Il mio pezzo di oggi sul Sole 24 ore.
*
La posizione di Matteo Renzi sul Fiscal Compact, meritevolmente ripresa dal Sole 24 Ore, rappresenta una mossa nuova e dirompente che aiuta anche a meglio comprendere quale sarà il contributo italiano alla complessa dinamica negoziale sul futuro dell’Unione europea, che avrà inizio all’indomani della conferma elettorale della Signora Merkel in autunno.
Non è da escludere che dietro tale mossa del segretario del PD si celi l’aspettativa che proprio l’attuale Cancelliera intenda imprimere una svolta politica verso una minore dose di austerità, convinta (come pare ora essere) che l’Europa debba ormai cavarsela da sola e non possa permettersi di perdere ulteriore tempo con beghe e rallentamenti interni quando ci si attende invece dal Vecchio Continente un contributo di supplenza, a fronte di un’America che pare almeno in parte voler ritrarsi dallo scacchiere mondiale.
Eppure non può sfuggire come in questi stessi giorni il Movimento 5 Stelle e la Lega stiano anch’essi giocando con l’idea di ridirigere i loro consueti strali anti-europeisti verso il Fiscal Compact, abbandonando la battaglia – irrealistica ma non per questo meno pericolosa – di uscire dall’euro.
La domanda sorge allora spontanea: è possibile conciliare una posizione chiaramente europeista con una di lotta al Fiscal Compact? La sfida che attende l’ex Premier in tal senso è triplice: avere una posizione di politica economica difendibile nella sostanza prima e nella forma poi e convincere infine i suoi alleati europei (e con loro i mercati).
Paradossalmente la parte più facile sarà quella che alcuni anni orsono sarebbe parsa a molti la più complessa: argomentare come il Fiscal Compact stia contribuendo non alla ripresa ma al rallentamento ciclico del nostro Paese ed al peggioramento dei nostri conti pubblici. Eppure non vi sono molti più dubbi ormai a tal riguardo: non è pensabile che annunci ripetuti e periodici nel tempo di riduzione di spesa (spesso produttiva, basta vedere al crollo degli investimenti pubblici in questi anni) ed aumenti di tasse di 40 miliardi nel giro di tre anni (a tanto ammontano le richieste incorporate dal Fiscal Compact all’Italia) non abbiano tagliato le gambe anche al più ottimista degli imprenditori. Da qui nasce la lentissima ripresa degli investimenti privati, depressi da un pessimismo imperante sullo stato dell’economia nazionale, in assenza non solo di sostegno della mano pubblica, ma anzi di ritirata precipitosa di questa proprio quando più è necessaria; con in più un debito pubblico che si ostina a non diminuire a causa della mancata crescita. Piuttosto, sarebbe bene che Renzi guardasse con attenzione all’evidenza empirica su cosa funziona in casi di crisi da domanda come quella che attanaglia il nostro Paese: scoprirebbe che gli investimenti pubblici, in questa fase, sono un cannone ben più potente della riduzione delle tasse, perché attivano immediatamente la domanda alle imprese – specie nel settore delle costruzioni – e la loro produttività – con il supporto alla scuola, alla ricerca e allo sviluppo.
All’accusa formale che gli verrà certamente rivolta di porsi in antagonismo con i Trattati europei, non potrà che opporre di voler rimanere invece fedele al padre nobile del Fiscal Compact, ovvero il Trattato di Maastricht. Tenersi all’interno (2,9%) di quella forchetta del 3% del PIL per il deficit che rispettammo miracolosamente nel 1998 per entrare nell’euro gli permette astutamente di fare una seconda richiesta, che ha a che vedere con la durata della politica del deficit al 2,9%: visto che “non sforiamo” (il 3%), sarà essenziale rimanervi il più a lungo possibile per abbattere una volta per tutte il pessimismo. Il Premio Nobel Sims aveva esclamato, riferendosi all’Europa: «si richiede una politica fiscale che sia espansiva ora, senza impegnarsi né a tagliare nel futuro la spesa né ad aumentare le tasse future… Si richiede al sistema politico che prenda impegni per periodi lunghi e che vi aderisca senza cambiare idea, cosa veramente difficile per i politici.» Non per Renzi, che sembra aver accettato la sfida e lanciato il guanto di sfida al Fiscal Compact?
Rimane una questione più difficile da gestire: come convincere i nostri partner europei ed i mercati della bontà di una politica volta così fortemente alla ripresa degli investimenti pubblici e dunque della spesa? Solo affiancando all’abbandono del Fiscal Compact una seria politica di spending review, mai avviata nei fatti e strategica anche per rassicurare i nostri partner europei sulla qualità della nuova spesa per investimenti. Saprà Renzi cambiare idea sulla necessità di una vera spending? Avendolo lui già fatto – e gliene va reso atto – contro il Fiscal Compact, non dubitiamo che possa rinnovarsi anche in tale campo.
Insomma, una proposta dirompente sì, ma che, se ben attuata e comunicata, può rivelarsi la cartina al tornasole di un’Europa che vuole proseguire il suo cammino unita dalla solidarietà.
12/07/2017 @ 07:40
Ma quale “mossa nuova e dirompente”?
E’ il solito vecchio gioco del fiutare l’aria e adeguarsi al vento che gira. E’ solo l’ennesimo tentativo di scendere dal carro dei perdenti.
Questa gentaglia sa pefettamente di aver messo l’Italia su una rotta che ci porterà al disastro e adesso, in vista delle elezioni, tenta di rifarsi una verginità (vedi anche il mutato atteggiamento sull’immigrazine) per evitare il proprio fallimento politico.
12/07/2017 @ 10:41
Fiscal compact/1 – Regole del fiscal compact
Alla faccia delle regole, che come sempre succede (la famosa legge dei rapporti di forza) si applicano ai nemici e si interpretano per gli amici. Altri Paesi UE (tra i quali la Francia, rappresentata dal Commissario all’Economia Moscovici, il quale, anziché mettere in riga la Francia e la Spagna, fa il maestrino severo con l’Italia) se ne sono letteralmente fregati per 9 anni (dal 2008 al 2016) sia del fiscal compact (equilibrio strutturale dei conti) che del trattato di Maastricht (deficit massimo al 3%); la Commissione europea lo ha consentito, discriminando l’Italia, trattata come un piccolo Paese reprobo (cosa smentita dai numeri), come dimostrano i dati Eurostat.[1]
Anche per il salvataggio delle banche, la Francia, la Germania e l’Olanda hanno salvato le loro con ingenti fondi pubblici (attestati dal deficit e dall’aumento del debito) e talvolta – vedi il caso Grecia – scaricandone l’onere su tutti i Paesi UE; poi, hanno introdotto il bail-in ed hanno detto all’Italia, quando le sofferenze bancarie, a causa del prolungarsi della crisi determinato dalla politica economica restrittiva imposta all’Italia dall’UE, si sono sestuplicate: arrangiati.
I politici italiani, con scarsa autostima, hanno sottoscritto tutto (fu il debole Berlusconi, nel Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011, a negoziare e ad accettare il fiscal compact – che peraltro fu resa condizione necessaria per poter beneficiare, ove occorresse e lo si richiedesse, dell’aiuto del MES -, poi votato e introdotto in Costituzione nel 2012 durante il governo Monti, col voto favorevole di PDL, PD e Scelta Civica); o l’unione bancaria, monca del terzo pilastro (condivisione dei rischi).
Ora i sedicenti socialisti europei alla Moscovici e alla Dijsselbloem vorrebbero ripetere la storia matrigna con l’inserimento del nefasto fiscal compact nei trattati UE.
E il ministro dell’Economia italiano burocrate prudente Padoan, latore dei desiderata-diktat dell’UE, anziché appoggiare la provvidenziale e decisiva (poiché per modificare i trattati, inserendovi il fiscal compact, occorre l’unanimità) intenzione del suo ex premier, Matteo Renzi, fa as usual un po’ il pesce in barile.
[1] EUROSTAT – Deficit/Pil
……………….2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016
Italia………..-1,5…-2,7….-5,3…-4,2…-3,5…-2,9..-2,9…-3,0…-2,6…-2,4
Francia……-2,5…-3,2….-7,2…-6,8…-5,1…-4,8…-4,0…-4,0…-3,5…-3,4
Spagna……+2,0..-4,4..-11,0..-9.4…-9,6..-10,4..-6,9…-5,9…-5,1…-4,5
Gran Br……-3,0..-5,0..-10,7…-9,6…-7,7…-8,3…-5,6…-5,6…-4,4…-3,0
Germania…+0,2..-0,2…-3,2…-4,2…-1,0..-0,1…-0,1..+0,3..+0,7….+0,8
Olanda …..+0,2..+0,2…-5,4…-5.0…-4,3…-3,9..-2,4..-2,3…-2,1….+0,4
http://ec.europa.eu/eurostat/tgm/table.do?tab=table&plugin=1&language=en&pcode=teina200
12/07/2017 @ 10:43
Fiscal compact/2 – Fiscal compact e missione ( = obiettivo strategico) dell’UE
E’ agevole notare che, a dispetto dell’impronta ideologicamente connotata in senso ordoliberista dei Trattati UE e contrariamente alla loro interpretazione maistream neo-liberista ostinatamente propalata stravolgendo spesso la lettera e lo spirito delle norme, la lingua, la matematica, la logica e perfino i fatti, la deduzione che rifiutare il fiscal compact sia contravvenire ai trattati UE è arbitraria, non avvalorata da una semplice lettura dell’intero testo del Trattato, in particolare l’art. 3 del TUE, che, in aderenza ai “valori” contenuti nel preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali, ribadisce i principi fondamentali del governo dell’Unione Europea, finalizzandolo a due obiettivi prioritari: la piena occupazione e il progresso sociale, essendo la stabilità dei prezzi o l’equilibrio dei conti pubblici, al massimo, dei meri sub-obiettivi, da armonizzare con la missione dell’Unione europea.
[Art. 3. L’Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (pubblicati on line il 27 febbraio 2013)
http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/08/st06/st06655-re07.it08.pdf.
12/07/2017 @ 11:05
Ripropongo la tabella dei dati EUROSTAT (sperando che vada meglio).
[1] EUROSTAT – Deficit/Pil
……2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016
It….-1,5..-2,7..-5,3..-4,2..-3,5..-2,9..-2,9..-3,0..-2,6..-2,4
Fr…-2,5..-3,2..-7,2..-6,8..-5,1..-4,8..-4,0..-4,0..-3,5..-3,4
Sp..+2,0..-4,4.-11,0..-9.4..-9,6.-10,4.-6,9..-5,9..-5,1..-4,5
GB.-3,0..-5,0..-10,7..-9,6..-7,7..-8,3..-5,6..-5,6..-4,4..-3,0
Ger.+0,2.-0,2..-3,2..-4,2..-1,0..-0,1..-0,1..+0,3..+0,7..+0,8
Ol…+0,2.+0,2..-5,4..-5.0..-4,3..-3,9..-2,4..-2,3..-2,1..+0,4
http://ec.europa.eu/eurostat/tgm/table.do?tab=table&plugin=1&language=en&pcode=teina200