Capisco la strategia di Renzi in questo modo.
Sul fronte della “qualità”, ragiona con il motto dell’economista: 2 obiettivi da raggiungere con 2 strumenti. Il dissenso interno sulle riforme (che comprende le mie perplessità per una riforma del lavoro che non capisco) lo gestisce con la carta della minore tassazione che fa tacere tutti o quasi sui redditi più bassi. Il dissenso esterno dei tedeschi sulle minori tasse lo gestisce con le riforme annunciate. Strategia intelligente, fino a quando dura, ovvero fino a quando non si toccano con mano i provvedimenti concreti e, soprattutto, il loro impatto.
E’ quello il vero banco di prova.
Ed è proprio di questo che voglio scrivere. Sul fronte della quantità noto, potrei sbagliarmi, una strategia più significativa. Il menzionare esclusivamente davanti alla Merkel il “vecchio” Trattato di Maastricht e non il suo più “giovane” (e meno intelligente) successore (il Fiscal Compact) da parte di Renzi (“staremo sopra il 3% come deficit-PIL) è un modo per non parlare della vera questione, ovvero del saldo strutturale corretto per il ciclo richiesto come obiettivo di medio termine, e quindi vincolante, dal Fiscal Compact.
E’ qui che si gioca la vera partita. Saccomanni per il 2015 l’aveva posto pari a zero e la Commissione europea lo valuta a -0,9% di PIL. 15 miliardi di differenza. Un abisso che separa una recessione o l’assenza della stessa.
L’enfasi di Renzi via dal Fiscal Compact e dal saldo strutturale fa pensare che abbia negoziato con la Germania un rientro verso lo zero ritardato nel tempo rispetto a Saccomanni. Il livello di tale saldo strutturale 2015 nel DEF tra poche settimane sarà dunque il nostro metro per giudicare la forza contrattuale di Renzi e la disponibilità della Germania a abbandonare sensibilmente i suoi piani di austerità.
Magari intonando in coro, insieme - per i mercati che seguono come pecoroni i veri leader – “l’Italia è stabile perché sta sopra il 3%”. Evviva!
Attendiamo dunque al varco del vero banco di prova il Governo Renzi. Manca poco.
19/03/2014 @ 14:41
Io credo che quello che accadrà sarà una marcia indietro di Renzi, magari gli permetteranno di salvare un pò la faccia con l’impegno che si facciano le riforme che vogliono a Bruxelles ovvero: riduzione delle protezioni sul lavoro con sostanziale possibilità di ridurre i salari attraverso la precarizzazione del lavoro; una forte stagione di privatizzazioni a prezzi scontati.
Lei è un economista e comprende meglio di me cosa significa. Lavoro più precario=contrazione del mercato interno=diminuzione del PIL (che che dica il dott. Squinzi)=peggioramente del rapporto Deficit/PIL e Debito/PIL. Privatizzazioni = perdita di sovranità, aumento dei costi dei servizi e diminuzione delle prestazioni.
Con questi presupposti pensare che si possa rimanere in europa è assurdo. Per non parlare del Fiscal Compact che ci obbligherà a sottrarre alla ricchezza nazionale decine di miliardi ogni anno. Certo si potrebbero fare altre cose per salvare l’europa e sarebbe molto bello, ma bisogna essere tutti d’accordo e non mi sembra che sia così lassù al Nord. Allora prima che ci mastichino e ci impoveriscano, meglio uscire noi alle nostre condizioni (se ancora possiamo dettarne).