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Uscita di sicurezza per l’Europa

Non è solo Brexit che preannuncia la fine dell’Europa. E’ il prossimo voto austriaco, forse più temibile ancora, figlio dell’intolleranza perché abbiamo creato con la nuova Costituzione europea fiscale una assoluta distanza da chi soffre. La storia ce lo ha insegnato, noi lo abbiamo dimenticato.

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L’incendio nel Cinema Europa, mentre guardiamo beoti il film romantico di un’Unione Europea di cartapesta, prende vigore. Dobbiamo scappare, trovare un’Uscita di Sicurezza per l’Europa, non per l’Unione europea. Dobbiamo, come dice il mio amico Thierry Vissol della Commissione europea, coltivare l’europeità, non l’europeismo.

Un’”Uscita di sicurezza“. Riprendo i racconti brevi di Ignazio Silone, nel volume dallo stesso titolo, sicuro di trovarvi le giuste parole.

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Eccole. Sappiamo bene che l’Europa è sparita, lasciando spazio solo all’Unione europea, quando si è cominciato a costruirla su teorie e non valori. Teorie elaborate da tecnici seduti sui banchi delle università e non della vita. Ecco cosa Silone aveva da dire su questo:

«Quanto più le teorie … pretendono di essere scientifiche, tanto più esse sono transitorie; ma i valori … sono permanenti.

La distinzione tra teorie e valori non è ancora troppo chiara nelle menti di quelli che riflettono a questi problemi eppure mi sembra fondamentale.

Sopra un insieme di teorie si può costituire una scuola e una propaganda; ma soltanto sopra un insieme di valori si può fondare una cultura, una civiltà, un nuovo tipo di convivenza tra gli uomini.» Una Europa.

Rimane da capire quali valori.

Ma anche qui aiuta la lettura di Uscita di Sicurezza, il primo racconto, Visita al carcere.

Racconta di un figlio. E di un padre. E dei valori che il secondo cerca di instillare al primo, sin da piccolo, quando lo avverte:

«Non si deride mai un detenuto» disse mio padre

«Perché no?»

«Perché non può difendersi. E poi perché forse è innocente. In ogni caso perché è infelice … aveva piuttosto l’aria di un derubato»

Anni dopo, il figlio è cresciuto. Lavora nei campi, col padre. Quest’ultimo ha dimenticato il tabacco a casa, ha bisogno di fumare. Il figlio attende che passi qualcuno per strada per chiedere un mozzicone per il padre. Ha una moneta in mano. Si avvicina un contadino, un umile. Questi gli dona il mezzo sigaro che ha in bocca.

«Non accettate la moneta? Perché?» gli chiesi

«Un mezzo sigaro lo si regala, oppure lo si rifiuta» disse il contadino

Già, la solidarietà non si cura del denaro. Si dà.

Qualche tempo dopo, il destino riavvicina chi si scambiò solidarietà e un mezzo sigaro:

Una sera, con le Favole di Fedro sulle ginocchia, vidi passare, ammanettato tra 2 carabinieri, proprio quell’uomo del mezzo sigaro.

«Bisognerebbe portargli qualche regalo» propose mio padre

«Il meglio sarebbe qualche sigaro» io suggerii

«Eccellente idea» disse mio padre.

Funziona così una società di diversi messa in comune. Con il valore della solidarietà, che non si nega, che non si negozia, che sempre viene ripagata, con gli interessi, positivi, gli interessi della solidarietà. Tutto il resto, ce lo insegnano le favole di Fedro, finisce per essiccarsi, spezzarsi, morire.

Non credo ci sia molto più tempo. Questo blog sta perdendo la sua utilità, manca l’ossigeno, si soffoca, il fumo dell’incendio ci sta penetrando nei polmoni. L’uscita di sicurezza, per favore, è lì, a portata di mano.

8 comments

  1. La solidarietà esiste a prescindere dal denaro, anzi spesso in contrapposizione al suo utilizzo.
    L’UE è costruita sul denaro, col denaro, per il denaro.
    Amen

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  2. Antonello S.

    02/07/2016 @ 16:34

    Il Parlamento Europeo ha già invitato a parlare nella sua Aula (con quale titolo?) colui che ci indicherà come trovare l’uscita di sicurezza…

    http://it.euronews.com/2016/06/30/soros-e-la-brexit-un-terremoto-da-cui-nascera-un-europa-migliore/

    Ma perchè invece di un conflittuale ed impossibile matrimonio non ci accontentiamo di una pacifica convivenza come fanno tutte le altre Nazioni del globo, basato su accordi commerciali, culturali e sociali di reciproca e concordata convenienza, senza cedere il nostro destino alle irrevocabili ed ingiudicabili decisioni di un manipolo di burocrati dal mandato elettorale molto discutibile?

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  3. Non credo che ci sia qualcuno disponibile ad ascoltare parole di solidarietà fra i burocrati europei.
    Questo blog acquisterebbe ancora maggiore utilità una volta che ci si renderà conto che è arrivato il momento di denunciare per nome e cognome con toni forti chi ci impedisce l’accesso all’uscita di sicurezza.

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  4. Rolando Bagnoli

    03/07/2016 @ 14:53

    E’ si si avvicina l’epilogo; ma purtroppo credo che non sarà come auspica Antonello, credo che sarà molto ma molto peggio. Unica soluzione è la ribellione dei popoli europei che portino al cambiamento radicale di questa unione ma, forse, ormai, è utopia.

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  5. Egregio Dottor Piga,
    seguo da tempo il suo blog perché, nonostante alcune fondamentali divergenze, ritengo la sua analisi sempre interessante. Ho commentato raramente, non sono un “troll”, un disturbatore seriale, ma a questo post non so resistere.

    Speravo nella Brexit perché l’EU è economicamente e socialmente malefica, oltre che non democratica, quindi mi auguro sparisca al più presto. Tuttavia non credo lo sia stata con il Regno Unito dove penso abbiano maggiore responsabilità le politiche liberiste iniziate dalla Thatcher e proseguite dai successivi governi, compreso il “laburista” Blair.

    L’europeità, invece dell’europeismo è un espediente retorico. L’europeità non è un valore. Valori sono la capacità di convivere democraticamente e pacificamente, di cooperare, di rispettare gli altri popoli europei o meno. Europeità è dare qualche pennellata per rinfrescare il mostro di cartapesta. Un mostro che ha saputo creare solo sofferenza, divergenza, odio e ingiustizie. Un mostro il cui vero nome è liberismo.

    Le politiche keynesiane non sono buone solo per risolvere le sciagure causate dal liberismo. Sono buone sempre, mentre il liberismo non è buono mai e per nessuno, nemmeno per quelle élite che nel breve periodo ne traggono beneficio a danno della comunità.

    Oggi scrivo perché non posso credere che un economista disconosca il valore scientifico della disciplina economica. I valori (o i disvalori) orientano le scelte politiche, ma nulla di quanto accade non era previsto in economia. Qualsiasi istituzione deve essere guidata da economisti capaci che sappiano rappresentare i valori e gli interessi della comunità. Il problema dell’EU non è la teoria economica, sono stati economisti e politici che hanno deliberatamente e continuamente tradito il loro mandato. L’UE è un’istituzione creata proprio per essere svincolata dalla politica: chi comanda non è eletto, chi è eletto non conta nulla. Cambiarla dall’interno con sistemi democratici non è possibile. A questo si aggiunga che MAI le élite tedesche accetteranno di ridistribuire gli utili che traggono grazie all’euro. Un’etnia dalle mille virtù ma totalmente priva di visione politica, economica e di leadership rende impossibile anche solo una “dittatura” illuminata.

    Ma scrivo anche perché da ogni suo post trapela un sentimento di solidarietà che assomiglia alla commiserazione per gli inferiori. Non ci sono superiori che devono essere caritatevoli, nè inferiori che devono vivere di elemosina. La grandezza di Keynes è stata anche quella di aver liberato l’economia da insensati moralismi e da richieste di elemosine.

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    • Cito:

      “Ma scrivo anche perché da ogni suo post trapela un sentimento di solidarietà che assomiglia alla commiserazione per gli inferiori.”

      E’ vero ma il contraltare di questo atteggiamento nella sinistra anti europea è la totale incapacità di comprendere le ragioni della piccola impresa. Trovatemi un sito di sinistra (quella vera) che parli di piccola impresa e viceversa. E’ una versione un po’ semplificata della mano invisibile: ognuno per sé e Dio per tutti…le élites nel frattempo si fregano le mani…

      A me sembra ovvio che l’unico spazio politico praticabile è quello di un movimento che rappresenti e armonizzi le istanze di queste due classi sociali, lavoratori e piccola impresa, che sono storicamente in competizione ma che oggi si trovano di fronte a un nemico comune.
      I lavoratori si preoccupano esclusivamente di aumentare le loro tutele mentre i piccoli imprenditori sono ossessionati dall’idea che le tasse andrebbero diminuite (e per lo più che la spesa pubbica dovrebbe essere tagliata, non si sa bene a quale fine dato che le due misure insieme sono recessive – ma ci tengono moltissimo).
      Da questa reciproca incomprensione e soprattutto disinteresse nasce la situazione attuale in cui nonostante ci troviamo quasi al decimo anno di crisi non solo non c’è ancora un partito in grado di opporsi in maniera credibile e efficace alla austerità e alla mentalità anti solidaristica delle tecnocrazie europee ma non sono nati degli ideali nuovi capaci di superare il fatalismo, di fondo opportunistico, del post moderno.

      Se il professore volesse parlare di questo problema potrebbe nascere una discussione interessante.

      Reply
    • Grazie Andrea. Non credo che cambierebbe molto fuori dall’Europa, i movimenti liberisti come li chiama lei sono onnipresenti. E’ una battaglia politica che va combattuta comunque, meglio nell’euro e nell’Europa, facciamo una fatica in meno.
      E non è vero che l’Europa è nata così e deve essere così: si è evoluta così per motivi politici e con la politica può mutare.
      Sulla solidarietà, lei tocca un punto importante: no, la mia non è la solidarietà commiserevole di chi vuole un salario per tutti, quella che Roosevelt chiamava giustamente un “narcotico, un sottile distruttore dello spirito umano”. No è solidarietà dove c’è uno scambio equo tra lavoro e remunerazione, tra due parti di uguale spessore e dignità. Se conosce bene il blog sa che l’elemosina sono altri a volerla. Poi certo, guarda un po’, siamo finiti in un mondo dove chi chiede solidarietà viene scambiato per chi chiede elemosina, la dice lunga sulla evoluzione della semantica nella crisi.

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  6. Vero, molte cose mascherano intenzioni assai diverse da quelle sbandierate con tanto fervore, quando la solidarietà diventa un trucco per possedere “l’altro” in difficoltà, dal singolo individuo ad intere popolazioni fino a vedere Stati e Nazioni che esercitano nel nome degli aiuti la freddezza e l’arroganza di un business cinico ,un calcolo strategico e ben pianificato, un vero impulso verso il potere e verso il possesso.
    Dare pari opportunità e scambio equo tra le due parti, come lei giustamente sottolinea, significherebbe abolire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo,per dare forza ad una solidarietà cosciente ed evoluta dove tutti cooperino volontariamente per il benessere di tutti.
    Non sarebbe un utopia, ma un esperienza più profonda un principio fondamentale che starebbe a sostenere una società sana un principio di umanità. Purtroppo sono molte le cose giunte a tradire il proprio essenziale significato.
    Non so davvero quale sorte ci stiamo conquistando così dissennatamente, poiché quell’uscita di sicurezza tutti sanno molto bene dove sia situata, talmente bene da metterci davanti una bella spranga. Non siamo tutti uguali Professore, non credo più all’ignoranza ma a mostri con manie di personalismo e sopraffazione divenuti abili nell’introdursi tra gli idealisti, abili ad emulare valori e a prendere con prepotenza tra le mani la fiaccola della giustizia senza vederne la luce.
    un saluto caro

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