Che sta succedendo allo spread tra la Spagna e l’Italia? Ha toccato ieri un massimo storico sfavorevole al nostro Paese, di 166 punti base. Eppure a fine giugno eravamo noi a essere considerati dai mercati meno rischiosi, di 60 punti base, 0,6%. Da agosto, quando lo spread si è annullato, è stato un lento ma inesorabile crescere della rischiosità dell’Italia rispetto alla Spagna.
In realtà le cose sono andate momentaneamente meglio quando è arrivato Monti, e lo spread è sceso a soli 22 punti base. Era il 21 novembre e Monti aveva conquistato, o così sembrava, i mercati. Era anche il giorno in cui Rajoy vinceva, con il suo partito conservatore, le elezioni in Spagna, senza convincere troppo tuttavia.
Da quel giorno il ricordo della luna di miele con il Professore della Bocconi sembra essere sbiadito nella memoria di breve termine dei mercati. Mentre sempre più entusiasmo ha suscitato Rajoy. “Vendi Italia, compra Spagna!”, era probabilmente l’urlo che ha riempito le trading room di molte banche. Sta di fatto che i numeri parlano chiaro: da 83 punti base il 5 dicembre a 111 il 14 a 166 il 19, il giorno del discorso programmatico in Parlamento di Rajoy.
Ora, certo, i mercati sono volatili e cambiano rapidamente opinione. Ma mi sono fatto un’idea, anzi 4 idee, sul perché le politiche annunciate da Rajoy hanno convinto i mercati ben più di quelle di Monti. E tenete conto che non è vero che le cose son più facili da farsi in Spagna perché il debito su PIL è poco più della metà di quello italiano. La disoccupazione, potrei ribattere, spagnola è quasi 3 volte quella italiana. Questa idea me la sono fatta leggendo, nel mio spagnolo pasticciato o inesistente, il programma presentato dal nuovo leader spagnolo.
Primo asso nella manica di Rajoy (che Monti non ha sinora): una stabilità fiscale raggiunta, sì, ma con calma, entro il 2020. Il che consente di essere meno recessivi in un periodo nero dell’economia. Ci saranno meno tensioni sociali, più crescita del prodotto e dunque più spazio credibile per riforme (che, come sappiamo, ma alcuni fanno finta di dimenticare, hanno bisogno di ossigeno per affermarsi e sopravvivere). I mercati certamente amano questo.
Secondo asso nella manica di Rajoy: Rajoy ha fornito non solo un programma, ma un piano (coraggioso direi), a 360 gradi che cerca di aiutare tutte le classi sociali e di affrontare tutti i temi ancora aperti nell’agenda riformista: istruzione, spesa pubblica, export, energia ecc… Così facendo ha dato un chiaro segnale che conosce la macchina amministrativa spagnola e può condurla con fermezza verso nuove sfide e miglioramenti. Non basta. Ha anche dato un senso di direzione al suo paese, che è fondamentale per generare ottimismo. E’ un politico, certo, che ha come obiettivo quello di essere rieletto. E dunque che ha l’incentivo a fare la cosa giusta per i suoi elettori, cioè politiche volte alla crescita. Mercati sempre più felici.
Terzo asso: Rajoy chiaramente mostra di avere a cuore la coesione sociale all’interno del suo Paese. Le pensioni per i meno abbienti sono l’unica cosa per cui ha chiesto di poter aumentare la spesa. Le riforme del mercato del lavoro, dopo averle discusse con i sindacati, dovranno andare nella direzione di maggiore tutela dei lavoratori e nel contempo di aumentare l’occupazione. Tutto ciò crea un clima favorevole di relazioni industriali e dunque di maggiore stabilità. Mercati in visibilio….
Quarto asso: Rajoy chiaramente mostra di dare grande peso all’obiettivo di migliorare la qualità della mano pubblica. Indica gli sprechi negli acquisti di beni e servizi come un qualcosa da tagliare, anche tramite il ricorso alla centralizzazione degli appalti. Tagliare gli sprechi non genera recessione, perché apre lo spazio e crea le risorse per finanziare invece domanda pubblica espansiva. Anche qui: più crescita, subito.
Non mi stupisce francamente che i mercati premino la (promessa) crescita con stabilità credibile e non la stabilità poco credibile perché carente di crescita. E voi?