Kenneth Orchard mi segnala questo pezzo sul sito del Financial Times di domenica da parte di
Gavin Davies. Lo riassume perfettamente (mia traduzione): “(Davies) sostiene che si può guardare alla crisi dell’eurozona come ad un problema di bilancia dei pagamenti piuttosto che a come un problema di debiti sovrani. Nell’aggregato, i paesi periferici dell’eurozona [inclusa l’Italia, NdR] hanno un deficit di bilancia commerciale [partite correnti, NdR] di circa la stessa dimensione del surplus tedesco. Dal momento che i movimenti di capitale dal centro [Germania, NdR] alla periferia si sono inariditi, questi sono stati rimpiazzati da flussi di capitale ufficiali (prestiti bilaterali, finanziamenti della BCE, prestiti del Fondo EFSF e vari). Correggere questo squilibrio è difficile se non si ha flessibilità [all’interno dell’eurozona, NdR] nei tassi di cambio. Le politiche che stanno attuando i paesi periferici – austerità fiscale, riforme strutturali ecc. – sono deflazionistiche. Ma l’abilità dei governi e delle economie dei paesi periferici di aggiustarsi tramite politiche deflazionistiche è altamente a rischio. La storia ha mostrato che le ricche democrazie indebitate hanno una limitata tolleranza per lunghi periodi di disoccupazione e salari dal potere d’acquisto decrescente. Politiche fiscali e monetarie dal centro lenirebbero parte di queste sofferenze nella periferia, ma ciò non appare desiderabile politicamente al centro, cioè alla Germania.”
E’ un signor pezzo, chiarissimo e lucido, sulla situazione economica mondiale. Due cose però non dice, che meritano di essere menzionate. Primo, se al Centro (la Germania) spetta di reflazionare l’economia con politiche espansive non è vero che la Periferia (l’Italia e gli altri) debba stare ferma con le mani in mano. Può stimolare la domanda pubblica , anche senza modificare il saldo di bilancio pubblico, spendendo di più visto che il settore privato non spende. Finanziando come tali spese? Con la riduzione dei trasferimenti impliciti negli eccessi di spesa pubblica dovuti a sprechi (abbondantemente e rigorosamente documentati attorno al 2% del PIL) oppure anche finanziandole con tassazione (visto che comunque quelle risorse non sono spese da famiglie e imprese, in questo momento timorose).
Secondo, se invece fosse vero che la Germania non aiuterà, cosa ne è dell’area dell’euro? La risposta è semplice. Il Centro si tiene l’euro, la periferia lascia e torna alle valute nazionali o crea un euro2 accompagnandolo con una ampia svalutazione. Bentornato Marco, bentornata lira. Forse la soluzione migliore per un’Europa che si è scoperta non Unita.