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Far ripartire il PC Europa

Draghi si è mosso, e nulla accadde. Keynes la chiamò trappola della liquidità. Una situazione in cui la politica monetaria è impotente ad aiutare l’economia ad uscire dall’impasse. Uno stato delle aspettative così cupo, così nero, che qualsiasi ammontare di liquidità aggiuntiva viene tesoreggiata, e non re-immessa nell’economia a tassi più bassi, nell’attesa snervante e piena di pessimismo che il valore delle attività finanziarie cali ulteriormente.

Keynes credeva che per uscire da questa trappola era essenziale influenzare le aspettative sulla crescita futura dell’economia. La crescita, in momenti di crisi come quelli che conosciamo di nuovo anche oggi, si otteneva con politiche fiscali espansive (fossero esse finanziate da tasse o da debito) che stimolassero la domanda di beni e servizi alle imprese. Politiche fiscali restrittive avrebbero solo depresso l’economia, le aspettative, la speranza, l’occupazione.

Ma qui c’è di mezzo anche una Unione tra Paesi, dove politiche fiscali espansive possono essere relativamente più attuabili là dove ci sono meno problemi di sostenibilità fiscale e maggiore crescita e incontrano dei limiti nei paesi maggiormente in difficoltà. Vige dunque un problema addizionale di cooperazione tra paesi. Ora Keynes non ha vissuto abbastanza per poter dire la sua sulle unioni monetarie. Ma era un internazionalista convinto e aveva molte cose da dire sul come NON gestire le relazioni tra Paesi. Per esempio, non aveva un’alta opinione di quei politici nazionalisti che, pur di mostrarsi forti e dominanti, trattavano paesi confinanti con sprezzo e poca solidarietà, chiedendo ad esempio, nel bel mezzo di una crisi mondiale, di continuare a ripagare i debiti di guerra. La Germania di allora si ribellò alle assurde pretese francesi, come previsto anche da Keynes, e la conseguenza di non avere ascoltato chi perorava la causa di un approccio solidale fu sconvolgente e disastrosa per tutti.

Il parallelo è così ovvio (guerra a parte) da non meritare che poche note aggiuntive. Chi oggi chiede l’eurobond o l’unione fiscale cerca in tutti modi di convincere i tedeschi che il costo di tali emissioni comuni o di fisco comune con i greci non ricadrà sulle loro spalle. Ciò è falso ed i tedeschi lo sanno bene. Chi chiede l’eurobond o l’unione fiscale deve dire a voce alta proprio questo: che esso implica un supporto dalla Germania alla Grecia. Così che i tedeschi, nell’accettarlo, si dicano disposti a abbracciare la diversità che regna dentro l’area dell’euro. Solo un’accettazione di questo tipo, aperta e solidale, farà sì che i greci siano disposti a sforzarsi per migliorare e non a scendere in piazza. E’ così ovvio, che ci vuole lo psicologo anche per le Nazioni ora? Uno Stato unito si crea con accordi di regole ma anche di solidarietà tra ricchi e poveri, di solidarietà verso coloro più in difficoltà. California e Mississipi, Massachusetts e Maine, Illinois e Kentucky le hanno trovate, perché non dovremmo farlo anche noi?

Altrimenti, si prenda atto, si rompa l’euro ed i poveri svalutino per recuperare la competitività perduta in questi anni. Si spenga il PC bloccato e lo si riattivi. Con tutti i danni che ciò comporterà per i file non salvati a tempo. Bisognerà riscriverli, quei files, ma almeno il computer sarà ripartito e un giorno, speriamo non lontano, potremo scrivere quelle pagine di storia a cui tanto ambiamo e che oggi sono purtroppo (e per nostro demerito) saltate.

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Manovra, art. 8. Garantire le banche? OK, ma prima garantiamo il Paese

L’Art. 8, “Misure per la stabilità del sistema creditizio”, così recita:
Ai sensi della Comunicazione della Commissione europea C(2011)8744 concernente l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria, il Ministro dell’economia e delle finanze, fino al 30 giugno 2012, è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane …. La garanzia dello Stato di cui al comma 1 è incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta. La garanzia dello Stato di cui al comma 1 sarà elencata nell’allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 31 della legge 31 dicembre 2009 n. 196. Per tale finalità è autorizzata la spesa di 200 milioni di euro annui per il periodo 2012-2016. I predetti importi sono annualmente versati su apposita contabilità speciale, per essere destinati alla copertura dell’eventuale escussione  delle suddette garanzie….. Per singola banca, l’ammontare massimo complessivo delle operazioni di cui al presente articolo non può eccedere, di norma, il patrimonio di vigilanza, ivi incluso il patrimonio di terzo livello…. La garanzia dello Stato può essere concessa su strumenti finanziari di debito … che …. a) sono emessi successivamente all’entrata in vigore del presente decreto. Nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, il Ministro dell’Economia e  delle Finanze può rilasciare, fino al 30 giugno 2012, la garanzia statale su finanziamenti erogati  discrezionalmente dalla Banca d’Italia alle banche italiane e alle succursali di banche estere in Italia  per fronteggiare gravi crisi di liquidità (emergency liquidity assistance). Agli eventuali oneri si  provvede nell’ambito delle risorse e con le modalità di cui al comma 4 del presente articolo.

Un articolo importante, che fa sorgere domande altrettanto importanti al lettore e che speriamo ottengano maggiori chiarimenti.
Le nostra banche non sono messe proprio benissimo e fanno fatica ad ottenere finanziamenti. Il rischio è ovviamente che per ottenere liquidità addirittura facciano partire (o aggravare) un circolo vizioso richiamando i crediti alle imprese. Deduzione: la garanzia serve.
Controdeduzione: sì ma attenzione a gestirla bene. Pare infatti che sia una garanzia assai ampia in cui gli unici limiti sono quelli che riguardano il fatto che trattasi di future passività e che tali garanzie per ogni banca hanno un limite quantitativo nel patrimonio di vigilanza. Ma la dimensione è lo stesso notevole, tanto più se si considera che potrà allargarsi ai prestiti di Banca d’Italia alle banche in caso di “gravi crisi di liquidità” (terminologia alquanto vaga che potrebbe ben applicarsi anche alle condizioni odierne).
In che senso gestirla bene? Beh, che non vorremmo fosse data in maniera tale da forzare poi il  Ministero (e dunque noi contribuenti) a subentrare nel pagamento alle banche nel caso queste dovessero essere incapaci di farlo. Diventerebbe una tassazione aggiuntiva rispetto a quelle previste in manovra.
In realtà non dovrebbe essere così. Quando si estende una garanzia buone norma di contabilità  (privata e pubblica) richiederebbero l’accantonamento di cifre volte alla eventuale copertura delle somme nel caso si materializzasse l’infausto evento. Così facendo la trasparenza di bilancio permetterebbe anche di rendere noto agli azionisti (in questo ai contribuenti) l’ammontare del rischio in corso di assunzione.
Ed in effetti non è così: correttamente il Governo ha inserito ad accantonamento un ammontare per il quale, per raggiungere l’obiettivo di pareggio di bilancio nel 2013, abbiamo dovuto trovare finanziamento, immaginiamo per semplicità con una parte della tassazione sulla casa, o forse con una parte dell’IVA. L’ammontare è di 200 milioni di euro l’anno.
Ora questa cifra mi crea due ordini di problemi. Primo. Come è stata calcolata? Mi sembrano veramente briciole rispetto al rischio che corre il sistema bancario in questo momento. E’ probabile che i tecnici governativi abbiano fatto bene i loro conti e abbiano valutato che il rischio di insolvenza bancaria fosse praticamente nullo, ma allora … perché dare le garanzie? In realtà, lo ripetiamo e lo sanno tutti, il rischio c’è e dunque nulla di male a estendere la garanzia, ma perché non avvertire i cittadini che tale rischio è ben maggiore, con un accantonamento più appropriato? E’ probabile che non si sia voluto aumentare la spesa in vista degli obiettivi di pareggio di bilancio: ciò avrebbe significato tassare ancora di più. Ma allora, diciamolo chiaramente, ci esponiamo al rischio, se queste cifre non saranno sufficienti, di non raggiungere tale obiettivo o di tassare ancora. Non sarebbe stato utile farlo ora così da permettere al contribuente, quando vota tramite i suoi rappresentanti parlamentari, di adottare una decisione avendo tutta l’informazione a disposizione su quanto ci costa questo articolo della manovra?
Seconda domanda. E perché poi garantirci a priori una somma fissa da accantonare indipendentemente da quanto garantito? In fondo, se Governo e Banca d’Italia decidessero di non concederla mai questa garanzia, 200 milioni sarebbero addirittura troppo. Non sarebbe stato meglio fissare degli accantonamenti variabili al variare dell’impegno che verrà preso?
Ultima domanda. Queste banche hanno problemi di passivo per due motivi: primo, perché non sempre hanno gestito al meglio i loro affari, secondo perché la crisi dei titoli di Stato ha aggravato i loro bilanci.
Il primo fattore, come contribuente, mi porterebbe a dire che piuttosto che estendergli una garanzia, che non mi assicura dal fatto che cambierà metodi gestionali, visto che il rischio diventa mio, è che amerei diventare forse proprietario (almeno in quota parte) di questa azienda per verificarne e modificarne se del caso le prassi e assicurarmi maggiormente che non con le mere (e previste dalla norma) commissioni fideiussorie.
Se invece la crisi delle banche che sto come contribuente cercando di aiutare a risolvere dovesse dipendere dall’andamento della crisi sovrana italiana, allora mi verrebbe da dire che la garanzia sarebbe inutile, visto che non rassicurerebbe in alcun modo i mercati. Certo, forse rassicurerebbe la BCE per un po’, che prenderebbe questi titoli nella sua pancia, ma per quanto tempo?
In ogni caso, aspettiamo con ansia i chiarimenti dei tecnici. Ne va della trasparenza dell’Europa, un bene assai negletto in passato e che ci ha portato a questa crisi e che, ne sono certo, i nostri nuovi  leader non vogliono più in alcun modo disprezzare.

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December 9, 2011: Act and Keep Fighting Against Corruption Today

“12/9/2011: On this International Anti-Corruption Day, let us pledge to do our part by cracking down on corruption, shaming those who practice it and engendering a culture that values ethical behaviour.”

Secretary-General Ban Ki-moon
Message on International Anti-Corruption Day

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Anti Corruzione: si festeggia nel mondo ma non in Italia

On this International Anti-Corruption Day, let us pledge to do our part by cracking down on corruption, shaming those who practice it and engendering a culture that values ethical behaviour.” Secretary-General Ban Ki-moon, Message on International Anti-Corruption Day.
E’ il 9 dicembre e tutto il mondo festeggia la giornata maondiale Anti Corruzione. La Banca Mondiale ha fatto di più, lanciando oggi il portale http://www.acauthorities.org delle e sulle autorità Anti Corruzione nel mondo, dove trovare tantissima informazione su come costruirle, cosa fanno e che sfide affrontano.
Insomma resta da chiedersi: e l’Italia? Cosa fa? Il disegno di legge sull’Anti corruzione giace fermo in Parlamento. Al suo interno è previsto l’avvio dell’Autorità.
Speriamo proprio che il Governo Monti nei prossimi giorni possa annunciarne l’approvazione da parte del Parlamento e che questa sia dotata di strumenti e poteri efficaci. Sarebbe un regalo anche alle tante imprese che si devono battere sul mercato globale e hanno bisogno di un alleato credibile che gli permetta di ridurre i costi dell’operare in Italia. Un altro dei tanti modi per recuperare produttività.
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Dobrodošli Hrvatska!

Despite the continuing crisis at the heart of Europe, Croatia has become the latest country to sign a treaty to join the EU. The accession agreement was  signed by Prime Minister Jadranka Kosor and President Ivo Josipovic.

 

Our heart welcomes this news. Welcome Croatia! Dobrodošli Hrvatska! Benvenuta Croazia!

 

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Perversità

L’altro giorno Conferenza a Tor Vergata con presentazione (power point) di funzionario della Commissione Europea. Una slide cattura la mia attenzione. Titolo della slide “il problema del debito sovrano”. Titolo noioso. Poi il mio occhio però viene catturato da quanto leggo sotto: quando un paese ha un rapporto debito pubblico su PIL alto, manovre fiscali restrittive generano un effetto perverso (è questo l’aggettivo nella slide, fantastico!) che fa salire il rapporto.

Ulla. Massima attenzione, non capita spesso sentire la Commissione Europea esprimersi in questo modo sulla questione. Continua la slide. 3 sono gli effetti di una manovra fiscale restrittiva. 1) il deficit scende, il debito scende. OK, ci siamo. 2) la crescita scende (meno male, lo ammette anche la Commissione, penso io, sempre mal fidato), e sale il rapporto debito PIL. La cosa ovvia, ma interessante a pensarci, che questo effetto negativo della mancata crescita sul rapporto è tanto più forte quanto più alto è il debito pubblico su PIL di partenza (quindi in Italia è massimo l’effetto tra i paesi dell’euro!). 3) la crescita scende, il deficit sale perché partono i c.d stabilizzatori automatici che riducono entrate e fanno crescere le uscite quando l’economia rallenta. Anche questo effetto ciclico fa salire deficit debito e dunque rapporto debito PIL quando facciamo restrizioni fiscali.

Cosa succede dunque al Debito-PIL quando un paese fa una manovra fiscale restrittiva? Tutto dipende dunque da tre cose: dall’impatto della manovra sulla crescita, da quanto è sensibile il deficit di bilancio a variazioni della crescita e, infine, dal rapporto debito PIL di partenza. Applicando la formula al caso italiano, continua il relatore della CE, dove il rapporto di partenza è circa il 120% e con una (semi) elasticità del deficit alla ciclo di 0,5, basta un moltiplicatore recessivo di 0,65 della manovra per avere che il debito pubblico su PIL sale e non scende.

Tanto per darvi una idea per la Germania, con un debito attorno al  70% del PIL,  gli effetti della manovra sull’economia dovrebbe essere ben più duri prima di avere un simile impatto sul rapporto: invece di 0,65 il moltiplicatore dovrebbe essere pari ad 1. Ecco dunque scoperta forse la diversa sensibilità tedesca rispetto a quella degli italiani? Ecco forse perché non capiscono perché, quando ci chiedono di stringere fiscalmente per ridurre il debito/PIL, a noi ci viene di arricciare il naso e a me viene sempre di proporre il contrario di quello che ci chiedono? Una bella espansione fiscale che generando crescita metterebbe a tacere anche i severi burocrati di Bruxelles la cui unica fissazione è quella di ridurre il rapporto debito PIL?

Ad ogni Paese la sua ricetta. Ma ora che ho pure l’autorizzazione della Commissione Europea mi sento legittimato a chiedermi se tanto masochismo è frutto di una cattiva conoscenza di una piccola formuletta.

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The trap and the re-booting

Draghi moved, nothing happened. Keynes called it liquidity trap. A situation where monetary policy was helpless to support the economy. A state of market expectations so grim that all additional liquidity would be hoarded and not invested while waiting for market prices of securities to deteriorate further.

Keynes argued that affecting expectations would be critical to take us out of that trap. Expectations relate to the future. Expectations of investors relate to measures of well-being like economic growth. Future growth according to Keynes in such periods of disarray can be best obtained by expansive fiscal policy, whether financed by debt or taxes. Restrictive fiscal policies depress the economy, expectations, hope, employment.

Keynes did not say much about economic policy in a monetary union, it was not daily bread and butter in his time. However he had lot to say about how not to handle relations across countries. For example he did not think well of those local politicans that in times of crises, muscled up against bordering countries, pretending that they needed to carry the burden of stabilization by sticking to outdated and unrealistic promises of, for example, reimbursing debt and relying on moral superiority. He argued in favor of solidarity across countries to avoid war across of countries. It is a terrible thing he and others were not listened. People thought better and obeyed dogmas and fashions and everything unraveled.

I just have to say this: a Eurobond program would be successful for fighting the current crisis not so much because of its impact on liquidity or its likelihood of being followed by a fiscal union, but simply because it would be the best sign that by paying a share of the Greek debt, German taxpayers accept to become European, i.e. to create the United States of Europe. When people have a common goal of society based on risk-sharing and ideals, then you can have a fiscal union and a common currency. At that point only will Greek citizens also sacrifice and also change.

Or else, let us break-up the euro, devalue, and re-boot the economy, with all the damages that this might imply for the existing files. A costly period of re-writing will be needed for what has not been saved on time. But the PC wil not be stuck anymore and one day we will accomplish our postponed dreams.

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Domani 9 dicembre o tra 100 anni, chi è che fa l’Europa?

Come il gioco si sposti al piano Europeo mi sembra fortemente sottolineato dai fatti. (Andrea, commento su questo blog). La verità è che l’Europa non è l’Europa, l’Europa siamo noi. Un po’ come diceva Francesco De Gregori con la Storia, no? Se l’Italia dicesse “no, al dogma stupido del consolidamento fiscale non ci stiamo”, stia sicuro che ci troveremmo nuovi alleati e creeremmo un’alleanza potente per la salvezza dell’Europa.

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The Spread! The Spread!

Nutella - Photo by Trisha Thomas

Ricevo e pubblico da valente giornalista (mia moglie)

As a journalist for Associated Press Television News based in Rome, I probably should have known what a spread is.  But I must honestly and humbly admit that as of last summer, I did not. For me, as a mother, a spread was something my children put on their bread in the morning. Nutella in Italy,  Peanut Butter in the US.  So it was a bit of a shock for me when I came back from vacation in September and had to spend the next 3 months talking about the spread.
For anyone who might be as ignorant as me, the spread is the difference between interest rates paid for a German government bond compared to an Italian government bond. The German bonds (BUND)  bring in lower interest rates than the Italian bonds (BTP) which have been struggling: as the German bonds are less risky they are more expensive to buy and yield less, my husband tells me.

Nearly every day this fall I have found myself on the street interviewing Italians on what they thought about the spread. Italians – being a clever people (popolo furbo)—caught on quickly.  The bigger the spread, the worse for Italy, the smaller the better.  “Oddio, lo spread è andato sopra 500” mi dicevano.  “Meno male sta scendendo adesso.” I have also interviewed dozens of market analysts who say more or less the same thing.  Together with various cameramen from my office, I have plagued the Bloomberg office in Rome begging them to let us film their beautiful deep blue and orange monitors showing the spread.  We’ve done close ups of the past 24-hours and wide shots of the past 10 years. Some days the future of Italy seems to be hanging in those little lines.

Recently, it has dawned on me that all this talk of “the spread” is a kind of macho schoolyard, locker room (spogliatoio) game.  Who is bigger, stronger and tougher versus who is smaller and weaker.  As a mother it reminds me a bit of a child coming home from school after the big, tough bully has picked on him in the playground, making him feel bad because of “the spread.” So I will say to Italy what I would say to one of my children.  First I would put my hands on his shoulders, look him straight in the eye and then I would say, “Italy, sweetie—you are right, Germany is stronger and tougher.  Germany can make a Mercedes that is fast, and tough and reliable.  You are different. You are passionate and creative.  Perhaps you are less reliable, you don’t always follow the rules, but you are more flexible.  Sweetie, keep in mind, that you can make a Ferrari with the power and passion that Germany can only dream of.”

Trisha Thomas is my wife and a journalist for Associated Press Television News in Rome. Anyone interested in reading more of her thoughts on motherhood in Italy, you can check out her blog at www.mozzarellamamma.com .

 

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Perversity

I was at an interesting Conference a few days ago. Speaking was an official from the European  Commission who put on some nice public debt to GDP arithmetic: 1 – m ε – m b.

Wow. What is it? It is a key number for our debate. It tells us nothing less than the impact of a certain restrictive fiscal package on the number one “European Mantra”, the public debt to GDP ratio. If its value is positive, then a certain fiscal restriction reduces the public debt ratio, as many conservatives are recommending.

If its value is negative … then a fiscal restriction gets into a territory that my EC friend calls “perverse”. Perverse indeed, we agree. It is the territory where higher fiscal consolidation (higher taxes, lower expenditures)  drive an increase and not a decrease in the public debt to GDP ratio. Wow. How might this occur? Well, quite easy. Listen to the EC guy.

Let’s look at the formula again. That “1” is quite clear: you do raise taxes by 100 euro, or lower expenditure by the same amount and what happens next is that your deficit and your debt go down by the same amount, 1 for 1. OK. So this component tells you: restrict fiscal policy if you want to lower your debt to GDP ratio.

Now however. Let us keep in mind that raising taxes or lowering expenditures decreases growth and GDP (the extraordinary fact here is that even the European Commission is willing to recognize that, or maybe it is just my friend, who might be considered a weirdo in Brussels. Just kidding). So here comes “M b”. M is the level of the of the impact of the fiscal package on growth, the M stands for the usual multiplier: more taxes, less spending, less growth. Notice however that this negative impact is greater the larger the level of debt to gdp to begin with. [You may want to skip this if it is already clear to you why: Imagine you have two ratios: one, call it Joseph, is equal to 4 divided by 2 (equal 2!) and the other one, call it Frank, is 100 divided by two (equal 50!). Now imagine that that number 2 which divides both ratios becomes number 1, i.e it halves. What will happen to Joseph and Frank? Well Frank goes up from 2 to 4 (4 divided by 1) and Joseph to 100 (100 divided by 1). Frank goes up by 2 and Joseph by 50. I am just having some fun.]. So Italy, for example, which has a very high public debt to GDP ratio will see the negative impact on growth of a given fiscal package increase the public debt ratio by more than other countries with  lesser debt.

Tough luck, you might say. Hold on, it’s not over. There is a third effect, the one that too increases debt because, as we know, when growth declines, automatic stabilizers (lower tax revenues, higher  expenditures) kick-in, enlarging the deficit, the level of debt and the public-debt to GDP ratio. That is what is given by m ε, which measures the reaction  of the deficit to a worsening of growth.

So imagine that Italy does a restrictive maneuver of 1% of GDP (sounds familiar?). It is sufficient for the multiplier to be 0,65 to make this maneuver perverse: debt over GDP is going to increase and not decrease. For a country like Germany, everything else equal, with a debt GDP ratio around 70%, the negative impact on the economy should be much larger (multiplier equal to 1) to create the same perverse effect. This is maybe why Germans seem to come from Venus and Italians from Mars.

Now. Imagine the following. Had Monti done an expansive fiscal package and increased the deficit. Debt would have gone high.  But growth would have increased. And the deficit with that growth would have declined. Lowering in all likelihood the Debt/GDP ratio. Imagine this. Now make it reality and markets will see the light at the end of the tunnel.