especially the 1881 law abolishing all fees and tuitions charges in public elementary schools….While national politics could not deliver a centralized victory for universal schooling before the military defeat of 1870….after 1881 centralization performed the mopping up role…” In Japan “to rise up to the challenges posed by the West, in 1872, a new education system was instituted which declared four years of compulsory elementary education for all children. As explained by Burnett and Wada (2007), “in just a one-year period following the Gakusei of 1872, 12,500 primary schools were established. Within the next five years the number of schools doubled to a figure not surpassed until the 1960s.” The move to mass education was completed by a national training system for  teachers. The first teacher’s college was created in Tokyo in July 1872, based on American principles of elementary-school instruction.”

Yes, that’s right. Mass education. That was the weapon. With massive investment in education. Take French reform in the late 800s.

Jules Ferry was appointed the new Minister of Education in February 1879. In 1881, he abolished all tuitions fees in public elementary schools; in 1882, he made school enrollment compulsory from age six to thirteen; in 1883, it became compulsory for every village with more than twenty children at school age to host a public elementary school; in 1885, subsidies were devoted to the building and maintenance of schools and to paying teachers; and in 1886, an elementary teaching program was established, together with monitoring provisions. These are the so-called “Laic Laws”, which still characterize the French educational system today. At the same time, a whole infrastructure program — the Freycinet plan — was initiated to facilitate children’s access to schools. Millions of francs were spent on building roads to match the large amounts spent on schools: 17,320 new schools had to be built, 5,428 schools were enlarged, 8,381 schools were repaired.9As a result, enrollment as well as attendance in primary education steadily increased. The reforms not only generalized the access to schooling, but also transformed the content of elementary education: new programs emphasized geography, history, and dictation. The new teaching programs in history and geography aimed at conveying patriotic values to new generations. As for dictations, they were useful to teach people the French language but, beyond that “the exercise was a sort of catechism designed to teach the child that it was his duty to defend the fatherland, to shed his blood or die for the commonwealth, to obey the government, to perform military service, to work, learn, pay taxes and so on”. From their very first day at school, children were taught that their first duty was to defend the fatherland. Even gymnastics were meant “to develop in the child the idea of discipline, and prepare him [. . . ] to be a good soldier and a good Frenchman.”

Enough for quotations. A good soldier. I think of Asia today, of China, and I know that this is their true weapon. It is a good weapon, thank God. But Europe must build its army too if it wants to stop its slow and unstoppable decline.

We must, we must make of this century the one of massification of the University system, just like the XIX° century was the century of primary school and the XX° century the one of secondary high school.

We have a plan. It is called Europe 2020 that calls for countries to reach by that year 40% as the share of 30-35 years old population with an undergraduate degree. It is tough to reach for many countries.

But we must do even more. Europe is about a common culture of diversity, of peace and brotherhood. It is about mutual understanding and a joint architecture. It is about a joint poetry and about building bridges. Bridges bridges bridges.

We Europeans need to transform a highly disintegrated population, largely illiterate, speaking a multiplicity of dialects, and with no sense of nationhood, into a unified people sharing the same patriotic values, a spoken and written language, a set of moral principles, and a motivation and ability to defend Europe in the future challenges it may face.

The only way to do this is build a new huge army of young educated people. The alternative is a decline that I am not ready to leave for my children, be they Italian or German.

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E’ tempo di rivincita. Che l’Italia si (ri)armi e combatta per il suo futuro.

Cosa porta una crisi di questa proporzioni? Che reazioni si scatenano nei paesi sconfitti da un rivale più forte? O nei paesi esposti anche alla sola minaccia o al solo rischio di essere sconfitti, di vedersi espropriati di precedenti livelli di benessere, di essere relegati ad un dominio esterno, sia esso culturale, economico o … militare?

Guardando al passato possiamo forse darci risposte.

Lo fa l’economista francese Aghion (ora consigliere di Hollande) di Harvard con altri due colleghi, Persson e Rouzet. Che hanno avuto l’eccellente idea di vedere come hanno reagito nel passato grandi paesi a fronte di sconfitte militari o alla minaccia di queste.

Ebbene la risposta è affascinante.

Con il riarmo.

Sì il riarmo dei cervelli. Dei giovani.

Sì, con un prepotente ritorno dell’istruzione di massa per recuperare unità culturale, conoscenza, forza vitale.

Lo studio è una sofisticata analisi statistica, ma preceduta da 3 casi di studio affascinanti. Quello prussiano, giapponese e francese del XIX° secolo.

La Prussia nel 1803 registra questa frase del re Federico Guglielmo III : “i figli della classe lavoratrice non devono divenire maestri, né dirigenti pubblici, né matematici, né professori di religione. Devono apprendere a leggere la Bibbia e gli inni, a scrivere e fare di conto per quanto coerente con le loro limitatezze, ad amare e temere Dio ed a comportarsi di conseguenza.

Bastano 3 anni per cambiare tutto. Nel 1806, dopo l’umiliante sconfitta di Jena, egli richiede al Barone von Stein di guidare un nuovo Ministero votato al miglioramento delle istituzioni per rendere la Prussia vitale e forte come la Francia. L’idea chiave della riforma, dice Stein, è quella di “accrescere nella nazione uno spirito morale, religioso e patriottico, di instillarvi nuovamente coraggio, fiducia, disponibilità al sacrificio per l’indipendenza dallo straniero …

Stein chiama von Humboldt a dirigere la cultura. E le sue riforme avranno un impatto duraturo: delle generazioni nate prima del 1801, 16.8% della popolazione maschile era analfabeta, contro il 2,9% di 40 anni dopo. Fino al 1880 la Prussia divenne la nazione leader quanto a istruzione primaria conseguita.

Una storia simile, ma l’articolo va letto per intero e si legge con enorme piacere ed emozione, è quella della Francia del dopo Sedan nel 1870.

I francesi dell’epoca ritenevano che la Francia “avesse trascurato la formazione intellettuale, in particolare le scienze” e che la Prussia avesse trionfato per la superiorità delle sue celebrate università (si diceva che l’Università di Berlino fosse la rivincita prussiana per … la sconfitta di Iena).

Eugene Weber sulla modernizzazione della Francia agricola tra il 1870 ed il 1914 parla di un paese altamente disintegrato, con una popolazione ampiamente analfabeta, che parlava una molteplicità di dialetti e senza alcun senso di unità nazionale, e che doveva diventare un popolo unito, con un patriottismo condiviso, una lingua parlata e scritta, un insieme di principi morali, ed una abilità e motivazione per difendere la Francia da futuri conflitti.

Anche qui il processo di riforma verso l’istruzione di massa ha un suo eroe: Jules Ferry, Ministro dell’Istruzione dal 1879.

Come nel Giappone che si occidentalizza per far fronte alla minaccia … occidentale con una a volte anche brutale riforma verso l’obbligo dell’istruzione per le masse.

Ingenti risorse vennero destinate, da questi Paesi superati e minacciati dalla storia e dal Nemico, agli investimenti nella scuola dell’obbligo. E rinacquero prepotentemente.

Eccoci ad oggi. All’Italia che sta uscendo con le ossa rotte da una lotta impari con chi in capitale umano e formazione ha investito ben più di noi, noi miseri ultimi in Europa con il 15% di laureati tra i 30-35 anni, la metà dei tedeschi, un terzo dei francesi.

Siamo come quelle economie che nel XIX° secolo erano indebolite, semi-sconfitte, vicine al collasso a causa di un rivale troppo più forte. E nel mondo globale di oggi la guerra non si fa più con i cannoni ma con le intelligenze. Non c’è più bisogno di cannoni. Basta sapere per prevalere. Ma non una elite che sappia. Un popolo che sappia. Sappia inventare, innovare, dirigere, credere con fiducia nel domani perché pensa di poterlo governare con le idee.

Che si esca o meno dall’euro, è tempo di cominciare a costruire con le nostre forze la nostra rivincita. Con orgoglio, e risorse, la nuova alfabetizzazione di massa passa per l’università. Armiamola di risorse, qualità e apertura a tutti ed andiamo a ridarci quella fiducia nel domani che solo la forza può darci. La forza del sapere che ci permetterà di poter competere da pari a pari.

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Hollande non aspetti i rigori: vinca prima dei supplementari

La partita più importante è iniziata. La finale. Da qui ai prossimi mesi ne uscirà un solo vincitore. L’unica cosa che dobbiamo sperare è che non si arrivi alla roulette dei rigori dove non sempre vince il migliore.

La miglior difesa è l’attacco. Lo mostra immediatamente la Germania che scende in campo con l’artiglieria del Presidente della Bundesbank che non solo chiede a Draghi di non esagerare ma preannuncia che la Germania … altro che espansione: austerità piena. Ecco il passaggio chiave del suo intervento sul Financial Times, che arriva nelle ultime righe, come un uppercut inatteso:

Monetary policy in the eurozone is geared towards monetary union as a whole; a very expansionary stance for Germany therefore has to be dealt with by other, national instruments.

Traduzione formale: “La politica monetaria nell’area dell’euro è votata all’unione monetaria nel suo complesso; una posizione molto espansionista per la Germania deve dunque essere gestita con altri strumenti, nazionali.”

Traduzione sostanziale: siccome la politica monetaria deve tenere conto della situazione dei paesi dell’euro-sud in difficoltà, essa è troppo espansiva (inflazionista) per l’euro nord, specie per la Germania. Siccome la Germania deve dunque gestire un pericolo inflazione senza l’aiuto della BCE, dovrà farlo al suo interno la Merkel con … maggiore austerità.

Ecco. M. Hollande, siete servito. La migliore difesa è l’attacco: si scordi l’addio all’austerità da parte delle Germania.

Come risponderà M. Hollande, a cui stiamo delegando le speranze della sconfitta dell’austerità? La sua prima frase rilevante nel primo discorso di piazza: “l’austerité n’est pas une fatalité”. Ci piace Hollande. Speriamo in Hollande. Ma come risposta all’attacco tedesco, non è destinato ad impressionare ed a spaventare l’avversario. Una frase come “l’austerité est intolerable” avrebbe avuto il sapore di un messaggio più chiaro ed inequivocabile.

Temiamo che Hollande entri in campo con frase del tipo: “il rigore è condizione necessaria ma non sufficiente” per la crescita. Sarebbe un grave errore.

No, questo oggi lo dicono tutti, anche se fino a 3 mesi fa lo dicevano in pochi. Lo dicono anche molti tedeschi. Quello che va detto a chiare lettere ai tedeschi è la verità: “in questa crisi drammatica da mancanza di domanda che mette a repentaglio l’euro, il rigore non è condizione sufficiente ma nemmeno necessaria” per la crescita. No, il rigore, la stabilità, come ci ricorda anche Stiglitz, sono - in questa drammatica crisi da domanda aggregata che viviamo - conseguenza della crescita economica.

Con il rigore, saltano crescita e conti pubblici. Senza crescita i conti pubblici saltano. Solo la crescita assicura il rigore.

Se Hollande si batterà lungo questo crinale, incontrerà battaglia dura dall’altra parte del Reno. Ma battaglia deve essere, prima di perdere tutti noi l’euro.

Oggi all’interessante dibattito della Fondazione Economia di Tor Vergata escono fuori i dati del Rapporto Aprile 2012 del Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Il FMI non è certo un covo di keynesiani anti austerità. Eppure. Eppure tra le tante cose di cui si occupa il rapporto spicca, domina, la parola moltiplicatore, menzionata addirittura 117 volte. Il moltiplicatore: di quanto varia il PIL quando varia la spesa. Secondo Alesina e Giavazzi, è negativo: se aumentate (riducete) la spesa pubblica riducete (aumentate) il PIL.

E cosa dice il FMI sul moltiplicatore? Scordatevi Alesina e Giavazzi. Che esiste e che è positivo: se diminuite la spesa pubblica dice il FMI, il PIL diminuisce. Se fate austerità, create recessione. Se aumentate la spesa pubblica aumenta il PIL!

Ma c’è di più. Ecco la bellezza dei dati del FMI. Guardate questo grafico.

Mette a confronto il debito-PIL di partenza di un paese con il moltiplicatore della spesa pubblica. Vedete le due linee che crescono? Vi dicono che maggiore è il debito pubblico su PIL di un Paese maggiore è il moltiplicatore in quel Paese. Traduciamo dal testo:

“…le nostre simulazioni mostrano che quando … il livello del rapporto debito PIL è alto, l’austerità influenza il debito-PIL solo con ritardo e può anche essere  controproducente nel breve periodo. La Figura 7 mostra l’ipotetico cambiamento nel rapporto debito-PIL … se un governo introducesse una manovra di austerità dell’1% di PIL.  Per i governi con un debito-PIL sopra il 60%, l’effetto diretto dell’austerità sul rapporto debito-PIL è probabilmente più che compensato nel primo anno dall’effetto indiretto di un minore PIL.”

Due commenti.

Primo, se guardiamo all’Italia – con un debito del 120% – le simulazioni del FMI indicano che  la crescita del rapporto debito-PIL causata dall’austerità (+16 miliardi di tasse per esempio) può anche arrivare all’1%. Da 120 a 121.

Secondo. Leggiamo la frase del FMI rovesciata. Non parliamo di austerità ma invece di aumento della spesa pubblica. Allora in questo caso una manovra in Italia di +1% di Pil di spesa (16 miliardi di euro di appalti per Pompei, ospedali, strade, edifici, carceri) genera non solo 1% in più di PIL ma… 1% in meno di rapporto debito-PIL!

Il rigore uccide la crescita e si suicida. La crescita salva la vita al rigore.

Avanti M. Hollande, la partita è appena iniziata. Lei ha la squadra più forte: le idee giuste. Ma mostri grinta e forza, e convincerà i tedeschi a seguirla. Accordi al ribasso su project-bond ed altre amenità varie sono come i rigori dei tempi supplementari: lotteria che con tutta probabilità non premierà il migliore. E solo la vittoria del migliore ci darà questo euro che vogliamo tenerci stretto per costruire, nel tempo, l’Europa politica per i nostri figli e nipoti.