Dalla Relazione Annuale di ieri dell’ANAC presieduta da Raffaele Cantone leggiamo questo passo drammatico nella sua chiarezza rispetto all’andamento delle gare pubbliche in Italia:
La figura 6.5 evidenzia come nel … quinquennio 2011-2015 il valore medio dei lotti per tipologia di contratto, (e) vede rispetto al 2011 un aumento cospicuo dell’importo medio per i servizi e per le forniture (+85,0% e +50,5%) …. Tali dati sono abbastanza coerenti con le evidenze degli ultimi anni che vedono la riduzione del numero delle procedure di affidamento associarsi a un maggior importo a base di gara, per effetto soprattutto di appalti banditi da centrali di committenza e SA di grandi dimensioni.
È confermata, altresì, la tendenziale riduzione del numero di gare dal 2011 che trascina con sé, in modo quasi perfettamente parallelo, il numero dei lotti. Nel 2015, infatti, il numero totale dei lotti (131.665) è pari a circa il 73,7% di quelli del 2011 (178.656), mentre il numero totale di gare del 2015 (108.849) è pari a circa il 70% del numero di gare del 2011 (155.586). Pertanto, il numero medio di lotti associato a ciascuna gara rimane sostanzialmente costante.
Si conferma, come nel recente passato, che la stabilizzazione degli affidamenti e l’aumento dei valori a base di gara non sembrano essere accompagnati da un incremento significativo del numero dei lotti. Pertanto, le procedure bandite dalle SA hanno ad oggetto lotti di importo mediamente più elevato, che hanno raggiunto nel 2015 il valore medio più alto degli ultimi cinque anni.
Sembra, quindi, che anche per questo anno continui a valere la considerazione per cui la struttura della domanda non sia particolarmente favorevole alla partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) al mercato degli appalti pubblici.
In un anno sia le gare di servizi (viola) che le gare di forniture (rosso) hanno visto una crescita media del 20%. Del 20%, incredibile. Una mazzata per le piccole imprese, che si vedono sottrarre ogni anno di più l’ossigeno essenziale, specie in questi tempi difficili, della domanda pubblica per rafforzare la loro competitività e prepararsi alla globalizzazione. Un tessuto industriale, specie quello italiano, basato sulle PMI, viene affondato da scelte specifiche del nostro legislatore, con la sua spinta verso le centrali di committenza. Il numero di lotti non cambia, le gare crescono, contro il dettato delle Direttive Europee. E’ come se il giardiniere, in tempo di siccità e di scarsità d’acqua, orientasse il suo getto verso le piante grandi che pescano con le loro lunghe radici l’acqua sotto terra dove ce n’è ancora, piuttosto che verso le piante più giovani e fragili, ma più promettenti per arricchire il giardino di nuovi colori, che moriranno in assenza di acqua. Che tristezza infinita.
Tanto più che nello steso momento, al di là dell’Atlantico, c’è un giardiniere saggio che non finisce di abbeverare le sue piccole piante, che crescono. Ecco cosa è avvenuto negli anni della crisi in Ohio, Stati Uniti, dove un Governatore saggio e una legislazione attenta stanno facendo esattamente l’opposto che in Europa, aumentando le quota di appalti riservate alle piccole imprese (in questo caso detenute da minoranze etniche). Il loro giardino fiorirà e diventerà florido.
Chiedo che la Commissione Europea si interroghi immediatamente su questo disastroso trend italiano, permesso da una sado-masochistica voglia di risparmiare qualche spicciolo oggi per perderne a valanga domani. Fermi, la Commissione Europea che a parole si dice vicina alle PMI, questo scempio del Governo Renzi e dei suoi predecessori.