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Lo dirà Monti? Lo chiederanno i giornalisti? Lo pretenderà la politica?

Tra pochi minuti parte la conferenza stampa del nostro Presidente del Consiglio.

E’ un momento importante per il nostro Quarto e Quinto Potere per fare il loro dovere, dare informazione ai cittadini, sfruttando appieno il diritto costituzionale specificato dall’art. 21:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio  pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo  di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Eppure in questi giorni un muro di gomma ha sbarrato la strada anche a quei giornalisti che volevano conoscere cosa sta avvenendo per quanto riguarda la bozza e gli emendamenti italiani al Trattato europeo che (pare) chiedano all’Italia – in più del pareggio di bilancio – una riduzione ogni anno di 50 miliardi del debito pubblico per i prossimi 20 anni. Un muro di gomma è censura o no? Credo di sì.

Michele Arnese, valente giornalista,  riporta su Italia Oggi di oggi un importante appello al Presidente Monti di sciogliere OGGI in conferenza stampa l’assurda cortina fumogena di questi giorni. Riporto il testo:

Caro presidente Mario Monti,

vorrei tanto che oggi in conferenza stampa informasse gli italiani, e magari anche noi giornalisti, lo stato dell’arte sul Patto fiscale a livello europeo sottoscritto il 9 dicembre scorso e che sarà approvato entro marzo in maniera definitiva.

Il Patto prevede tra l’altro il pareggio o l’avanzo di bilancio nelle Costituzioni, riforme strutturali per abbattere i disavanzi eccessivi, sanzioni rafforzate per chi non rispetta i vincoli sui deficit e regole sul debito pubblico.

Certo, il testo è noto ed è sul sito del Consiglio europeo, ma sul testo sono in corso discussioni con la partecipazione di rappresentanti governativi e dell’Europarlamento.

Eppure qualche domanda sorge spontanea.

Prima di Natale l’economista Gustavo Piga sul suo sito si è chiesto: è vero che i governi nazionali possono proporre emendamenti o suggerimenti di modifiche all’accordo?

Le nebbie comunicative in cui è avvolto il tecnogoverno sono tali che le risposte a questo interrogativo non arrivano, seppure sollecitate.

Le ha diradate un po’ due giorni fa l’ex premier Giuliano Amato in un suo editoriale.

In un paio di righe, Amato ha fatto intendere che gli esecutivi possono avanzare richieste, e Amato dice implicitamente che il governo italiano non può condividere tutto il nuovo patto eurofiscale.

Inoltre da giorni alcuni giornalisti chiedono lumi su tutti questi aspetti all’esecutivo italiano, ma le risposte tardano o sono evasive, nonostante la buona volontà dei comunicatori.

Si arriva così all’economista Stefano Fassina, ex Fmi, ora responsabile economia del Pd, che ieri al quotidiano La Stampa ha detto: «Entro il 29 dicembre il governo presenterà gli emendamenti alla bozza di trattato intergovernativo del 9 dicembre scorso. Per come verrà confezionato, potrà portare alla correzione di rotta o no».

Ricapitolando. I governi possono chiedere correzioni al Patto, ma l’esecutivo italiano non ne parla e nessuno dice, tranne Fassina, che entro oggi l’esecutivo può presentare emendamenti in un tavolo europeo che è in corso.

Domanda: gli italiani possono sapere di più di quello che pensa il governo? Ma la questione delle questioni è un’altra. Nell’accordo del 9 dicembre si menziona in due righe la regola secondo cui i paesi con un rapporto fra debito pubblico e pil superiore al 60 per cento dovranno impegnarsi a ridurlo ogni anno per 1/20 della distanza dal valore di riferimento. Traduzione: l’Italia oggi è al 120 per cento, del 60 per cento superiore al valore di riferimento del 60 per cento. Quindi ogni anno dovremo ridurlo del 3 per cento l’anno. Altre manovrone in arrivo, quindi.

Ma questa regola sul debito da quando entrerà in vigore? Alcune fonti governative dicono dal 2014. Altre non sanno. Altre bofonchiano: potrebbe entrare in vigore anche dal prossimo anno. Gulp. Caro presidente Monti, lei che di Europa e regole comunitarie se ne intende, vuole parlare agli italiani anche di questi aspetti oltre che di taxi e parafarmacie? Vuole parlare di misure per abbattere il debito e non solo di misure per ridurre deficit?

Grazie dell’eventuale attenzione.

E’ questione non di opportunità politica o economica: si può ben decidere di ridurre il debito ogni anno di questi livelli se lo riteniamo essenziale (chi mi legge sa come la penso e che non sono d’accordo). Ma l’importante è farlo con i nostri cittadini e la nostra stampa informati dei fatti così che abbiano l’opportunità ed il diritto di manifestare la loro libertà d’espressione tutelata dalla Costituzione. Speriamo che il Presidente sciolga questa criticità di democrazia mancante nei prossimi minuti.

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Grazie Presidente, ora continuiamo a discutere?

Dopo la conferenza stampa. Diamo al Presidente Monti quel che è del Presidente Monti. Ha affrontato le questioni che i firmatari dell’appello gli hanno posto. Ne ha parlato, le ha esposte, vi ha ribattuto. Siccome non accade spesso che la rappresentanza trovi questi spazi a questi livelli, anche se sembrano piccoli, sono un segnale importante. Dico grazie ai firmatari dell’appello per avere sospinto in avanti le istanze di tantissime persone e grazie al nostro Presidente del Consiglio per la sua sensibilità.

Ecco cosa ha detto il Presidente Monti su quanto ci interessa, così ad analizzarlo:

“Io ho ricevuto e sono grato ai colleghi economisti che hanno abbondato … (con) appelli … dell’attenzione che stanno riservando … all’attività di questo governo … mi rendo perfettamente conto che la manovra che abbiamo dovuto fare … ha molti incovenienti. In particolare si vede criticamente il fatto che l’Italia si sia assunta l’impegno di conseguire il pareggio di bilancio nel 2013, l’Italia si sia assunta come gli altri paesi l’obiettivo – il vincolo – di ridurre di 5 punti percentuali all’anno l’eccesso nel rapporto debito-PIL  rispetto al 60% prescritto dall’Europa.  Signori economisti non è questo Governo che ha sottoscritto questi impegni. Altri governi hanno preso questi impegni…. Noi ci siamo trovati il giorno 16 novembre del 2011 incaricati di operare in Italia e in Europa col tentativo di ristabilire una dignità, una stabilità ed una autorevolezza di un paese che avva comuqnue accettato quegli obiettivi…. E’ possibile pensare che un nuovo Governo italiano che prende il testimone il 16 novembre 2011 possa rimettere in discussione impegni europei sottoscritti anche in contropartita – morale non legale – di interventi della Banca centrale europea peraltro nel frattempo notevolmente assottigliatisi? Era assolutamente impensabile. Quindi tengo molto a sottolineare che stiamo dando puntuale, tempestiva e credibile attuazione ad impegni che l’Italia aveva già preso e che non vogliamo né possiamo discutere nel merito. Sarebbe stato rovinoso per l’Italia, mantenendo quei forti dubbi di credibilità che la caratterizzavano fino a quel momento, non passare ad una fase di rigorosa e tempestiva attuazione. Era un atto dovuto. L’atto voluto del mio governo comincia oggi … “

Bene. Ora abbiamo di che discutere (anche se il Presidente giustamente ha detto che non ha molto tempo per farlo!). Quattro i passaggi fondamentali:

Questione chiave numero 1. “L’Italia si sia assunta come gli altri paesi l’obiettivo – il vincolo – di ridurre di 5 punti percentuali all’anno l’eccesso nel rapporto debito-PIL  rispetto al 60% prescritto dall’Europa.”

Quindi ora sappiamo che esiste la questione della decisione della riduzione del rapporto debito PIL nel nuovo trattato, nella nuova Costituzione europea. E’ molto importante parlarne ora, perché una volta approvato sarà difficilissimo eliminarlo dal Trattato. E’ qualcosa che nessun giornalista ha ripreso in conferenza stampa.

Intanto speriamo che il Presidente si sia confuso e che non sia 5% ma 3% ogni anno: 5% ogni anno vorrebbe dire che (costante il PIL nominale) ci metteremmo 12 e non 20 anni a portare il debito-PIL al 60%. E’ un impegno, comunque, durissimo solo per Italia e Grecia, molto più blando per gli altri paesi.

Interessante notare come prima il Presidente abbia detto “obiettivo” e poi “vincolo”. C’è una bella differenza tra le due cose: quale delle 2 propone l’Italia?

Questione chiave numero 2. Non è questo Governo che ha sottoscritto questi impegni. Altri governi hanno preso questi impegni…. E’ possibile pensare che un nuovo Governo italiano che prende il testimone il 16 novembre 2011 possa rimettere in discussione impegni europei sottoscritti ?

Questo forse è vero per l’impegno del bilancio in pareggio (anche se la recessione in Italia è stata ufficializzata dall’OCSE il 28 novembre 2011, quindi a governo Monti in carica e dunque ben potendo egli invocare come da noi richiesto la clausola di eccezionalità non invocata da Berlusconi) ma certo non per il nuovo Trattato su cui il Governo Monti deve esprimere – per la prima volta – un parere con eventuali emendamenti.

Vorrei dire una cosa che parrà eresia  a molti, che mi è venuta in mente oggi mentre ascoltavo un Presidente che di fatto diceva “non possiamo chiedere nulla all’Europa”. Invece. Nessuno in Europa ha in questo momento il potere che ha l’Italia al tavolo delle negoziazioni. Sembrerà paradossale, ma dopo l’uscita del Regno Unito nessun altro Paese, tantomeno uno dell’area dell’euro, può dire no perché crollerebbe tutto il tavolo negoziale. L’Italia, uno dei paesi fondatori dell’Unione che ha più da perdere dall’approvazione della clausola sulla riduzione del debito, può ben chiedere che essa non sia applicata che più lentamente e/o tenendo conto delle fasi del ciclo, cosa che se capiamo bene ad oggi non è prevista. Se l’Italia minacciasse il suo no, lo ripetiamo, il nuovo Trattato si fermerebbe. E non sarebbe un ricatto perché, lo ribadiamo per la centesima volta, il problema dell’euro non è il debito italiano, è la mancanza di una unione fiscale che preveda di soccorrere i paesi in difficoltà. Sarebbe il modo per forzare la Germania a capire che o ci si salva tutti insieme senza recessione o l’euro scompare.

Questione numero 3. Quindi tengo molto a sottolineare che stiamo dando puntuale, tempestiva e credibile attuazione ad impegni che l’Italia aveva già preso e che non vogliamo né possiamo discutere nel merito.

Non vogliamo né possiamo discutere nel merito? E perché mai? Vogliamo? Possiamo? E’ sulla carenza di informazioni che è nata la crisi dell’euro con i derivati greci. Come pensiamo di potere abbassare gli spread se manteniamo segrete materie economiche di questa rilevanza?

Questione numero 4. rimettere in discussione impegni europei sottoscritti anche in contropartita – morale non legale – di interventi della Banca centrale europea peraltro nel frattempo notevolmente assottigliatisi?

Passaggio importante. Dunque sembrerebbe che la nostra capacità negoziale sia esaurita perché già spesa. Come? Ottenendo in cambio del nostro accordo su clausole dure sul deficit e sul debito una politica monetaria espansiva … a tempo, già terminata. Questo non è comprensibile.

Quanto dobbiamo chiedere alla Germania è il supporto a politiche fiscali europee espansive in cambio di riforme. Nente di più niente di meno, ma comunque quanto sopra è poco comprensibile e non costituisce ragione per arrestarsi nel negoziare con i tedeschi.

Di tutto il resto: del fatto che lo spread spagnolo è più basso di quello italiano per motivi strutturali, dei pagamenti alle PMi in tempo ne parliamo un’altra volta.

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Ma quanto è brutta la recessione disse Catalano

La sobrietà e la recessione come soluzione e panacea dei nostri mali? Pare che l’altro giorno dopo la mia intervista a Radio 3 sulla questione dei consumi che calano si sia scatenata una questione se vivere nella sobrietà sia un beneficio aggiunto di questa crisi (me ne ero andato e dunque non partecipavo più alla discussione).

Alcuni lo intendono, questo vivere nella sobrietà, come non indebitarsi. Indubbiamente abbiamo vissuto una vita da cicale, noi italiani, basta guardare il grafico che mostra (Banca d’Italia) i nostri consumi (linea continua) che crescono nel primo decennio del XXI° secolo mentre i redditi (linea tratteggiata) stagnavano. A nostra scusante il fatto che non è facile per nessuno adeguarsi a nuovi (minori) tenori di vita e che forse ottimisticamente non prevedevamo (così come non l’hanno prevista tanti economisti) una crisi così grave. Che questa crisi abbia scosso il nostro ottimismo e ci abbia portato a rivedere la nostra stima di reddito futuro e ad aggiustare di conseguenza i nostri consumi forse non ha nulla a che vedere con un merito della recessione ma della nostra razionalità e della nostra capacità di non ripetere troppe volte lo stesso errore.

In realtà le cose non sono mai così semplici. Quello che sappiamo è che anche in questo le recessioni possono fare brutti scherzi. Un grande economista come Robert Frank (qui un suo articolo che sfiora questi temi)  ha avuto modo di sostenere come per capire i consumi delle persone bisogna guardare a quanto consumano coloro che vengono considerati facenti parte dello stesso gruppo sociale, ricco o povero che sia. Se tu sei un dentista (operaio) come me e consumi di più di me, io ne soffro (la cosa mi sminuisce) e reagisco indebitandomi, pur di apparire, nel mio tenore di vita, ricco come te. Nelle recessioni  è probabile che queste differenze di reddito interne ad una classe di persone con caratteristiche comuni si accentuino e che dunque si rischi di vedere precipitare il risparmio anche quando invece questo è necessario. Vedremo poi i dati tra qualche anno per decidere cosa ha prevalso in questa recessione, se la razionalità individuale o l’effetto imitativo.

Poi c’è la versione radicale della questione (pare sia di questa che si è parlato dopo). Che dice che è meglio se il reddito è più basso così sprechiamo meno. Ovviamente no. Si può vivere nella sobrietà anche in una espansione e personalmente credo che sia decisamente meglio che viverci, in espansione intendo, sprecando. Ma certamente è meglio vivere nella sobrietà con più ricchezza che con meno! Mi sembra Catalano, ma pare che la questione sia stata posta.  Il mio amico e collega Alberto Bagnai ha riassunto molto meglio la questione sul suo blog.

Aggiungo solo questo. L’idea che consumo e consumismo coincidano mi pare un’idea alquanto elitaria che non tiene conto della situazioni di difficoltà oggettiva in cui versano tanti. Tante persone povere possono avvantaggiarsi grazie ad una espansione di reddito che permette maggiori consumi  e maggiori opportunità di fare viaggi, conoscere, studiare e leggere di più e meglio, divertirsi di più (sì, anche questo è consumo!).

Ma, sinceramente, non me la sentirei nemmeno di condannare un ricco perché consuma di più di quello che gli pare a lui (purché non arrechi danno a me s’intende). De gustibus non est disputandum. Altra questione è quella, rilevantissima e politica, di quanta parte del suo reddito debba essergli sottratta per ridistribuirla ad altre famiglie e quanta parte dello stesso suo reddito deve essere incoraggiata (con tasse sul consumo ed incentivi al risparmio) ad essere risparmiata, a favore anche delle future generazioni.

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La maratona che non dobbiamo perdere

Eccoci qua, con l’euro in crisi mentre yuan cinese e yen giapponese firmano uno storico accordo di cooperazione internazionale. Insomma sì, i loro leaders che vedete nella foto. Come tra Francia e Germania, solo qualche decennio addietro, trattasi di due nemici acerrimi che si siedono al tavolo delle negoziazioni monetarie: Cina e Giappone, come riporta (mia traduzione) il Wall Street Journal (grazie  a @LemaSabachthani su Twitter per il suo suggerimento).

La Cina ed il Giappone annunciano una serie di accordi che promuoveranno lo sviluppo dello yuan cinese nel commercio internazionale e negli investimenti tra la seconda e la terza potenza economica mondiale, che limiterebbe in parte l’utilizzo del dollaro statunitense in Asia, il continente che si sta sviluppando di più al mondo. In particolare i 2 paesi hanno concordato di promuovere commerci utilizzando direttamente le 2 valute  yuan-yen invece che di passare per l’intermediazione del dollaro. Ma anche di promuovere la detenzione da parte giapponese di riserve valutarie (comunque dominate ad oggi dal dollaro statunitense) in yuan cinesi….

Come reagiscono gli Stati Uniti ad una tale mossa? Sempre su un articolo del WSJ si legge che “il tentativo di ridurre l’utilizzo del dollaro … potrà mettere in difficoltà le banche statunitensi che ne guadagnavano – affermano fonti ufficiali americane. Ma non dovrebbe, aggiungono tali fonti, dispiacere al governo Usa perché ciò è coerente con l’obiettivo del G20 e delle nazioni emergenti di fare dello yuan cinese una valuta più flessibile.

L’economista americano Morris Goldstein aggiunge che “questa non è una gara sprint, ma una maratona”. Esatto. Mi dice il mio amico Flaviano, esperto maratoneta, che durante i 42 km si formano spesso alleanze tra 2 dei contendenti per far saltare il ritmo ad un terzo, così da giocarsela poi all’ultimo miglio solo tra di loro.

Eppure noi europei dovremmo saperne di maratone, non è nata da noi?  Sappiamo come vincerle. A volte con un sacrificio supremo. Come quello di Filippide che morì  proclamando la vittoria o, come ricorda il poeta inglese Robert Browning cantando  che “Atene è salva”:

So, to this day, when friend meets friend, the word of salute

 Is still “Rejoice!”—his word which brought rejoicing indeed.

 So is Pheidippides happy forever,—the noble strong man

 Who could race like a God, bear the face of a God, whom a God loved so well;

 He saw the land saved he had helped to save, and was suffered to tell

 Such tidings, yet never decline, but, gloriously as he began,

 So to end gloriously—once to shout, thereafter be mute:

 ”Athens is saved!”—Pheidippides dies in the shout for his meed.

Un altro grande maratoneta era Helmut Kohl, cancelliere tedesco che prese la coraggiosa decisione di riunificare le due Germanie al tasso di cambio 1 a 1 tra marco occidentale ed orientale, salvando la Atene teutonica. Una scelta che non piaceva ai tedeschi ed ancora di meno alla Bundesbank protettrice della stabilità monetaria interna. Ma una scelta che lui prese, per il bene del “fratello più povero” e più in difficoltà. E cosa avvenne? Kohl fu rieletto, contro ogni aspettativa, da cittadini che ben compresero il suo progetto di lungo periodo, la coesione interna tra fratelli tedeschi che sottintendeva allo stesso e che sarebbe stata distrutta da decisioni di diverso stampo consigliate della banca centrale. Il Presidente della Bundesbank rassegnò le dimissioni. La Storia non si ricorda già più di lui.

La Cancelliera Merkel fronteggia una situazione molto simile. Essa non può rendersi conto del rischio di vedere sfumare il progetto dell’euro, con il potere geopolitico connesso ad esso, e soprattutto il progetto di fratellanza europea tra  centinaia di milioni di cittadini. Fratellanza tra 50 anni, certo, ma sempre fratellanza, tra i nostri figli. Se essa vuole essere quel leader che Kohl, suo padre politico, fu, se vuole entrare come lui nella Storia dovrà rischiare.

Signora Merkel, salvi Atene, salvi l’Europa, anche a rischio di perdere quei voti di quella Germania che non capirà. Io confido che ancora una volta i tedeschi capiranno e noi italiani daremo allora una svolta alle nostre politiche per far crescere insieme l’Europa terza potenza mondiale tra pari.

PS: Kohl fece molte maratone. Una di queste deve rimanere indimenticabile e deve essere insegnata in ogni liceo che si rispetti nei corsi di storia. Di quella meravigliosa gara rimane questa foto.

 

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Out of the Crisis. Learning from an Outstanding Nobel Prize: Government and Small Firms are Beautiful

Robert Solow, grande economista e premio Nobel per l’Economia, individua nelle piccole imprese e nella spesa pubblica le armi per il rilancio dell’Occidente. Due temi vietati in Europa, dove piccolo è brutto e spesa pubblica orribile. Che peccato non averlo qui, vicino ai nostri Ministri per consigliarli.

Listen to the guy Europe needs: Robert Solow, MIT.

 

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Mrs. Merkel’s marathon

While trust in the euro does seem to be persistently lacking, other mutual trust agreements are in the process of being made. Just like France and Germany, a few decades ago,  two arch-enemies are sitting at  the table of serious monetary negotiations: China and Japan. the Wall Street Journal reports (thanks to @LemaSabachthani on Twitter for her excellent help!) that:

China and Japan announced a series of deals that promote the use of the yuan in trade and investment between the world’s second- and third-largest economies, which would limit somewhat the use of the dollar in Asia, the world’s fastest growing region. Specifically, the two countries agreed to promote direct yuan-yen trade, rather than converting their currencies first to dollars, and also for Japan to hold yuan in its foreign-exchange reserves, which are now largely denominated in dollars…  

How will the US react to this move? In a related WSJ article one reads that “The attempt to reduce the use of dollars in yuan-yen exchanges might hurt U.S. banks, which make money from dollar transactions, officials said. But it isn’t likely to displease the U.S. government because it is in line with the goal of the Group of 20 industrial and developing nations to make the Chinese yuan more flexible, they added.” The US economist Morris Goldstein added that “this is a long-distance race not a sprint”. A marathon, that is.

In a marathon, often alliances are created, my expert friend Flaviano tells me, by two runners to make a third one lose rhythm and finally remain as the 2 sole contenders for victory.

We Europeans should be expert of marathons. We invented them. And we know how to win them. Sometimes it takes a major sacrifice. Like for Pheidippides, who died proclaiming “we won” and who in the words of the poet Robert Browning claimed that “Athens is saved”:

So, to this day, when friend meets friend, the word of salute

 Is still “Rejoice!”—his word which brought rejoicing indeed.

 So is Pheidippides happy forever,—the noble strong man

 Who could race like a God, bear the face of a God, whom a God loved so well;

 He saw the land saved he had helped to save, and was suffered to tell

 Such tidings, yet never decline, but, gloriously as he began,

 So to end gloriously—once to shout, thereafter be mute:

 ”Athens is saved!”—Pheidippides dies in the shout for his meed.

Another great marathon man was Helmut Kohl. He made a brave decision to save a united Germany when most of his voters and the Bundesbank were telling him not to unify East Germany at a 1 to 1 exchange rate between the respective currencies. He did it nonetheless. He did it to help the poorer brothers. He was re-elected against all odds by the German people that understood that fears of inflation  were minor compared to the damages of the potential fracture that could arise with neighboring East Germans. The Bundesbank President resigned. History does not remember him.

Kohl did more than one marathon.

No young student in Europe should graduate without asking his/her mother or father what THIS picture means.

Mrs. Merkel is running a similar risk. The chances of losing the euro project, the geopolitical power that comes with it and the future brotherhood  of hundreds of millions of European citizens must be in her mind if she is the leader that will remain in history like her political father, Kohl. Mrs. Merkel, save Athens.

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Ecco l’unico draft sul Fiscal Compact che gira(va) sulla rete

Draft-International-Agreement-on-a-Reinforced-Economic-Union (2)

Grazie a AG per averlo ritrovato, la URL era scaduta. L’articolo sulla riduzione del debito è l’articolo 4. Ovviamente non ho idea quale sia il suo legame con la versione su cui stanno lavorando i Governi nazionali.

This is the only version I could find, a few weeks ago on the web, of the EU Fiscal Compact. The url is now non existent, so obviously this version could differ from the one national Governments are working on.

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Breaking News: the Fiscal Compact is Being Written in Secrecy

The future of Europe was supposed to be one of a common state to guarantee peace within our borders, democracy, development, growth, power at the global level.

Our founding fathers got it right when they started with first things first. They argued that, after a war, we needed our people to get to know each other to avoid a new war. They created the single market, abandoning over time almost all tariffs and forms of protectionism, allowing growing people’s mobility and finally capital mobility too. It took almost half a century but, half a century later, we can say we did it: my generation flies way more to any of the EU-28 countries than the average previous generation did, we trade, debate, build together a way vaster array of things and services than our fathers did (internet and Ryan Air helped that too!).

Then we decided that to proceed further we should become more similar to one another. Brilliant. That meant a currency union, because what a currency union requires is that our spending patterns, our work practices and habits, our desire to learn new ways of producing and trading would converge gradually, unless  we want to cause a break-up of the euro union itself. We succeeded less in this endeavor for many reasons, one of them being that cultural convergence  across different nations takes time and in a globalized world time is a rare commodity, especially when hit by a recession of huge dimensions. So, what would have been needed, a feature that characterizes all States composed by different regions, is a risk-sharing agreement that would embed the need to help those regions that lag behind, whether for structural reasons or cyclical ones. While structural aid has been flowing to poorer regions of Europe, it is well-known that we have constructed a European constitution that does not provide for cyclical help. Greek citizens can tell you that. In a few months Italians too will be able to.

To the contrary, we are in the process of building a new addendum to the Constitution (UK-deprived)  called Fiscal Compact, that has nothing of a State compact: it does not provide for sharing but only for converging. No country’s Union of regions is built in this way and I expect we will pay dire consequences for this new Treaty.

But now there is a new twist to the dark side of this European Fiscal Compact in the process of being approved: it is a project that, in addition to its many defects, lacks totally transparency and a democratic slant in its construction.

I have just learned from a source that the new Treaty draft is in the process of being examined by national governments. I have also learned that the Italian Government is due to send its amendments by this coming December 29. I have finally learned that apparently Italian officials at the Ministry of the Economy are under the strict mandate not to reveal any of the proposals over which they are working.

Secrecy was apparently the name of the game a few centuries back for another important Constitution, the US one.  On May 25, 1787, a week later than scheduled, delegates from the various states met in the Pennsylvania State House in Philadelphia.  Among the first orders of business was electing George Washington president of the Convention and establishing the rules–including complete secrecy concerning its deliberations–that would guide the proceedings.  (Several delegates, most notably James Madison, took extensive notes, but these were not published until decades later.)

Almost 250 years later I think democracies have evolved to a point that such secrecy is no longer needed and is likely to be harmful. Why are Italian citizens and the press not aware of the deliberations of a Government, what is more made of non elected men and women, on a critical issue such a this one?

Do Italian citizens have something to say about the fact that after the signing of this Treaty we would be mandated (as to the last available, non official,  proposal) to reduce every year our debt over GDP by 1/20 of 60% ? I.e. that every year we would have to decrease our debt over GDP ratio by 3%? How could this occur in the current environment without causing the greatest recession that Italian citizens have ever witnessed?

These are issues that cannot be left in the hands of some enlightened individuals and bureaucrats. This is a primary concern of us, the citizens, and we should demand that such amendments are discussed publicly. If that will not occur a final wound will be added to a construction of peace, democracy and prosperity that every day that passes crumbles a bit more.

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Gioco di ombre. Salvate l’Europa per favore.

What do you see?  - Sherlock: Everything. That is my curse. Cosa vedi? – Sherlock: Tutto. E’ la mia maledizione.

Who are you?  -   Sherlock: Concerned Citizens.

Chi siete? – Sherlock: Cittadini che vogliono essere coinvolti.

Sherlock Holmes 2, Gioco di ombre.

Voi sapete che in questo momento i 17 Paesi dell’euro più altri Paesi (non il Regno Unito) dell’Unione Europea hanno deciso dopo il vertice di Marsiglia del 9 dicembre di aggiungere al trattato un Patto Fiscale (Fiscal Compact)? Penso di sì anche se la stampa non è che se ne stia occupando molto in questi giorni di feste.

Sapete anche cosa comporterà nei dettagli? Certamente no perché nulla circola. Qualcosa trovate sul sito del Consiglio Europeo.   Ma non tutto. Per esempio non trovate qualcosa che apparentemente ci sarà, la regoletta che ogni Paese che abbia un rapporto debito pubblico su PIL superiore al 60% (come l’Italia) dovrà impegnarsi a ridurlo ogni anno per 1/20 della distanza dal valore di riferimento. Per capirci: siamo oggi al 120%, del 60% superiore al valore di riferimento del 60%? Bene (mica tanto), ogni anno dovremo ridurlo del 60/20= 3 % ogni anno. Cioè ogni anno ci dobbiamo impegnare a ridurre di circa 40-50 miliardi il nostro debito (di più se siamo in recessione, con il PIL che cade).

Per capirci ancora meglio, la cosa sarebbe addirittura più dura di quel pareggio di bilancio che con il nostro appello a Monti abbiamo cercato di scongiurare. 3% di PIL di debito in meno ogni anno non è nemmeno pensabile poterlo fare con sole manovre di austerità rigoriste, anche se queste saranno – dopo l’approvazione di questa regola – addirittura più dure di quanto non lo sarebbero state con il solo obiettivo del bilancio di pareggio. Di fatto saranno un modo per obbligare i prossimi governi (e questo) a vendere i gioielli di famiglia, privatizzare il privatizzabile, da aziende strategiche a servizi pubblici locali a patrimonio pubblico. Nel momento peggiore per vendere, quando l’economia non tira. A casaccio, sotto la spinta dell’emergenza.

Insomma, questo patto fiscale è una rivoluzione vera e propria, se dovesse essere approvato con questi contenuti. Molti di noi, io per primo, sarebbero contrari perché aggrava la recessione e ci spinge a privatizzare non perché ci abbiamo ragionato sopra ma perché obbligati dalla fretta, come avvenne nei primi anni 90, una mossa rivelatasi col senno di poi disastrosa, visto che non solo non ha portato grande crescita, ma ha anche impedito di fare quello che più conta per i consumatori, le liberalizzazioni del settore (settori che, una volta privatizzati, erano in mano a privati che non ebbero nessuna intenzione di avallare liberalizzazioni che, introducendo maggiore concorrenza  e minori profitti, le avrebbero danneggiate. E così è andata). Molti di noi dunque vorrebbero esprimere un parere su di ciò, come giusto che sia in ogni democrazia.

Ed in effetti, come è corretto, pare (l’ho saputo da una fonte, mica perché è informazione pubblica) che i governi nazionali possono esprimere il proprio parere al riguardo presentando degli emendamenti. Ottimo, direte. Certo.

C’è un problema. Piccolo piccolo. La scadenza per consegnare gli emendamenti, mi dice sempre la mia fonte, è questo 29 dicembre, tra 3 giorni. Nessuno lo sapeva, vero? Già. La stampa o non lo sapeva o come a volte accade, non si rende conto dell’importanza della cosa. Oppure, lo sa bene, ma preferisce commentare a posteriori, quando è troppo tardi. Comunque sia è difficile essere come lo Sherlock Holmes del film, capaci di vedere tutto. Ma Dio sa se ce n’è bisogno. Ma torniamo a noi: che si può dire in 3 giorni nel dibattito per aiutare il nostro Governo a decidere per bene quali emendamenti meglio rappresentano i nostri interessi nazionali? Poco. Ma c’è di peggio.

La mia fonte mi ha detto un’ultima cosa. Che al Ministero dell’Economia, dove stanno studiando gli emendamenti da proporre, gira la voce che non se ne debba assolutamente parlare con l’esterno. L’esterno. Cioè noi. Noi cittadini.

Badate bene, non è questione se c’è o se non c’è la regola devastante del ventesimo ogni anno di debito PIL da ridurre. Anche se non ci fosse qui siamo alle prese con un problema non indifferente  di democrazia. Certo se ci fosse anche la clausola del ventesimo di debito e noi non ne sapessimo nulla potremmo certamente parlare di un gravissimo errore di questo Governo, se di errore involontario si tratta. Altrimenti di vero e proprio aggiramento del Parlamento.

Avete 3 giorni per manifestare e per richiedere di conoscere quali emendamenti il nostro Governo presenterà riguardo alla proposta di nuovo Trattato dell’Unione. Trovate voi i mezzi, io faccio fatica a fare appelli ogni 3 giorni. Ma il momento è cruciale e se di Europa trattasi deve trattarsi  di una Europa dei popoli e democratica e non di stanze chiuse e piene d’ombra anche se illuminate. Altrimenti addio Europa.

Elementare Watson.

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Pacco regalo e regalino piccolo piccolo

Non perché siamo vicini a Natale, ma forse sì, perché c’è bisogno di un segnale costruttivo di speranza.

Il mio amicoe collega Francesco Palumbo mi ricorda come: “nell’ambito della letteratura relativa al CRM (Customer Relationship Management) non si fa altro che ripetere che non v’è nulla di più costoso che recuperare un cliente/compratore disaffezionato e deluso dal tuo atteggiamento. “Anche se non è stata colpa tua o della tua azienda, datti da fare per risolvere i problemi dei tuoi clienti” è il monito che si trova in qualsiasi manuale di CRM. I nostri clienti erano i comparatori del nostro debito pubblico… e si fidavano di noi più di quanto non si fidassero della Spagna.”

Concordo con lui ed allargo la platea dei clienti ai cittadini-contribuenti che sono pronti in ogni momento a premiare chi fornisce servizi pubblici di qualità con la propria ammirazione, stima, manifestazione di interesse, voto.

Mi allega anche un saggio, “Customer Satisfaction and Stock Prices: High Returns, Low Risk” di Fornell ed altri, dove si mostra come il valore di clienti soddisfatti è costantemente sottostimato, generando rendimenti più alti con minori  rischi. Ma si mostra anche come, una volta persa, è difficile riconquistarsi rapidamente indietro la reputazione e come forti investimenti in trasparenza e misurazione oggettiva della qualità siano fondamentali.

Dai trucchi contabili greci sui derivati agli accordi finanziari ellenici con banche tedesche per comprare in maniera corrotta sottomarini abbiamo perso la capacità di convincere indiani e cinesi che il debito pubblico europeo è carta “buona” da comprare. Ci metteremo del tempo a ricreare la giusta fiducia degli investitori. Ma si può fare. Speriamo che nel 2012, per esempio, la BCE ed Eurostat ci rivelino la natura degli accordi derivati fatti 10 anni fa tra sistema bancario e governo greco: sarebbe uno splendido segnale per recuperare la reputazione perduta dei nostri controllori.

A casa nostra, speriamo che il 2012 ci porti una piccola cosa, piccolina piccolina dentro un pacco regalo ancora più bello. Che Monti decida di inserire una piccola norma che nessuna gara d’appalto è giuridicamente completa e che nessun contratto con fornitore può essere perfezionato se esso non è stato registrato in un datawarehouse centralizzato in cui sono disponibili in tempo reale tutte le informazioni su cosa è stato comprato, a che prezzo, in che giorno, dove, da chi, per quali quantità. Come in tutti paesi civili del mondo (oggi i dati arrivano anche, incompleti, con 3-4 anni di ritardo). A quel punto si dia, ecco il pacco regalo, la capacità di monitorare questi dati ed agire controllando le anomalie negli acquisti, alla nuova Agenzia Anti Corruzione il cui disegno di legge (seppure insufficiente) giace da tempo in Parlamento negletto ed abbandonato (il Ministro Severino ha accennato a qualche novità al riguardo, ma troppo blandamente ancora).

Basterebbe questo perché il 2012 fosse ricordato per il crollo degli spread.

Auguri a tutti.