Buon anno a tutti voi. Domani riposerò. Intanto chiudiamo quest’anno così difficile per noi europei. Ma come concludere un anno di blog?
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A scuola mi hanno sempre insegnato che in chiusura di un racconto se ne deve aprire un altro, ad esso legato, di cui se ne intuiscono i contorni grazie a quanto analizzato fino ad allora. Terminare sollevando uno squarcio di luce sull’oscurità davanti a noi, ancor prima di esplorarne i misteri.
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Come vivremo in un mondo in cui le macchine hanno rimpiazzato il lavoro e i profitti i salari?
“La risposta mi pare abbastanza ovvia. Per i nostri nipoti, o i loro nipoti, per avere un mondo possibile, la proprietà del capitale dovrà essere democratizzata. Se i redditi da capitale saranno la sola fonte di reddito che conta, allora tutti quelli che contano – e cioè tutti – avranno bisogno di un’adeguata fonte di reddito da capitale. Ci sono molti meccanismi istituzionali che potrebbero permettere tale democratizzazione. Ma ciò richiederà creatività ed immaginazione, magari tramite una qualche forma di obbligo di risparmio o di dividendo universale o di fondi pensione allargati o qualcosa insomma“.
Robert Solow, Premio Nobel, nel nostro “XXI secolo di Keynes”, MIT Press e Luiss University Press in Italiano.
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Jeffrey Sachs e Larry Kotlikoff non sono esattamente due pesi leggeri dell’economia. Quando si mettono a pensare insieme, come nell’ultimo affascinante lavoro di cui vi parlerò, ne possono venir fuori delle belle. Anzi belle no, proprio no. Eccone una lunga citazione.
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“Può la meccanizzazione condurre alla miseria per i lavoratori? E’ una vecchia idea, dai tempi del luddismo. Il timore è che le macchine sostituiscano gli uomini e deprimano i salari di questi. La tipica replica è che le macchine rendono i lavoratori più produttivi e fanno crescere i loro salari. Gli economisti hanno a lungo ridicolizzato il luddismo basandosi su un fatto che pare testardamente resistente – i salari reali medi crescono assieme alla produttività media.
Ma che succederebbe se stavolta i luddisti avessero ragione, non per tutta la classe lavoratrice, ma per quella parte di essa meno specializzata, i cui salari già da tempo non seguono più la produttività media? Più precisamente, cosa avverrebbe se le macchine diventassero così intelligenti, grazie ai loro cervelli fatti di microprocessori, che non abbisognano più di lavoro non specializzato per operare?
E gli indizi che ciò stia avvenendo sono dappertutto. Macchine intelligenti ora ricevono il nostro pagamento dei pedaggi, ci fanno pagare il conto ai negozi, ci prendono la pressione sanguigna, massaggiano la nostra schiena, rispondono al nostro telefono, stampano i nostri documenti, trasmettono i nostri messaggi, … leggono i nostri libri, spengono le nostre luci, puliscono le nostre scarpe, proteggono le nostre case, pilotano i nostri aerei, scrivono le nostre ultime volontà, insegnano ai nostri figli, uccidono i nostri nemici. E la lista può continuare.
Sì, è vero, la tecnologia da sempre muta. Ma ora muta sostituendo, e non complementando, la forza lavoro non specializzata. Le carrozze di ieri furono rimpiazzate dai taxi di oggi. Ambedue richiedevano fattore umano con relativamente poche abilità e poca istruzione (poco investimento in capitale umano): un conducente.
Ma le macchine di domani si condurranno da sole, passandoci a prendere, portandoci a destinazione e riportandoci a casa sulla base di pochi comandi. E i conducenti diverranno una professione del passato.
Ora, se è vero che le macchine intelligenti sostituiscono lavoratori non specializzati, sono tuttavia costruite e manovrate da lavoratori specializzati. Dunque non dovrebbe sorprendere che i redditi dei secondi oggi ormai siano cresciuti relativamente a quelli dei primi… Un segnale essendo la drammatica crescita (negli Usa, NdR) della disuguaglianza … il 10% delle famiglie americane ora riceve il 50% di tutti i redditi, contro il 35% di 40 anni fa.
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Macchine con maggiore cervello non sono una minaccia economica solo per i lavoratori non specializzati di oggi, ma anche di quelli domani, che siano specializzati o meno. Perché specializzarsi richiede tempo: per studiare e per imparare sul lavoro. In realtà dunque i lavoratori specializzati sono predominantemente lavoratori anziani. E dunque, quando le macchine diventano più intelligenti, i lavoratori anziani diventano più ricchi. E dato che questi anziani e i pensionati sono i proprietari delle macchine e delle invenzioni che migliorano queste macchine, miglioramenti tecnologici sulle macchine redistribuiscono reddito via dai giovani relativamente meno specializzati a pensionati e vecchi lavoratori.”
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Kotlikoff e Sachs si chiedono cosa succederà allora ai giovani che, più poveri di prima, risparmieranno di meno e dunque genereranno un calo del finanziamento degli investimenti nell’economia. Semplice, quest’ultima crescerà di meno e i lavoratori futuri otterranno sempre minori salari. Ecco perché chiamano il loro lavoro “Macchine intelligenti e miseria di lungo periodo”.
Soluzioni?
I due concludono affermando come “vi sia qualcosa di paradossale in un aumento della produttività che peggiora il benessere di tutte le generazioni meno quella attuale. In fondo, le macchine possono fare di più per l’umanità di quanto non potessero fare prima del miglioramento tecnologico: in linea di principio dovrebbe risultare possibile migliorare il benessere di tutte le generazioni a seguito del miglioramento della produttività delle macchine“.
Come?
Con, secondo i due economisti, tasse ai lavoratori anziani più ricchi e trasferimenti ai più giovani accoppiati ad investimenti pubblici nelle nuove tecnologie che generano reddito sufficiente per continuare questi trasferimenti nel tempo.
Meglio fare ciò, sostengono gli autori, che distruggere o impedire il progresso delle macchine, seconda soluzione per evitare il declino del mondo.
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Non c’è dubbio nella mia testa che il problema del XXI secolo sia quello della crescente disuguaglianza salariale dovuta alla crescita della potenza produttive delle macchine che sostituiscono il lavoeo nelle attività routinarie. Ne avevamo già parlato.
Mi colpiscono di questo lavoro due addizionali intuizioni: che questa perversa redistribuzione dovuta al progresso possa portare ad una crescita complessiva minore e non maggiore. E che la redistribuzione sia non solo tra specializzati e non ma tra anziani e giovani.
Il XXI secolo dei robot potrebbe dunque rivelarsi il secolo in cui i giovani bruceranno le fabbriche di robot come fecero i luddisti con i telai, bruceranno il tessuto civile, ritirando la loro cittadinanza da un mondo che li schiavizza. Non una prospettiva allettante. Oppure il secolo in cui impareremo ad istruire rapidamente i nostri giovani, redistribuendo loro anche parte del surplus delle macchine. Ma per fare questo c’è bisogno: a) di leader giovani e visionari che sappiano gestire con sicurezza masse di giovani esasperati e b) del supporto di un buona fetta della classe anziana ricca, capace di cavalcare l’onda del cambiamento per non venir travolta da uno tsunami di proporzioni fino ad oggi sconosciute, e che rinunci dunque a parte delle sue prerogative economiche ottenute con un progresso che non può accreditare esclusivamente a meriti propri ma alla fortuna ed ai casi della storia che hanno voluto che secoli di idee accumulatesi nel tempo producessero una manna dal cielo caduta un po’ casualmente nelle loro mani.
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Buon Anno a tutti.
31/12/2012 @ 09:27
” a) di leader giovani e visionari che sappiano gestire con sicurezza masse di giovani esasperati e
b) del supporto di un buona fetta della classe anziana ricca, capace di cavalcare l’onda del cambiamento”
Niente, la c) proprio non la vuole considerare.
c) Che gli intellettuali si impegnino a risvegliare la voglia di partecipare e la consapevolezza negli strati meno istruiti e più poveri della società perché una buona leadership dei nostri tempi informatizzati e tecnologizzati può funzionare SOLAMENTE se tutti vogliono e possono contribuire.
Perché non la considera la c)? Non lo so, perché in realtà non è che lei la rifiuti, non la vede proprio.
Cercherò di portare le mie ragioni alle prossime riunioni a meno che non vogliate rimanere un centro studi che spera di essere chiamato a ricoprire delle cariche in qualche governo futuro e in quel caso non avete bisogno di nessuno, bastate e avanzate quelli che siete adesso.
Auguri a tutti.
31/12/2012 @ 09:35
OT, ma abbiate pazienza che c’è una questione in sospeso con Luca B, Silvia e Fla a proposito dell’Argentina che però è collegata direttamente a quello che ho detto sopra.
Io glielo dicevo mesi fa che in Argentina stavano messi male PERCHE’ SI ERA MESSA IN ATTO UNA POLITICA DIRIGISTA SENZA UNA PRESA DI COSCIENZA DEL POPOLO.
E infatti leggete questo articolo di un sito non di destra ma di estrema sinistra
http://sollevazione.blogspot.it/2012/12/argentina-laltra-faccia-della-medaglia.html
Il punto NON E’ elaborare delle buone proposte ma prima di tutto rendere la gente capace di capirle e di rielaborarle a sua volta.
Dovrebbe essere evidente ma sembra che non lo sia.
31/12/2012 @ 09:59
Tanti auguri a tutti anche da parte mia.
ps. ecco che cosa mi aspettavo da Lei, caro professore, ” rimettiamoci a studiare ” …va bene così….a ciascuno il suo compito…contributi quotidiani disponibili on-line, di riflessione teorica ed aperti al dibattito, non assolvono il dovere di impegno di un intellettuale organico per la trasformazione ?
31/12/2012 @ 19:08
Gentile professore, non ritiene che sia “cosa buona e giusta”, per affrontare al meglio il cambiamento, dare ampio spazio al confronto permanente e interrogarsi su quali “principi” dovranno poggiare i futuri scenari ?
In parole povere, quale percorso affrontare perché la politica e l’economia possano procedere senza scatenare i periodici conflitti mondiali ?
Lasciare che la globalizzazione sia dominata dall’attuale modello Cina/India , “senza regole o limiti”, non pensa che l’onda selvaggia sia diventata incontrollabile e a breve travolgerà tutto il vecchio continente con la complicità di una popolazione “vecchia” e abbandonata ad arte culturalmente ?
Dove ci stanno portando, quale piano diabolico è in atto visto che:
• La Banca d’Italia ha occupato anche la RAI
• La stampa libera, privata di ogni aiuto, sta chiudendo
• All’Università viene negata la ricerca
• L’industria strategica viene lasciata ai margini
• Lo stato sociale viene dismesso senza una chiara strategia
• Le famiglie e i giovani sono lasciati privi di sostegno
• Il lavoro è regolato simile al sistema cinese/indiano
• Il ricchissimo patrimonio pubblico abbandonato
Dove sono i quattrini frutto della speculazione selvaggia che ha ridotto allo sfascio una intera nazione ?
Questi “Signori” che occupano da sempre poltrone politiche sarebbero i “tecnici” credibili di oggi e di domani ?
Professore, i veri “bamboccioni” siamo noi vecchi, non i nostri giovani.
Noi vecchi dobbiamo interrogarci perché non abbiamo “voluto” o “potuto” sviluppare una coscienza critica firmando sempre cambiali in bianco ai nostri politici che ci hanno governato dalle segrete stanze o sacrestie. Con lo stesso metodo ci hanno condotto in Europa e ci stanno portando alla rovina.
Ho apprezzato molto l’intervento del Sig. Marco.
Auguri di Buon Anno
Giuseppe
01/01/2013 @ 10:22
Dopo una riflessione drammatica sulla realtà che ci affligge, anche da me condivisa nel precedente blog vorrei guardare per qualche istante l’anno che verrà con un po’ di poesia anche qui in mezzo alla logica, attraverso le straordinarie parole contenute nella prosa di “Una nuova coscienza” , uno stacco dalla nostra angolazione visiva, una boccata di ossigeno, come augurio particolare a tutti noi…
” Siam fermi malgrado la grave emergenza come uomini al minimo storico di coscienza.
…Sì, basterebbe pochissimo. Non è poi così difficile Smettere di credere che lunico obiettivo sia il miglioramento delle nostre condizioni economiche, perché la vera posta in gioco è la nostra vita! Basterebbe smettere una volta per tutte di sentirsi vittime del lavoro, del denaro, del destino e persino della politica, perché anche i cattivi governi sono la conseguenza naturale della stupidità degli uomini. Basterebbe opporsi all’idea di calpestare gli altri, ma anche alla finta uguaglianza. Basterebbe smascherare le nostre presunte sicurezze. Smascherare la nostra falsa coscienza sociale. Subito.Qui ed ora.
Basterebbe pochissimo. Basterebbe ormai rendersi conto che la crescita del mercato è necessaria alla nostra sopravvivenza, ma che la sua espansione inarrestabile ci fa diventare sempre più egoisti e più volgari. Basterebbe abbandonare l’idea di qualsiasi facile soluzione, ma abbandonare anche il nostro appassionato pessimismo e trovare finalmente l’audacia di frequentare il futuro con gioia. Perché la spinta utopistica non è mai accorata o piangente. La spinta utopistica non ha memoria e non si cura di dolorose attese.
La spinta utopistica è subito. Qui e ora.” (Da un idiozia conquistata a fatica 1997)
quel signore era Giogio Gaber.
Auguri a tutti
01/01/2013 @ 19:55
Un gran bel Signore. Auguri MC
02/01/2013 @ 13:35
Peccato che Giorgio Gaber sia morto da 10 anni! Abbiamo bisogno dei vivi, persone come il prof. Piga che parlano delle loro belle idee ogni giorno!
Noi che lo ascoltiamo e le condividiamo, sappiamo che se solo avesse il coraggio di mettersi in gioco molti di noi lo seguirebbero e lo supporterebbero volentieri, perchè, Professore, il tempo stringe…la rovina è vicina!
02/01/2013 @ 14:30
Caro Professore,
concordo con la sua analisi, come spesso avviene. In questo caso meno, molto meno con la sintesi.
La soluzione c) di Marco è più che necessaria.
Frutto della mia esperienza.
Sono di Empoli, provincia di Firenze, dominio e regno incontrastato di Matteo Renzi (tanto per non far nomi…) e del renzismo: che sembrerebbe la realizzazione della sua teoria. La sua proposta sembra riportare proprio all’ex candidato Renzi.
Se fosse così, le posso dire, per osmosi, che non è assolutamente oro quel che luccica.
Vedo ed ho visto troppe, troppe cose che non tornano, situazioni che come cittadino “libero e pensante” non mi tornano. Molti altri giovani come me le hanno notate, ci siamo fatti in 4 per contrastare quel metodo.
La presenza inopportuna di dinamiche interne di partito, per bassi giochi di potere e interessi personali su scala locale; mass-media quasi “obbligati” a riportare le notizie in un certo modo perché pressati dagli sponsor; finanziamenti da banche e aziende partecipate pubblico/privato che una settimana dopo le elezioni aprono nuove sedi fantasmagoriche; e tante, troppe segnalazioni di e-mail e telefonate brutte e strane…
Ci vedo troppe analogie col berlusconismo, in tutto questo.
Se ho interpretato correttamente il suo pensiero, mi permetto un consiglio: lasci stare quella via, Professore!
Serve una riconversione collettiva. Culturale e civile. E’ condizione necessaria, ma non sufficiente un patto tra generazioni. Tanto meno è utile una “rivoluzione” strettamente generazionale, se l’impostazione di pensiero è la stessa (“conti in ordine e il mercato si regola da sé”, molti miei coetanei la pensano così). Cambiando gli attori, lo spettacolo sarebbe lo stesso: la catastrofe.
I giovani, quelli che hanno un po’ di sale in zucca, sanno capire chi li vuole far crescere. Leader visionari, sì, ma al servizio dei giovani e della collettività, non dello status quo. Si deve tornare alla giusta valorizzazione del lavoro, ma con una diversa impostazione, basata su un modello produttivo sostenibile da un punto di vista relazionale ed ecologico. Solo quello è il modo che può portare alla rivalsa delle giovani generazioni, e di quelle future. Ad una ridistribuzione, in senso sociale, ancor più che economico. Gli anziani “ricchi” non cederanno mai la loro posizione di forza, il loro interessamento mi sembra spesso di facciata e di paura, per mantenere la loro posizione e/o non esserne travolti. E’ stato troppo il sacrificio (umano e morale) che hanno fatto per cederne la “sovranità”.
Ascolti Marco.
Un caro saluto.
Buon anno Nuovo.
02/01/2013 @ 14:57
Nicola grazie e grazie anche a Marco. Ma in realtà credo che ci sia una incomprensione. Non ho mai pensato a Renzi, né in negativo né in positivo. Il centro di cui parlo, che certamente non è il centro che si coagula oggi, è un punto d’incontro secondo me fattibilissimo tra persone che condividono l’idea di “libertà rispettosa” e di “protezione dinamica”. Ambedue richiedono uno Stato forte ed efficace in cui credo.
Però le dico anche un’altra cosa: troppa gente non si vuole sporcare le mani ed aspetta di vedere dove caschi la pallina nella roulette prima di muoversi. Troppa gente non abbandona case sicure per l’ignoto. Detto questo, non mi lamento, anzi, una sfida in più!
Un abbraccio Nicola, auguri a lei, in attesa di un circolo politico dei viaggiatori ad Empoli!
02/01/2013 @ 22:41
“Però le dico anche un’altra cosa: troppa gente non si vuole sporcare le mani ed aspetta di vedere dove caschi la pallina nella roulette prima di muoversi. Troppa gente non abbandona case sicure per l’ignoto.”
Per cortesia potrebbe dire di più sulla questione?
02/01/2013 @ 22:44
Direi di no. E’ difficile fare un movimento dal basso. Non lo sapevo, lo imparo, miglioro, andiamo avanti.
02/01/2013 @ 23:39
Come “direi di no”?
Guardi che questa è l’unica cosa di cui dovrebbe parlare in questa fase.
Sul serio, se non si affronta questo problema del “basso” non si caverà un ragno dal buco. E’ l’unica cosa che sto cercando di dire da mesi e mesi ma è troppo complessa e difficile per esprimerla in maniera completa ed esplicita in un post.
Eppure o si capisce questo o non si va da nessuna parte mi creda e lei è nella fase che comincia appena a rendersi conto che la questione esiste.
Quando al primo incontro le ho detto per due volte che esistono cose che i professori non possono sapere mi riferivo precisamente a questo.
02/01/2013 @ 23:49
Marco direi di no perché non è questione da blog, ma di lavoro fuori blog, appunto.
02/01/2013 @ 15:01
Certo Nadia!
Tanti Auguri anche lei, in particolare di poter pescare a piene mani dai contenuti dei vivi come quelli degli immortali.