Al volo (sono in viaggio) la lettura del discorso del Presidente Monti.
“L’obiezione che spesso si oppone a queste misure è che esse servono, certo, ma nel breve periodo fanno poco per la crescita. È un’obiezione dietro la quale spesso si maschera - riconosciamolo – chi queste misure non vuole, non tanto perché non hanno effetti sulla crescita nel breve periodo (che è vero che non hanno), ma perché si teme che queste misure ledano gli interessi di qualcuno. Ma, evidentemente, più tardi si comincia, più tardi arriveranno i benefìci delle riforme. Ma, soprattutto, le scelte degli investitori che acquistano i nostri titoli pubblici sono guidate sì da convenienze finanziarie immediate, ma – mettiamocelo in testa – sono guidate anche dalle loro aspettative su come sarà l’Italia fra dieci o vent’anni, quando scadranno i titoli che acquistano oggi.” (mio sottolineato).
Riconoscimento importante. Le riforme non hanno effetti sulla crescita nel breve periodo. Dunque? Facciamo le riforme e… ? E basta? No, non basta. Senza crescita immediata le riforme non avranno una solida base (sia in Parlamento, ma soprattutto nel Paese) di consenso, tanto più che le riforme spesso inizialmente hanno un impatto negativo sulla crescita. I mercati lo sanno. Lo sappiamo tutti.
Punto chiave dunque: che politica fiscale a breve-medio termine?
Se ben capisco: conferma del bilancio di pareggio al 2013 e ricomposizione potenziale delle entrate: “tuttavia anche prima, a parità di gettito, la composizione del prelievo fiscale può essere modificata in modo da renderla più favorevole alla crescita. Coerentemente con il disegno della delega fiscale e della clausola di salvaguardia che la accompagna, una riduzione del peso delle imposte e dei contributi che gravano sul lavoro e sull’attività produttiva, finanziata da un aumento del prelievo sui consumi e sulla proprietà, sosterrebbe la crescita senza incidere sul bilancio pubblico”.
Non so quanto sia l’effetto sul PIL di questa ricomposizione (chiederò ad amici esperti e ne parleremo), ma anche se positivo, non può essere enorme se deprime la domanda di consumi senza stimolare la domanda pubblica.
L’unico aumento della spesa pubblica menzionato è quello via coinvolgimento dei privati con project financing, operazioni che in Italia richiedono ancora di essere pienamente messe in condizioni di funzionare efficacemente.
Pare dura. Non c’è menzione di maggiore domanda pubblica di beni, servizi e lavori ORA. Anche finanziata da maggiore tasse sui consumi, per carità, ma dove questi aumenti di tasse sono mirati a spendere di più con il pubblico. Speriamo si possa incidere sul dibattito per portare il Governo a dar vita al moltiplicatore keynesiano, visto che almeno si riconosce il vincolo che le riforme non portano crescita nel breve e medio periodo.