THIS SITE HAS BEEN ARCHIVED, AND IS NO LONGER UPDATED. CLICK HERE TO RETURN TO THE CURRENT SITE
Post Format

Quella buona spesa pubblica che si può fare. Se ….

Mi sollecita Beniamino giustamente dicendo: “non mi convinci, la spesa corrente come è strutturata oggi non aiuta chi ha bisogno ma i quartili benestanti.”

Ecco cosa ho detto a seminario poche settimane fa (grazie a Promopa ed a Annalisa).

Quando nel nostro Paese si parla di spesa pubblica vi si associa solo un verbo: tagliare.

Nel resto del mondo, invece, il dibattito si sta spostando: nel Regno Unito, presso la Commissione Europea, altrove nel mondo si parla della spesa pubblica come potenziale volano di crescita e di ripresa.

Questo volano di crescita ha però tre “se”:

  1. se ci sono le competenze per fare bene le gare d’appalto. Non sono più sufficienti competenze standard (giuridiche?), sono necessarie  competenze cross, ovvero c’è bisogno di ingegneri, di organizzativi, di gestionali, di deontologici, di  informatici, di economisti che conoscano la struttura del mercato rilevante.
  2. se c’è organizzazione all’interno della struttura. Questa organizzazione non deve essere più volta a misurare il proprio lavoro (quante ore ho lavorato), ma al risultato. In tutto il mondo troviamo sistemi di misurazione tramite Key Performance Indicators per il procurement (appalti) pubblico. La Banca Mondiale ci sta lavorando da tempo e in Italia non se ne parla per niente.     
  3.  se c’è monitoraggio, non formale, ma effettivo, reale, lungo la vita del contratto.

Come fare a far diventare questi “se” in certezze e poi in sviluppo? 6 condizioni:

  1. Condizione necessaria ma non sufficiente, è che vi sia il patentino della PA: non si può operare negli appalti pubblici se l’organizzazione e le sue persone non hanno il patentino. Per fare questo c’è bisogno di una serie di istituzioni/Enti che siano certificatori insieme all’Autorità dei Contratti Pubblici delle abilità delle persone. L’hanno fatto 10 anni fa nel Regno Unito, lo possiamo fare anche noi. (Mio conflitto d’interesse: dirigo un Master che potrebbe fare benissimo questo lavoro, come altre università, ma ci sarebbe bisogno di centinaia come noi!).
  2. La questione della centralizzazione degli appalti, concepita nel modo giusto. Non solo negli Stati Uniti, ma in Brasile, Corea, Messico e Romania (ci possiamo paragonare a loro? penso di sì) hanno una sola piattaforma in tutto il Paese sulla quale si possono fare le gare di tutte le stazioni appaltanti del Paese. Tutte! Ogni stazione appaltante mantiene la sua autonomia (non è come la Consip che fa la gara per le altre stazioni appaltanti). In esse si viene dunque a creare un database impressionante dove raccogliere dati statisticamente rilevanti.
  3. Con questi dati si possono creare degli indicatori di performance, ovvero progettare degli indicatori di output sulla performance della stazione appaltante, diminuendo così anche il ruolo, spesso asfissiante, delle norme, perché saranno gli indicatori a raccontare se hai fatto bene o no la tua gara (ma non fare indicatori su input! chiedere quante ore di training sono state fatte fare ai propri dipendenti è un tipico indicatore di input che non fornisce indicazioni sulla qualità del lavoro fatto per i cittadini). Per esempio, quanti fornitori sei riuscito a far accedere alla tua gara? Che risparmi hai ottenuto rispetto alle altre stazioni appaltanti?
  4. Ultimo aspetto riguarda l’uso efficiente ed intelligente di questi indicatori; la Banca Mondiale e l’OCSE li hanno usati per fare una cosa errata: dagli indicatori ha ricavato un sistema di voti per ogni Paese sul proprio sistema nazionale degli appalti pubblici e, all’interno di ogni Paese, tra stazioni appaltanti diverse. In  questo modo, tutte le organizzazioni hanno fatto tre passi indietro invece di farne due avanti e questo perché si sono sentite in competizione le une con le altre, falsificando i loro dati pur di non perdere. L’unico Paese che si è distinto sono state le Filippine, che non hanno realizzato confronti  interorganizzativi ma un Action Plan nazionale, anche perché le stesse singole stazioni appaltanti hanno  oggettivamente obiettivi diversi e strutture diverse. Nelle Filippine, ogni organizzazione si dà i suoi target di miglioramento rispetto alla performance richiesta su un determinato periodo, di 1 anno o tre anni; se l’amministrazione  raggiunge gli obiettivi viene premiata dal governo; il confronto riguarda non le amministrazioni tra di loro ma le singole amministrazioni e il governo.
  5. Soldi. Soldi per quelle amministrazioni che raggiungono gli obiettivi. Soldi per stipendi più alti, come nel Regno Unito, per non far scappare verso il settore privato i più bravi acquirenti pubblici, coloro che portano così tanti risparmi alla Pubblica Amministrazione. E controlli a tappeto, ma mirati, là dove sorgono dubbi sulla bontà dell’appalto grazie alle verifiche incrociate (ma attenzione, chi compra a prezzi più alti a volte è solo perché è il più bravo a ottenere la qualità giusta dal fornitore!)
  6. Usare tutti i risparmi sugli sprechi per farci vera spesa pubblica: PIL, PIL, PIL.

Il controllo della spesa pubblica non va basato sui tagli, ma su di uno Stato che entra in  campi nuovi, mai considerati sinora. Sono mesi che chiediamo ai vari governi che si sono succeduti di prevedere l’obbligo per tutte le stazioni appaltanti che fanno acquisti di inserire online in tempo reale in una banca dati cosa acquistano, il prezzo unitario e le quantità acquistate, pena la non validità del contratto. Una sorta di codice a barre per la PA. Meglio ancora la piattaforma di cui parlavamo sopra.

Stiamo ancora aspettando che questa rivoluzione silenziosa sia adottata. Ma siamo pazienti. E non molliamo nel pretendere più spesa buona piuttosto che la solita formula di meno spesa che rimane cattiva.

6 comments

  1. Veronica Marotta

    01/02/2012 @ 08:52

    Per rendere ancora meno “cattiva” la nostra spesa e completare il quadro aggiungerei la legge anticorruzione con, magari, la tanto agognata Autorità: forti disicentivi sia per il funzionario pubblico che per le imprese private. Come dice lei, iniziamo tagliando gli sprechi, non la spesa.

    Reply
  2. Roberto Evoli

    01/02/2012 @ 12:58

    Interessante articolo. Riguardo ai tre punti iniziali, cioe’ Competenze, Organizzazione, Monitoraggio, perche’ non appaltare anche queste vista la mancanza nell’attuale PA ? E’ cosa del tutto normale prima di lanciare una gara d’appalto , pubblicare un’anteriore gara che abbia lo scopo di selezionare una Consulting Company che abbia proprio lo scopo di strutturare e poi monitorare sia la master gara sia la durata dell’intero contratto aggiudicato. Anche qui….il problema che abbiamo in Italia e’ la TRASPARENZA (consulting company in Italia e’ sinonimo, in molti casi, di corruzione nella PA). Un altro fattore importante sarebbe quello di attrarre grandi gruppi stranieri come “System Integrators” a partecipare a grandi progetti pubblici (magari anche in forma di PPP), vincolandoli ad utilizzare quote prestabilite di subcontractors locali. Altro problema Italiano in questo caso e’ strutturare la gara e le condizioni di partecipazione in tal senso. Quello che notano i grandi gruppi industriali stranieri e’ che in Italia in questo momento ci siano veramente pochi progetti pubblici di interesse sui cui partecipare ed investire.

    Reply
    • Non credo di essere d’accordo con l’idea di appaltare Competenze, Organizzazione e Monitoraggio, per diversi motivi:1) all’interno delle autorità, di Consip e di molte PA e stazioni appaltanti (vedi intercent-ER per esempio) ci sono realtà e figure di grande professioanlità che protrebbero svolgere queste funzioni con ottimi risultati. Quindi bisogna fare partire la struttura affinché possano esplicitarsi piuttosto che dover soccombere a procedure e modus operandi inefficenti. 2) il Monitoraggio a volte è appaltato. Ad esempio le ispezioni consip sulla qualità, e performance dei fornitori, viene appaltata a società esterne. Ma il problema rimane. Nel 2007 un quaderno Consip (“strumenti a sostegno della qualità”) mostra che rarissimamente (tipo il 3% dei casi) nei casi di accertati gravi inadempimenti vengono applicate le penali poste in contratto…3) “subcontractors locali”, cioè italiani? e perché mai? subontratto a una grande impresa italiana? no, casomai a una piccola, ma allora dovrebbe farlo pure la grande impresa italiana che vince le gare, ma questo le Direttive europee non ce lo permettono….
      Per quanto riguarda la Trasparenza guardo molto ben volentieri all’adozione degli Indicatori OECD/DAC, ma questo implica che l’Autorità di Vigilanza debba aprire al cassaforte dei dati dei contratti, che obblighi tutti gli uffici acquisti a pubblicare i dati…l’idea e il progetto ci sono: si chiama Anagrafe dei contratti pubblici. perché il cittaidno non ne ha accesso? perché i ricercatori non ne hanno libero accesso? Ad oggi non sappamo cosa ci sia dentro questa cassaforte, un male, perché da qui non sappiamo realmente valutare tanti aspetti importanti legati al nostro sistema di appalti.

      Reply
  3. Un aspetto del Rapporto insieme a PromoPa che sottolinerei riguarda anche l’affannosa tendenza dei Dirigenti della funzione acquisti a rincorrere le novità normative. Infatti, nel rapporto si nota come gli uffici spendano continuamente risorse per potersi aggiornare ai continui cambiamenti nelle leggi, codici, regolamenti e quant’altro, lasciando indietro aspetti nevralgici del processo di acquisto. Questo inevitabilmente si traduce in una miopia procedurale, tutti quegli aspetti non inclusi nei regolamenti (, adeguamento tecnologico, codice etico, anticorruzione, analisi di mercato, gestione dei contratti) sfuggono all’attenzione degli uffici acquisti. E’ un problema che va risolto. E’ una mentalità, cultura?, che va modificata se vogliamo portare il procurement a tema e strumento effettivamente strategico per raggiungere obiettivi economici e sociali.

    Reply
  4. Nicola Martinelli

    03/02/2012 @ 09:28

    Concordo, possiamo fare buona spesa pubblica.
    Concordo sulla necessità di nuove figure professionali assenti nella PA.
    Parzialmente concordo sulla cura.
    Prima della fase di acquisto va rivista completamente la analisi dei fabbisogni.
    È necessario un bidget a base zero che rimette in discussione i driver della spesa!
    Comprare al meglio l’energia per illuminare e riscaldare immobili privi della minima coerenza con la nuova funzione pubblica è cattiva spesa anche se compro al miglior rapporto prezzo qualità del mondo.
    Il 50% degli spazi pubblici sono ridondanti, costosissimi e incoerenti, eppure da anni ci concentriamo a centralizzare in Consip appalti di servizi per miglorare il rapporto prezzo qualità dell’energia, delle pulizie delle manutenzioni, etc.
    Poi entri nei ministeri e scopri che l’80% ha una efficienza inferione alla accettabilità media degli uffici direzionali privati, scopri che gli impianti di climatizzazione sono ad altissimo consumo, scopri che muri e altezze creano un ambiente che esprime valori contrari a quelli dichiarati dalla funzione pubblica: privacy vs collaborazione, autorità vs servizio, ridondanza vs efficienza…

    Partire dal perchè porta poi a progetti ambiziosi che creano anche crescita.

    Reply
  5. roberto nastri

    06/05/2012 @ 15:17

    Permettetemi di ribadire: dal 2003 al 2006 in Liguria fu creata una comunità virtuale dei RUP che operava in oltre 500 amministrazioni tramite il medesimo sistema informatico alimentando un data base centrale.
    Furono anche poste le basi per creare una rete di competenze (nelle amministrazioni più grandi ve ne sono moltissime) a cui potessero rivolgersi le amministrazioni più piccole per migliorare la qualità degli appalti.
    Il progetto fu “chiuso” dalla politica, ma può essere ripreso (applicativi ed organizzazione compresi).
    Non capisco perchè in Italia si debba iniziare, ogni volta, da capo sprecando competenze, così il nostro sviluppo è come il masso di Sisifo: torna periodicamente nel punto in cui è partito.

    Reply

Lascia un Commento

Required fields are marked *.

*