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Cowboys and Aliens: fuori gli Alieni da Via XX Settembre

L’altro ieri ho incontrato una dirigente del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) che da decenni lavora lì. E mi ha dato un’ottima spiegazione del perché il Ministero è un luogo dove si pensa solo al controllo dei conti e mai alla crescita, del perché qualsiasi Cowboy che vi entra diventa un Alieno capace solo a pensare alla stabilità che fa male alla crescita e dunque alla fine anche alla stabilità. Insomma Monti non è un cowboy, ma certo che in meno di 1 mese è diventato ancora più arcigno.

Perché? Beh, mi dice questa dirigente, “c’erano una volta due Ministeri, Tesoro e Bilancio. Il Tesoro pensava a far quadrare i conti ma il Bilancio programmava la spesa, specie per infrastrutture e con focus su crescita. E contavano uguale o quasi. C’era il CIPE con ben altro ruolo rispetto ad oggi. Ma, con la fusione tra i due Ministeri, il Bilancio ha perso la battaglia contro il Tesoro”. E così, aggiungo io, la politica economica è diventata politica delle privatizzazioni (fatte male perché fatte prima delle liberalizzazioni) e dei finti pareggi di bilancio, con tanto di trucchettini contabili, scenari tendenziali basati su ipotesi di crescita fasulle e scenari programmatici che non tengono conto degli effetti di ritorno della politica economica (per esempio: Monti ora che stringerà sulle tasse, pensate che terrà conto dell’impatto disastroso sul PIL quando pubblicherà i conti per 2012 e 2013? state tranquilli, mai abbastanza). Ed è sparita la politica economica per la crescita.

I Cowboys devono assaltare la torre di Via XX Settembre (sede del MEF) e cacciare gli alieni. E’ ovvio. Anche Monti ne beneficerà.

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Quality of Government is Needed in Europe for a Better Fiscal Policy

So the big problem seems to be that (European?) countries that are in the midst of the worse recession ever occurred after WWII adopt restrictive fiscal policies instead of expansive ones. Big mistake. We economists say these wrong policies are pro cyclical (budgets and GDP move in the same way: public expenditure go down, taxes go up and budget deficits down when the cycle goes down) while they should be counter-cyclical (budgets and GDP move in the opposite direction: public expenditure goes up, taxes go down and budget deficits up when the cycle goes down) to support the economy in bad times.

Why do governments adopt (wrongly) pro-cyclical fiscal policies and worsen economic cycles when these are already weak?

Three economists, Jeffrey A. Frankel, Carlos A. Végh and Guillermo Vuletin, just came out with a new NBER Working Paper that sheds an interesting twist on this issue. They argue that governments with good institutions learn or find it easier to adopt the right counter-cyclical policies, while governments with bad institutions do not.

What do they mean by “good quality governments”? Those that have: 1) a good investment profile, in terms of contract viability/no expropriation, profits repatriation, and lack of payment delays, 2) a strong anti-corruption stance, 3) law and order, i.e. a strong and impartial legal system and the popular observance of the law, 4) bureaucratic quality, i.e. the strength and expertise to govern without drastic changes in policy or interruptions in government services.

Why should good governments adopt the right policies? Political pressures for additional spending in good times (instead of in bad times when they are mostly needed!) are hard to resist  and designing rules and institutions that aim at ensuring that fiscal revenues are saved in good times so that they are available in bad times would go a long way to alleviate the scourge of procyclical fiscal policy. Why should bad governments adopt the bad policies? “An important reason for procyclical spending is precisely that government receipts from taxes …. rise in booms, and the government cannot resist the temptation or political pressures to increase spending proportionately, or even more than proportionately”.

What do data show? The graph holds on the X-axis average institutional quality and on the Y-axis the prociclicality of fiscal policy as measured by the correlation between public spending and GDP: the higher that correlation the worse the use a government is making of fiscal policy. As you can see the relationship is negative: the higher the quality of government the more countercyclical i.e. the better is fiscal policy.

So what do we make of this? A lot. We are used to think that better government improves the quality of public services and therefore quality of institutions should be pursued. Well, now we know that there is another reason for fighting corruption, red tape, and more generally ensuring that reforms for better government are implemented. This reason is a timely and effective countercyclical fiscal policy, which, among other things ensures that in a recession fewer people are left behind, permanently unemployed. No small matter indeed!

Will Europe engage more forcefully in this fight for better government to achieve better countercyclical fiscal policy? Good question. There are reasons to worry about this.

Indeed, the authors worry about a possible reverse causality, that may run from cyclicality of fiscal policies to institutional quality and not the other way around. “For example, procyclical fiscal policies could increase the chances of governments running into debt sustainability problems during busts (rings a bell?). These critical financing needs could then lead to expropriation, repudiation of contracts, and/or intervention in independent branches of governments such as the judiciary system or the central bank (rings a bell?). Moreover, the turmoil typically associated with debt crises can exacerbate corruption in the political system thus weakening the foundations of an efficient and professional public administration.”

This crisis might thus have made our European institutions worse by adopting the wrong fiscal policies. But there is no reason not to fight even more forcefully to improve them.

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Monti: ma quale Irpef, faccia ripartire la Consip!!!

Folle la proposta di aumentare le aliquote Irpef. Folle.

Anche perché lo stesso gettito lo otterremmo molto più semplicemente e senza distruggere crescita.

10 anni fa circa, abbiamo creato dentro la Consip SpA, azienda al 100% detenuta dal Ministero dell’Economia e Finanze,  la stazione centrale per l’acquisto di beni e servizi da cui poi potevano (dovevano?) rifornirsi le amministrazioni pubbliche centrali e locali. Per un periodo, 2002-2005, l’abbiamo addirittura messa al centro del programma di riduzione della spesa pubblica per acquisti di beni e servizi: nessuna amministrazione statale poteva acquistare fuori dalle convenzioni Consip, nessuna amministrazione locale poteva acquistare a prezzi più alti di quelli negoziati da Consip. La speranza era quella di ottenere sconti significativi grazie alle gare di appalto di grande dimensione ed al potere negoziale e alle economie di scala che con tale dimensione nascevano.

Sono stato Presidente Consip in quel periodo e quindi direte che ho un conflitto d’interessi nel parlarne. Vero. Ma vi dico: tanti errori furono fatti all’epoca (specie ai danni delle piccole imprese), ma una cosa è certa, i risparmi di costo ci furono eccome. L’importante lavoro di Bandiera, Prat e Valletti pubblicato sulla prestigiosissima American Economic Review dimostrò che fu così, i risparmi vennero scientificamente quantificati attorno circa al 28% di prezzo. Perché la spesa pubblica (prezzo per quantità) in quegli anni allora non scese? Semplice. Perché il Tesoro di allora non tagliò i capitoli di bilancio per l’acquisto di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni del … 28% (cosa che non avrebbe ridotto la spesa reale ma solo gli euro spesi: si sarebbe sempre comprato 1 PC ma spendendo il 28% in meno) come invece doveva fare: le amministrazioni pubbliche si trovarono con tanti soldi in più da spendere (avevano comprato 1 PC al 28% in meno e quindi restavano fondi da spendere sul capitolo di bilancio non tagliato) e li spesero.

Poi  il progetto fu bloccato e oggi la Consip è stata ridimensionata. Anzi, Ministro Monti, lo sa che i suoi Dipartimenti stanno negoziando per ridurre ulteriormente il budget 2012 di questa società per azioni così essenziale per il sistema Paese?  Se lei decidesse di razionalizzare veramente la spesa pubblica, aumenterebbe il budget ed il ruolo della Consip per riaprire una stagione non di tagli di spesa, ma di tagli di sprechi. Ma lei sta pensando ad alzare le tasse ed io non la seguo proprio più….

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Euro 2012: Soccer is Better than Real Life

So here we go, Euro 2012 has selected which countries will play one against the other. We are talking about the coming European Soccer Cup, to be held next Summer in Poland and Ukraine.

At least that Euro will be alive for then. As for the other euro, well, as we know bets are open.

But the soccer drawing for the group with Italy seems to be a divinely inspired joke. Look at it: Italy, Spain, Ireland and Croatia. Only the latter has yet to join a monetary union of some kind. But all of the four countries I have forecasted in a previous post to be among the leaders of my depreciated “yellow euro” area, competing with the strong “blue euro” of France, Germany and its satellites.

Let us hope that at least one these fab-four will win Euro 2012, it will be a sweet revenge to defeat France and Germany.

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Altro che qualità, qui ci vuole tanta quantità

Finalmente qualcun altro si accorge che esiste qualcosa chiamato pericolo recessione legato alla manovra fiscale di bilancio in pareggio. Lo segnalano Alesina e Giavazzi che sulla base di ciò ritengono di:

a) Insistere sull’allungamento della vita pensionistica (per i suoi effetti positivi sul lavoro, se capiamo bene) invece che cancellare l’adeguamento per l’inflazione di chi già è in pensione, una misura che invece ridurrebbe i consumi. Bene, dunque manovre che tagliano i consumi fanno male, concordiamo. Ma perché mai allungare la vita pensionistica dovrebbe aumentare il lavoro? E i giovani che non lo avranno a causa dei ritardati pensionamenti? A questo punto meglio sarebbe non effettuare nessuna delle due manovre, no?

b) Una tassazione preferenziale per le donne (annunciata dal presidente del Consiglio nel suo discorso alle Camere) che incentiverebbe sia le donne a partecipare al mercato del lavoro, sia le imprese ad assumerle, sia le coppie a riequilibrare i compiti all’interno della famiglia, liberando risorse femminili oggi sprecate. E’ vero che l’elasticità dell’occupazione femminile a variazioni del salario netto appare  in Italia non solo superiore a quella degli uomini ma anche a quella di altri Paesi. Tuttavia, altra faccia della medaglia, anche molto forte è la sensibilità della fertilità femminile a tali cambiamenti nel salario. E sicuramente il nostro paese ha bisogno di natalità, e certamente non possiamo chiamare sprecate quelle donne che ad essa contribuiscono. Una più forte legislazione sul part-time femminile non sarebbe meglio?

c) Meglio tassare di più gli immobili (in modo progressivo) e meno il lavoro. Concordo. Ma non avevamo detto che le tasse sui consumi fanno comunque male? Certamente una tassa sugli immobili anche fa male ai consumi. Allora perché “tassare” e basta?

d)  Va nella medesima direzione la modifica dei contratti di lavoro e l’introduzione di un contratto unico che riduca la precarietà dei giovani. L’incertezza in cui essi oggi vivono non consente di «prendere in mano la vita», formare una famiglia, accendere un mutuo: anche questo limita i consumi per non parlare della qualità della loro vita. Abbiamo scritto pochi giorni fa che la precarietà fa male ai consumi: ma allora perché introdurre una riforma proprio ora?

e)  Ma l’aspetto più importante perché la manovra non ci faccia cadere nella spirale della deflazione è trasmettere il senso che si è voltata pagina. Per questo gli interventi sui costi della politica e sulla trasparenza delle nomine pubbliche (Finmeccanica) è tanto importante. I cittadini devono esser convinti che si è voltata pagina anche per i politici e per chi gode di privilegi ingiusti. E va bene, diciamo pure che abbattere i costi della politica abbia un senso di segnale, di volontà. Ma le recenti nomine sotto il nuovo Governo (Antitrust, Finmeccanica, Ministero Sviluppo sono i primi che vengono in mente, ma anche Ministero Funzione Pubblica)  malgrado non abbiano nulla di scandaloso non rivelano un approccio “così nuovo” da modificare le nostre aspettative. Io personalmente non spenderò in consumi di più dopo avere visto le nomine che ha fatto questo Governo (è una battuta, dovreste sorridere).

Come al solito in molte delle analisi che leggiamo sui giornali manca il senso della gravità del momento e di cosa significhi realmente una recessione. E’ una cosa terribile una recessione, che va combattuta con tutti i cannoni, tutta l’artiglieria a nostra disposizione. Leggere le proposte dei miei due cari colleghi mi ricorda tanto l’immagine di un soldato con una fionda che affronta un carro armato di ultima generazione. Certo Davide ha sconfitto Golia, ma mi pare più un’eccezione che la regola. Sono palliativi, è un belletto, al più onestamente decoroso, per far vedere che si è fatto qualche cosina pure per la crescita.

Il titolo del loro articolo è “ciò che conta è la qualità”. Sempre se possiamo chiamare qualità quanto letto sopra, sono in totale disaccordo: abbiamo bisogno di grande quantità di ottima qualità. E quantità per spendere, non per tassare (ma, tranquilli euroburocrati, con bilancio in pareggio,  usando il moltiplicatore di Keynes, ricordate Keynes, quello studiato sui banchi dell’università?). In soldoni:

a) Si usi la patrimoniale Alesina-Giavazzi per finanziare spesa pubblica aggiuntiva: rifare scuole, ospedali, prigioni, musei, contenimento degli argini dei fiumi, campi sportivi, infrastrutture. Il rapporto debito pubblico e deficit su PIL diminuiranno a fronte della crescita di PIL.

b) Si renda obbligatoria come in qualsiasi paese al mondo la centralizzazione dell’informazione dei contratti di appalto della P.A. su una unica piattaforma on-line (lo fanno Messico e Portogallo, ce la possiamo fare!). Il contratto di chi non inserisce tutti i dati su prezzi, tipo di beni acquistati, e altre informazioni rilevanti non può ritenersi valido legalmente. Nel 2012 svolgere confronto tra tali acquisti di tutte le P.A. grazie ai dati immagazzinati. Procedere nel 2013 al taglio dei bilanci di tutte quelle amministrazioni  che hanno commesso sprechi, così documentati grazie ai dati raccolti. Bandiera, Prat e Valletti sulla prestigiosa American Economic Review quantificano questi sprechi italici nello 1,6% del PIL. Con questi tagli di spesa finanziare per il 2012 ulteriori aumenti di spesa pubblica.

c)  Immediatamente usare la discesa del debito PIL generata dal punto a) per finanziare con emissione di debito pubblico il pagamento dei debiti commerciali alle imprese superiori a 30 giorni.

Ecco come si fa.  

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E’ tutta colpa nostra, non dei tedeschi. Lettera di un imprenditore italiano

Quando abbiamo firmato per una unione monetaria abbiamo fissato il cambio lira-marco ma non la nostra competitività rispetto ai tedeschi, cioè la nostra capacità di competere con le loro aziende sul prezzo per il mercato internazionale.  Da cosa dipende se un consumatore acquisterà le nostre o le loro lavatrici? Dal prezzo (pensiamo per ora ad una qualità simile).  Il prezzo deve coprire i costi dell’imprenditore.  I costi di produrre una lavatrice dipendono in buona parte dal fattore lavoro, da quanto costa per ora lavorata e da quante ore ci mette a lavorare sulla lavatrice, ovvero dalla sua produttività. Ebbene, da 10 anni l’Italia ha lasciato la Germania superarla in guadagni di produttività e in moderazione salariale come un maratoneta dilettante dalle scintillanti scarpe da 300 euro si fa superare da un olimpionico africano dai piedi nudi. Gongolando e rimirando la nostra vana bellezza, come la cicala, siamo morti durante l’inverno o quasi, e chiediamo aiuto alla triste formica che così tanto ha lavorato.

E forse non ha tutti i torti a non rispondere. Ecco la mail che ho ricevuto ieri da un imprenditore italiano che lavora in Germania, desolato per le sorti del suo Paese: “l’approccio Merkel  che potrebbe essere sbagliato  a una cosa serve : ci costringere a riflettere a tanti errori che abbiamo fatto e che continuiamo a fare ed ai quali va posto rimedio. La corruzione, i sindacati irresponsabili, la demagogia da terzo mondo, la inesistenza del merito, un welfare sprecone dato a persone che dovrebbero lavorare e che invece da anni sono pagati per non lavorare; insomma una irresponsabilità generalizzata che esprime una classe politica che butta i soldi a vanvera per essere lasciata in pace si  da consentirle di rubare a quattro ganasce. In più mettiamoci il nero, la mafia e cosi via, a che serve un  euro 2 per svalutare e rilanciare la crescita ? tutto si può fare ma se non si rimuovono questi cancri di base non se ne esce anche perche non vuole lavorare più nessuno. Siamo diventati un mondo di pizzaroli e commercianti nessuno si vuole sporcare le mani; gli imprenditori rischiano i soldi delle banche, i manager imbrogliano. Forse sono troppo pessimista. Forse se riducessimo del 30% le problematiche che ci affliggono  i pochi che lavorano seriamente manderebbero avanti il paese. Chi parla più di ridurre le spese ? parlano di tasse. Per  ora il buon Monti continua a pensare a nuove  imposte che gravano su quelli che già le pagano. Ma perche non si taglia la cassa integrazione oltre i 2 anni?  Perché per esempio non si fa funzionare la Consip?  Ne parla nessuno ? Forse ci vogliono veramente la mamme tigri cinesi o le sturm truppen della Merkel col forcone che ci rimettono a lavorare!

Insomma, prima di guardare la pagliuzza tedesca, guardiamo alla trave nel nostro occhio. Concordo. Allora come ne usciamo?  L’ultima possibilità è quella di reflazionare l’Europa, cioè spingerla subito e non tra 10 anni verso la crescita dell’occupazione e produzione. E’ chiaro che l’unica espansione possibile per tirarci fuori dalla crisi la può lanciare la formica tedesca. Sono in tanti a dire che la Germania consuma poco e che il rilancio della domanda interna tedesca ci tirerebbe tutti fuori dai guai, come fa formica quando dà rifugio alla cicala. Non possiamo chiedere ai cittadini tedeschi di ridurre i loro risparmi, ma certo se vuole la Sig. ra Merkel può abbassargli le tasse alle famiglie tedesche, così che consumino di più spontaneamente. E può soprattutto spendere tanto con la spesa pubblica, rilanciando i redditi tedeschi ancora di più e con essi i consumi di tutta l’Europa. Insomma stiamo chiedendo alla Germania di oggi di fare quello che fece per i poveri e improduttivi Ossie, tedeschi orientali, di allora. Io dubito che i tedeschi lo vogliono fare, non siamo loro fratelli, né cugini come olandesi, belgi, austriaci. Né abbiamo il loro rispetto come i francesi. Se, cambiando idea, la Germania decidesse di farlo, salvando l’euro come lo conosciamo adesso, con il contrario di quanto chiede scelleratamente la Commissione Europea e la stessa Germania di oggi (basta leggere il documento pubblicato ieri), e cioè autorizzando l’espansione e non restringendo la domanda in Europa, il nostro debito (di riconoscenza, non quello pubblico!) con la Germania sarebbe immenso e andrebbe ripagato in  moneta sonante con quanto chiede quell’imprenditore italiano (visto che sì, le riforme, ma quelle vere, non l’INVALSI che ci consiglia la Commissione Europea, vanno fatte). Ci vorrebbe probabilmente una nuova classe politica, non supina rispetto a diktat burocratici, ma con un senso della propria dignità e della propria storia e forza culturale che sia capace di avviare un nuovo Rinascimento.

Se la Germania non vorrà fare tutto ciò, come è probabile, andremo incontro ad una svalutazione della lira e del nostro orgoglio. Dovrà partire non un rinascimento, ma una ricostruzione. Sarà un momento di grande sbandamento, di tensioni e rinfacci tra Paesi e, come giustamente ricordava di recente Lucio Caracciolo: “nessuno in Europa uscirà più forte dalla tormenta. L’essenziale è salvare il salvabile delle nostre democrazie, dei nostri valori, della nostra civiltà. Impedire che le devastazioni della finanza fuori controllo, le deficienze strutturali dell’euro e la delegittimazione della politica riproducano i mostri del razzismo autoritario. Contro i quali non esistono vaccini eterni”.

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The German ant and the Italian entrepreneur

When Italy and Germany signed up for a monetary union they locked their exchange rate at a fixed unchangeable level. They did not however sign an agreement to lock also to a set level their relative competitiveness, in the world market, of their exports.  Simply because that one does not only depend on the exchange rate, but on the relative cost performance of firms in producing a given good or service. Lower unitary costs imply the capacity to sell a given good at a lower price than your rival without sacrificing profits, to the contrary. That cost factor depends critically on two items: labor costs per unit of time and productivity per unit of time. Knowing how many hours it  takes to that worker build a washing machine, and the cost of that worker tells you almost all you have to know about the e of that firm. Well, the beauty of data is that they speak clearly to us. Germany, in the past 10 years, has outperformed us immensely  on both fronts: wage moderation and productivity growth. It has therefore been able to expand its exports much more than Italy has, through greater competitiveness of its sales. Let us just for the sake of it compare this story to a famous fable:  Italy is the profligate cricket and Germany the thrifty ant (La Fontaine, I think. We needed to introduce a French element into the story, noblesse oblige). Well, guess what. Winter has come. Indeed, like in the fable, to avoid dying the cricket is asking help to the ant. And the ant is not responding.

And maybe the ant is not totally wrong to remain silent. Here let me transcribe (translated by me) a mail I received yesterday  by an Italian entrepreneur that works in Germany and feels depressed about the state of affairs of his country: “The Merkel approach might be wrong but one thing it achieves. It makes us aware of the many mistakes we have done and we keep on doing and to which we need to remedy. Corruption, irresponsible trade-unions, demagogues, no meritocracy, a wasteful approach to the welfare state helping shirkers to get by, a political elite that throws away public money to be kept in peace while it keeps on stealing. Add to that the underground economy, the mafia, and so much else, what can 2 euro help us with? Devalue and grow again? Sure, but if  you don’t pursue these pathologies you can’t solve the riddle, also because none wants to work anymore. … Firms and managers steel too. Maybe I am a bit too pessimistic . If we were to reduce by 30% all those problems those few that work seriously would push by themselves the country out of this quagmire. Have you heard recently someone speaking about reducing expenditures? Only about raising taxes. Mr. Monti too. Why not cut unemployment benefits after 2 years? Why not make public procurement work better? Is anybody interested in solving these issues? Maybe we really need tiger moms and the Germans that push us back to work!

I do agree, before talking badly about the Germans let us spend some time in focusing on our responsibilities. One question remains: how do we get out of it? Reflate the European economy, push it to produce and employ now, not in 10 years time. The only able that can do that is the German ant. Many do agree that Germans consume little and save a lot  and that revamping domestic demand in Germany would save the profligate cricket. We cannot ask German citizens to consume more and save less, but Mrs. Merkel could lower taxes on German families so that they consume voluntarily more. Most of all, it can increase public  expenditure so as to boost in this phase German incomes and, with it, consumption across Europe.  We are basically asking to the  Germans to do what they 20 years ago for the poor and unproductive East Germans. I personally doubt they want to do it, we are not their brothers, nor cousins like the Dutch and the Belgian, nor respectable counterparts like the French. If, however, Germany were to change its mind and with it save us and the euro as we know it today, with policies that are the contrary of what stubbornly recommended still today by the European Commission and Germany itself – that is if they were to embark on a expansive and not restrictive fiscal policy program -  our debt (not public debt, but moral debt) toward Germany would be of immense proportions and should be repaid with those reforms mentioned above by the Italian entrepreneur (the issue not being let’s not do reforms, but in the meantime let’s push the economy). We would need a different set of politicians capable of not saying yes to anything that is proposed by Brussels but with a sense of direction, of history, of pride for our past, betting and building a new Renaissance.

If, as I expect them to do, Germany will not do this, we will devalue and  the euro will collapse. No Renaissance, but Reconstruction, just like after a war. It will be a difficult moment. For us, but even more for Europe. Suspicion and tensions between countries that have separated will be strong and dangerous. As Caracciolo said (my translation):  “no one in Europe will come out stronger from this storm. What is essential is to save what can be saved of our democracies, of our values, of our civilization. Making sure that those devastations – due to out of control finance, structural deficiencies of the euro and the lack of legitimacy of the political class – will be capable of revamping the monsters of the past, of authoritarian racism. Because against those, there are no eternal vaccines.” I do agree.

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Anatomia di una soluzione alla crisi – Parte 3: che fare con la spesa pubblica?

Quindi Draghi non ci può salvare. Come abbiamo argomentato, non basta o addirittura non serve a nulla nelle attuali condizioni. Cosa ci salverà dunque? Andiamo a vedere se vi sono proposte alternative. Il partito degli “orfani di Draghi” è più ristretto e dunque si fa più in fretta ad esaminare le proposte sul tavolo.

Proposta 1. Guido Rossi: “la soluzione della crisi del capitalismo dipende in gran parte dalla tenuta dell’euro e perciò da una maggiore integrazione europea”. Doppio non sequitur. La crisi del capitalismo non dipende per nulla dall’euro ma da una crisi di imprenditorialità e voglia di competere dell’Occidente. Secondo non sequitur, più ragionevole commetterlo: facciamo l’unione fiscale. Non va. Primo perché ci si mette troppo tempo, secondo perché se si fa l’unione fiscale si centralizza una politica restrittiva tedesca per tutti che distrugge la crescita dei paesi in difficoltà (ma questo ce lo stanno imponendo già, mi direte. E allora? dico io) secondo perché non risolve gli squilibri tra paesi (esterni e pubblici) che richiedono politiche diverse tra Germania e Italia (di questo ne parliamo domani).  Avete mai provato a dare del cianuro ad un uomo sul baratro di un cornicione? Aumentate le scelte nel menu della morte, non lo salvate mica.

Proposta 2. Il mio amico e collega Roberto Tamborini ha un pezzo sul sito di Roubini. Dove, al contrario degli altri analisti finora esaminati, tiene conto della realtà e cerca una soluzione pratica e basata su buoni precetti economici alla questione drammatica dell’euro. Ecco la sua proposta (mia traduzione):  “Monti … faccia immediatamente la correzione fiscale (con le riforme, NdR). … questa scelta poco gradevole è necessaria, ma dovrebbe essere mirata non ad azzerare il deficit ma ad ottenere un taglio immediato nello stock di debito pubblico, cosa di cui abbiamo bisogno per rendere in futuro più sostenibile il futuro sentiero di avanzi primari”. A questo aggiunge soluzioni collettive come l’Eurobond (che abbiamo già avuto modo di dire risulta ancora più irrilevante di un intervento della BCE) e non meglio specificate azioni macroeconomiche coordinate. Insomma, ottima analisi, ma soluzioni poco ambiziose per un evento (la fine dell’euro) che merita una soluzione ben più dirompente ed ambiziosa. Pensiamo veramente che con una patrimoniale che potrà abbassare (al massimo?) di 4, 5 punti percentuali il rapporto debito PIL i mercati ritengano che l’Europa e l’Italia siano fuori da una crisi di questa profondità? Sono contento che Roberto cerchi di muoversi in una direzione di ridurre l’impatto di politiche fiscali restrittive, ma allora porti fino in fondo il suo ragionamento. Ci dice: “se l’Italia attua una restrizione fiscale pari all’1% del PIL, perde un punto di PIL, ma se tutti i paesi insieme attuano la stessa restrizione, l’Italia perderà 2 punti di PIL e così gli altri paesi”. Provate a rigirare questa frase chiave: “se l’Italia attua una espansione fiscale pari all’1% del PIL, guadagna 1 punto di PIL,  e se tutti i paesi attuano la stessa espansione, l’Italia guadagnerà 2 punti di Pil e così gli altri paesi”! (sappiamo che non è esattamente così, ci sono non linearità, ma all’incirca). La verità è nota e i dati di Roberto lo confermano:  solo un’espansione della domanda aggregata può salvarci dalle secche della crisi. Ma allora perché non dirlo? Roberto mi vuoi spiegare cosa ci impedisce di “ragionare” in questo modo? La paura di cosa dirà la Germania di fronte a questa proposta? E che ci importa: noi prima di tutto siamo economisti e possiamo dire quello che ci pare se lo riteniamo giusto e poi la Germania comunque anche alla tua proposta guarda malissimo! Tu mi dirai, ma no, non è questo il problema, è che l’Italia non si può permettere di fare politiche in deficit. E chi ha detto che sarebbero politiche in deficit? Finanziamole con una bella patrimoniale come quella che piace te, questa manovra, ma non per abbassare il debito, che fa solo male alla crescita, ma per stimolare l’economia. Sappiamo bene che una maggiore spesa pubblica finanziata con tasse è meno espansiva di una finanziata in deficit, ma è comunque espansiva (si chiama “moltiplicatore del bilancio in pareggio”, io e te lo insegniamo al primo anno universitario) e poi quello che conta veramente come dici tu è che gli altri paesi, specie la Germania, si diano da fare, perché è da una politica espansiva concertata che possiamo farcela. Questo dobbiamo dire, a voce alta.

Proposta 3. Ho letto un bell’articolo di Galimberti sul Sole, dove l’analisi di partenza è buona ma alla fine si finisce per non trarre le conclusioni ovvie del proprio ragionamento. Anzi in questo caso le si buttano dalla finestra con un semplicismo strabiliante. Egli scrive: “L’Italia non cresce. E’ una vera malattia, perché un paese ha bisogno di crescere, di dare posti di lavoro alle nuove generazioni, di costruire ponti e strade e ospedali, di arginare i fiumi, di investire per rendere le città più vivibili”. Già qui un po’ mi risento. E’ molto bello questo passaggio, ma notate la prima stranezza: è la crescita a generare i ponti e non i ponti la crescita. E’ vero che maggiore ricchezza aumenta le risorse a disposizione per finanziare i ponti, ma scordarsi che la crescita sale con più ponti, città più vivibili, ospedali più funzionali, vuol dire far finta di scordarsi che abbiamo uno strumento potentissimo in mano da utilizzare: la spesa pubblica! Ma andiamo avanti. Galimberti ha una sua opinione del perché non cresciamo (che ovviamente data la premessa non può essere che non facciamo ponti…). Cita il debito (senza ricordare che questo debito ce l’abbiamo da decenni ma la crisi è ora e che il Giappone ha debiti ben più alti dei nostri), ma per fortuna poi si concentra su di una cattiva Pubblica Amministrazione che tartassa il cittadino e non fornisce servizi adeguati. Bene, io sono d’accordo, ci vuole una P.A. che spenda meglio. E allora qual è la soluzione proposta da Galimberti? Sorpresa…. Non una migliore spesa pubblica ma “… la prima cosa da fare … è il bilancio in pareggio, … o più tasse o meno spese”.

Ennesimo non sequitur che ci condannerà, per non avere letto i testi base di economia, all’uscita dall’euro. Di cui torneremo ad occuparci domani.

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No more Q&As. Time for a solution to the euro crisis

So we have established that money can’t save us from this crisis. Not the ECB (Eurobonds, EFSF and the likes even less), that is. It would be wonderful if by simply printing money, sheets of colored paper, we would be able to save ourselves from a moral, ideal, real crisis, wouldn’t it? Sorry ….

So. Are there other alternatives? Some are offering the quick shift to a fiscal union. Crazy idea not only because it would take time but because it would simply replicate the mistake – a deflationary fiscal policy – at a higher , more centralized level, leaving no escape for anyone. In addition it would eliminate the last remaining tool to deal with asymmetric shocks or structures (in external account or public deficit) that we have in Europe.
My friend and colleague Roberto Tamborini wrote an interesting piece on Nouriel Roubini’s site. It has the merit of pointing out to the craziness of Italy adopting an ultra restrictive fiscal stance that kills growth. His proposal for Mr. Monti, our PM, besides reforms: “Monti might therefore opt for …. taking in the immediate stricter fiscal correction measures. I think that this unpalatable ingredient is necessary, and that it should be aimed not to nullify the current deficit but to obtain an immediate cut in the debt stock, which we badly need in order to make the subsequent path of primary surpluses less prohibitive.” I disagree with this proposal. It is little ambitious in its solutions compared to the gravity of the moment. More than that, he seems to argue that a once and for all wealth tax that were to cut the level of debt (but how much at most? 4? 5% of GDP? it’s nothing) would be capable of saving Europe and Italy. He has some Europe-level policy proposal, but it circles around eurobonds, and we have already dismissed those in previous posts. I agree with him that we should avoid reducing the deficit. But much more can and must be done. And to prove it, I take his gloomy scenario – when he says: Consider the case of Italy: if it alone implements a fiscal restriction of 1 point of GDP, it loses 1 point of GDP, but if all countries together implement the same restriction, Italy will lose almost 2 points of GDP (the same more or less happens with all the other countries) – and I turn its logic on its head. Let me thus state: “Consider the case of Italy: if it alone implements a fiscal expansion of 1 point of GDP, it gains 1 point of GDP, but if all countries together implement the same expansion, Italy will gain almost 2 points of GDP (the same more or less happens with all the other countries)”. Now, wouldn’t this be something?
Roberto, the truth is self-evident to all: only expansionary fiscal policy (and I fear it might be too late!) can save Europe from this crisis and from the end of the euro as we know it. So why not say it? Are we scared that Germany will scream at this proposal? Beside the fact that we are economists and we can say whatever we want, I remind you that Germany would anyway scream also (a bit less, I agree) at your moderate proposal! But I think I know your answer: Italy can’t do more public spending, it can’t allow higher public deficits. I did not say to operate this spending in deficit. Use your plan of taxation to finance this expenditure, the Keynesian fiscal multiplier that we teach in Economics 101 would still work (a bit less than with a deficit) to expand aggregate demand and GDP! Furthermore what really would matter in this proposal is that other countries should do it as well, Germany in the first place. As you correctly say, only a coordinated policy can make it, but not any coordination is good for the euro area, only one involving expansion of public spending. So let’s propose it before it is too late!

To my foreign readers I usually spare Italian readings. But I should warn them that in the Italian version of this post I quote an interesting article by a somewhat well known Italian journalist who I usually read with interest. I will translate his arguments so that you can understand where the current environment is leading the debate toward, i.e. the euro’s death, for lack of logic.
He starts by citing the Italian problem: growth. That’s a good start. He then goes on to say: “This lack of growth is a true sickness, because a country needs to grow, to provide employment opportunities to the young people, to build bridges, roads, hospitals, adapt rivers, invest to make cities more livable”. Wouldn’t you agree? I would, if it were not for this small logical mistake that unravels the (wrong) direction of the following argumentation. What bothers me here is that he says that it is growth that creates bridges. True enough, growth creates resources with which states can then build bridges but, wait a second, the reverse also is often true, i.e. that it is by building bridges, livable cities, hospitals that growth can occur and be sustained. Don’t you agree? So by this small distraction we have confined to an eternal ban in hell one powerful tool of intervention in the economy to generate growth: public spending.
He then goes on to say that growth is lacking because of the high level of public debt (strangely he does not say we had this same level 30 and 10 years ago without this mess occurring and that Japan has a much higher debt than us without having our problems). But, mostly, and I couldn’t agree more with him on this one, he argues that bad quality of public spending is what really has hampered Italian growth in this past decade and is at the root of the crisis. I like that opinion and I share it. I would take it as an indication that we need a better State to get out of this mess. No, his final solution is one and the one only, the one favored by the European Commission and Mrs. Merkel apparently: more taxes, less spending, i.e. let the state continue to neglect citizens.

A fabulous non sequitur, a lack of logic in arguing that can only be explained by this desire to follow the dominant line of thinking. Yes, that one line that is driving the euro to its last stop.

Post Format

Italia-Italy: Kill “Debt/PIL”?

Mi ricorda tanto la Signora Italia, si vendicherà di chi vuole ucciderla?

It does remind me of Lady Italy. Will she finally get a revenge against he who wants to kill her?

PS: For my English-speaking fans: the PIL (which rhymes with Bill) is the Italian translation for GDP.