Della importante relazione al Parlamento di Daniele Franco, Direttore Centrale per la Ricerca economica e le Relazioni internazionali della Banca d’Italia, sui ritardi dei pagamenti della Pubblica Amministrazione alle imprese porto a casa alcune importanti affermazioni:
1) Il Governo scommette che lo sblocco dei pagamenti porterà 0,5% di PIL in più. Banca d’Italia conferma: “Nel 2012 il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti ha raggiunto il 4,0 per cento, il livello più elevato degli ultimi 15 anni. L’incidenza dei prestiti su cui gli intermediari rilevano anomalie sui rimborsi si è all’incirca raddoppiata negli ultimi cinque anni, al 19 per cento. Secondo i dati Cerved, nell’ultimo trimestre del 2012 la percentuale d’imprese con ritardi nei pagamenti commerciali superiori a due mesi rispetto alle scadenze concordate è salita al 7,1 per cento, a fronte del 6,0 nello stesso periodo dell’anno precedente. Nel 2012 circa 55.000 società di capitali italiane hanno terminato l’attività, un valore in crescita rispetto all’anno precedente. Il pagamento in tempi brevi di una quota rilevante dei debiti commerciali delle Amministrazioni pubbliche può contribuire a ridurre gli attuali vincoli finanziari delle imprese e, in taluni casi, consentire la loro stessa sopravvivenza.”
2) Ma fino ad oggi cosa ha fatto il Governo? “L’efficacia di questi provvedimenti è stata finora limitata. Ad esempio, a fronte dello stanziamento di 2 miliardi per il pagamento mediante titoli di Stato, le effettive emissioni sono state pari a circa 15 milioni. Per quanto riguarda la certificazione, secondo i primi dati forniti dal Ministero dello Sviluppo economico, alla fine dello scorso gennaio erano state rilasciate 71 certificazioni, per un ammontare di crediti certificati pari a circa 3 milioni. L’adesione alla piattaforma elettronica per la certificazione è sostanzialmente volontaria; alla fine dello scorso gennaio aveva aderito poco più del 5 per cento delle amministrazioni interessate. I creditori degli enti che non hanno aderito non possono ottenere la certificazione del credito con la procedura ordinaria (cartacea) poiché dall’avvio della piattaforma (ottobre 2012) non è più possibile utilizzarla.”
3) Ma un Governo può fare qualcosa? Come no: basta guardare alla Spagna: “L’esperienza di altri paesi, in particolare della Spagna, può essere utile nel disegnare misure efficaci. Nel corso del 2012 il Governo spagnolo ha ridotto notevolmente lo stock dei debiti commerciali delle Amministrazioni locali pagando arretrati per circa 27 miliardi (dei quali, 17,7 delle Regioni e 9,3 degli enti locali) … Il pagamento è avvenuto direttamente dallo Stato alle imprese creditrici, sulla base di appositi elenchi di creditori predisposti dalle Amministrazioni locali (per le imprese creditrici era comunque possibile richiedere una successiva rettifica o integrazione dell’elenco predisposto dagli enti). Le somme anticipate dallo Stato dovranno essere restituite dagli enti a partire dal 2014 su un periodo di dieci anni. Per accedere alla procedura, le Amministrazioni locali spagnole hanno predisposto un piano di risanamento di bilancio approvato dal Governo. Erano previste sanzioni per gli enti locali che non rispettavano le scadenze stabilite per la predisposizione degli elenchi di creditori e del piano di risanamento.”
4) Con 40 miliardi di rimborsi, anche se dovessimo riuscirci, quanti ne rimarrebbero ancora fuori? Altri 50 miliardi. “Sulla base delle procedure appena descritte, il totale dei debiti commerciali delle Amministrazioni pubbliche a fine 2011 sarebbe stato pari a circa 90 miliardi (5,8 per cento del PIL). Oltre il 10 per cento del totale è stato ceduto a intermediari finanziari con clausola pro soluto e pertanto, secondo le recenti decisioni dell’Eurostat del luglio 2012, è già incluso nel debito pubblico calcolato secondo la definizione di Maastricht“. Il livello più alto in Europa in termini di PIL.
5) Come pensa Banca d’Italia che si debba operare per avere successo? Seguendo il modello spagnolo e operando con criteri equi (ma ancora non sappiamo come il Governo pensa di procedere): “Nel definire le caratteristiche operative dell’intervento delineato nella Relazione sarebbe importante prevedere l’obbligo per gli enti locali di predisporre rapidamente una documentazione dei debiti in essere verso le imprese fornitrici, associati alle relative fatture. Questa rendicontazione, obbligatoria per gli enti locali nell’intervento analogo attuato in Spagna, porterebbe molteplici benefici: assicurerebbe, se resa pubblica, un controllo della sua completezza da parte delle stesse imprese; potrebbe aiutare le stesse imprese fornitrici nel valutare l’affidabilità degli enti committenti; consentirebbe, soprattutto se divenisse una pratica sistematica, una maggiore trasparenza dell’operato degli amministratori. Sarà importante assicurare una rendicontazione sistematica dei debiti commerciali di ciascuna Amministrazione. Le procedure per i rimborsi dovrebbero essere rese sostanzialmente automatiche e indipendenti dalle capacità amministrative e dalla discrezionalità dei singoli enti. Il flusso dei rimborsi potrebbe essere regolato sulla base del criterio della durata del credito, dando la precedenza ai crediti di più lunga durata.” E comunque, anche se fossimo capaci, rimarrebbe la grande sfida per i pagamenti futuri di garantire il rispetto dei 30-60 giorni.
6) Tutto OK dunque nelle parole di Franco? No. Questo passaggio non mi va giù: “Le misure previste nella Relazione hanno un effetto accrescitivo dell’indebitamento netto del 2013 che viene valutato in 0,5 punti percentuali del PIL. È importante che non si pregiudichi la chiusura della Procedura per disavanzi eccessivi, resa possibile dal conseguimento nel 2012 di un indebitamento netto pari al 3 per cento del PIL. La chiusura richiede che le previsioni della Commissione europea, che saranno diffuse nel prossimo mese di maggio, collochino il disavanzo di quest’anno e del 2014 al di sotto della suddetta soglia. Nelle previsioni della Commissione di febbraio, l’indebitamento netto era pari al 2,1 per cento in entrambi gli anni, ma il quadro macroeconomico è nel frattempo peggiorato.”
Insomma. Se sforiamo il 3% con il rimborso dei crediti, meglio non farlo, o farlo meno.
Ecco dove non va. Non esiste al mondo che l’Italia non possa negoziare con l’Europa, data la gravità della situazione nazionale, che la Procedura per disavanzi eccessivi sia chiusa anche se si sforasse il 3% a causa del pagamento di quanto dovuto ai creditori. Anche perché se si fosse applicata in Italia la regola spagnola che le spese per investimenti si contabilizzano per competenza e non per cassa (come invece facciamo noi), questo effetto sul deficit non ci sarebbe nemmeno stato.
Eccola qui la differenza tra la politica e la tecnica: ci vuole un Governo, non un tecnico, al comando perché il tecnico obbedisce alle regole, non sa far altro, il politico le riscrive. Ogni giorno, sulla base della sua visione del mondo e della giustizia, fino a quando saprà rappresentare gli interessi della gente.
30/03/2013 @ 14:09
Caro prof, mi permetta di chiarificare, secondo il mio modo di vedere, sull’ultima cosa (anche se credo di aver capito lo spirito che intende). Cosa un tecnico sa fare dipende dal tecnico stesso. Io mi considero un tecnico e nella mia ancora breve carriera ho già riscritto qualche regola. Le garantisco che se dovessi avere un giorno un incarico importante, le regole che vanno cambiate le cambierei subito e senza pensarci. Accolgo comunque la sua come definizione di tecnico, e quindi in qualche modo mi sento promosso un po’ politico.
Serene horizons
30/03/2013 @ 21:00
Bellissimo messaggio. Condivido.
30/03/2013 @ 14:40
Giusto, in effetti il debito commerciale è debito pubblico non contabilizzato. Dobbiamo in ogni modo far passare il nulla-osta dell’Europa al suo pagamento. Sicuramente si avrebbe un effetto positivo sul PIL. Io penso che a questo punto occorrerebbe che il CS proponesse al presidente di incaricare un esponente gradito al M5S di presentare una proposta. Se un governo di questo tipo, che dovrebbe partire la fiducia del Cs, volesse fare cose non condivise sarebbe facilmente sfiduciabile, però così il M5s sarebbe costretto ad accettare il metodo del confronto oppure perdere
la fiducia di molti elettori