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Cucchiaini o pompe? Le soluzioni per la disoccupazione giovanile

Quasi 10 mesi pubblicai sul Corriere della Sera un mio intervento sulla disoccupazione giovanile.

Il tempo passa e le cose peggiorano, se è vero come è vero che “il tasso di disoccupazione dei 15-24enni sale dal 26,5% del terzo trimestre 2011 al 32,1%, con un picco del 43,2% per le giovani donne del Mezzogiorno” (Istat, 30.11.2012).

Fa piacere notare che il Corriere della Sera con l’articolo di Dario Di Vico si occupi della situazione menzionando alcune proposte per porre rimedio a tale fenomeno.

Sono soluzioni accomunate da un giusto desiderio di fare ma anche da una incapacità di aggredire con successo la crescente dimensione del fenomeno nei tempi brevi richiesti per evitare che tale disoccupazione si tramuti, come spesso accade, in abbandono della forza lavoro per scoraggiamento e depressione, fenomeni spesso legati alla mancanza di attenzione sociale che recepiscono i più giovani, tipicamente fragili. Per non parlare di quando questo scoraggiamento non si tramuta poi in passaggio all’economia del sommerso con vicinanza al mondo della criminalità.

Banche per i giovani e centri per impiego giovanile, soluzioni proposte, sono misure strutturali, utili in qualsiasi momento, ma incapaci di gestire momenti ciclici di questa dimensione con la dovuta tempestività.

La riduzione del cuneo fiscale per i neoassunti e agevolazioni per le start-up presumono che il settore privato sia in grado di ritrovare in questo momento di gravissima recessione che si protrarrà fino al 2014 almeno la voglia di investire in un momento di forte pessimismo. Difficilissimo che avvenga.

Insomma qui si usa il cucchiaio per buttare fuori l’acqua dalla barca che affonda. Benissimo, ma abbiamo bisogna di una pompa, altro che di cucchiaio. Di ben altre misure, senza perdere ulteriore tempo, necessita il Paese se veramente vuole affrontare questa piaga.

Proprio 6 mesi fa ricevevo la risposta del Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri all’invio del testo dell’appello da me coordinato – seguito dalle firme dei 1300 sottoscrittori – inviato allo  stesso Presidente del Consiglio dei Ministri e, per conoscenza, al Presidente della Repubblica. Il nostro suggerimento era di occupare direttamente e temporaneamente per 1 anno i giovani disoccupati, nei gangli della pubblica amministrazione (tribunali, musei, università, ospedali) così che non perdessero entusiasmo e potessero acquisire nuove abilità. Alcuni li prenderei subito alla mia Università per aiutarmi nei tanti progetti di didattica indirizzati a costruire servizi migliori per gli studenti.

Era allora alla valutazione del Presidente, mi si diceva nella missiva, vista la “validità e l’attualità del progetto”. Credo lo sia tuttora.

Non siamo soli ad averci pensato. La Professoressa Christina Romer, ottima economista e a capo della struttura del Council of Economic Advisors, al servizio cioè del Presidente Obama nei primi due anni circa del suo primo mandato (e ora tornata ad insegnare) fu l’artefice, allora, del grande piano fiscale del nuovo leader. Oggi afferma come: “… rimpiango disperatamente di non avere saputo costruire un programma di diretta assunzione di tanti lavoratori disoccupati, specialmente dei giovani”.

Evitiamo anche noi rimpianti disperati e diamoci da fare con le uniche soluzioni che garantiscono di prendersi cura efficacemente di un problema di dimensioni enormi, crescenti e urgenti.

2 comments

  1. Mi sento “personalmente” toccata da queste riflessioni.
    Ed è per questo che ho deciso di condividere sensazioni e considerazioni.

    Prendiamo atto della realtà nella quale ci troviamo: giovani generazioni sottoposte ad una forma di marginalizzazione sociale, scenario ben diverso da quanto accadeva nei decenni precedenti, durante i quali furono gli stessi giovani ad esplodere come new social entry.
    Oggi invece in tanti, dopo anni di studio, si appartano rinunciatari tra i cosiddetti “neet”, mentre tanti altri si orientano verso l’estero alla ricerca del loro vero lavoro – fuggendo da contratti irregolari, stage infiniti o da una più generale forma mentis secondo la quale ci si deve ritenere miracolati se solo si viene assunti.
    Il risultato di questo scenario è evidente a tutti.

    In questa situazione, perché non privilegiare la creazione di un anello di congiunzione CONCRETO (quindi ben diverso dalla maggior parte degli stage oggi utilizzati) fra formazione e lavoro? Soluzione, questa, centrale tanto per il conseguente incremento di lavoratori adeguati alle reali esigenze del mercato quanto per la stessa capacità di fornire alle nuove generazioni gli strumenti per avviare proprie idee imprenditoriali, in controtendenza con l’attuale perdita di appeal riscontrata da una delle figure centrali del nostro tessuto economico, quella dell’imprenditore.

    Ci confrontiamo oramai con un mercato del lavoro in buona parte bloccato e poco equo, dove viene a mancare un effettivo ricambio dei ruoli di vertice; come si può pensare del resto di creare opportunità di crescita per le giovani generazioni, se gli obiettivi definiti dall’Esecutivo spesso si traducono in un aumento dell’età pensionabile senza una corrispondente attenzione verso il ricambio generazionale?

    Ed ancora, se la flessibilità può costituire un elemento chiave per innovare e favorire la competitività, chiedere a lavoratori più o meno giovani una maggiore mobilità implica allo stesso tempo il bisogno di garantire una solida e diffusa rete di protezione in caso di perdita temporanea del lavoro, anche attraverso più efficaci soluzioni per la ricerca di nuovi impieghi rispetto a quanto garantito dagli attuali centri per l’impiego o agenzie interinali.

    La sfida per l’Italia è quella di dare fiducia ai giovani meritevoli, affidando ruoli e responsabilità ben definiti, con percorsi di carriera basati sul merito piuttosto che sulla semplice anzianità – o, peggio, su favoritismi. Superando allo stesso tempo anche preconcetti e disparità; non è “reato” concedere maggiore fiducia e aspettative anche a donne di valore, sulla scia del peso recentemente assunto in organizzazioni e istituzioni di prestigio da figure femminili apprezzate per impegno, competenza e risultati ottenuti.

    Noi giovani questa sfida siamo disposti a coglierla…

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