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Agenda Monti: quando lo spread impara dai suoi errori

Roger Abravanel ieri sul Corriere sosteneva come l’Agenda Monti non fallisca tanto sul programma – “tanto si assomigliano tutti, perché la strada è obbligata”- quanto sul non spiegare perché si è fallito in passato e sul non aver voluto rottamare la vecchia politica.

Mentre ho già avuto modo di argomentare recentemente come più della vecchia politica sia la vecchiaia dei politici a preoccuparmi, mi sia consentito dire che non si può, proprio non si può, spiegare il fallimento passato del Governo Monti senza capire il fallimento del suo programma.

Non è vero che i programmi si assomiglino tutti. L’Agenda Monti attuale prevede ad esempio la continuazione esplicita del Fiscal Compact tramite austerità, una interpretazione particolare dello stesso Pact, che richiede invece non la focalizzazione sulla riduzione del debito ma sulla riduzione del rapporto debito-PIL. Con tutto quel che ne consegue.

E’ obbligata questa strada preferita dall’Agenda Monti? Nessuna è strada è mai obbligata, specie se porta a cadere in un burrone. E che questo sia così è cosa ormai nota.

Così nota che lo dice anche la BCE, proprio di recente, con i suoi ricercatori (assieme ad uno della Cambridge University). Che studiano nel loro lavoro la bellezza di 41 anni di politiche economiche(1970-2011) per 14 paesi europei. 41 anni per capire cosa fanno i Governi europei quando salgono gli spread e cosa succede dopo che hanno fatto quel qualcosa che si sentivano di fare dopo che sono aumentati gli spread.

Incredibilmente interessante come domanda, non trovate? Che di fatto implica chiedersi che effetto ha la disciplina dei mercati sui Governi: benefico o malefico?

Sorpresa … i nostri ricercatori ci dicono che …

Un aumento del costo del debito dell’1% porta ad un aumento dell’avanzo primario (entrate meno uscite al netto degli interessi) dell’1,9% dopo 10 anni”.

Funziona! Eureka, funziona! La strada è obbligata! I mercati hanno ragione a forzare i governi all’austerità! Ed evviva l’austerità che mette a posto i conti pubblici!

Purtroppo no. Non è così semplice. Continuano i nostri:

Malgrado ciò, il rapporto debito su PIL dopo 10 anni è più alto dell’1% a seguire al rialzo del costo del debito”.

Ovviamente per i ricercatori falchi della BCE l’interpretazione è che … l’aggiustamento fiscale austero non è stato … sufficiente. E’ partito tardi. E’ stato troppo basato sugli aumenti di entrate e non sui tagli di spesa (come fino a poco tempo fa ripetevano anche Alesina e Giavazzi).

La verità è che i ricercatori della BCE non riescono a dire semplicemente che l’austerità fa male ai conti pubblici perché genera recessione.

In realtà nemmeno questo è vero. E’ pensabile teoricamente che l’austerità faccia bene: in tempi buoni, quando i Governi sono chiamati a ritirarsi dall’economia lasciando operare maggiormente il settore privato e a mettere fieno in cascina, come una formichina che mette da parte per i tempi bui e invernali, tempi in cui la manina timida del settore privato, come oggi, necessiterebbe di più mano pubblica a sostegno, con i fondi messi da parte nelle estati.

Ma così non è mai stato in Europa. Ai tempi delle vacche grasse non si è fatta austerità e la si fa piuttosto nel momento peggiore, ora, in piena recessione. E’ questa la stupida storia degli ultimi 20 anni di politiche economiche europee (non a caso i nostri ricercatori BCE trovano che questi effetti degli aumenti dei tassi e degli spread diventano più evidenti nel periodo più recente della storia europea).

Appare ancora più interessante chiedersi cosa imparano i mercati da questi risultati. Ovvero dai loro stessi errori, per i quali, obbligando i governi alla disciplina fiscale, hanno ottenuto in cambio risultati perversi. Chiedevano infatti, con l’aumento degli spread, ai governi minore debito su PIL, di cui hanno invece forzato l’aumento tramite la stupida austerità.

Ma se hanno imparato dai loro errori … arriva un paradosso: se ci fu un tempo in cui maggiori spread causavano surplus primari nel tentativo di disciplinare i governi, oggi che i mercati hanno imparato la lezione, sono i surplus primari dei Governi, scelte suicide, a generare alti spread. I mercati cioè vogliono crescita, non austerità, perché sanno che solo questa genera conti in ordine. E se non vedono crescita ma austerità tramite alti surplus, gli spread rimangono alti.

Allora ad Abravanel dico: eccome se contano i programmi. E no, non si assomigliano tutti. Chi vi chiede austerità in una recessione dovrà continuare a non spiegarvi perché continua a fallire. Chi vi chiede di mollare con l’austerità (come chiede l’Ocse via Europa) ha una qualche possibilità di portarvi, come si dice, a vedere la luce fuori dal tunnel.

6 comments

  1. Matteo Gatti

    30/12/2012 @ 07:37

    La storia di questi anni forse un giorno sara’ riscritta per quello che e’ e gli errori che i governi stanno tragicamente realizzando in Europa verranno chiaramente alla luce.
    Fino a quel giorno, occorrera’ continuare a farsi sentire per spiegare l’ incredibile follia dell’austrerity concertata di un continente e i danni materiali e morali che essa sta causando e causera’ per le generazioni a venire sui propri cittadini.
    Fino a quel giorno, Professor Piga, continui con le sue denunce, argomentate e precise. Non lasciamo che il potere dei burocrati collusi col potere offuschi la scienza e la ragione.

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  2. Lorenzo Donati

    30/12/2012 @ 11:26

    Chiarissimo, come sempre, Professore…anche io ieri leggendo la frase “i programmi si assomigliano tutti…la strada è obbligata” mi son detto, fra me e me, ma guarda a dove è arrivato il “pensiero unico” dominante…Le chiedo: perché nei media non viene dato risalto ad argomentazioni come le sue e si preferisce “appiattire” il contrasto all’ agenda Monti sulle posizioni “folkloristiche” e non credibili di Berlusconi & Co. ?

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    • E’ un po’ colpa nostra Lorenzo, credo. Di non crederci a sufficienza, esponendoci in prima persona. Cosa non facile perché abbiamo tutti bisogno di campare lavorando e distraendoci. Ma I Viaggiatori li abbiamo creati per questo, per creare. Poi gli altri seguiranno, media compresi. Ma i primi a muoversi dobbiamo essere noi.

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  3. Insomma però Monti queste cose le sa bene, le ha studiate. Io non credo in un errore di valutazione. Credo invece che purtroppo sappia molto bene cosa stia facendo. A quanta sofferenza abbiamo dovuto assistere in questi ultimi mesi, e in così vaste proporzioni. Si parla di giovani con tutte le ragioni, il futuro è loro, ma nessuno al di sotto dell’età pensionabile è al riparo dagli effetti di questa catastrofe economica. Un cinquantenne che perde il lavoro ha pochissime probabilità di trovarne ancora e se chiude la sua azienda perché è imprenditore non riuscirà mai più a riaprirla. E quando va bene ci sono stipendi arretrati di tre o quattro mesi. Qui sta avvenendo una devastazione tale che mette in sofferenza noi fino alle generazioni future. Lei mi diceva che tutto questo non è colpa dei governi, e siamo d’accordo, ma come un medico non è responsabile della malattia, è indubbiamente sua responsabilità la diagnosi e la terapia. Salassare un moribondo, significa ucciderlo, lo fanno solo i vivisezionisti. Come possono dunque non vedere! E questo male da dove e da quanto lontano proviene? Attraverso quale menzogna? E su quale tavolo è stato realmente concepito? Io perlomeno non lo so! Oltre la quantità di conoscenze possedute , spero che sempre più persone esperte come lei affinino l’abilità di renderle funzionali. E trovino sostegno e fiducia. È necessario che ora il vostro linguaggio sfori il limite del tecnicismo per raggiungere l’ascolto di chi è ancora troppo lontano. Grazie per il suo appassionato impegno.

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