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The particle of Europe: the People

(CNN) — Scientists say they are almost certain they have proven the existence of the Higgs boson — a never-before-seen subatomic particle long thought to be a fundamental building block of the universe. Researchers at the Large Hadron Collider under the Alps are unveiling their latest results on the so-called “God particle” at an eagerly awaited seminar at the CERN particle physics laboratory in Geneva, Switzerland. Experts say finding the elusive particle would rank as one of the top scientific achievements of the past 50 years.

Imagine the universe like a party. Relatively unknown guests at the party can pass quickly through the room unnoticed; more popular guests will attract groups of people (the Higgs bosons, or particle of God) who will then slow their movement through the room.

The speed of particles moving through the Higgs field works much in the same way. Certain particles will attract larger clusters of Higgs bosons — and the more Higgs bosons a particle attracts, the greater its mass will be.

What will make Europe’s political mass in the world finally rise? We need leaders capable of attracting the people, not passing politicians. But at the same time we need the people, the Higgs bosons of politics, capable of slowing down politicians, forcing them to listen. For example, listen to the fears, the needs and the aspirations of citizens.

Once they listen, politicians acquire mass, become leaders, and so will Europe.

That simple, that beautiful, that incredibly complicated.

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L’Europa vista dal cielo sopra Berlino

Il tempo sta per scadere. La campana potrebbe suonare già il 7 agosto, quando si conosceranno i dati sulla crescita del secondo trimestre dell’anno, purtroppo, temo, non buoni”. Così Giavazzi sul Corriere di oggi. Francesco per favore non farci perdere tempo: il tuo 7 agosto, lo sai bene, è già arrivato, pochi giorni fa, con i dati sulla crescita (recessione mostruosa con forte aumento di disoccupazione, specie giovanile) di Confindustria che ha avuto il coraggio di dirci di non aspettare il 7 agosto ma di muoverci subito. Piantiamola con questa finzione di far finta che Squinzi non abbia parlato e guadagniamo giorni preziosi. Muovendoci subito, via dai consigli di chi chiede di tagliare la spesa, scelta che così tanto ha contribuito a generare la recessione da domanda interna in cui ci troviamo ora, come dice Confindustria.

Ma veniamo alle cose serie dove invece fornisci stimoli importanti. Perché ci  riveli di un progetto incredibile che pare che qualcuno stia spingendo affinché si materializzi. Un progetto miope e sbagliato a mio avviso, ma non per questo meno desideroso di vedere la nascita.

Prima di tutto, vediamo di sottolineare le cose su cui concordiamo pienamente. Tu confermi che la Merkel esce vincitrice e non sconfitta dal vertice. Francesco, tu che di banche te ne intendi vedi subito la grande novità: il trasferimento della vigilanza bancaria a Francoforte presso la BCE, “decisione storica (dato che) neppure la Federal Reserve americana ha poteri tanto ampi”  (e chissà come è gli americani non se la sono sentita di fare un tale mostruoso accentramento di poteri in una sola istituzione, te lo sei chiesto? sono certo di sì).

Tu ricordi che la questione è talmente rivoluzionaria da porsi potenzialmente in contrasto addirittura con la nostra Costituzione europea, il Trattato di Maastricht visto che alla BCE sono consentiti solo alcuni compiti della vigilanza secondo l’art. 107 del Trattato [in realtà l’articolo rilevante è al comma 6 dell’art. 105 dove si legge che il Consiglio europeo può, all’unanimità e su proposta della Commissione e dopo essersi consultato con la BCE ed avere ricevuto l’assenso del Parlamento europeo, conferire alla BCE compiti specifici sulla supervisione prudenziale degli istituti di credito ed altre istituzioni finanziarie con l’eccezione delle assicurazioni]. Non solo, ma secondo te la rivoluzione è tale che addirittura le stesse casse di risparmio federali tedesche potrebbero opporsi ad una supervisione europea.

Ho il sospetto che la Merkel avrà gioco facile a fare sistema e a rassicurare le sue Casse: i tedeschi hanno mostrato già altre volte che quando devono muoversi in sintonia per un interesse nazionale più ampio sanno farlo meravigliosamente e di ciò gliene va dato atto. Piuttosto conta che, ribadisco, il passo epocale di venerdì notte è quello riguardante la vigilanza ed è talmente epocale da richiedere una modifica costituzionale. E anche qui ribadisco: sarà il caso che il parlamento europeo eserciti in tale sede tutto il suo potere negoziale anche arrivando a porre il veto di fronte a proposte che non garantiscono il controllo sulla BCE. Dominici, Serracchiani, parlamentari europei, rispondete per favore: siete pronti a questa battaglia che finalmente darà lustro al vostro ruolo?

Ma ora eccomi al nocciolo del tuo articolo. Ci ricordi che sullo spread nulla di sicuro è stato portato a casa dall’Italia (e ovviamente confermi che l’unica misura che potrebbe riuscirci è quella di dare potere alla BCE, cosa su cui concordiamo anche se tu sei contrario e io favorevole). Nulla di nuovo per noi. Ma poi ci racconti che la Merkel è disposta a concedere questo aiuto all’Italia solo in cambio di “un’ulteriore cessione di sovranità: Ad esempio accettare che, se un Paese non rispetta gli impegni che ha preso sui propri conti pubblici, la nuova legge finanziaria che si renderà necessaria non sia scritta dal suo governo e approvata dal suo Parlamento, ma scritta dalla Commissione di Bruxelles e approvata dal Parlamento europeo.”

Ulla. E da dove ottieni questa informazione che nessun giornale ha riportato sabato mattina? Vero, i giornali sono stati incredibilmente poco sottili nel riportare i risultati del vertice, ma certo non potevano sapere quello che pare tu Francesco sappia.

E che sarebbe disastroso per l’Unione europea. Un tentativo di esproprio di democrazia (la Commissione che scrive la manovra fiscale? E chi è la Commissione per farlo? E’ come se un organo non eletto negli Stati Uniti di America scrivesse la manovra di bilancio ma ci rendiamo conto?) di questo tipo fu già suggerito nel mezzo della crisi greca e i cittadini greci e addirittura il governo tecnico di allora si opposero a questa follia. Sarebbe la morte non solo della democrazia ma anche dell’Europa.

Ma da dove attingi questa informazione?

Io non so se tu hai visto cose invisibili a noi umani, ma non sono gli angeli sopra il cielo di Berlino, Francesco, che tu hai visto: sono altre cose, molto più brutte degli angeli. Gli angeli che io spero di vedere nella capitale dell’Europa che sogno, la Berlino che è rinata dopo l’espropriazione della nostra libertà, che è rinata grazie alla lotta dei miei nonni e dei miei genitori con il sudore della loro fronte è la Berlino dell’edificio del Reichstag ricostruito, dalla cupola trasparente gentilmente accarezzato dalla Sprea e protetto dagli angeli della solidarietà tra fratelli europei.

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Il caldo terribile nelle carceri italiane

Fa caldo, dico a Paolo mentre finiamo l’ennesimo round di esami orali.

Meno male che c’è Paolo. Che mi guarda e dice dall’altra scrivania: “sì e pensa adesso come stanno in carcere”. In carcere oggi. Già. Ecco come stanno:

Secondi solo alla Bulgaria come densità carceraria nell’Unione europea. Ecco come stanno. Ecco la civile Germania che ha un terzo dei nostri detenuti in attesa di giudizio e l’89% per cento di carcerati rispetto ai posti letto contro il nostro 153%

Ecco cosa farei di 6 miliardi di euro di appalti pubblici: ci farei metà del piano carceri (costa 12 miliardi in totale) per rendere questo Paese degno di fare parte dell’Europa e di farsi vanto del suo portarne avanti i valori.

Ci sarebbe pure il beneficio addizionale di mettere al lavoro piccole imprese e  giovani per fermare l’emorragia di PIL e di debito pubblico.

E li farei adesso, subito, quest’estate. Perché i soldi ci sono, ovviamente. Basta volerlo.

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Quando il Lussemburgo traina l’Europa: il monito di Confindustria

Trovo INCREDIBILE  che si parli così tanto del vertice per tanti versi interlocutorio di venerdì notte e non si parli assolutamente più delle verità del Presidente di Confindustria l’altro giorno alla presentazione del rapporto del suo Centro Studi. Non capisco. Il PIL 2012 al -2,4% contro il -1,2% già drammatico previsto dal Governo pochi mesi fa? La disoccupazione dall’8,4 al 10,4% in 1 anno e all’11,8% nel 2013? Il debito su PIL che sale perché il PIL scende? Perché nessun giornale ne parla? E’ fondamentale capire che le persone nel Paese stanno soffrendo e che bisogna venire incontro a questi problemi subito, non domani, sennò cresce lo scetticismo sull’Europa e la costruzione europea diviene sempre più fragile!

Ho avuto modo di continuare a leggere il rapporto del Centro Studi di Confindustria. Ve ne faccio leggere un altro pezzo (il tutto lo trovate qui), incredibile nella sua lapalissiana verità  a cui non siamo più abituati, cose che insegniamo da 30 anni all’università e che sembra che tutti abbiano dimenticato. Ecco cosa leggo:

Le politiche di bilancio dei paesi euro sono poco sensibili alle condizioni economiche. Ciò a causa di un inadeguato e non simmetrico coordinamento e per il prevalere dell’obiettivo della stabilità rispetto a quello della crescita. Negli anni recenti il coordinamento è aumentato notevolmente ma sempre in direzione di privilegiare il controllo dei conti pubblici, cosicché le politiche di bilancio sono risultate ancora più slegate dall’andamento dell’output gap. Da quando nel 2011 è stata concretamente avviata l’exit strategy degli stimoli all’economia la gestione dei bilanci pubblici è divenuta decisamente restrittiva. Invece, ci sarebbe molto spazio per politiche espansive nell’enorme sottoutilizzo delle risorse, tanto ampie da essere tipiche in molti casi di una situazione di depressione economica. Politiche espansive, o almeno non restrittive, sono suggerite dalla teoria economica; politiche espansive erano state annunciate e poi varate alla fine del 2008 quando, alla luce della lezione appresa dalla crisi del 1929, era sottolineata la necessità di promuovere misure di rilancio dell’economia. Anche accogliendo la tesi di quanti sostengono che la regolazione fine degli strumenti di politica economica per stabilizzare la domanda interna è inefficace se non controproducente, è certo che la politica di bilancio non deve avere carattere pro-ciclico: azioni di consolidamento dei conti pubblici non dovrebbero essere messe in atto nelle fasi di domanda aggregata bassa rispetto all’offerta e quando sono all’opera forze che già di per sé agiscono in senso restrittivo, come lo sgonfiamento delle bolle immobiliari, la riduzione della leva dei sistemi bancari e l’aggiustamento dei bilanci familiari.

Mamma mia, che portento queste parole in bocca a Confindustria. Ma c’è di più (e vi consiglio la lettura delle pagine 46 e 47). Guardate questo grafico:

Tranquilli. Sembra complicato, ma non lo è tanto. Allora: la linea celeste misura la gravità della crisi rispetto al potenziale dell’economia. Tanto più siete a destra tanto migliore è lo scenario di PIL 2012 rispetto a dove dovrebbe essere naturalmente. Vedete come sta messa male la Grecia tutta a sinistra: piena gravissima recessione. Ma anche l’area euro non se la passa tanto bene (EA12) e nemmeno la Germania che certo non è in recessione ma che cresce meno del suo potenziale. L’Italia è come l’area euro ma sono dati che non tengono conto del peggioramento di questi mesi: sarebbe ancora più a sinistra verso la Grecia.

La linea arancione misura la posizione fiscale del Paese guardando al deficit di bilancio in % del PIL al netto della spesa per interessi. Più salite, più è “austera” la politica. Più scendete e meno è austera. La più austera? L’Irlanda. Meno austero di tutti, il Lussemburgo. L’area euro (EA12)? Austera eccome. Italia e Spagna molto austere, molto più austere di Francia e Germania.

Ora Confindustria usa questo grafico per vedere se si stia o no facendo la politica economica “giusta”, quella che insegniamo in aula e che Confindustria ha ben descritto sopra: se l’economia va male, non si fa austerità (e ci si colloca dunque nel quadrante in basso a sinistra con segno rosa), se l’economia va bene si fa austerità per mettere fieno in cascina per i tempi duri e ci si colloca nell’altro quadrante con segno rosa, in alto a destra. Cosa notate? Beh ovviamente che il quadrante in alto a destra è vuoto perché… nessuno sta messo bene come economia di questi tempi. E il quadrante in basso a sinistra, direte voi? Quallo dovrebbe essere pieno di paesi, perché vanno tutti male, no? Eppure c’è solo … il Lussemburgo. Già, l’unico paese che fa la politica economica giusta in tempi di crisi è … il Lussermburgo.

E gli altri? Tutti nell’altro quadrante, in alto a sinistra. CROCE ROSSA COME: ERRORE! Cioè a fare la politica sbagliata, l’austerità in recessione!! E più la facciamo tutti, più è grave l’errore di ognuno. Ancora Confindustria:

Si tratta di politiche che, invece di stabilizzare il ciclo, stanno facendo avvitare su se stessa l’intera economia europea. Potrebbero essere giustificate a livello di singoli stati solo in presenza di consistenti politiche anti-cicliche sovranazionali, in modo analogo a ciò che avviene negli Stati Uniti. Ma così non è.

Già. Così non è. E anche se lo spread scendesse a 250, l’avvitamento dell’economia vanificherà le risorse che tale declino libererebbe (se mai avessimo voluto spenderle, come parrebbe ovvio).

Il dibattito proibito deve essere rivelato. Nei giornali, nei media. Parlate di questi dati, non mollate, alla fine diverrà ovvio riconoscere l’ovvio.

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Presidente Monti lasci giocare la nostra Under 25: vincerà

Mi ero ripromesso di non scrivere più oggi, quando sul financial times vedo che sono usciti i dati Eurostat sulla disoccupazione. Di quelli ho già parlato stamattina. Ma i dati Eurostat raccontano anche un’altra storia, già ripresa da molti sulla rete e sulla stampa: la crescita della disoccupazione giovanile (under 25).

Nell’area euro da maggio 2011 è salita di 2 punti %, dal 20,5 a 22,6.

In Grecia sale dal 42,9 al 52,1. Il secondo paese dove è cresciuta di più è l’Italia. Già. Dal 27,5 al 36,2%. Voi sapete che il vero problema dei giovani italiani non è il livello di disoccupati ma di scoraggiati che non cercano nemmeno lavoro (e no, non stanno all’università a girarsi i pollici). Eppure la crescita di disoccupati tra i giovani ben presto significherà crescita ulteriore degli scoraggiati quando questi smetteranno di cercare lavoro. La riforma pensionistica aggiunge poi ad uno shock da domanda uno shock da offerta che ha fatto buttare nel cestino a tantissime imprese i loro piani di assunzione di giovani leve.

Da mesi in più di 1300 abbiamo chiesto al Presidente del Consiglio di considerare di dedicare 1% di PIL, circa 16 miliardi di euro, ai giovani, per arruolarne 1 milione con contratti biennali per lavorare nella Pubblica Amministrazione: ospedali, pronti soccorso, zone terremotate, tribunali, scuole, università, musei, parchi, carceri, uffici di polizia, carabinieri. Per liberare risorse da dedicare ai compiti più strategici? Non solo. Per fermare l’emorragia, per fermare quello che il Premio Nobel Stiglitz chiama il vero SPRECO, quello di fare uscire per sempre dalla forza lavoro questi giovani così piene di energie e timori, di passione e paure, di idee e di speranza. Giovani che con 2 anni nel settore pubblico acquisirebbero competenze, coraggio e tornerebbero sul mercato privato quando questo, sperabilmente, è uscito da questa tempesta perfetta.

Ora la Presidenza del Consiglio ci ha risposto che il nostro Presidente sta studiando la questione. Io gli direi di usare subito le risorse derivanti dal piano anti-spread per attuare il piano dell’appello senza se e senza ma. Sono 15 miliardi se lo spread cala a zero, 7,5 se cala a 250 punti base. E comunque gli 8 miliardi di Bondi di tagli agli sprechi vanno subito dedicati al piano: molti da usare anche per assoldare giovani che lavorino con Bondi alla ricerca in tutte le amministrazioni d’Italia di sprechi.

Non c’è tempo, Presidente. Mostri che capisce che il futuro dell’Europa cammina sulle gambe dei giovani e non sulle nostre fragili e vecchie ginocchia. Non abbia paura. La nostra vera Nazionale, quella Under 25, le darà enormi soddisfazioni: la lasci giocare.

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L’Europa che sogno è quella delle mollichine di Pollicino

Buona domenica a voi.

Sapete già come la penso sull’unica vera novità del Summit (per ora, poi magari all’euro gruppo del 9 luglio scopriremo che si è riusciti ad ottenere qualcosa in più per l’Italia di quanto non appaia in questo momento):  il passaggio della Vigilanza bancaria alla BCE e dunque il controllo della politica bancaria europea in mano tedesca, presso la Bundesbank, azionista di maggioranza di fatto della BCE. Credo, a naso, che da ora in poi fusioni bancarie, vigilanza e credito avranno una maggiore distanza dal territorio italiano e dalle sue esigenze.

A meno che.

A meno che questo passaggio così poco dibattuto e poco trasparente, che al momento non ci dice quali bilanciamenti di poteri sono previsti per assicurare che la BCE risponda a qualcuno dei suoi errori su questa nuova funzione così importante ad essa assegnata, non preveda un forte rafforzamento dei poteri di controllo dell’unico organo che dovrebbe essere a ciò deputato, il Parlamento europeo.

Credo e spero che Monti ed i nostri parlamentari europei si batteranno nei prossimi mesi affinché ciò sia scritto nero su bianco. Chiedeteglielo. Altrimenti è un’Europa che aumenterà il suo potenziale di rappresentare una sola area geografica al suo interno, facendo crescere le tensioni ed in ultima analisi l’implosione del progetto euro. Ci vuole un bilanciamento dei poteri in ogni grande cambiamento istituzionale: per favore fatecelo vedere.

Mi chiedevo inoltre, visto che comunque quello della supervisione bancaria è un possibile “bene pubblico europeo”  che ha una sua motivazione forte di essere nella crescita delle banche fuori dai confini nazionali: per quali altri beni pubblici vorrei vedere i nostri leader europei battersi?

Ne suggerisco 3.

Primo. Un esercito comune. Convincendo la Francia a mollare il suo antagonismo a questa proposta. L’Italia si è unita tra Nord e Sud con il servizio militare che ha fatto conoscere tanti giovani che mai erano usciti dal loro quartiere, dal loro paese, dalla loro regione. Ha dato a molti analfabeti l’orgoglio e la voglia di ottenere quella licenza elementare che nessuno gli aveva mai suggerito di ottenere. Ecco, se vogliamo un’Europa unita, facciamoli conoscere questi Greci meravigliosi ai bavaresi, chiediamolo ai fiamminghi secessionisti di andare ad Atene a fare le esercitazioni sul mare dal colore trasparente della culla d’Europa. Mai più dubiteranno del fatto che i Greci sono quelli che lavorano più di tutti in Europa e che nel primo decennio di questo secolo avevano avuto la maggiore crescita della produttività del Continente. Come d’altronde ci aveva raccontato il nostro Presidente Monti, giustamente, la Grecia era, prima della nuova crisi, un esemplare storia di successo contro le avversità. Facciamoli muovere, questi immobili europei. Facciamoli conoscere, questi sospettosi europei. Si genererà maggiore unione e dunque stabilità.

Secondo. Una rivoluzione nei programmi scolastici, dove l’enfasi sulla Geografia  e la Storia dalla prima elementare diventi Europea, europea, europea. Ed ogni classe dovrà ogni anno conoscere un personaggio della storia d’Europa, una capitale europea. Così che i nostri biglietti dell’euro possano finalmente contenere volti di eroi europei senza bisticci tra Paesi che lo impediscano. Ancora mi ricordo quando facemmo vedere questa foto ai nostri giovani italiani in aula universitaria e ci guardarono con l’occhio sorpreso di chi non sa cosa sta guardando.

E c’è poco da trattarli da ignoranti. C’è da insegnare insegnare l’Europa. Ora sanno che quei due signori buffi come 2 bambini che si danno la mano sono stati due grandi eroi politici che si sono battuti per lasciare simboli di pace sparsi come le mollichine di pane di Pollicino, per trovare sempre la calda casa europea in fondo ad ogni bosco oscuro.

Terzo. Per i tedeschi. Che si meritano tanto. Buttiamo via le Autorità anti corruzione nazionali. Facciamone una europea e basta. Tanto se i paesi corrotti fanno una Autorità loro, la storia ci insegna, mettono al comando della stessa qualcuno di manovrabile. Mettiamo questa Autorità a Berlino così che i tedeschi ci aiutino a combattere le mafie. Vengano a vedere quei lavori pubblici nelle regioni italiane a rischio che non abbiamo nemmeno voluto mettere nella spending review, chissà poi perché.

Ecco, più che una vigilanza delle banche catturata dalle banche, l’Europa che sogno può già nascere così. Piano piano, fortemente, con tante mollichine che ci facciano sempre trovare casa nei tempi bui.

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Ci vuole il Buffon d’Europa. Al resto ci pensiamo noi.

A me spiace francamente di essere insaziabilmente scettico anche di fronte ai successi che vengono raccontati sulla stampa.

Mi dico che mi ricordo Buffon e la sua rabbia post-partita, insaziabile, sbuffante, critico, scontroso. Eppure Buffon è bravo, mi dico, la sua parata sulla punizione con la palla che schiaccia le sue lunga dita sulla traversa e salva l’Italia è stato un gesto meraviglioso, come il passaggio svogliato e perfetto di Cassano a Balotelli, quello dei muscoli e del sorriso, quello lì, sì, il bresciano doc.

Se vittoria sarà, sarà quella finale che salva l’euro. Non abbiamo vinto nulla, ha ragione Buffon. Non dobbiamo mollare. Dobbiamo capire la strategia migliore per vincere questa partita. Non far correre a vuoto i nostri più importanti giocatori, rischiare pure qualche contropiede pur di stringere l’avversario nella sua area, sostituire i giocatori che non giocano per la squadra ma per se stessi.

Chi siamo? Chi fa parte della squadra? Angela Merkel? Certo. E’ un giocatore eccezionale la Germania, con difetti evidenti di chiusura del gioco e incapacità di smistare la palla, ma che difensore superbo. Se la Germania è in squadra il contropiede verrà bloccato, gli errori, le sbavature del centrocampo, resi meno pericolosi.

Il centrocampo, ecco, è lì che aspettiamo il leader che orchestri, che faccia sentire la squadra unita e con uno scopo, che inventi il passaggio, l’idea vincente. Monti? Può darsi, se non si incaponisce a tirare lui stesso verso la porta. Se l’affondo finale lo lascia a qualcuno che capisca meglio di lui come inquadrare la porta. Ma il rispetto che genera può aiutare la squadra, certamente, può intimorire l’avversario.

Dopo la serata di ieri mi sono chiesto se la strategia seguita è giusta per segnare il gol della vittoria. Certo, io da ieri sera vedo 2 vincitori, ma non ancora l’Europa.

Vincitrice è Angela Merkel che porta a casa il regalo più dolce e gradito, la supervisione bancaria presso la BCE entro l’autunno. Ovvero: il controllo della politica industriale bancaria europea in Germania tramite la potente Bundesbank. Un risultato eccezionale (che infatti il Bundestag ha premiato concedendole il Fiscal Compact). Eccezionale per l’Europa? Lo sapremo solo dopo che avremo letto che garanzie verranno a controbilanciare un potere che, nelle mani della BCE, avrà tutta la tendenza a non essere esercitato naturalmente a favore di un credito efficiente ed efficace verso imprese e cittadini, vista la pessima supervisione sinora da parte delle banche centrali e la storica tendenza di queste a proteggere e favorire le banche piuttosto che a regolarle. Se il Parlamento europeo (Domenici, Serracchiani, e tutti voi parlamentari ci siete? Siete pronti?) pretenderà di essere delegato a esercitare la funzione di cane mastino che controlla, pretenderà che la BCE a lui riporti, pretenderà che questa sia obbligata a rispondere dei suoi errori, allora forse sì potremo sperare.

Il secondo vincitore è la Spagna che viene aiutata finanziariamente e ottiene ossigeno per i suoi conti pubblici. In parte ciò aiuta l’Europa: per ora lo spread di tutti i paesi in crisi scende perché il mercato respira per l’aiuto alla Spagna (dal 27 al 29 giugno lo spread italiano è sceso di 40 punti base, quello spagnolo di 61).

Che noi italiani si sia vincitori lo giudicheremo prima di tutto dall’andamento dello spread nei mesi a venire. Una volta incorporato l’effetto Spagna, la discesa dello spread italiano dipenderà solo da noi stessi. In primis da cosa effettivamente abbiamo ottenuto al tavolo negoziale. Il first best, l’ottimo, sarebbero stati gli acquisti diretti dei titoli italiani della BCE, ma non siamo riusciti ad ottenerlo. Ben presto il senso vero dell’accordo circolerà sui mercati e vedremo dove va lo spread: se il mercato si convince che l’Europa e la BCE intendono far sì che lo spread si abbassi permanentemente sotto quota 250, per esempio, ciò dovrebbe avvenire rapidamente. Altrimenti nulla è stato ottenuto.

Ma anche se lo spread scendesse a quota 250, per l’Europa dell’Italia e della Germania a me così care – e che non sopporto qualcuno contrapponga come se fosse l’Europeo di calcio –  la partita, come direbbe Buffon, non sarebbe finita.

Ci vorrebbe il gol, certo. E chi è l’unico attaccante che può segnarlo? Ovvio, siamo noi, i cittadini di questo meraviglioso continente. E per farlo, questo goal, per dire quel SI’ così tuonante da far tremare i mercati ed il loro piccolo potere, dobbiamo volerlo. Dobbiamo sentire fluire nelle nostre vene la voglia di stare uniti, la solidarietà tra cittadini dell’Europa, insomma, dobbiamo vedere il senso della marcia che stiamo percorrendo: la crescita, l’occupazione, il benessere comune.

Per fare questo non c’è spread che tenga: ci vuole molto di più. Ci vuole che si faccia crescita, subito e maledetta, così da avere poi spazio per fare le giuste riforme che ogni Paese necessita. Ci vuole che la Germania spenda in deficit, e che l’Italia spenda in una cornice credibile in cui distrugge quello che spesa pubblica non è: i mille trasferimenti inefficienti da contribuenti a imprese decotte, corruttrici o non concorrenziali. Questi soldi, assieme ai risparmi derivanti dal calo degli spread, man mano dovranno essere reimmessi come vera spesa pubblica nell’economia, generando crescita, e permetteranno pian piano al settore privato di riacquisire fiducia per investire  ed ai mercati di acquistare titoli a spread sempre più bassi. Quando il settore privato sarà pronto per rientrare a pieno titolo nell’economia, comincerà la ritirata del settore pubblico. Quando avremo segnato il gol, potremo tranquillamente difendere il vantaggio con il supporto della credibilità che ci da la Germania.

A quel punto questo mio giovane amico potrà dipingere sul suo splendido viso pieno di adulta e civica passione anche la bandiera blu a stelle gialle.

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Yes, it is a Soccer Game. No, this time is the time for Europe to win.

Who won? Who lost?

Spain won from the euro summit: pretty nice bail-out of its banks at the expense of the European Taxpayer. And for Ireland who will ask for equal treatment for its banks and might get reimbursed a bit too for its big expense bill on banks.

Germany won, definitely: having the European Central Bank in charge of european banking supervision from October onwards implies that the Bundesbank will be in charge from now on (much more than ever) of the industrial policy of the banking sector in Europe, arguably the most important sector of the European economy. Chapeau to Merkel.

Italy? Well Italy says it has won support on an anti-spread policy from the ECB and the Stabilization Fund, meant to obtain a ceiling on Italian government bond yields with respect to Bund issued by Germany. The rapid decline in spreads of crisis-countries that occurred after the European summit has much to do with the Spanish banking bail-out and little to do with anything else. Spreads on Spanish bonds declined by 60 basis points from June 27 and that explains the 40 basis point correlated decline in Italian yield differentials. If really something for Italy was negotiated during the Summit, for example a ceiling of 250 basis points on Italy vs. Germany yields, we will see the rumour rapidly spreading in financial markets and the spreads equally rapidly converging to that threshold. If we do not, then no deal occurred and Italy after all hasn’t obtained much from the Summit.

But.

But it is quite sad to speak of who won and who lost while we should concentrate ourselves on whether Europe has won, i.e. on whether the euro crisis is closer to a solution or not.

Well I can tell you that Europe will have won if and once the European Parliament will be granted the supervision of the ECB activity on banking supervision. We know the ECB will be captured by banking sector interests with a high likelihood and will not provide a banking sector that fully helps the economy as it should and could. An independent Authority would have been better. Since it has to be the ECB, let it at least be fully accountable to the European parliament if we want to avoid further future banking crises.

I can also tell you that Europe will have won when this recession will be over. As of now, the latest estimates claim a -2,4% recession for 2012 in Italy, doubling government estimates of -1,2% just a few months ago. How long can we destroy European lives without destroying Europe?

How long? We need to fight this recession NOW. If we are Europeans. If we are a team.

Tomorrow I will watch Spain against Italy and root for Italy. But please be aware that this euro thing, this euro thing yes, this is no soccer game between European teams. No, we are not here to win as a single nation. No, here the team to root for is Europe.

And, as Al Pacino said:

“Either we heal as a team or we are going to crumble… You will see a guy who will sacrifice himself for this team because he knows when it comes down to it you are going to do the same for him. That’s a team gentlemen. And either we heal NOW as a team or we will die as individuals.”

 

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Di cosa discutere nelle riunioni dei capi di Governo

Dal mio caro collega Giovanni Pittaluga ricevo un pezzo che volentieri condivido con voi

Caro Gustavo, innanzi tutto, complimenti per il Tuo blog. In un paese in cui è difficile discutere di un problema in modo non ideologico e fazioso esso costituisce una preziosa eccezione. Condivido quasi interamente le Tue opinioni sull’euro, su ciò che esso è oggi e su ciò che dovrebbe essere. Mi pare che anche nel recente articolo di Alesina si parta dal presupposto che i problemi dell’euro derivino da una indisciplina comportamentale di alcuni paesi, tra cui il nostro. Non si analizza, per contro, quali sono le ragioni ultime istituzionali di questa indisciplina. Così facendo, si accredita la visione “tedesca” secondo cui nell’area dell’euro da una parte stanno le “formiche” (in primis la Germania) e dall’altra parte stanno le “cicale” (in primis la Grecia, ma poi gli altri, tra cui l’Italia). Questa visione della crisi, da un lato, è pericolosa in quanto crea inevitabili divisioni tra i popoli dell’eurozona e può indurre il popolo tedesco a considerare altri popoli “colpevoli” e, perciò da punire, dall’altro lato, nasconde i difetti strutturali dell’architettura dell’euro. Tra questi difetti, che sono molti e che noi economisti europei non abbiamo saputo focalizzare adeguatamente al momento della costituzione dell’UME, sta quello di non prevedere meccanismi di aggiustamento degli squilibri di parte corrente tra stati, finché non si sia fatta l’unione politica. Tutti i sistemi monetari internazionali si basano su meccanismi di aggiustamento da quelli automatici, o quasi, del gold standard alla possibilità di rivedere le parità nel Sistema di Bretton Woods. Nessun meccanismo di aggiustamento, invece, è previsto per l’euro. Di fatto, esso è lasciato alla discrezione dei singoli paesi. Ciò ha due conseguenze. In primo luogo, i paesi possono tardare ad aggiustare i propri squilibri, determinando tensioni in tutta l’area (è quello che è accaduto). In secondo luogo, l’aggiustamento ricade esclusivamente sui paesi in disavanzo, senza che vi sia alcuno sforzo congiunto dei paesi in avanzo. Quest’ultimo aspetto, dal momento che i costi ricadono su una sola parte, finisce per favorire fasi di grave recessione (come sta accadendo) e induce i paesi in squilibrio a ritardare l’adozione delle misure di aggiustamento. Tenuto conto di quanto detto, ci si deve chiedere perché nelle riunioni dei capi di governo dei paesi dell’eurozona si discuta quasi esclusivamente di provvedimenti tampone, per lo più di natura finanziaria, senza affrontare il problema del coordinamento delle politiche macroeconomiche. E ci si deve chiedere anche perché nei vari articoli sui quotidiani italiani questo aspetto non sia tenuto in nessuna considerazione.

Cordiali saluti, G.B. Pittaluga

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Noi e Hamilton

La prima emissione di debito federale negli Usa avvenne per opera di Alexander Hamilton, segretario del Tesoro americano sotto il Presidente Washington, rilevando il debito di 13 stati in difficoltà in cambio della concessione al Governo federale del potere di riscuotere le tasse provenienti dal commercio. Lo fece per un motivo  molto chiaro: creare per la Federazione una reputazione di affidabilità come debitore presso i mercati finanziari, così da ridurre il costo del debito qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, specie in futuri conflitti bellici.

E’ possibile che chi chiede oggi gli eurobond abbia in mente anch’egli di ridare reputazione al debito europeo. Peccato che, al contrario di quanto ideò Hamilton, la cifra che verrebbe a essere restituita ai governi dei paesi euro in difficoltà che emettono a tassi più bassi sarebbe minimale e che i Governi che invece già godono di una buona reputazione, come quello tedesco, vedrebbero in questa decisione una evidente perdita di credibilità del proprio debito, acquisita essa stessa con duri sacrifici dalla fine della seconda guerra mondiale in poi. Insomma l’eurobond oltre a essere complicato da emettere in breve tempo, è inutile e dannoso: sarebbe una vera stupidità negoziale insistere su di esso.

Tuttavia vi è certamente un vantaggio nel ridare reputazione al debito dei paesi in crisi facendone calare fortemente lo spread: ridurre  la vertiginosa spesa per interessi che si traduce in recessione nel momento in cui i governi devono a questa reagire con più tasse o meno spesa per raggiungere gli obiettivi di pareggio di bilancio.

E allora come fare? L’unico modo, al contempo quantitativamente rilevante e capace di non irritare esplicitamente i tedeschi, è l’acquisto di debito pubblico dei paesi in crisi da parte della BCE. Scordatevi aiuti da parte del Fondo di Stabilità Europea (limitato nell’ammontare massimo attivabile) o schemi di sussidi dai Paesi con spread bassi ai paesi a spread alti, proposta dagli stessi difetti di mancanza di bon ton politico che caratterizza gli eurobond.

Idealmente vorremmo che la BCE di questi titoli ne acquistasse così tanti da far scendere gli spread italiani fino allo zero. Un tale abbattimento, ai tassi attuali, porterebbe oggi a più di 12 miliardi di euro di risparmi, 0,7% di PIL, una cifra destinata a crescere nel tempo. Ridurre gli spread a 250 punti base e non a zero comporterebbe circa la metà dei risparmi, 0,3% di PIL.

Ma. Perché c’è un ma. Per funzionare, ovviamente, questo schema dovrebbe avvenire senza condizioni di austerità ad esso incorporate, senza cioè richiedere ai Paesi che vengono aiutati dalla BCE un rafforzamento delle politiche di austerità. Sarebbe come dare ad un poveraccio su un cornicione a rischio di caduta dal grattacielo una mano scivolosa: esito disastroso.

Ma anche se così fosse, resterebbe comunque uno schema monco: l’abbattimento dello spread è una condizione forse necessaria ma certamente non sufficiente per ripristinare quella crescita economica subito (e non domani) nei paesi in difficoltà che è l’unica medicina che può convincere i mercati che l’euro può salvarsi.  Come minimo i risparmi d’interessi generati grazie all’azione della BCE andrebbero immediatamente restituiti all’economia, tramite maggiore spesa pubblica o minore imposizione fiscale, generando PIL (ed entrate fiscali che permettono anche il raggiungimento di obiettivi di finanza pubblica).

Se invece ci limitassimo a godere per l’abbassamento della spesa per interessi con un Prodotto interno lordo ancora in picchiata, dedicandoci a ridurre miopicamente il debito ed il deficit pubblico, perderemmo l’ennesima occasione per arrestare l’emorragia di posti di lavoro che scompaiono e di imprese che chiudono, lo spreco più grande. Ovvero l’occasione per salvare l’euro.

Anche Alexander Hamilton aveva una idea precisa di cosa fare con i soldi ottenuti dai mercati o con le tasse: proteggere con sussidi la nascente industria manifatturiera e costruire strade e canali. Non una cattiva idea anche per l’oggi europeo, che modernizzata potrebbe essere tradotta in “proteggere le PMI e spendere per rilanciare la domanda aggregata”. E’ chiedere troppo ai nostri leader?

Una versione limata di questo è oggi sul Foglio