Alcuni hanno giudicato la mancanza di miglioramenti come prova che la crisi finanziaria ha causato danni strutturali all’economia, rendendo gli attuali livelli di disoccupazione insensibili ad addizionali stimoli monetari… Tuttavia, se osservo qualsiasi precedente recessione avvenuta negli Stati Uniti dalla seconda guerra mondiale in poi, il tasso di disoccupazione è sempre rientrato al suo livello pre-recessione, e, malgrado la recente recessione sia stata inusualmente profonda, vedo poca evidenza in questi ultimi anni di cambiamenti strutturali.
Ben Bernanke, ex presidente della banca centrale Usa, 2012.
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Quando la disoccupazione effettiva nell’economia cambia ciò può derivare da effetti ciclici di breve periodo che non lasciano tracce nel lungo periodo o da fattori strutturali che tendono a permanere.
Distinguiamo come economisti quindi tra disoccupazione ciclica e disoccupazione strutturale, quest’ultima essendo quella a cui tende naturalmente l’economia, a causa dei suoi pregi e difetti appunto, strutturali. Il legame tra queste due forme di disoccupazione? Quando l’economia genera una disoccupazione ciclica, se questa è superiore (inferiore) a quella strutturale salari e prezzi cominciano a calare (salire).
A che serve questa distinzione? E’ fondamentale per capire se la politica economica deve o non deve intervenire.
Per esempio, dovunque si tema la ripresa dell’inflazione, ci si sforza con grande attenzione affinché il tasso di disoccupazione effettivo non tenda ad essere inferiore a quello strutturale, perché tipicamente ciò porterebbe i prezzi a salire e l’inflazione a sfuggire di mano, facendo ben presto svanire la maggiore occupazione (tramite aumenti delle rivendicazioni salariali) e lasciandoci in un ambiente instabile come negli anni 70.
Ma cosa succede se la disoccupazione effettiva invece sale al di sopra di quella strutturale? Che si possono fare politiche economiche espansive (monetarie e fiscali) senza temere che queste generino inflazione e con la certezza, anzi, che aiutino a riportare il livello di disoccupazione al suo livello naturale.
Tutto ciò presume che si possa misurare la disoccupazione strutturale. Ma, problemino non da poco, i mezzi a disposizione di noi economisti per farlo sono limitati e si possono fare errori. Per esempio si può confondere un aumento di disoccupazione dovuta meramente al ciclo con un cambiamento strutturale.
Ecco spiegata la frase sopra di Bernanke, che si difendeva da chi lo attaccava perché continuava a pompare moneta nell’economia. “Smettila di farlo” – così i suoi critici – “la disoccupazione Usa è alta perché è alta quella strutturale, e tu, così continuando a comportarti, farai schizzare verso le stelle l’inflazione”.
Aveva ragione Bernanke, che non credeva a questo ragionamento, attribuendo invece l’alta disoccupazione Usa solo a fenomeni ciclici. Continuò a fare politiche in aiuto dell’economia, l’inflazione non mutò, e la disoccupazione che era dunque ciclica tornò al suo livello strutturale che non era cambiato a causa della grande crisi finanziaria del 2007. Salvando il paese da una stupida sofferenza prolungata ed unendo il Paese attorno alla sua bandiera di solidarietà.
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Eccoci in Europa. Dove, come negli Usa, ci si preoccupa di calcolare – a livello di Commissione europea – la disoccupazione strutturale perché si vuole evitare che le politiche economiche generino inflazione, mettendo in difficoltà la BCE. Siccome la politica monetaria è in mano alla BCE, mi direte, qual è il problema?
Che domande, ovviamente la politica fiscale, in mano a quei cattivoni dei governi nazionali. Che potrebbero, vedendo crescere la disoccupazione, argomentare che quest’aumento è dovuto a fattori ciclici e che quindi bisogna fare più deficit per aiutare l’economia (senza minacce per l’inflazione). “Ma se l’aumento della disoccupazione fosse dovuto invece a fattori strutturali i governi farebbero più spese e meno tasse solo per illudere gli elettori, mettendo a rischio la stabilità europea!” già mi vedo il burocrate europeo stile Ollie Rehn con il ditino alzato.
“Se un governo ha risorse a disposizione, continua il burocrate, le usi solo se l’economia ne ha bisogno perché vi è disoccupazione ciclica”. Se l’economia va male per motivi strutturali è inutile fare più deficit. Quindi, termina il burocrate, vi vengo in aiuto: mi invento un indicatore, il deficit pubblico strutturale, che non varia quando cambia il ciclo, e vi indico di questo il livello che voi governi dovete raggiungere. Così che se le cose ciclicamente vanno male nell’economia e voi volete aiutarla avendone le risorse, nessuno vi dirà nulla.
“Ma, e qui il ditino vola molto alto, non cercate di fregarmi: se la disoccupazione non è ciclica ma strutturale, e dunque qualsiasi aiutino di politica economica è inutile ed anzi dannoso (riparte l’inflazione e peggiorano i conti), il mio indicatore di deficit strutturale peggiora appena ci provate ed io vi blocco.”
Complicato? Beh forse. Ma sappiate che è questo che abbiamo messo in Costituzione nell’art. 81 a seguito anche del Fiscal Compact: dobbiamo raggiungere un deficit strutturale di 0,5% di PIL, noi che abbiamo un debito su PIL superiore al 60%.
Se volete questo è il tempo per prendersi una pausa. Perché quello che segue rappresenta la storia dell’ennesimo scandalo europeo. E la migliore finestra negoziale per il nostro Governo nei giorni a venire.
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Riposati? Benissimo, procediamo.
Partendo dal fantastico articolo di 3 economisti del CER, Stefano Fantacone, Petya Garalova e Carlo Milani. Che si sono accorti, loro sì, della truffa europea a danno dell’Italia (e di altri paesi come la Spagna ed il Portogallo) e l’hanno denunciata con grande dovizia di dati.
Da cosa sono partiti? Da questo grafico, dove si mostra che l’Italia dal 2013 al 2015 ridurrà il deficit pubblico normale (non strutturale) in euro dal 3% famigerato di PIL al 2,2%. Bravi? Bravissimi?
Macché. ”Pessima Italia”, che quanto a deficit strutturale è passata negli stessi anni dal -0,6% di PIL al -0,9%. Ma come è possibile? E’ come se l’Italia avesse deciso di diventare troppo espansiva quanto a politiche fiscali malgrado il crollo del deficit normale dica il contrario.
Come è possibile? Semplice. Basta capirsi su cosa vuol dire “troppo espansivi”. Vi ricordate sopra? E’ “troppo” espansivo chi cerca di fare politiche fiscali quando la disoccupazione è già al suo livello strutturale: genererà solo inflazione e non curerà la disoccupazione.
Ma, mi direte, la disoccupazione italiana è salita tanto in questi anni, ma per motivi ciclici, come quelli di cui parla Bernanke, mica per motivi strutturali! Detta in altro modo: se Renzi abbassa le tasse o, come chiede invece Piga, fa più spesa pubblica buona, mica sale l’inflazione (in questo clima deflazionista!) ma piuttosto aumenta l’occupazione e la disoccupazione scende!
No. Non secondo la Commissione europea almeno. Che si è inventata una mossa geniale: in questi anni, in Italia, ha deciso che è salita la disoccupazione strutturale, non quella ciclica. Addirittura, mostrano i 3 ricercatori (vedi grafico), la Commissione stima che questa sia salita dal 7,5% del 2011 all’11% nel 2015!
Detta in altro modo: mentre nel 2011 non servivano politiche a sostegno dell’economia se la disoccupazione era del 7,5%, nel 2015 si dice ai governi che ogni politica espansiva fatta quando la disoccupazione è attorno all’11% è inutile (dannosa), e va catalogata con un aumento del deficit strutturale e quindi va vietata.
Ecco infine la tabella più clamorosa dei 3 ricercatori: come sarebbero stati interpretati gli stessi conti italiani se, seguendo Bernanke, si fosse considerata questa crisi interamente ciclica e senza impatti strutturali? Fatevi due risate: tenendo il tasso di disoccupazione strutturale all’8% (un valore ben più alto comunque di quello considerato da Bernanke) la posizione del deficit strutturale italiano sarebbe non il -0,9% ma il +0,3% di PIL. Questo, rispetto al limite del Fiscal Compact del -0,5%, libererebbe risorse per 0,8% di PIL, 13 miliardi circa in più rispetto alla situazione attuale.
13 miliardi.
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La Commissione europea, nello giustificare il suo approccio così “austero”, ricorda come sia essenziale non generare aspettative troppo ottimistiche della disoccupazione strutturale in tempi “buoni” dell’economia, consentendo politiche espansive quando non ce n’è bisogno. In effetti è vero, non bisogna.
Ma analogamente, sarebbe ancora più essenziale non generare aspettative troppo pessimistiche sulla disoccupazione strutturale, come invece fa, non consentendo politiche espansive quando ce n’è un immenso bisogno.
La Commissione europea commette un secondo errore: un aumento della disoccupazione genera automaticamente, nel suo modello, un aumento anche della disoccupazione strutturale. Nei limiti in cui quest’ultimo aumento riduce, come abbiamo fatto vedere, gli spazi per i governi per fronteggiare con le politiche fiscali la crisi, la disoccupazione sale ulteriormente, trascinando con se di nuovo la disoccupazione strutturale ecc. in un circolo vizioso a cui stiamo assistendo impotenti da anni, generando sofferenza e disillusione sull’Europa senza bandiera che unisce.
Ma non è detto che si debba rimanere impotenti. Padoan e Renzi possono infatti ricordare alla Commissione europea che è uno scandalo che si sia “d’impero” aumentato il valore del tasso di disoccupazione naturale italiano senza sentire l’opinione italiana (sperando che nessuno che lavora al MEF di Grilli e Saccomanni sapesse di ciò e non l’abbia fatto notare). Renzi e Padoan potranno chiedere una revisione di questi valori, magari citando uno sconosciuto di nome Bernanke ed ottenere spazio essenziale per la ripresa.
E, di nuovo, se la Commissione dice no, l’Italia non se ne curi. Calcoli da sola il suo deficit strutturale, citando Bernanke, e porti conti pubblici sani e manovre espansive che aiutano l’Italia e l’Europa. Tra due anni, quando scatteranno le multe per l’Italia, l’Italia avrà salvato l’Europa.
30/03/2014 @ 20:03
Scusate ma lo avevo scritto quasi cinque mesi fa, esattamente il 3 novembre 2013, qui:
http://www.gustavopiga.it/2013/arrestate-lincubo-dei-giovani-arrestate-il-grande-spreco/#comment-7072
Naturalmente io non so nulla di economia e mi sono limitato a sforzarmi di capire con grande fatica un articolo del WSJ e un post di Krugman il primo dei quali è stato scritto a settembre 2013 cioè con un certo anticipo rispetto agli economisti del CER.
Ora a parte la perplessità per la differente velocità di riflessi fra americani e italiani rimane la questione fondamentale: tutto questo avrà senso solo se si riuscirà a farne capire l’estrema gravità ai cittadini.
La Commissione Europea ha preteso di adottare un sistema di calcolo della disoccupazione strutturale che le facesse comodo al fine di implementare le politiche di austerità che tante sofferenze hanno procurato agli italiani e agli europei!
Possiamo ancora dare fiducia a gente simile?
Possiamo ancora considerare i governi tecnocratici italiani degli interlocutori in grado di ascoltare e di agire o si tratta solo di “errand boys” privi di volontà propria chiamati a fare il lavoro sporco a nostre spese?
P.S.: Una nota per gli ignoranti di economia come me. A suo tempo ci ho messo un po’ a capire cosa volesse dire “disoccupazione strutturale”; in soldoni credo di aver capito che “strutturale” è quando il problema è causato da troppa spesa e bassi introiti fiscali mentre “ciclico” è riferito a una contingente recessione. Lo sanno tutti meno che io, ma se qualcuno ha dei dubbi forse questa molto sommaria indicazione può essere di aiuto.
30/03/2014 @ 21:50
Il mio modesto commento all’interessante articolo del Prof.Piga prende lo spunto dalle domande di Marco, cioè se possiamo dare fiducia ai grigiocrati della Commissione Europea ed ai governi tecnocratici italiani.
La mi risposta è NO in entrambi i casi.
Nel caso di Commissione Europea, Troika, BCE ecc. sono troppi e talmente madornali gli errori commessi, a partire dal famoso foglio excel degli economisti Renhart e Roghoff, che non è più possibile parlare di errore.
Lo stesso Prof. Piga, quando si riferisce alla modalità di calcolo fra inflazione ciclica e strutturale, voluta dalla Commissione Europea, utilizza non causalmente il termine truffa ai danni del nostro Paese (e anche di Spagna e Portogallo).
Ma perchè truffare alcuni Paesi se siamo tutti abitanti nel condominio della felicità chiamato Eurozona?
Per rispondere a questa domanda occorre accantonare per un momento la pistola fumante (l’Euro), il killer (le politiche economiche iper-liberiste o neo-classiche) e scovare il movente.
Io una risposta me la sono data, non so voi…
30/03/2014 @ 21:57
Ehm, mi dimenticavo di spiegare perchè non ho fiducia dei Governi tecnocratici italiani.
Ma forse è inutile farlo perchè tanto tutti sanno come è andato al potere Mario Monti e perchè, ma soprattutto da quale mondo proviene e che ambienti frequenta.
Letta è stato il suo figlioccio ideologico e spirituale…
E Renzi?
Bè considerando come è stato eletto e con quali consensi…comunque lascio ai posteri l’ardua sentenza (ma personalmente non ci scommetterei una Lira…ops pardon un Euro su di lui).
30/03/2014 @ 20:38
Sembrava che con Monti-Passera, Napolitano avesse trovato la migliore testa per toglierci dai problemi.
Sembrava che con Letta-Saccomanni, Napolitano avesse trovato la migliore testa…
Idem dicasi con Renzi-Padoan.
Comincio a dubitare che tutti questi signori o sono degli emeriti incompetenti oppure sono stati messi li, non per fare l’interesse degli Italiani ma di qualcun altro, giudicando dai risultati.
Strano poi, che quando questi signori cominciano a vedere la luce in fondo al tunnel, vengano fatti sparire.
Risultato pratico e’ che ci stanno dando delle belle legnate e a noi ci tocca di prenderle perché ce lo dice l’Europa.
Ma se invece di andare alla Bocconi di turno si provasse a girare un po’ per le strade (senza scorte), magari poi quando vanno a Francoforte non si limiterebbero a dire: Si Si siora la Padrona, noi savemo cosa fare li conosciamo bene i compiti a casa, li abbiamo fatti nostri, fanno parte del nostro DNA.
Attenzione che quando Renzi si e’ presentato in Parlamento la prima volta, aveva la mano in tasca!
Sara’ una metafora, ma non vorrei che anche lui finisse per mettercela una mano nelle nostre tasche.
(Lacrima Fornero Docet)
Non vorrei che diventassimo tutti i Polli di Renzi di Manzoniana memoria!
P.S.
Certo che una bella guerra, magari per colpa del cattivo Putin, risolverebbe non pochi problemini…a cominciare di chi e’ la colpa…
Saluti…io speriamo che me la cavo
30/03/2014 @ 22:49
Tutto molto interessante e condivisibile, ma l’autore del blog commette l’ingenuità di pensare che Renzi e Padoan, abbiano la volontà politica di tutelare i lavoratori e in generale gli italiani.
Piga quando ammetterà che la EU è una alleanza tra le elites europee per “disciplinare” i lavoratori nei rispettivi paesi? Renzi e Padoan sono la perfetta espressione politica di questo ordine di cose.
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31/03/2014 @ 09:21
Mi scuso in anticipo per la domanda sciocca. Ma NAWRU = NAIRU?
31/03/2014 @ 10:17
Ottimo articolo che spiega dove stiamo e la direzione di senso su dove possiamo andare!
Mi domando perchè stiamo continuando ad usare le ciabatte griffate sul ghiaccio, cercando il mare? Al mare ci si arriva seguendo le strade dove vediamo esserci già la sabbia.. e questo articolo lo spiega in modo fantastico!
01/04/2014 @ 09:29
Scandaloso!
Ma io ho dei dubbi persino sul concetto di “disoccupazione strutturale” distinto da ciclica. Assomiglia troppo al “tasso naturale di disoccupazione” dei liberisti. Ma come può la disoccupazione, fatto eminentemente sociale/culturale, essere qualcosa di “naturale”? Non dovremmo parlare allora anche di un tasso “naturale” di strupri o di omicidi? E’ assurdo pensare che se l’ 8 o 11% delle persone non trova lavoro, il governo non debba intervenire. Una teoria del genere fa troppo comodo ai “padroni” per essere vera: non per niente in Urss non disoccupazione non esisteva.
01/04/2014 @ 11:46
Al di là delle interessanti argomentazioni teoriche riportate nell’articolo, occorre rilevare che nel disquisire di tali questioni si continua a commettere l’errore di presumere che i risultati teorici ipotizzabili scaturiscano dalla mera implementazione pratica delle manovre ipotizzate. Ciò è assolutamente falso, in quanto al di là delle difficoltà segnalate per l’individuazione delle varie grandezze di riferimento, l’errore più grossolano che si commette è quello di disegnare scenari assolutamente lontani dalla realtà nei quali si presume anche la corretta e onesta gestione delle risorse pubbliche, cosa che non si realizza mai ed i tedeschi lo sanno benissimo!! Ecco perché sistematicamente le ipotesi di intervento formulate dalla troika filotedesca conducono a risultati opposti rispetto a quelli sperati. Per questo mi chiedo – e lo faccio non sulla base delle argomentazioni teoriche riportate nell’articolo, ma alla luce dei disastri correnti in Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda ed Italia come si possa ancora andare dietro alle favole teoriche preconcette dettate dalla Germania ad esclusiva tutela dei suoi interessi. Quanti altri popoli dovranno essere distrutti prima che qualcuno lo capisca?
01/04/2014 @ 22:37
Chiedo scusa per la lunghezza del testo.
Credo almeno qui, di poter esprimere che cosa possa significare la grande delusione di chi crede che oramai nulla si può fare e nulla possa cambiare. Cercando di comprendere fuori dai numeri e fuori da qualsiasi ideologia, un punto di vista diverso dal mio dove invece (forse ingenuamente ) credo fermamente che lottare per cambiare le cose nel nostro paese e in in Europa sia un fatto possibile ora più che mai, fiduciosa che le strategie qui elaborate possano essere una grande possibilità come unica alternativa concreta all’uscita dall’euro.
Per comprendere meglio il disagio però parto da una riflessione e guardo indietro agli anni ottanta (a mio parere terribili anni 80 ), nei quali ci siamo consegnati senza riserve all’ottimismo di una visione più “religiosa” che ideologica della finanza, sorretti dalla convinzione che noi occidentali saremmo stati tutti inevitabilmente una storia di sviluppo e ricchezza e quindi di salvezza.
Oggi questa visione ottimistica è crollata, politica, finanza, unione hanno mancato la promessa.
Il futuro ha celato il suo orizzonte e quanto permette di vedere sono precarietà , insicurezza, povertà, angoscia. Speranze che si spengono e totale prosciugamento della forze vitali hanno fatto precipitare l’ottimismo di un estrema positività, all’estrema negatività, in un tempo caotico senza più direzione ed orientamento. Disuguaglianze sociali, tribolazioni economiche e di ogni genere aprono lo scenario a rabbia, violenza, intolleranza e radicamento dell’egoismo.
Abbiamo fallito!
Qui ci siamo fermati e da questo declino dell’occidente credo si debba ripartire.
L’unica, ma veramente unica nota positiva di questa spaventosa situazione sta nella IRRIPETIBILE opportunità di cambiare radicalmente le cose con la forza che solo sciagure come queste liberano negli individui. Queste forze si sono già attivate dentro ogni uno di noi e penso anch’io che l’uscita dall’euro le disperderebbe in una inutile perdita di tempo, un tempo prezioso per farla finita definitivamente non con una moneta ma con un sistema , questo sistema, che ci ha ridotto per lungo lunghissimo tempo a soli produttori e consumatori di merci, con evidente svalutazione di tutti quei valori fondamentali e indispensabili a un autentico e benefico sviluppo.
Possiamo ora ridefinire totalmente il nostro futuro pensando con grande equilibrio come crescere e fin dove crescere, come sostenere e scoprire le tante risorse messe ancora a disposizione, nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente.
Come concepire un economia per l’uomo, che diversifica i suoi prodotti producendo in misura sempre crescente, servizi per la persona e il suo sviluppo, relazioni tra popoli in uno scambio culturale, solidale
Ciò che andremo a perdere dunque, non sarebbe solo l’opportunità di effettuare un cambiamento economico e culturale, rinunceremo anche ad alzare la qualità della nostra visione.
Non capirò “niente di niente”, come qui qualcuno ha affermato, ma a questa possibilità ci credo e ci credo molto. Anzi moltissimo, grazie anche a persone come lei Professore, che dimostrano costantemente col proprio lavoro che si può rimanere su questa via con l’eccezionale capacità di sapere coniugare coscienza e ragione tra ragionamenti sostenuti da incontestabili numeri e da osservazioni reali.
Non so se lei non sappia parlare al cuore della gente come si è detto, cuore oggi risulta purtroppo essere una parola fin troppo banalizzata e spesso fraintesa, ma so con assoluta certezza che sa parlare molto bene alla PARTE MIGLIORE delle persone, alla parte migliore anche di quelli che prediligono insultare.
Lo dimostrano commenti di straordinaria bellezza come quello di Rob che chiede scusa per non pensarla allo stesso modo, ma che desidera comprendere pensieri diversi dal proprio, e tanti altri che in disaccordo o meno non rinunciano a seguirla assiduamente da anni. Lo dimostrano anche gli irriverenti che cercano con insopportabili provocazioni di contattarla perché ciò che desiderano in fondo è dialogare, lo dimostro io che sono qui un pesce fuor d’acqua che cerca di annaspare tra una dimensione a sé non propriamente congeniale.
Tutto questo non so se centri qualcosa con il “cuore”, ma è un qualcosa di particolarmente straordinario che lei produce, un qualcosa di cui andare molto fieri.
01/04/2014 @ 22:46
Buonanotte MC, a domani per il nostro lungo viaggio che continua.
02/04/2014 @ 13:57
Non avevo notato questa notevole frase (notevole davvero, senza ironia)
“(sperando che nessuno che lavora al MEF di Grilli e Saccomanni sapesse di ciò e non l’abbia fatto notare)”
“Sperando”…lo prendo come un segnale di “impazienza”.
Speriamo che si moltiplichino.