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Polillo risponde e noi gli chiediamo di combattere con noi per la crescita ORA

Dopo il pezzo di ieri ho avuto la piacevole sorpresa di ricevere via Twitter la cortese risposta del Sottosegretario Gianfranco Polillo. Capita raramente, di questi tempi frettolosi, instaurare dialoghi pacati e costruttivi sulla politica economica con esponenti governativi, quindi doppio grazie. La potete trovare anche sul web.

Anche se a me non piace molto replicare a repliche altrui perché il lettore ha a mio avviso gli strumenti per farsi una sua idea, alla fine troverete qualche mia breve considerazione.

*

Caro Gustavo @GustavoPiga

sottoscriverei volentieri il tuo appello, se non incombesse il “fiscal compact”, se il debito pubblico italiano non avesse raggiunto il livello che conosciamo, se il deficit di bilancio non avesse la propensione ad aumentare ad ogni respiro, se il livello della tassazione fosse identico a quello di altri Paesi simili a noi per struttura economico – sociale, se i servizi pubblici offerti quale contropartita del forte prelievo fiscale fossero – non dico tanto – simili a quelli francesi e via dicendo. Ma purtroppo non è così ed è con questa realtà che dobbiamo misurarsi: non con quella che vorremmo fosse.
Tutto il resto del tuo ragionamento fila. Sul piano teorico. E sul pratico che vedo qualche difficoltà. Aumento della produttività totale dei fattori e di quella industriale, quale presupposto per un aumento dei salari: assolutamente d’accordo. Se partiamo oggi, ci vorrà un po’ di tempo per avere risultati. E nel frattempo? Si sottovaluta la pervicacia di questa crisi. Negli ultimi cinque anni gli investimenti sono diminuiti (dati ISTAT) ad un ritmo medio trimestrale del 4 per cento. In valore assoluto (prezzi 2005) sono ancora del 20,2 per cento inferiori al primo trimestre del 2007. Aumentare la produttività, in queste circostanze, è per lo meno difficile.
Dove sono finiti, quindi, gli animal spirits italiani? Sono scomparsi o non reagiscono, invece, agli stimoli del mercato? Nel primo trimestre di quest’anno il MOL (margine operativo lordo) era pari 33,5 per cento del valore aggiunto (Banca d’Italia – Rapporto sulla stabilità finanziaria, pag. 18) “scendendo al livello più basso del 1995”. Proviamo a calcolarci sopra gli oneri finanziari (circa il 22 per cento). Le tasse pesano per un altro 60 per cento. Con la differenza (18 per cento) dovremmo spesare gli ammortamenti e l’efficienza marginale del capitale (Keynes). Ossia il suo rendimento. Un’equazione impossibile. Possiamo decretare l’eutanasia del rentier, come teorizzava sempre Keynes, ma non andremmo molto lontano.
Ed allora? Occorre intervenire sull’offerta, aumentando il MOL. Se cresce questa torta, gli altri elementi possono trovare una migliore sistemazione. Per farlo occorrono, in prospettiva, maggiori investimenti. Ma il loro volano iniziale non può che essere un maggiore rendimento del capitale investito. Ecco allora il “patto tra produttori”, come è avvenuto in Germania. Si lavora un po’ di più, con un sacrificio limitato, visto la scarsa dimensione del tempo di lavoro (i confronti internazionali non sono poi così attendibili) con l’intesa di partecipare ad un beneficio futuro. Sarà sufficiente?
Il discorso sulla domanda, nelle condizioni date, rischia di essere un problema irrisolvibile in un ottica keynesiana. Ciò che conta non è il basso grado di utilizzazione degli impianti. Questo indicatore è valido nel caso di un’economia competitiva. Se la crisi, invece, nasce da un deficit endogeno il discorso non vale più. Anzi diventa controproducente: se aumentiamo la domanda interna il surplus se ne va, com’è avvenuto nel caso del fotovoltaico, in importazioni. Questo è il punto cruciale da comprendere.
L’attuale domanda, in Italia, corrisponde a ciò che Marx definiva “il tempo della riproduzione necessaria” per la forza lavoro. Equivale cioè alla somma dei consumi delle famiglie e della Pubblica Amministrazione (in questa grandezza comprendiamo ovviamente anche il costo di riproduzione dell’imprenditore). Il potenziale produttivo esistente garantisce un equilibrio? La risposta, purtroppo, è negativa. Il deficit delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, negli ultimi 3 anni, è stato pari a circa il 3 per cento del PIL. Ogni anno, pertanto, per sostenere i consumi (e non gli investimenti) dobbiamo chiedere in prestito dall’estero circa 50 miliardi di euro. Stiamo, quindi, vivendo, come hanno fatto gli americani in tutti questi anni al di sopra delle nostre possibilità. Con due differenze: non possiamo stampare lire e non abbiamo la Cina che accumula riserve nella nostra moneta.
Per inciso, questo dato spiega più di altri la nostra fragilità finanziaria. Nel 1997 solo il 22 per cento del nostro debito era in mano ai non residenti. A forza di farci prestare soldi dall’estero, questa percentuale, nel 2010, è raddoppiata (44 per cento), per poi diminuire l’anno successivo a seguito delle vendite che hanno spinto verso l’alto gli spread. Possiamo continuare come se niente fosse? Per farlo dobbiamo pagare dazio, ma le risorse a nostra disposizione si sono esaurite.
Proviamo allora a rovesciare il ragionamento keynesiano. Con un piccolo sacrificio (contratti di secondo livello a vantaggio delle imprese che sono in grado di stare sul mercato,in una percentuale non trascurabile – Ignazio Visco: Economic and policy interconnections in the current crisis) è possibile rimettere in moto il processo di accumulazione. Quindi aumento dell’efficienza marginale del capitale quale condizione per una ripresa degli investimenti. Occupazione che, pertanto, riprendere a crescere e con essa la domanda interna. Mentre l’accresciuta produttività, che è il riflesso di questa inversione di tendenza, spinge verso una chiusura del gap delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. In prospettiva: si esce dalla crisi rendendo partecipe il mondo del lavoro in quest’opera di “ricostruzione”. Cito questa parola tra virgolette per richiamare alla mente quel passato storico che ha fatto grande un’Italia distrutta dalla guerra. Oggi ci vorrebbe un impegno molto minore, solo che se ne abbia piena consapevolezza.

Un saluto

Gianfranco Polillo
#polillo @polillog

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Di nuovo grazie Sottosegretario.

Molto dipende da come si incanala il nostro pensiero all’inizio di un dibattito. Sull’appello, sono felice che ne condivida lo spirito.

Ma poi Lei inizia col debito e dice “non si può” perché non ci sono soldi. Io direi che siccome il problema non è il debito ma la crescita e che il problema del debito si risolve con la crescita, qualsiasi iniziativa che la stimoli deve trovarci entusiasti sostenitori di essa. Ecco perché rilevo una qualche contraddizione derivante da trappole mentali europee nel suo volere risolvere (con la sua proposta) il problema della crescita ma poi rinunciare a priori ad iniziative che la riattivino.

Ora, io e lei concordiamo su una cosa molto importante. Crescita SUBITO. E dunque sì alle riforme della produttività ma il problema è che queste, come lei dice necessitano di “tempo” per produrre risultati, proprio quello che non abbiamo se vogliamo salvare l’euro.

L’appello che le abbiamo chiesto di firmare genera crescita subito e crescita domani, salvando tantissimi giovani dallo spreco di risorse di cui parlava Stiglitz davanti a Monti. Fa parte di quelle mosse di politica economica che generano crescita e la generano, ripetiamo, subito. E dunque mettono subito in sicurezza i nostri conti pubblici grazie al maggiore reddito che generano. Dovrebbe battersi come un leone per questo appello proprio per i motivi che le sono cari!

Sul resto differiamo grandemente sul ruolo di offerta e domanda per uscire da questa crisi. La strategia dell’offerta, guardi la Germania di Schroder che lei cita, paga solo a distanza di 10 anni, lo sa bene Schroder che fu cacciato dagli elettori e il cui partito solo oggi comincia a riprendersi da quella batosta. Solo oggi Schroder viene inneggiato come salvatore della patria. Facciamolo pure, certo, il patto coi sindacati, e servirà eccome, ma abbiamo bisogno, di nuovo lo ripeto, di crescita, ORA!

E dunque domanda domanda domanda. Il paragone col fotovoltaico è improprio. La domanda pubblica di cui parlo io, che imbianca i muri delle scuole, che ristruttura i pronti soccorsi e i corridoi degli ospedali, che costruisce carceri, che restaura le mille Pompei, che mette in sicurezza il territorio, è domanda interna che si rivolge a imprese italiane. Ce lo dice la Commissione europea ogni giorno che il mondo degli appalti in ogni paese dell’Europa è chiuso alla concorrenza straniera, non fosse altro che perché i bandi sono in lingua nazionale! E, non scordiamocelo, come disse Obama nel 2009, è domanda che genera occupazione là dove l’istruzione dei lavoratori è più bassa. Aiuta dunque anche nella lotta contro il disagio, la povertà, la criminalità!

Venga con noi a combattere questa battaglia oggi e ora sulla domanda aggregata, noi l’aiuteremo a combattere quella di domani sull’offerta aggregata. Il suo ruolo può essere essenziale per far cambiare passo alla politica di questa Europa.

Suo,

Gustavo Piga

13 comments

  1. da sottoscrivere in pieno (anche senza Paolillo, almeno finchè si accontenta di ripetere la “versione ufficiale” senza ascoltare “veramente”). Senza crescita, e quindi senza sostegno immediato e convinto alla domanda aggregata non c’è impiego di ESM o efsf per acquistare titoli pubblici in euro che tenga (al limite si può vivacchiare per un altro anno, visto che il LTRO è durato si e no 5 mesi).
    Professore, lanci una serie di incontri dalla “cattedra” e dalla ricerca alla politica per discutere davanti a tutti gli interessati (tutti gli italiani) questi specifici argomenti. Almeno qualcuno, poco o tanto, sarà costretto ad ascoltare…
    con rinnovata stima, L.

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      • Caro professore,
        dire come Paolillo che “non conta” il basso grado di “utilizzazione degli impianti” e richiamarsi a un CAB negativo del 3%, contiene, rispettivamente, un appodittico “razionale”, sbagliato, e una grave omissione di analisi.

        Se poi si “nota”, come se si trattase di un evento atmosferico, che l’indebitamento estero (per lo più privato, non solo pubblico, come pare implicare Paolillo) è aumentato, mi chiedo: perchè mettere da parte o ribaltare keynes, per accedere a una politica sul lato dell’offerta? Vogliono aumentare il MOL (che è una conseguenza non il motore primo della competitività, espressa dai tassi di cambio reale) per far riprendere la “accumulazione” e stimolare gli investimenti!
        Oddio; cioè vogliono deprimere la domanda (non è detto ma è implicito nel: 1)non indicare altre linee di azione oltre alla deflazione salariale; 2) nel proseguire in tagli di spesa e tassazione “distruttiva”) per aumentare il risparmio e gli investimenti, mentre siamo in deficit bdp?

        Le politiche dell’offerta in recessione con deficit strutturale delle partite correnti sono una “petizione di principio”, un’assurdità logico-scientifica e quindi politica.
        Per questa via il MOL non aumenterà; per questa via il pareggio di bilancio è IMPOSSIBILE perchè insostenibile il saldo primario al 5,5\6% annuo di PIL che presuppone, dando cioè luogo a simultanea recessione e incremento della distruzione- altro che accumulo- del risparmio (cioè la perseguita contrazione del deficit pubblico implica o negativizzazione del private saving net o positivizzazione del CAB e quest’ultimo non si realizza mai distruggendo la domanda interna C+I).
        Falliranno e la storia li giudicherà per questa ostinata follia, contraria a ogni principio economico razionale: solo che preferiremmo non avere ragione perchè troppi italiani soffriranno a causa di ciò. Fermiamoli: e questo si può fare solo dicendo agli stessi italiani la VERITA’ CON OGNI MEZZO E…PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI

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  2. (ANSA) – BRUXELLES, 20 GIU – Secondo i sondaggi ”l’anno prossimo abbiamo la probabilita’ piu’ alta di essere in un governo di centrosinistra” e questo significa ”dare continuita’ al rigore e alla strategia per la crescita”. Non quella della spesa pubblica perche ”sosteniamo il ‘fiscal compact”. Cosi’ Massimo D’Alema in una conferenza stampa tenuta a Bruxelles.

    Ps: quando si dice parlare chiaro…

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  3. Tra l’altro il sottosegretario, nell’argomentare, sembra spiegarci proprio che il problema e’ il debito privato, e non pubblico (di cui tutti fatemmo volentieri a meno,ma che e’ stabilmente sopra il 100% da quando son nato senza che nessuno se ne preoccupasse). Nei dati di sintesi diffusi oggi dalla Banca d’Italia c’e’ il crollo degli investimenti e dei consumi, “nonostante” (coff…coff…) i dati sul disavanzo siano “buoni” (e sono buoni da un po’).

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  4. Giuseppe Sportelli

    21/06/2012 @ 13:52

    Caro Professore, ormai la seguo da tempo in tutto quello che fa e sostengo le idee che porta avanti…ma questa idea del Sottosegretario Polillo, che per certi versi potrei anche condividere, potrà essere realizzata solo se si deciderà di intervenire in maniera effettiva ed efficace sulla normativa fiscale del nostro Paese. Oltre all’elevata tassazione degli stipendi (ampiamente approfondita), un altro grandissimo problema riguarda gli attuali ammortizzatori sociali che, rimanendo le cose come sono oggi, continueranno ad impedire a noi giovani di poter affiancare allo studio, un lavoro saltuario…Le spiego il mio caso personale.
    Lo scorso anno ho affiancato allo studio, un lavoro nel week-end come cameriere in una sala ricevimenti: contratto a chiamata, come si usa fare nel settore turistico. CUD alla mano, con un reddito imponibile di 3100€ circa, ho dovuto presentare una dichiarazione dei redditi personale, perché ora ho la residenza a Roma ed avendo superato la soglia dei 2850€ non potevo più risultare a carico dei miei genitori.
    Morale della favola?
    Per aver superato di 250€ la soglia definita per legge, i miei genitori hanno avuto delle perdite incredibili: hanno dovuto restituire in maniera retroattiva il contributo per figlio a carico (circa 1600€), non hanno potuto portare in detrazione le spese per tasse universitarie (imponibile 3500€ circa, detrazione 665€), non possono detrarsi gli affitti per l’abitazione studente fuori sede (420€/mese si imponibile), senza parlare delle detrazioni “minori” (premio assicurativo della MIA auto, per mie spese sanitarie, ecc)….io giustamente avendo pagato poche tasse ho potuto scaricare solo 90€ circa, tutto il resto è andato perduto.
    Facendo due conti, a livello familiare il bilancio è addirittura in passivo (i miei hanno pagato più di quanto io abbia guadagnato) con in più il fatto che io le mie 70 giornate di lavoro le ho fatte!!!
    Senza parlare poi del fatto che non posso fare richiesta di borsa di studio, perché per risultare studente indipendente dovrei avere un reddito di almeno 7500€….INCREDIBILE!!!
    Tutti i contratti previsti dal nostro ordinamento NON SERVONO. A NOI GIOVANI LAVORARE NON CONVIENE. Se non siamo sicuri di avere un reddito annuo di almeno 8000€ (ed a quel punto saremmo più lavoratori che studenti) ci conviene molto di più stare a casa e dedicare il nostro tempo solo allo studio….oppure…..non me ne voglia Polillo, LAVORARE IN NERO!
    La riduzione delle detrazioni dovrebbe essere SCALARE, se vogliamo davvero incentivare il lavoro ed AUMENTARE IL MOL, e non com’è oggi…..
    QUESTA SAREBBE UNA RIFORMA SERIE, E SENZA SPESE, CHE PORTEREBBE IN QUELLA DIREZIONE. Oggi agli studenti non conviene lavorare, alle casalinghe conviene più usufruire dei bonus per moglie a carico che andare a lavorare a giornata, magari a fare pulizie o assistenza…..e così per tutti quelli che non hanno la certezza di arrivare a fine anno con un imponibile di almeno 7500/8000€, oppure bisogna fermarsi a 2800€.
    Tutte queste forme contrattuali non servono a nulla, ed anche uno stage di 6 mesi a 500€/mese rappresenta una perdita….conviene andarlo a fare GRATIS….

    Caro professore, io quest’anno ho deciso di NON LAVORARE!!!!!
    NON ME ME VOGLIA IL MOL….NON ME NE VOGLIA POLILLO…..

    Con stima, GS

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  5. Sandro Brunelli

    21/06/2012 @ 15:50

    Salve a tutti…ho seguito con attenzione il dibattito e, occupandomi di questi temi, mi sono preso la bega di andare a verificare attentamente uno ad uno i punti messi in rilievo da Giuseppe che pur evidenziando dei profili importanti su cui riflettere ha riportato informazioni parzialmente o completamente inesatte su ogni fronte:

    1. ha perfettamente ragione sul fatto che superando la soglia dei € 2850,00 ( per l’esattezza 2840,51) i genitori perdano la detrazione come figlio a carico. Tuttavia emerge una prima inesattezza: il valore perso è di 800 euro e non di 1600. Infatti la detrazione massima è di 800 euro e deve essere equamente ripartita tra i genitori. (probabilmente Giuseppe pensa che ognuno dei genitori possa detrarre 800).
    2. Il superamento della soglia dei 2840,51 euro non comporta l’obbligo di fare dichiarazione dei redditi. La dichiarazione dei redditi deve essere fatta se e soltanto se si hanno più fonti di reddito. Non ne basta una sola come quella che lui sostiene di avere. In tal caso le detrazione per le tasse universitarie poteva portarsele benissimo lui in prima persona. In questo modo è vero che i suoi non avrebbero abbassato il loro imponibile, ma lui avrebbe avuto un credito d’imposta da poter utilizzare in compensazione o di cui chiedere il rimborso in busta paga. Se il contratto è occasionale o comunque non genera busta paga allora si che è un problema perchè non potrebbe nell’immediato monetizzare questo credito ed utilizzarlo come vuole (è questa infatti un qualcosa che dovrebbe trovare accoglimento nel nostro ordinamento fiscale quanto prima: permettere ai giovani con forme di contratto atipico di monetizzare come e quando vogliono i loro crediti d’imposta in modo da utilizzarli come vogliono e sostenere in tal modo anche la domanda aggregata).
    3. Sulla condizione di studente indipendente ciò che riporta, salvo la soglia, è del tutto inesatto. Uno studente non classificato come indipendente può e come fare domanda di borsa di studio. Forse lui si riferisce al fatto che dovendo a quel punto sommare anche i suoi redditi a quelli dei suoi familiari gli si alza l’isee che è l’indicatore utile per la concessione dei benefici. Ma è normale che si alzi.

    Queste mie parole non sono per criticare ACRITICAMENTE le parole di Giuseppe…c’è un fondo di verità e di giusta pretesa di giustizia redistributiva nelle sue parole…e va ascoltato. Quando dice che il sistema delle detrazioni andrebbe reso scalare ha ragione ma la realtà a me sembra un’altra: qua la gente molto spesso si esaspera e non paga le tasse perchè interpretare correttamente le varie norme e capire come comportarsi o dove, ad esempio, portarsi questa o quella detrazione o deduzione è veramente cosa ardua con i ritmi di oggi, lo stress e le mille cose che ognuno è chiamato a fare quotidianamente.
    Saluti a tutti,
    Sandro Brunelli

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  6. Giuseppe Sportelli

    21/06/2012 @ 17:48

    Caro signor Brunelli,
    ho semplicemente riportato la situazione che il CAF ha prospettato ai miei genitori al momento del ritiro della documentazione che gli avevamo chiesto di compilare. Se degli errori ci sono, non sono nel mio sfogo ma nei documenti (il caf ha predisposto il pagamento delle detrazioni avuto lo scorso anno in 3 rate per un totale di 1600€)…
    Sono inoltre stato obbligato a afre una dichiarazione a parte in quanto non ho più la residenza nella casa familiare (dice che hanno fatto male)….
    Quello che contesto è il fatto che per il fisco superati i 2850 sono indipendente, mentre per la borsa di studio sono indipendente solo con reddito superiore a 7500€ (so che posso comunque fare domanda, ma non come indipendente, superando così la soglia ISEE)
    non so che lavoro faccia lei, ma se è certo di quello che dice e fosse così gentile da darmi delucidazioni a riguardo, potremmo magari mettere una toppa a degli errori. Questa è la mia e-mail: peppesportelli@gmail.it

    PS: Professore, certo che sono d’accordo con lei!

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  7. Il rapporto annuale dell’Eurosta ” tendenze della fiscalità nelle cifre dellUnione europea” evidenzia la cresita della pressione fiscale in tutta la zona euro. Ma come intendono finanziare la crescita tramite la pressione fiscale? I signori dell’Euro considerano la curva di Laffer? Dati alla mano la pressione fiscale in Italia solo sulle persone fisiche è il 47,3% in euro roza sta al 43,2% Ma attenzione la svezia sta al 56,6% la bulgaria al 10%. Questi dati ovviamente frenano i Consumi .La pressione fiscale rispetto alle imprese o megli oall’imponibile è al 58%La tassazione sul lavoro sta al 42,6% nel 2010 mentre in media negli altri paesi dell’uninu europea sta al 33,4% .Imposte indirette ( IVA) sta in italia al 21% ( credo ancora per poco) germania al 19% spagna al 18% grecia al 23% Irlanda idem Ungheria al 27% 25% danimarca e svezia 20% slovacchia 15% lussemburgo 17% cipro. Questi sono i dati e con questi dati i Consumi decrescono e gli Investimenti anche. Allora mi chiedo come aumentare la Domanda aggregata? LA CRESCITA NON SI FINANZIA CON QUSTE PERCENTUALI DI TASSE. l’evasione aumentera’ e questo che probabilmente accadra’. Questa non è equità.

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  8. Giuseppe Agrillo

    21/06/2012 @ 22:34

    Nutro grande rispetto per il lavoro di Polillo. Comprendo che essere alla guida della barca, di questi tempi, dev’essere cosa tutt’altro che facile…ma percepisco, dalle sue parole, quel “vorrei ma non posso” che è tipico di chi deve sottostare ad un diktat (ricordo agli altri lettori il timido “non si può fare”, con il quale replicò alle proposte del Professore, nel corso della puntata di fine anno di Piazza Pulita (la 7). Serve coraggio, per rompere le catene di questo dogmatismo economico che sta colpendo al cuore i popoli europei. Non sono un europeista romantico (tutt’altro), ma chi ha a cuore le sorti di questa organizzazione internazionale che, un tempo, ambiva a diventare Stato Federale, ha il dovere di turarsi le orecchie, come l’equipaggio di Odisseo a largo del Mediterraneo. Le sirene, ad oggi, hanno già portato al naufragio tre navi europee e noi potremmo essere la quarta…
    Ci pensi, Sottosegretario Polillo. Avete l’occasione di scrivere una pagina di storia. Non sprecatela.

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  9. Giuseppe Pizzino

    22/06/2012 @ 11:55

    Siamo tutti d’accordo che non sia più rimandabile la ripresa della crescita. Abbiamo bisogno se vogliamo ottenere questo risultato ripensare, anche solo temporaneamente, a un patto sociale che metta insieme tutti gli attori protagonisti di questa “impresa”. Imprenditori, lavoratori, e banche devono essere coinvolti, tutti insieme, in un nuovo modello imprenditoriale che permetta di realizzare una nuova “rivoluzione” industriale. Nell’ultimo periodo tutte le responsabilità del “fallimento”( qualsiasi genere) sono state attribuite agli imprenditori che, ormai anche avviliti, cercano riparo in altri Paesi e non solo per motivi economici, basti pensare a quelli che si sono spostati da Como in Svizzera. Dirò, anche se impopolare, che l’anello debole del sistema è diventato l’imprenditore e se non si cambia qualcosa sarà difficile che si ritrovi l “animal spirits italiani” cui pensava il Sottosegretario.

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