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Quella rivoluzione a portata di mano.

Da Roberto Nastri mi continuano ad arrivare sollecitazioni molto interessanti su un esperimento che non conoscevo, che la Regione Liguria mise in piedi qualche anno fa per sconfiggere gli sprechi negli acquisti pubblici nell’unico modo possibile: competenza, organizzazione, condivisione, informatica, monitoraggio. Bellissimo questo suyo racconto di come le cose che funzionano o ne hanno il potenziale vengono chiuse dalla politica bassa. Ma questa non è una brutta notizia, è splendida: con un pizzico di forza politica in più (e non ci vuole molto) la rivoluzione culturale della Pubblica Amministrazione è fatta.

Caro prof. Piga,

nella prospettiva di approfondire ulteriormente il dibattito, val la pena di affrontare  alcuni argomenti che riguardano le tecnologie e l’organizzazione.

Per quanto riguarda le tecnologie, la scelta che (in Liguria, NdR) fu fatta tra il 2000 ed il 2003, fu di distribuire alle stazioni appaltanti applicativi in modalità ASP (quanto oggi rientra nel concetto di cloud computing, ma con una decina d’anni d’anticipo sulle iniziative commerciali).

In tal modo, in ogni amministrazione, ogni RUP disponeva degli strumenti informatici necessari per gestire l’intero ciclo d’appalto, dal bando a fine contratto, senza dover duplicare i dati al solo scopo di inviarli all’osservatorio regionale dei contratti. In altri termini, nel gestire il ciclo d’appalto alimentava anche, ovviamente in tempo reale, l’archivio centrale accessibile ad ogni altro responsabile di procedimento.

Di lì a poco fu introdotta la codificazione dei contratti nelle 16000 voci del CPV, che rendeva i confronti molto puntuali.

A tale scelta tecnologica ne corrispondeva  una organizzativa: la Regione, in prima battuta, non esercitava tanto un controllo, quanto invece erogava un servizio di supporto  – on line ed off line – a tutte le stazioni appaltanti operanti nel territorio regionale, mettendo in pratica il principio di sussidiarietà.

Per questa ragione, in un paio di mesi, non appena i servizi furono disponibili, aderirono volontariamente circa 300 amministrazioni su 550, meglio di ogni più ottimistica previsione. I rilevamenti sulla soddisfazione dei servizi risultarono subito altissimi.

Emersero nuove potenzialità: l’archivio arrivò a contenere, in poco tempo, alcune migliaia di bandi d’appalto codificati ed altrettanti “pacchetti” di documentazione tecnica (elaborati tecnico – economici e grafici) di proprietà della PA e pertanto in gran parte riutilizzabili da tutti i RUP. Gli applicativi distribuiti e la rete di competenze rendevano indifferente lo svolgere i compiti presso una singola amministrazione o presso una centrale d’acquisto o meglio consentivano di scegliere per l’una o per l’altra soluzione secondo la natura e la dimensione economica degli appalti.

Ci stupì un dato sperimentale: l’esiguità del numero di risorse necessarie per gestire l’intero sistema . Due tecnici informatici erano sufficienti per assicurare assistenza (con reperibilità) 24/24 ore, 7/7 giorni a tutte le amministrazioni servite – tutte quelle liguri – ed un giornalista era sufficiente per svolgere un lavoro egregio nel veicolare contenuti sulla evoluzione tecnologica del sistema verso i RUP, ma anche verso decisori politici di ogni amministrazione, nel rilevare, con inchieste periodiche, la soddisfazione dei RUP, ma anche nel far circolare l’informazione sulle best practices e nel governare una specie di blog.

Il tipo di organizzazione non era meno importante della tecnologia. Tutto questo accadeva prima del 2005. Facebook nasceva solo un anno prima. Non a caso, non appena il gruppo fu sciolto, la Regione, non potendo dismettere il sistema informatico nel frattempo divenuto abbligatorio, sospese assitenza tecnica e comunicazione, interruppe l’evoluzione della comunità virtuale e lo sviluppo di sistemi di controllo interni.

Appena possibile riaffermò il principio della duplicazione dei dati per l’invio degli stessi all’osservatorio regionale e da questo all’autorità di vigilanza , vanificando del tutto i vantaggi della concettualizzazione iniziale: mica si poteva “violare” la facoltà di ciascuna amministrazione nello scegliersi a piacere un proprio software ed un proprio fornitore informatico per la gestione dei propri contratti?

Molto ci sarebbe ancora da dire, ma per il momento mi fermo qui. Per quanto ne so, fu certamente il primo e forse l’unico esperimento in Italia con le caratteristiche descritte e credo che da quello bisognerebbe ripartire.Concordo con Lucio Picci: forse la “finestra” del governo tecnico è l’unica possibilità.

Roberto Nastri

2 comments

  1. roberto nastri

    25/02/2012 @ 08:23

    Caro prof. Piga

    Ieri l’altro a “porta a porta” è nuovamente emersa la necessità, oramai indifferibile, di realizzare quella che sembra essere la condizione di ogni plausibile politica di risanamento dei conti pubblici, di qualunque politica keinesiana per il sostegno dell’economia e di ogni misura di contrasto alla corruzione e contro il rafforzamento, che sembra inarrestabile, della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici: nient’altro che un efficace ed efficiente sistema di controllo della spesa pubblica.

    Oramai tale necessità risuona in ogni dibattito come un “mantra”( da vikipedia, “formula mistica o magica” ), il cui potere, secondo i più, sarebbe tuttavia affievolito non tanto dall’ inerzia nell’assumere decisioni conseguenti quanto dalla propensione del nostro popolo per la corruzione, come se la legge morale, che per sua natura è categoria tipicamente personale ed individuale, fosse ascrivibile al codice genetico di un’ intera comunità nazionale.

    Per molti anni la politica ha tratto da tale, infantile, interpretazione – il carattere del popolo e la conseguente ineluttabilità delle devianze – le ragioni per non intervenire non tanto attraverso leggi che punissero chi sbagliava, che tutto sommato ci sono, quanto nell’assumere quei provvedimenti organizzativi che consentissero di rilevare in tempo reale ogni , per quanto piccolo, movimento riguardante i contratti pubblici per forniture, lavori e servizi, senza alcuna esclusione di quelli inferiori ad un dato”valore” , considerando il fatto che alla nostra grande frammentazione amministrativa corrisponde anche, ovviamente, una grande frammentazione degli appalti, per la maggior parte “piccoli”, i quali tuttavia nel loro insieme valgono ogni anno l’esorbitante somma del 16% del PIL.

    In passato sono state sollevate obiezioni circa la fattibilità dei controlli, obiezioni di natura organizzativa (le amministrazioni non inviano i dati o li inviano con grande ritardo all’autorità di vigilanza; i dati sono lacunosi e approssimativi) oppure obiezioni di natura economica (per controllare i dati in modo capillare servono grandi risorse), ma l’esperienza ha dimostrato che tali obiezioni sono del tutto infondate e strumentali : fornendo via internet in modalità ASP (application service provider) ad ogni amministrazione pubblica un software per la gestione del ciclo d’appalto ed assicurando la necessaria “assistenza utente”, automaticamente ogni dato, per quanto piccolo, può confluire in un sistema centrale ed essere soggetto a controlli automatici circa la sua congruità in relazione alle punte ed alle medie di altri dati omogenei con esso.

    Sfruttando le esperienze pregresse, tale sistema può essere implementato e divenire operativo in tutto il territorio nazionale in pochi mesi a costo quasi zero.

    Dunque, se la politica non interviene è perchè non vuole intervenire e non invece perchè non può intervenire per supposte ragioni di carattere organizzativo o economico.

    E se l’assenza di controlli efficaci sulla spesa pubblica può essere un’alibi per non intraprendere, come sta succedendo, azioni per lo sviluppo, per l’occupazione e per la competitività nazionale, allora la politica deve intervenire subito, nei prossimi mesi, senza perder tempo e valorizzando ogni esperienza passata che possa essere utile allo scopo.

    Personalmente, per quanto poco possa valere, su questo misurerò l’attendibilità di questo governo nel voler prendersi cura del nostro popolo, oltre che del sistema finanziario internazionale.

    Questo è anche un appello alle “competenze”, presenti in prevalenza all’interno del mondo accademico, sovente ascoltate dal governo, perchè trasformino queste mie considerazioni in una richiesta , rendendo ineludibili le necessità.

    Roberto Nastri

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