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Quella vite che non proteggiamo dalla grandine

La riforma Fornero è partita. Tra i suoi aspetti c’è quello dell’ASPI,  una sorta di assicurazione che tutela in caso di disoccupazione. Leggiamo meglio:

“A partire dal 1 gennaio 2016, l’indennità ASPI sarà erogata per tutti per un periodo di 12 mesi, per lavoratori con meno di 55 anni, e di 18 mesi per i lavoratori con più di 55 anni. Nel periodo transitorio (dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2015), l’ASPI sarà erogata in misura inferiore ma con crescita progressiva. Per il 2013 l’ASPI è prevista per un periodo di 8 mesi (per chi ha meno di 50 anni) e di 12 mesi (per chi ha più di 50 anni).

Saranno le aziende a dover finanziare l’ASPI ed è innegabile che il finanziamento sarà particolarmente gravoso. E’ infatti previsto per finanziare l’ASPI un contributo pari all’1,31 % per ogni contratto a tempo indeterminato stipulato (compreso quello degli apprendisti) e un contributo aggiuntivo (oltre a quello dell’1,31%) pari all’1,4% per i contratti a tempo determinato, esclusi i lavoratori assunti per sostituzione e gli stagionali.

Saranno richiesti molti sacrifici ma l’ASPI mira all’obiettivo ambizioso di una tutela universale in caso di disoccupazione, un obiettivo di cui i Governi precedenti hanno sempre detto di voler raggiungere( lo hanno detto tutti i Governi indistintamente dal 1996) senza però fare davvero nulla di concreto.

Un obiettivo che la stessa CISL sollecitava chiedendo di far convergere indennità di disoccupazione e indennità di mobilità in un’unica prestazione che potesse valere per tutti i disoccupati. Forse è anche per questo che Raffaele Bonanni ha riconosciuto che Mario Monti è una risorsa del nostro Paese.”

Non ho riportato a caso questi passaggi dall’articolo del Corriere della Sera. Essi segnalano da un lato un meccanismo di tutela non condizionato ad alcuna azione di ricerca di lavoro del disoccupato, dall’altro il suo costo per la collettività ed infine la necessità di comprendere se siamo di fronte ad un “meccanismo ottimale” o se si poteva fare di meglio.

Ricorderete la nostra (eravamo 1300) proposta alternativa al Presidente Monti, nell’appello, chiedevamo di riservare uno stipendio base di 1000 euro per tutti i disoccupati giovanili in cambio di un lavoro temporaneo di 2 anni nella Pubblica Amministrazione.

Sono ambedue meccanismi per venire incontro al dramma della disoccupazione. C’è un qualche studio che possa esaminarne il loro valore? E magari paragonarli? E magari dirci se c’è un modo ottimale di scadenzare i diversi interventi a seconda del periodo di disoccupazione trascorso tenendo conto delle risorse a disposizione del Governo?

Domande che mi sfrugugliavano in testa da un po’ ma che non avevo il coraggio di affrontare, non essendo un esperto della materia. Finché Marta non mi segnala oggi l’uscita di un lavoro di 3 economisti di prestigio (tre cui 2 italiani, Pavoni della Bocconi e Violante della New York University). Molto bello. Forniscono elementi preziosi per fare un po’ di chiarezza.

Studiano, i 3 ricercatori, la validità di 5 possibili schemi a disposizione del legislatore:

- l’assicurazione contro la disoccupazione (UI, sta per Unemployment Insurance, in verde nel grafico), simile in parte all’ASPI ma che richiede al lavoratore di fare uno sforzo per cercare lavoro per ricevere il pagamento del sussidio;

- l’obbligo di un lavoro - in cambio di un salario – nel settore pubblico o nel non-profit (MW, sta per Mandatory Work, in celeste nel grafico), simile alla nostra proposta di cui all’appello al Presidente Monti;

-   l’assistenza (costosa per lo Stato) al lavoratore per trovare un lavoro (JA, sta per Job Search Assistance, in arancione nel grafico);

-    lavoro pubblico con aiuto alla ricerca di un altro lavoro (TW, sta per Transitional Work, in giallo nel grafico), un misto di JA e di MW;

- assistenza sociale, (SA, sta per Social Assistance, in blu scuro nel grafico), dove si trasferisce semplicemente un ammontare al lavoratore senza lavoro senza richiedere sforzi particolari. Insomma come per l’ASPI: un trasferimento incondizionato vero e proprio a coloro che hanno perso lavoro.

Nel modello dei tre ricercatori vi sono delle ipotesi chiave che mi sento di condividere in pieno:

1) i salari e la probabilità di ritrovare lavoro dipendono dal livello di istruzione/conoscenze in possesso del disoccupato (tanto maggiore tale livello, maggiori sono i primi);

2) la conoscenza/istruzione acquisita dal lavoratore decade al crescere del periodo di disoccupazione;

3) dunque al crescere del periodo passato come disoccupato diminuisce il salario che ci si può vedere offerto e le probabilità di trovare un lavoro (come ben noto su questo blog, la mia più grande preoccupazione è che la disoccupazione di oggi si tramuti per alcuni in disoccupazione permanente e poi uscita dalla forza lavoro per depressione o scoramento perché diventa sempre più difficile trovare lavoro).

A questo punto vi chiedo un ultimo sforzo, ma ne vale la pena: capire il grafico delle zone in cui è ottimale uno schema piuttosto che un altro.

Ancora vivi? Allora. Più vi spostate da sinista a destra più state cercando di capire qual è lo schema ottimale mano a mano che il periodo di disoccupazione diviene più lungo (leggere in viola). Più vi spostate dall’alto al basso più state considerando uno Stato con scarse risorse a disposizione (leggere in rosso).

Avete già capito dove miro a portarvi. Che siccome in Italia il periodo di disoccupazione dei nostri disoccupati sta allungandosi rapidamente e le risorse a disposizione dello Stato non sono ampie, ci troviamo nell’angolo in basso a destra, dove il colore è celeste (MW) e lo schema ottimale è uno di lavorare nel settore pubblico per un salario relativamente basso.

Già, lo schema ottimale è quello del nostro appello.

Notate che l’ASPI (SA, blu scuro), sarebbe lo schema ottimale, se avessimo più soldi. Ambedue costano ma … Il vantaggio di MW (appello) su SA (ASPI) è che dovete considerare il valore del prodotto generato da coloro che sono … obbligati a lavorare per il Paese per essere pagati: piccolo o grande che sia, è valore che l’ASPI non genera.

Notate che in realtà lo schema ottimale per un Paese che ha pochi soldi (parte bassa del grafico) richiede uno schema in cui le politiche adottate variano (voi intanto che scrivo seguite il percorso della freccia nera più in basso) da UI (indennità legata alla ricerca di lavoro) quando si è da poco disoccupati, per poi passare ad uno schema di lavoro pubblico assistito da aiuto per cercare lavoro (TW)  ed infine ad un obbligo di lavoro nel pubblico (MW).

In questo caso il lavoro poco pagato nel settore pubblico funge anche da incentivo a cercare realmente un lavoro durante il periodo iniziale di disoccupazione, quando si è più attraenti per le imprese perché ancora “non depressi”: per il lavoratore che non cerca lavoro non c’è la sicurezza di avere soldi “gratis” ma solo soldi in cambio di “lavoro”.

*

Come leggiamo sul Corriere, con l’ASPI “oltre allo status di disoccupazione, per poter usufruire dell’ASPI ordinaria, il soggetto richiedente dovrà possedere almeno 2 anni di anzianità assicurativa nonché 1 anno di contributi nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione”.

Nessun giovane dunque potrà richiederla se è alla ricerca di un primo lavoro in questa drammatica recessione. Spero di sbagliarmi, ma pare così: abbiamo dunque una “tutela universale”, ma che rischia di non esserci per i più giovani? Che universo è?

*

I giovani non costano tanto al Paese se gli offriamo un lavoro temporaneo nel settore pubblico durante una crisi così grave, perché hanno un capitale umano dovuto all’esperienza scarso e sono disposti a lavorare per poco, fornendo grandi rendimenti a delle amministrazioni pubbliche che sono grige, vecchie e bisognose di nuove idee.

I giovani costano tanto, ma proprio tanto, al Paese se li lasciamo andare in soffitta senza proteggerli. Perché perdiamo gli enormi frutti della loro vite una volta che, finita la grandine, sarà riuscita a crescere rigogliosa.

E’ tempo di dare risposta a questo immenso spreco con politiche che pensino a loro prima che a qualsiasi altra cosa.

4 comments

  1. Lei ha la capacità di rendere semplici anche gli approcci tecnici.

    In questa frase:

    “Notate che l’ASPI (JA, blu scuro), sarebbe lo schema ottimale, se avessimo più soldi. Ambedue costano ma … Il vantaggio di MW (appello) su JA (ASPI) è che dovete considerare il valore del prodotto generato da coloro che sono … obbligati a lavorare per il Paese per essere pagati: piccolo o grande che sia, è valore che l’ASPI non genera.”

    credo che lei abbia messa JA (che è arancione) intendendo SA (blu) di cui prima dice che è come l’ASPI. Se intendeva qualcos’altro che non ho capito mi scuso.

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  2. Credo ci sia un errore di battitura, 4° capoverso dopo il grafico, dice
    “Notate che l’ASPI (JA, blu scuro)”
    mentre si intende SA
    BTW molto interessante grazie

    Reply

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