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Di Consip, degli sprechi e dell’Italia a cui teniamo

Buona domenica a tutti.

Credo di essere riuscito ad esplorare un minimo la questione Consip, società detenuta al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ed incaricata di sostenere il Commissario Bondi nell’individuazione degli sprechi (sono stato Presidente Consip tra il 2002-2005 e non mi fa velo l’ammirazione per la struttura Consip ed il suo potenziale immenso all’interno della spending review al fine del successo della stessa).

Parlando con un dirigente presso la Presidenza sono riuscito ad appurare le seguenti cose:

a)    A Consip è stato chiesto per il 2013 di ampliare l’area della sua attività (gare che fanno riferimento per le altre pubbliche amministrazioni ma anche collaborazioni dirette con le altre amministrazioni e supporto alle verifiche dell’esito delle gare fatte non con Consip) in maniera decisamente significativa. E questo è bene.

b)    Eppure si vuole botte piena e moglie ubriaca. A quanto pare (anzi ne sono certo a questo punto), paradosso dei paradossi, i fondi per operare Consip li trae proprio dal capitolo di bilancio su cui vengono operati i tagli (quello dei consumi intermedi). E dunque per il 2013, l’anno in cui Consip deve dare il massimo per aiutare a raggiungere il traguardo del taglio agli sprechi … gli vengono per il secondo anno di seguito levati fondi per operare (per il 2012 Consip ha risolto facendo economie…). Folle.

c)     Un suggerimento: che a Consip, come viene fatto con altre “Consip” in altri Paesi del mondo, sia data la possibilità di aumentare i suoi finanziamenti con una piccola commissione da caricare sul fornitore: non è detto che quest’ultimo riesca a scaricare tutta la commissione sul prezzo finale ed è comunque un sistema flessibile che premia Consip se fa bene le sue gare (tanto più le sue convenzioni soddisfano i bisogni delle pubbliche amministrazioni tanto più queste verranno usate, tanto maggiori i ricavi da commissione da utilizzare per lavorare meglio per il Paese).

Rimane il (mis)fatto che segnalavo ieri: ma se veramente ci teniamo così tanto alla spending review, come è giusto che sia, perché tutta questa lentezza nel far girare a 1000 il motore della spending review? Io credo che i giornali che contano dovrebbero, invece della litania quotidiana sullo spread e sulle promesse agostane dei Ministri, aprire la loro prima pagina quotidianamente su questo problema fino a quando non sia stato risolto. Sempre che la stampa che conta ci tenga all’Italia più di quanto non tenga ai destini del singolo Governo di turno.

12 comments

  1. Caro Prof. Piga (spero mi conceda un tale esordio),
    buona domenica anche a lei.
    In commenti precedenti ho usufruito in qualche caso dei dati da lei forniti (ad es. sulla corruzione/incompetenza : la ringrazio ancora per questo). Ho dissentito con il fondamentale che lei assume (così almeno credo di aver capito) come dato di fatto irrinunciabile : l’appartenenza all’euro.
    Leggendola (anche se in modo discontinuo) mi sono fatto, però, la convinzione che lei abbia effettivamente a cuore il bene dello Stato.

    Una delle mie letture più assidue è il libro della Scuola di Barbiana : “Lettera a una professoressa”. E’tale la mia frequentazione del testo, che ogni rilettura mi fa più convinto della uniformità di struttura insita nelle varie attività umane.
    Mi rafforza in questa convinzione un passo del Tao-te ching (III sec. a.c.) : «La Via del cielo toglie il sovrappiù e aggiunge ciò che manca. La Via degli uomini non è così : essi tolgono dove c’è mancanza e portano dove c’è sovrappiù» (potrà convenire con me almeno sul fatto che la prima modalità esposta è sempre meno frequente?).
    Se si muta in “organizzazione dell’euro” la “organizzazione della scuola” al tempo di Lorenza Milani, “Lettera a una professoressa” descrive benissimo quello che succede nel nostro presente socio-politico-economico.
    Le regalo l’incipit del paragrafo intitolato “Il padrone” (certo che Lorenzo Milani sarà contento e speranzoso che gli ex ragazzi di Barbiana non mi faranno causa per i diritti) :

    «Spesso ci è venuto fatto di parlare del padrone che vi manovra. Di qualcuno che ha tagliato la scuola su misura vostra.
    Esiste? Sarà un gruppetto di uomini intorno a un tavolo con in mano le fila di tutto : banche, industrie, partiti, stampa, mode?
    Noi non lo sappiamo. Sentiamo che a dirlo il nostro scritto prende un che di romanzesco. A non lo dire bisogna far gli ingenui. E’ come sostenere che tante rotelle si son messe insieme per caso. N’è venuto fuori un carro armato che fa la guerra da sè senza manovratore … »

    ps dò per certo che lei conosca il testo. Col suo permesso vorrei segnalarlo anche ai suoi lettori : Scuola di Barbiana – Lettera a una professoressa – Libreria editrice fiorentina.

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    • @ Neri
      Conosco don Milani solo indirettamente, non ho mai letto suoi testi. Avevo il sospetto che ciò fosse una lacuna non da poco (una delle mie tante, del resto), e l’incipit che hai citato sembra confermarmelo. Grazie per la segnalazione, provvedo a colmarla.

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    • Grazie. Grazie. Sì. Eppure noi, noi che facciamo gli ingenui, non cessiamo mai di credere che la scuola conta, che è importante, che si può pensare di togliervi il sovrappiù e aggiungervi ciò che vi manca. E che combatteremo per farlo con le armi della ragione e dell’unione dei tanti.

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      • Guardi che Milani in quella lettera prosegue così, eh?

        “Questo non è romantico disinteresse, è un sistema raffinato per escludere la razza inferiore senza dirglielo in faccia.

        La lotta di classe quando la fanno i signori è signorile. Non scandalizza nè i preti nè i professori che leggono l’Espresso.”

        Cioè Milani non fa mica l’ ingenuo, eh? Lui dice che non può fare i nomi perché più che di un grande vecchio si tratta di un sistema, ma dice anche che chi fa l’ ingenuo è uno che ci sguazza (l’accenno ai preti e ai “professori” benpensanti finti progressisti secondo Milani [ossia leggono l' Espresso e a proposito citiamo Pasolini: "...aveva una scorza borghese dura come il quarzo, come un giornalista dell' Espresso"]).

        Che ne pensa del “sistema raffinato per escludere la razza inferiore”?

        Perché il problema è che la gente ha vergogna di ammettere la propria inferiorità sociale e chiude gli occhi; se non glieli apre qualcuno di un livello più alto rimarranno come sono.
        Solo chiacchiere? Le riporto l’ abstract di questo studio di un professore di sociologia americano sul pride and shame della social interaction fra ruling e working:

        “My analysis suggests that working class men participate in the reproduction of class because they are ashamed, but fail to acknowledge their shame.”

        Ma lei non si scandalizza mai? Non si arrabbia mai? Non denuncia mai-mai?

        P.S.: Il professore americano è questo:

        http://en.wikipedia.org/wiki/Thomas_J._Scheff

        Potete leggere qualcosa qui con alle prime righe due interessanti riferimenti bibliografici (Willis, Sennett&Cobb, molto più pessimisti di Scheff) sul problema:

        http://www.soc.ucsb.edu/faculty/scheff/main.php?id=22.html

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        • E dice anche questo nella lettera, Don Milani:

          “A questo punto ognuno se la prende con la fatalità. È tanto riposante leggere la storia in chiave di fatalità.

          Leggerla in chiave politica è più inquietante: le mode diventano parte d’un piano ben calcolato perchè Gianni resti tagliato fuori. L’insegnante apolitico diventa uno dei 411.000 utili idioti che il padrone ha armato di registro e pagella. Truppe di riserva incaricate di fermare 1.031.000 Gianni l’anno, nel caso che il gioco delle mode non bastasse a distrarli.

          Un milione e 31.000 respinti l’anno. È un vocabolo tecnico di quella che voi chiamate scuola. Ma è anche un vocabolo di scienza militare. Respingerli prima che afferrino le leve. Non per nulla gli esami sono di origine prussiana.

          Il curioso è che lo stipendio per buttarci fuori ve lo paghiamo noi, gli esclusi.

          Povero è chi consuma tutte le sue entrate. Ricco chi ne consuma solo una parte. In Italia, per un caso inspiegabile, i consumi sono tassati fino all’ultima lira. Le entrate solo per burla.

          Mi hanno raccontato che i trattati di scienza delle finanze chiamano questo sistema «indolore». Indolore vuol dire che i ricchi riescono a far pagare le tasse soltanto ai poveri senza che se ne avvedano.

          All’università certe cose si dicono. C’è solo signorini. Invece nelle scuole inferiori è proibito parlarne. Non sta bene far politica a scuola. Il padrone non vuole. ”

          Leggetevela sta lettera e capirete che “fare l’ ingenuo” comporta una colpa morale (ammesso che uno se ne preoccupi, ovviamente):

          http://www.tecalibri.info/M/MILANI-L_barbiana.htm

          La cosa ALLUCINANTE è che non c’è più nessuno che parli di queste cose; non c’è un blog che parli delle diseguaglianze sociali in termini seri ossia di denuncia e propositivi. Continuate a scherzare con l’ euro e l’ espansione fiscale ma ricordatevi che l’ origine delle crisi economiche è precisamente la disuguaglianza sociale e non il contrario. Magari rileggersi Galbraith sul 1929, che dice proprio così?
          O questo, per esempio (14 pagine)

          http://www.uniud.it/didattica/facolta/economia/hidden-homepage/download/etica_economia/a-a-09-10/pressacco_seravalli2.pdf

          Reply
  2. Caro Professore,
    É verissimo, spesso la Pubblica Amministrazione riesce ad autoledere le proprie migliori capacita’!
    Sappiamo che quella della Nato e le centrali acquisto pubbliche europee sono finanziate dalle fee a carico dei fornitori, ma in Italia la logica del poco, ma controllato prevale… Ma a quale Divisione del MEF fa capo la Consip, la Ragioneria Generale dello Stato?

    Ma credo che qui ci troviamo di fronte ad un ulteriore annoso e storico problema: nelle scelte di allocazione delle risorse pubbliche, come prevenire la logica contabile di brevissimo periodo che vede solo la spesa immediata e non il ritorno dell’investimento? Ovviamente le pessime esperienze del passato ci hanno portato probabilmente a questo: progetti con risultati mirabolanti che si traducono in spesa senza il risultato!

    Allora, dovremmo attivare un sistema di incentivi e sanzioni ai funzionari che fanno bene o male un progetto che innovando faccia risparmiare. Come fare?
    Anche per ampliare le gare Consip, finanziate in un modo (bilancio) o in un altro (transaction fee), come valutarne il risultato? E dunque applicare incentivi o sanzioni al management ed alla Divisione del MEF a cui risponde?

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    • No, Piero alla Direzione del tesoro per quanto attiene alle questioni societarie ed alla direzione del personale per quanto attiene al programma di razionalizzazione.
      Sull’accountability delle istituzioni, dovremmo seguire l’esempio anglosassone, cominciando a descrivere i loro risultati, dibattendoli in mnaniera rigorosa e modificandoli. Tanto si può fare, anche assieme alla società civile. Ma lo dico convinto.

      Reply
  3. Giorgio Bolesan

    26/08/2012 @ 16:18

    Carissimo Prof. Piga,
    innanzitutto concordo i punti interrogativi del Sig. Lisi.

    Proprio nel 2005, lei Presidente Consip, la stampa nazionale e locale riportò
    l’informazione che la Società Consip ottenne il risultato di risparmio, sui Buoni Pasto (destinati ai dipendenti delle PA, di ben € 40 milioni.

    Ho scritto, anni orsono all’Authority (Catricalà ere Presidente): risposta omertosa. Ho scritto al Premier Monti, otto mesi orsono, ed al Presidente attuale di Consip, proponendo un risparmio di € 200 milioni/anno.
    Hanno troppo da fare, NON rispondono!

    Professore, volando con la fantasia, si perchè l’Italia oggi è ancora tutta in vacanza (l’unico Paese al Mondo dove si ragiona che le Imprese – capitali investiti – vanno in vacanza, mentre altrove in vacanza vanno le persone e le imprese continuano ad essere operative -pil giù o pil sù?-) io credo che progettini come il mio, inascoltati, ce ne siano a centinaia, almeno. Ma a nessuno conviene prenderli in considerazione.

    Mi viene il sospetto che i “tecnici” non siano proprio asettici dalla politica. Quella che lei molto garbatamente, troppo, combatte.

    Passo notti insonni pensando ad una “DEMOCRAZIA VIOLENTA”:
    “parlamentare entra a votare (democrazia), il giusto pensato dall’elettorato(*), se non passa……….”
    (*) massimo pensione da € 3.000/mese;
    massimo retribuzioni top management € 200.000/anno;
    patrimoniale: oltre € 1 milione il 50%, o lo investi in attività (+occupazione+consumi+pil) o lo paghi come imposta.

    Anche se mi ritengo imbarazzante ed ho tutti i requisiti per aggiungermi agli oltre 40 piccoli imprenditori che hanno deciso di scendere dal tram mi auspico un suo gradito commento.

    Cordialità.

    Reply
  4. ANTONELLA CARUSI

    27/08/2012 @ 16:36

    SALVE, PROF. PIGA, HO APPENA RIAPERTO L’ AGENZIA, LE ALLEGO UNA PAGINA TRATTA DA INTERMEDIA CHANNEL ,UN FORUM CHE PARLA DEL SETTORE ASSICURATIVO, MI RICORDA UN SUO ARTICOLO CHE PARLAVA DI” FDR EUROPEO” E LE BANCHE…. OLTRE AD ESSERCI UN PALESE CONFLITTO D’INTERESSE ( sia sul Testo unico della Finanza che su quello bancario….ci sono diversi articoli sul conflitto d’interesse e per passare gli esami per prom. finanziario, li devi sapere tutti a memoria, compresi i vari requisiti per accedere ai vari c.d.a. della Borsa spa, SIM, SGR, ect…onorabilita …trasparenza…), SI CONTINUA A DARE SEMPRE PIU’ POTERE ALLE BANCHE…SONO SCONFORTATA….

    SNA: «RIVEDERE LA NORMA CHE AFFIDA LA PRESIDENZA DELL’IVASS AL DIRETTORE DI BANKITALIA»
    27 agosto 2012 – 15:50 ( EX ISVAP organo di controllo delle compagnie assicuratrici )

    Per il Sindacato nazionale agenti la revisione si rende necessaria «per garantire che l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni sia preservato da qualsiasi infiltrazione» di banche e assicurazioni.

    Claudio Demozzi (nella foto), presidente del Sindacato nazionale agenti, ha scritto alle massime autorità istituzionali per richiedere la revisione dell’articolo 13, comma 11, della legge sulla spending review. «Vogliamo pensare a una clamorosa svista», ha commentato Demozzi, riferendosi alla costituzione del nuovo organismo di vigilanza del settore assicurativo Ivass, che dovrebbe operare attraverso le strutture della Banca d’Italia. L’articolo contestato, si legge in una nota dello Sna, è quello che affida la presidenza dell’istituto al direttore generale di via Nazionale. Non solo. Il direttorio della Banca d’Italia, allargato ai tre membri del consiglio, avrà il compito di definire l’attività di indirizzo e la direzione strategica dell’Ivass. Il punto critico oggetto della denuncia di Demozzi è «nell’attuale statuto della Banca d’Italia, partecipata per la quasi totalità dalle banche private e dalle assicurazioni, che elegge il consiglio superiore della Banca d’Italia, organo che provvede alla nomina del direttore generale». «Riteniamo», ha scritto Demozzi, «che l’affidamento della presidenza dell’Ivass al direttore generale della Banca d’Italia potrebbe rappresentare un’anomalia nel sistema di trasparenza e controllo dell’Ivass, essendo il medesimo presidente espressione della volontà del consiglio superiore della Banca d’Italia, composta dai rappresentanti di banche e assicurazioni».

    Questa modifica alla legge, recita il comunicato dello Sna, si rende necessaria «per garantire che l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni sia preservato da qualsiasi “infiltrazione”, posto il massimo interesse di tutela pubblica e la necessaria autonomia per garantire la stabilità del mercato assicurativo, nell’interesse degli assicurati e della collettività».

    Redazione – Intermedia Channel

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