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Dal banchiere Gerontius su Draghi, BCE at al.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo dal banchiere Gerontius

Nelle settimane passate il nostro Presidente del Consiglio si era fatto paladino girando per l’Europa della costruzione del famoso scudo antispread. Il vertice di fine giugno sembrava essere stato uno snodo fondamentale nell’avviarci verso la sua costituzione. Lo scudo, nelle intenzioni del nostro, sarebbe dovuto intervenire nei casi in cui un paese pur essendo virtuoso presentava uno spread elevato.

Qualcuno aveva provato ad obbiettare: ma perché mai un paese se è davvero virtuoso dovrebbe avere uno spread troppo elevato? La risposta suonava più o meno così: è vero che i mercati alla fine hanno sempre ragione, ma ogni tanto si sbagliano e allora bisogna farglielo capire. La risposta aveva convinto i più. Non solo, ma questo scudo – sempre i più hanno pensato – è fatto apposta per l’Italia virtuosa e incompresa che non va confusa con la Spagna o la Grecia.

Giovedì ha parlato il governatore della BCE e ci ha spiegato come stanno le cose. La BCE può ricominciare ad acquistare i titoli di stato ma “a certe condizioni”. La BCE aveva fatto l’anno passato incetta di titoli di stato italiani, spagnoli e degli altri paesi  cattivi per centinaia di miliardi oltre ad attivare il LTRO che aveva contribuito al drastico declino degli spread alla fine di febbraio di quest’anno.

Dunque ora la BCE non potrà più operare come ha fatto in passato. Interverrà solo se un paese avrà preventivamente chiesto l’aiuto al EFSF/ESM. A questo punto un paese “virtuoso” che vuole vedere ridurre il proprio spread dovra rivolgersi al EFSF perché intervenga e poi sperare anche nell’indulgenza della banca centrale che autonomamente decidererà se procedere o meno all’acquisto dei titoli in questione.

Speriamo di sbagliarci ma questo scudo antispread rischia di creare un grosso pasticcio, se ce n’era bisogno, nel disegno istituzionale europeo. L’acquisto sul mercato secondario dei titoli di stato è una prerogativa della banca centrale, tanto più in una situazione di mercato che presenta elevati premi al rischio paese dove gli strumenti di gestione della liquidità a breve termine non sono sufficienti per trasmettere gli impulsi di politica monetaria. Con l’azione del fondo EFSF sul mercato dei titoli di stato si è invaso il territorio della BCE, la quale si è smarcata dichiarando che decide autonomamente quando intervenire, ma questo lo potrà fare solo se c’è l’intervento preliminare del fondo perché altrimenti si potrebbe trovare in conflitto con il fondo stesso esautorandone il ruolo. 

Il risultato è che la BCE verrà fortemente limitata nella sua azione. Questo è tanto più vero considerando che gli Stati per quanto virtuosi saranno molto restii a chiedere aiuto al fondo. E questo perché dovranno firmare protocolli di intenti che imporranno nuovi vincoli di rientro di squilibri finanziari e macroeconomici.

A riprova di ciò basta leggere gli editoriali dei nostri commentatori economici più illustri dove si … illustrano marchingegni finanziari fatti in casa per evitare di rivolgerci al fondo per  calmierare gli spread e visto che sulla banca centrale non ci possiamo più contare.

Non c’e che dire, si stanno facendo passi avanti. ;-)

11 comments

  1. “Il risultato è che la BCE verrà fortemente limitata nella sua azione. Questo è tanto più vero considerando che gli Stati per quanto virtuosi saranno molto restii a chiedere aiuto al fondo. E questo perché dovranno firmare protocolli di intenti che imporranno nuovi vincoli di rientro di squilibri finanziari e macroeconomici.”

    Forse sono restii anche perché una richiesta di aiuto al fondo significherebbe una sorta di commissariamento indiretto del paese? Cioè, senza dirlo esplicitamente Gerontius allude a una limitazione della sovranità democratica, mi pare.

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  2. maurizio menchini

    05/08/2012 @ 07:03

    Buongiorno professore,la ringrazio per il suo blog che seguo quotidianamente.Spero mi scusera’ se le chiedo conferma che BCE at al =BCE@de.
    Buona domenica

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  3. Buongiorno Professore,
    questo commento non è particolarmente attinente al post ma è molto attinente alla sua specifica esperienza di esperto delle procedure di acquisto nella Pubblica Amministrazione, in particolare come ex-presidente CONSIP.
    Le riporto la mia riflessione partendo da una osservazione che fece un miozio, all’epoca dirigente dell’ENEA, una trentina e più di anni fa, quando ero ancora studente universitario.
    Egli mi disse che ciò che rovinava la spesa pubblica era l’utilizzo sistematico in fase di acquisto di un qualche bene o servizio della procedura di gara con assegnazione in base al prezzo. Se ciò andava bene sicuramente per la cancelleria o la carta igienica, quando si passava a beni o servizi a tecnologia avanzata, come quelli acquistati dall’ENEA, quello era il modo perfetto per acquistare noccioline al prezzo di noccioline (a dire il vero usò un colorito francesismo, ma spero che ci siamo capiti) e quindi, alla fine, a sprecare soldi visto che le noccioline sono inutili. Per beni e servizi tecnologici, secondo lui, la PA avrebbe dovuto definire quanto per lei valeva quel bene, quanto era al massimo disposta a spendere, dopodiché avrebbe dovuto procedere a una gara puramente tecnica e poi verificare se il prezzo del vincitore fosse inferiore a quello precedentemente definito. Solo laddove il vincitore non fosse in grado di fornire ad un prezzo entro quel limite, si sarebbe dovuto poi procedere a verificare con un altro potenziale fornitore.
    Aggiungeva peraltro che comprendeva la ragione per cui si facevano gare con assegnazione in base al prezzo, la trasparenza della procedura e la prevenzione della corruzione, anche se poi sono stati trovati mille sistemi per vanificare anche questi obiettivi.
    L’attiività che svolgo mi ha permesso, da ormai tren’anni, di entrare in contatto con realtà industriali non solo italiane ma di mezzo mondo. Ormai da una ventina di anni ho pot, nello specifico settore di mercato in cui opero, si è diffusa, mutuata dal settore pubblico per il tramite delle società di consulenza, la pratica dell’assegnazione quasi unicamente in base al prezzo.
    Quello che ho osservato è quindi stato un progressivo decadimento della tecnologia e quindi, di fondo, uno spreco di risorse. L’enfasi data al prezzo da parte dei clienti ha portato nel campo dei fornitori alla nascita di moltissime piccole/medie società a bassissima tecnologia che, senza un minimo di ricerca, copiano unicamente ciò che è fatto dai maggiori fornitori i quali, a loro volta hanno dovuto tagliare in primis la ricerca e la formazione del personale.
    Il settore in cui opero è di piccole dimensioni, ma per la sua natura è molto esemplificativo delle dinamiche che governano l’economia attuale.
    I comportamenti della Pubblica Amministrazione, che è il maggior attore presente su qualsiasi mercato, finiscono quasi inevitabilmente per essere trasmessi agli altri attori. Le stesse business school finiscono per strutturare i loro programmi per formare gli studenti ad operare nel caampo dell PA, visto che in linea di massima la maggior parte di essi là finiranno. Ma ciò che ha un senso nella PA non lo ha assolutamente nel settore privato.
    Non sarebbe ora che chi conosce bene questi meccanismi facesse un “outing” per spiegarne le ragioni specifiche alla PA e quindi l’inapplicabilità al settore privato e al tempo stesso studiasse anche per la PA meccanismi diversi di controllo della spesa per evitare che questa continui a comprare un mucchio di inutili noccioline?
    Quello che è grave è che questi comportamenti si vanno diffondendo anche a livello individuale. I miei genitori mai avrebbero acquistato una maglietta cinesa perché avevano ben chiaro il concetto di valore, mentre oggi si raggiona sul concetto di prezzo.
    Peraltro, per me, il modo migliore di procedere è il dimagrimento della PA.
    Che ne direbbe, per esempio, se le università statali uscissero dall’ambito pubblico per diventare cooperative gestite dai professori?
    Cordialmente

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    • Bel post, grazie! Non facile rispondere.

      “Egli mi disse che ciò che rovinava la spesa pubblica era l’utilizzo sistematico in fase di acquisto di un qualche bene o servizio della procedura di gara con assegnazione in base al prezzo. Per beni e servizi tecnologici, secondo lui, la PA avrebbe dovuto definire quanto per lei valeva quel bene, quanto era al massimo disposta a spendere, dopodiché avrebbe dovuto procedere a una gara puramente tecnica e poi verificare se il prezzo del vincitore fosse inferiore a quello precedentemente definito. Solo laddove il vincitore non fosse in grado di fornire ad un prezzo entro quel limite, si sarebbe dovuto poi procedere a verificare con un altro potenziale fornitore.”

      C’è del vero. Prezzo al 100% al prezzo genera rischio qualità, ma solo dove l’acquirente non si è creato una solida reputazione di non accettare sconti che non si possono sostenere nella vita del contratto. Un rischio di stabilire un prezzo è che spesso il mercato ne sa di più: forse una trattativa con + fornitori sarebbe meglio di una gara in contesti sofisticati.

      “Aggiungeva peraltro che comprendeva la ragione per cui si facevano gare con assegnazione in base al prezzo, la trasparenza della procedura e la prevenzione della corruzione, anche se poi sono stati trovati mille sistemi per vanificare anche questi obiettivi.”

      Vero.

      “I comportamenti della Pubblica Amministrazione, che è il maggior attore presente su qualsiasi mercato, finiscono quasi inevitabilmente per essere trasmessi agli altri attori. ”

      Interessante e plausibile. Come mai secondo lei?

      “Le stesse business school finiscono per strutturare i loro programmi per formare gli studenti ad operare nel caampo dell PA, visto che in linea di massima la maggior parte di essi là finiranno. Ma ciò che ha un senso nella PA non lo ha assolutamente nel settore privato.”

      Concordo. Ci sono parti in comune e parti no. Noi nel nostro Master sugli acquisti abbiamo classi incomune pub/priv e poi altre separate.

      “Non sarebbe ora che chi conosce bene questi meccanismi facesse un “outing” per spiegarne le ragioni specifiche alla PA e quindi l’inapplicabilità al settore privato e al tempo stesso studiasse anche per la PA meccanismi diversi di controllo della spesa per evitare che questa continui a comprare un mucchio di inutili noccioline?”

      Assolutamente sì.

      “Che ne direbbe, per esempio, se le università statali uscissero dall’ambito pubblico per diventare cooperative gestite dai professori?”

      I professori non sanno gestire nulla ;:)). Ma mi spieghi meglio.

      Reply
      • “C’è del vero. Prezzo al 100% al prezzo genera rischio qualità, ma solo dove l’acquirente non si è creato una solida reputazione di non accettare sconti che non si possono sostenere nella vita del contratto. Un rischio di stabilire un prezzo è che spesso il mercato ne sa di più: forse una trattativa con + fornitori sarebbe meglio di una gara in contesti sofisticati.”

        Non so se l’esempio sia appropriato, prendialmolo solo come esempio, ma supponiamo che un ospedale pubblico decida di affidare ad un fornitore esterno alcuni tipi di diagnostica sofisticati. Prima del prezzo per la singola diagnosi viene l’accurattezza della diagnosi e il fatto che magari non la si debba ripetere due o tre volte per avere un risultato corretto. Comunque quando parlo di gara tecnica parlo di valutazione delle capacità di più fornitori.
        Il mercato ne sa di più è vero ma nel senso che il mercato è anche l’acquirente che ha un suo budget. Alla fin fine quando io e lei decidiamo di comprarci un paio di scarpe, abbiamo in mente un certo budget e cerchiamo la scarpa di qualità migliore per quel prezzo.

        “Interessante e plausibile. Come mai secondo lei?….. Concordo. Ci sono parti in comune e parti no. Noi nel nostro Master sugli acquisti abbiamo classi incomune pub/priv e poi altre separate.”

        La risposta è la stessa che Lei fornisce. Gli studenti tendono, magari involontariamente, a privilegiare quelle parti che trattano la PA perché è il maggior potenziale cliente. Quando ero all’università, il corso di ingegneria chimica a Roma era strutturato per coprire le necessità delle società di progettazione, all’epoca le maggiori assorbitrici di neo-laureati. Anche se vi erano vari indirizzi, noi studenti privilegiavamo quei corsi che poi ci fornivano maggiori opportunità e strutturavamo il nostro modo di pensare in quella direzione.

        “I professori non sanno gestire nulla ;:)). Ma mi spieghi meglio.”

        I professori possono pur sempre assumere degli amministratori :) . Comunque siccome è argomento che non si esaurisce in due righe lo rimando, vista l’ora tarda, ad un altro commento.

        Cordialmente

        Reply
  4. Giuseppe Pizzino

    05/08/2012 @ 08:42

    Non riesco a capire come una richiesta di aiuto nell’ambito della stessa comunità equivalga a una perdita di sovranità o di commissariamento. E’ come se i componenti di una “famiglia” vivendo sotto lo stesso tetto cucinassero ognuno per conto proprio. Ma che Unione è ? A questo punto dopo tutti i sacrifici fatti per stare insieme, nel rispetto delle regole, quali vantaggi o benefici rimangono ? Sembra che si stia sempre più consolidando il sospetto che sia la finanza a dettare regole e comportamenti. La politica, l’economia reale, i popoli che fine hanno fatto ? Quando avrà fine questo stillicidio di agonia ?

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  5. Fatico veramente a capire una questione fondamentale: possibile che gli esponenti di questi organi sovranazionali come la ECB, l’FMI (cosi’ come il nostro governo targato Goldman) non comprendano le conseguenze -potenzialmente catastrofiche- delle decisioni ben descritte nel Suo articolo? o trattasi piu’ semplicemente di malafede?

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    • Ma è ovvio che vogliono la catastrofe, si tratta delle persone più competenti in economia che esistano e vuoi che commettano degli errori da primo anno di economia e commercio dove i ragazzini di 18 imparano che in una crisi come la nostra è necessaria una politica fiscale espansiva ? Questa cosa che la necessità di una politica fiscale espansiva la capiscono al primo anno la dice anche il prof. Piga solo che curiosamente non ne trae le ovvie conseguenze.

      Vogliono mettere in ginocchio i lavoratori per renderli docili e sottomessi, la stessa cosa con la classe media e mettono tranquillamente nel conto che il loro tentativo possa provocare un disastro perché non aspettano altro che avere la scusa per applicare nuove leggi eccezionali, che saranno dettate dalla situazione di tensione sociale sempre meno gestibile, quella che loro stessi stanno creando con le politiche di austerità.
      Lo si vede già adesso che il loro bersaglio è la democrazia; il post di Gerontius (ma chi sarà mai il banchiere che si cela sotto questo pseudonimo, non riesco a immaginarlo) dice quasi apertis verbis proprio questo e cioè che la crisi viene usata come scusa per far passare il cavallo di Troia di aiuti che prefigurano il commissariamento della democrazia. E se aggiungi che questi aiuti ovviamente implicano nuove politiche di rigore per impedire sforamenti capisci che non è vero come dice il prof. che sono senza ossigeno e a corto di idee.

      E alla fine non hanno bisogno né di ossigeno né di idee, ci siamo noi che ci consegniamo mani e piedi legati a farci derubare dei nostri diritti; oggi tutti si lamentano in Italia, hanno paura, hanno anche “capito” magari, ma tu vedi gente che scende in piazza? Nessuno muove un dito pensando che magari facendo il pesce nel barile riuscirà a sfangarla; ma allora non si ha più il diritto di lamentarsi perché si è complici degli stessi banditi che ci stanno derubando.

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