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La stupida austerità messa alla berlina dal Fondo Monetario Internazionale

Negli anni novanta, alla Columbia University, quando studiavo per il dottorato, era appena uscito un libro di Macroeconomia sul quale studiavamo tutti. Era la grande moda, se volete. Scritto da due economisti del MIT di Boston, Olivier Blanchard e Stanley Fischer, che consideravamo allora il “top” della macroeconomia. Li includevamo, come una buona parte degli economisti del MIT, nella scuola keynesiana, degni allievi di Modigliani.

Non deve stupire dunque che abbiano poi deciso ambedue di accettare posti importanti e di prestigio nelle istituzioni sovranazionali. Stanley Fischer, dal 1994 al 2001 fu il vice capo (Deputy Managing Director) del Fondo Monetario Internazionale (FMI), a Washington. Istituzione di cui oggi Olivier Blanchard, cittadino francese, è capo economista.

Quando un ricercatore del FMI vuole pubblicare un suo lavoro deve passare per l’approvazione di Olivier Blanchard. Raramente di questi tempi Blanchard ha tempo di scrivere lui un lavoro presso il Fondo, troppo impegnato, troppa crisi in giro per il mondo da gestire, specie in Europa. Quindi quando esce un lavoro del FMI firmato tra gli altri da Blanchard, che autorizza se stesso, c’è da drizzare le orecchie. Perché vuol dire che il lavoro scotta, a livello politico, e che l’istituzione tutta si impegna al suo massimo livello a confermare la bontà dei contenuti del lavoro.

Un lavoro sui moltiplicatori della politica fiscale nel mondo. Specie nell’area euro.

E già, perché sarà più di un anno che su questo blog parliamo, tanto, quasi fino alla nausea, dei moltiplicatori fiscali, chiedendo che siano messi al centro del dibattito di politica economica in Italia ed in Europa, protestando perché non capendo che moltiplicatori di grande dimensione, come noi abbiamo sempre sostenuto essi siano in questa fase unica della storia economica moderna dei paesi occidentali e in particolare dell’Europa, fanno sì che l’austerità generi recessioni così ampie da minare la coesione sociale di un Paese e, ancor di più, quella di un giovane Paese in divenire, l’Unione europea.

“Se tagliate la spesa pubblica, cosa avviene al PIL ed alla disoccupazione?”. Nulla! Anzi, le cose andranno meglio!, ci hanno detto per mesi Alesina, Giavazzi e tanti altri. Ho insistito nel dire che nessuno che ha studiato economia e conosce la storia economica taglierebbe mai la spesa pubblica in un periodo così recessivo. Che questa andava aumentata e certo mai tagliata, se non in quegli sprechi, una volta identificati, che spesa non sono (non ci si compra nulla di più con essi) ma meri trasferimenti di denaro dalla gente onesta che paga le tasse a gente disonesta che viene pagata più di quanto sia necessario per quello che vende al settore pubblico. Ma invece abbiamo fatto tutto il contrario: non abbiamo cercato gli sprechi, ed abbiamo tagliato domanda pubblica vera che creava lavoro ed occupazione.

“Se aumentate le tasse, cosa avviene al PIL ed alla disoccupazione?”.Qui eravamo un po’ tutti d’accordo. Fa male all’economia. Ma io ho continuato a dire che a PIL ed occupazione in questa recessione incredibile faceva più male il taglio alla spesa pubblica, perché la gente, tassata, quelle maggiori tasse imposte sul reddito non le avrebbe spese così tanto, per paura del domani, se le avessimo lasciate nelle loro tasche. Detto in altro modo tecnico, che il moltiplicatore della spesa pubblica - quanto una diminuzione (o un aumento) di questa genera di diminuzione (aumento) del PIL – è più ampio del moltiplicatore delle tasse. Apriti cielo se ce n’era uno d’accordo ai tavoli della politica economica e delle prime pagine di Corriere e Repubblica!

*

Così arriviamo a Blanchard ed al suo studio, assieme a Daniel Leigh,  sull’impatto dell’austerità su PIL ed occupazione. Che affronta con un qualche coraggio la critica rivolta al FMI che quando questo ha stimato gli impatti dell’austerità ha sottostimato sistematicamente l’impatto recessivo di questa su PIL e disoccupazione. Il sospetto che i due hanno voluto verificare è che gli errori nelle previsioni FMI di (de)crescita dopo misure austere provenisse dai loro modelli econometrici che non hanno incorporato durante la crisi un moltiplicatore sufficientemente alto.

Un po’ come il nostro Ministero dell’economia e delle finanze che da qualche anno a questa parte, a seguito delle sue politiche di austerità, deve poi costantemente rivedere le sue stime sulla crescita, rivedendole drammaticamente al ribasso.

Se ciò fosse vero, abbiamo la perfetta spiegazione del perché il governo Monti ed il governo Berlusconi prima di lui, grazie al mirabile apporto dei tecnici europei, hanno generato recessione, disoccupazione e debito pubblico su PIL crescente (e sto contando il debito pubblico su PIL, Presidente Monti, senza tener conto degli aiuti italiani alla Grecia, per tener conto del suo intervento non proprio chiarissimo al riguardo ad Otto e mezzo l’altra sera): avrebbero pensato che la stupida austerità servisse a qualcosa perché avrebbero sottostimato la dimensione dei moltiplicatori.

Ecco cosa scoprono di incredibile Blanchard ed il suo coautore (tenetevi forte):

1. Se l’austerità attesa aumenta di 1% di PIL, nella crisi del 2010-11, il PIL cade di circa 1% in più di quanto non già previsto: “un’interpretazione naturale di questo risultato è che i moltiplicatori impliciti nelle previsioni erano sottostimati di 1 unità”. Ovvero, se come poi racconta Blanchard, il FMI ha usato in questa crisi un moltiplicatore di 0,5, quello vero era 1,5. Non bazzecole, come errore;

2. I risultati sono sorprendentemente robusti: non dipendono dai c.d. casi estremi (come Germania e Grecia), né dipendono dal considerare solo i paesi euro o anche altri paesi europei. Se però si inseriscono i dati di Paesi non in una crisi estrema come la nostra i risultati spariscono, a conferma che è in Europa OGGI che stiamo vivendo un momento eccezionale in cui particolarissima cura va adottata nel fare politica fiscale intelligente;

3. Mah, forse, mi direte, forse non è tanto che si è sottostimato l’impatto dell’austerità sulla crescita, ma di qualche altra variabile? Forse è l’alto livello del debito pubblico sul Pil che spiega perché la crescita è stata più bassa del previsto? Macché. Spiacenti per i declinisti del debito che pensano di salvare il Paese vendendo immobili: l’effetto dell’austerità permane, debito alto o debito basso.

4. C’è poi un passaggio che mi delizia nel lavoro di Blanchard e soci: un esempio che fanno. Che calza a pennello per il caso italiano. Loro non lo riferiscono all’Italia, lo dicono in generale, ed io ve lo riporto: “per esempio, un aumento degli spread potrebbe anche essere il risultato di una crescita inferiore a quella attesa e anche causa di minore crescita. In tal caso, una crescita economica inferiore a causa dell’austerità potrebbe generare un aumento degli spread, e tali aumenti di spread potrebbero, a loro volta, ridurre ulteriormente la crescita del PIL”. Wow. Avete mai pensato a ciò? Che tutte le manovre austere che abbiamo fatto potrebbero avere fatto aumentare lo spread e con ciò peggiorare ancora di più la crescita? Il FMI ci ha pensato.

5. Continuiamo, la cosa si fa sempre più interessante. Dove sono stati maggiori gli errori? Nel valutare gli effetti della spesa pubblica o delle tasse? Errori da ambedue le parti, ma maggiori … sul sottostimare il peso negativo del tagliare la spesa pubblica. Insomma al FMI non hanno usato modelli à la Alesina e Giavazzi che dicono che tagliare la spesa pubblica fa bene, per fortuna (avrebbero commesso errori ancora più giganteschi), ma anche usando modelli normali non hanno resistito a sottostimare la gravità del tagliare la spesa pubblica in una crisi eccezionale come questa.

6. Ma quando aumenti le tasse e diminuisci la spesa pubblica la recessione si … moltiplica appunto, via taglio dei redditi (le imprese non partecipano più agli appalti che sono stati cancellati, non si pagano le imprese, che smettono di investire, queste non pagano i dipendenti, che smettono di consumare…). Dove ha fatto più male l’austerità inaspettatamente? 4 volte più sul taglio degli investimenti che sul taglio dei consumi. E poi: molto più del previsto sulla disoccupazione e sulla domanda interna.

Insomma, povero Keynes, sempre così poco ascoltato a Washington.

Ora, lo ripeto, quando voterete questa o quella coalizione, per favore, chiedetegli, al leader: quale pensa sia il moltiplicatore della spesa pubblica in questa drammatica recessione? E cosa intende fare al riguardo? Se vi risponde: ancora austerità, saprete cosa fare. Spero. Ne sono certo.

21 comments

  1. Riguardo lo spread credo che se l’intervento della BCE fosse stato immediato, ovvero nei primi mesi del 2012, , le cose sarebbero andate diversamente. Fintanto che la politica in questo paese sarà fine a se stessa e NON al servizio del cittadino, manterrà le solite posizioni di privilegio a scapito del cambiamento e di certezze di cui il Paese ha bisogno.
    Cordialità.

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  2. Credo che se l’intervento della BCE fosse stato tempestivo ed immediato, nei primi mesi del 2012, la situazione sarebbe diversa. Rimango invece fortemente preoccupato da una politica fine a se stessa e non al servizio del cittadino, senza regole certe, che ha l’obiettivo di mantenere intatti i privilegi, a scapito della concorrenza, del mercato e del merito.
    Cordialità

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  3. Matteo Gatti

    06/01/2013 @ 23:10

    E’ esattamente quanto e’ successo all’Italia.
    L’ aumento dello spread e’ stato causato dalla percezione da parte del mercato che la crescita del Paese sarebbe stata insufficiente per garantire la sostenibilita’ del debito. Questo ha indotto i governi ( su spinta dell’ Europa) a ridurre ulteriormente il deficit, causando un circolo vizioso dove nuove tasse e tagli di spesa allontanano sempre di piu’ l’obiettivo di un pareggio di bilancio. La conseguenza e’ stata il crollo della domanda aggregata, in un momento di recessione. Una follia. I responsabili di questa catastrofe dovrebbero essere denunciati per crimini contro le proprie genti. L’austerity e l’obiettivo del pareggio di bilancio si sta rivelando come una scusa per tagliare il welfare. Questo aggravera’ ulteriormente la situazione.
    E’ necessario un radicale cambio di programma a livello europeo com una riforma della Bce e l’istituzione di un Fondo europeo per lo sviluppo e la coesione.
    Da un lato la Bce deve avere tra i propri obiettivi anche la piena occupazione, dall’altro servono Fondi non per rimborsare i debiti dei paesi periferici, ma per svilupparne le rispettive economie.

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  4. d’accordo Gustavo, ben argomentato, quindi però che facciamo, votiamo Berlusconi..???? :) :)

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  5. A conferma della “stupida” austerità e dei gravi danni che comporta, segnalo un bell’articolo di Salim Lamrani “France chooses the path of austerity” nel quale si descrive l’errore gravissimo che il presidente socialista francese, Francois Hollande, sta facendo con l’attuazione della stupida austerità.
    Aihmé, temo che anche il sinistra-centro guidato da Bersani rischia di ripetere l’errore di Hollande, in peggio.
    Link: http://www.voltairenet.org/article177062.html

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  6. Roberto Boschi

    07/01/2013 @ 13:36

    Lo studio del FMI, che ho appena sfogliato, può avere una grande ripercussione sulle prossime mosse politiche europee, nel senso di indurre la Germania ad allentare la morsa sul rispetto del Fiscla Compact, soprattutto lato investimenti.

    Tornando invece al comportamento dei mercati sul rischio paese (+spread), segnalo il dato dei bond francesi che sembrerebbe confermare quanto si dice nel punto 4 dell’articolo. Lo spread del decennale francese vs il bund è, infatti di appena 60 punti rispetto ai 270 nostri. Ora, come noto, la situazione economica della Francia è abbastanza compromessa, forse addirittura più delle nostra, lato Bilancia Corrente e Competitività. Da parte di molti economisti si è più volte fatto notare che il vero problema del Debito Pubblico è dato non soltanto dall’alta incidenza vs il PIL, ma anche e soprattutto da quanta parte è in manie estere per l’accumularsi di deficit della bilancia corrente.
    Poiché la situazione dei conti francesi vs l’estro è molto deteriorata ci si domandava anche come mai i mercati non “punissero” questa debolezza nei fondamentali: l’analisi dell’IMF forse da una risposta a questo e da ragione a quanto il ns Prof Piga va dicendo da tempo (e che condivido in pieno) che è la crescita il vero, ultimo fondamentale driver!
    Non c’è, in definitiva, un solo elemento che fa muovere i mercati (chi cioè ha soldi da investire!). Quando si compra una attività finanziaria si valutano molti aspetti, ma il rapporto rischio rendimento è cruciale nelle decisioni. Se il rischio di perdere soldi è forte, chiederò più rendimento. E quando si perdono soldi, investendo in titoli di stato? in caso di Svalutazione (ma qui la BCE ha messo un tappo con il famoso discorso di Draghi del luglio scorso e le mosse seguenti sul OMT) o in caso di Insolvenza (parziale o totale) le cui probabilità aumentano esponenzialemente se non c’è crescita. E sotto questo aspetto l’Italia è in caduta libera, mentre la Francia tiene (sia pure con dati vicini allo zero del delta PIL).
    Anche il FMI ci dice ora che mantenere un dato positivo del PIL è cruciale!

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  7. Salve, buonasera a tutti. Io sono ignorante in materia di economia; per quel poco che ne capisco mi pare che questo sfruttamento dell’uomo sull’uomo stia arrivando -se non ci è arrivato- al capolinea e si dovrà pensare a qualcosa di più serio e duraturo se vogliamo che il mondo di chi verrà dopo di noi, possa andare avanti ANCHE considerando quei miliardi di INDIGENTI ai quali nessuno fa riferimento in queste discussioni. Le domande che pongo-e ringrazio sentitamente per una risposta- sono le seguenti:
    Già accennato sopra : teniamo conto degli indigenti, dei poveri?
    Cosa ne pensa, Professor Piga, di questi personaggi:
    Alberto Bagnai (Goofynomics), Oscar Giannino, Antonio Galloni.

    Io, al momento, anche se apprezzo la scesa in campo di Oscar Giannino, sono per il non voto per costringere TUTTI i volti noti, ad andare a casa perché tanto ci conducono alla rovina! Mi dica, prego.
    Con i miei migliori saluti,
    Giorgio Giostra

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    • Conosco personalmente solo Alberto Bagnai e ne ho alta stima. Con lui ho un totale disaccordo sull’uscita dall’area dell’euro, assurda per me, importante secondo lui.
      Non conosco personalmente le altre due persone che ho visto in video. Sono persone per quel che mi è dato di capire molto diverse tra loro, animate da una voglia comune di cambiare. Non condivido la visione di politica economica di Fare Fermare il declino che si batte per le soluzioni mio avviso errate per uscire dalla crisi e per risollevare il Paese. Di Galloni apprezzo l’attenzione al sociale ma spero di confrontarmi con lui a breve per capire meglio se vi è un terreno comune di visioni.

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      • Mi dispiace ma non sono d’accordo e, anzi, non mi dispiace affatto. Non votare SE non si trova un referente è diritto e grande dovere specie in un disordine democratico come il nostro. Se poi pensa che il voto dato ad un partito, per una combinazione totalmente antidemocratica, può finire in mano a chi non hai votato, come la spartizione dei voti che non raggiungono il quorum, allora chi non vota fa molto bene. Noi vogliamo uno stato democratico e non gente che si azzuffa dentro questo stato per arrivare all’apice, una cima che ha solo una punta….. Noi abbiamo bisogno di un grande Re Travicello e Monti ci è andato molto vicino ma non ci è bastato per capire il futuro della nostra Terra, la nostra nazione, la Patria ( non il Paese anche se con la P maiuscola) Concludo: non votare e fare corpo contro questi lazzaroni ( briganti, se preferisce) che non mollano e continuano a rubare e impoverire e svendere l’Italia, secondo me non è un diritto ma un dovere sacrosanto! Mi stia bene professore!

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  8. Prof. sono un piccolo imprenditore del sud operante nel settore dell’edilizia, suo estimatore, seguo il suo blog da circa due anni, trascrivendo appunti
    sulle strategia economica del suo pensiero, cominciando a capire qualcosa dei meccanismi dei moltiplicatori fiscali, convinto che è l’unica teoria economica da attuare ,mi chiedo perchè nè il precedente nè l’attuale governo non l’abbiano preso in considerazione preferendo la stupida austerità che non so dove ci porterà. Ma la convinzione del pensiero sull’unica strategia economica da applicare si scontra con la confusione degli schieramenti politici e la perplessità di chi dovrebbe applicare queste manovre. Facendo un elenco di tutti gli schieramenti della competizione elettorale:
    BERSANI: inconsistente;
    MONTI: inconcludende;
    GRILLO: inaffidabile;
    INGROIA: rivoluzionario;
    GIANNINO: antistatalista (non so si candida);
    VIAGGIATORI: competenti ma timorosi;
    BERLUSCONI: non credibile;
    Con questa babilonia rischiamo di fare la fine della Grecia, senza una maggioranza capace di governare. Vi prego AIUTETECI, con questa situazione non è che non riusciamo a vedere la luce del tunnel, ma non riusciamo a vedere il tunnel. E pretendiamo di cambiare la cultura e l’impegno degli italiani?
    Grazie di illuminarci Prof.

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    • Pietro… ;) … Ingroia rivoluzionario fa troppo ridere…;)

      Senti Pietro, tu che sei imprenditore, tu che hai così icasticamente illustrato i difetti di ogni singolo candidato, mi sapresti dire qual’è il difetto dei piccoli imprenditori italiani del nord del settore edile?

      Grazie

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  9. maria vittoria falcone

    07/01/2013 @ 21:34

    Alla luce d queste considerazioni sull’andamento dell’economia europea e del mondo negli ultimi mesi, e sapendo come sta messa la politica italiana alle elezioni del 24-25 febbraio chi voterebbe o comunque chi vede come candidato “credibile” per i prossimi 5 anni in Italia?

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  10. Per Marco, premesso che nessuno è perfetto, l’imprenditore italiano, aldilà delle teorie enunciate dagli economisti sulla crescita dimensionale dell’Impresa,in rapporto alla Germania e la Francia,non è che non vuole crescere, ma non puo’. In questa situazione ancora peggio, un operatore che ha sempre improntato il rapporto di lavoro, rispettando e valorizzando le competenze umane e professionali, si sente impotente nel non poter assicurare una continuità di prestazione, perdendo quelle competenze coltivate con tanto sacrificio, perchè dietro la figura del dipendente c’è un uomo che ha dedicato la sua intelligenza all’Azienda. L’Imprenditore non si sente fallito, perchè non riesce più a produrre profitto, ma anche perchè non riesce a dare dignità a quella gente che ha dato tanto all’Azienda.

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    • Pietro ho fatto la domanda perché ritengo che buona parte della crisi derivi da rapporti di lavoro impostati in maniera sbagliata.
      Sia gli imprenditori che i lavoratori si auto descrivono (anche nella loro interazione) in maniera un tantino auto celebrativa ma la realtà è molto diversa.
      Occorre un’onesta presa di coscienza da ambo le parti su molti punti.

      Spero che fra i Viaggiatori ci sarà occasione di confrontarsi su questo (non dico fra me e te).

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