Ho letto con attenzione un importante saggio di 3 bravi economisti, tra cui un mio caro ex-collega di Tor Vergata, Luigi Guiso. Che cerca di spiegare perché l’Europa si è incartata in questo modo (a loro avviso, uno scontro culturale tra Germania e Grecia, simboli perfetti delle differenze endemiche del Continente) e prova a proporre come uscirne fuori (con un unico Ministro del Tesoro europeo, simbolo della c.d. “Unione fiscale”).
E’ un lavoro importante perché utilizza un modello teorico che mi aiuta effettivamente a comprendere il nocciolo della crisi in cui ci troviamo. E, come spesso accade in quella pericolosissima scienza chiamata economia, è anche un lavoro ingannevole (a livello di conseguenze di policy, non di ricerca) perché fa discendere da alcune assunzioni chiave – che tradiscono i giudizi di valore dei tre ricercatori – delle opzioni di politica economica che si rivelerebbero drammaticamente sbagliate alla luce di una facile rivisitazione delle assunzioni di partenza.
Mi spetta dunque di portarvi all’interno della loro sceneggiatura con il distacco di un critico teatrale molto poco imparziale.
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Presentazione del modello: gli attori della tragedia europea.
I politici locali ed i loro elettori. Secondo i nostri 3 autori, i politici locali (greci o tedeschi) sono “vincolati da un obbligo di conformità”, ovvero non possono prendere decisioni lontane dal credo e dalla cultura del proprio elettorato (greco o tedesco). Mi pare un’assunzione legittima. Tuttavia loro lo descrivono, questo vincolo, come capace di impedire ai politici di raggiungere esiti migliori per la collettività, quest’ultima caratterizzata dunque da una qualche forma di miopia. Bene, avrete capito, siamo all’interno di un modello di “élite” che sanno meglio del popolo cosa va fatto. I leader tedeschi comprendono il costo dell’uscita dall’euro, i tedeschi no: ecco perché bisogna punire i greci, lo desidera la collettività tedesca, anche se è ovvio che questo rischia effettivamente di far uscire i greci dall’euro.
E comunque. Che rimane de “è la democrazia, bellezza” e del motto di Churchill che questa è “la forma peggiore di governo” eccezion fatta per tutte le altre? E che dire del rischio che l’illuminato politico senza “vincolo di conformità” persegua scelte disastrose (su questo la storia tedesca e la nostra hanno tanto da insegnarci credo) per tutti? Mi verrebbe ad esempio da dire che i leader greci non hanno mostrato una tale “visione” illuminata rispetto ai propri cittadini quando hanno truccato i conti pubblici nei primi anni del secolo, non sentendosi vincolati da nessun mandato anti-corruzione che i cittadini greci paiono avere nel loro DNA quanto i tedeschi, secondo l’ammissione degli stessi 3 autori.
Meglio sarebbe stato chiamarlo, visto che esiste, “vincolo democratico”. Ma siccome le parole contano, il tono leggermente spregiativo della parola “conformità” ci fa cominciare a capire dove andiamo a parare quanto a giudizi di valore.
Ma è troppo tardi. I semi della tragedia sono gettati e lasciamo il modello al suo destino così che si compia il fato terribile a cui è già predestinato dai giudizi di valore dei valenti 3 ricercatori.
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Atto I (parte 3): Il modello dell’unione monetaria europea.
Secondo il lavoro ci sono, in ogni società, due tipi di individui che interagiscono tra loro. Il primo, che fa la prima mossa: sceglie di essere “responsabile” o di “barare”. Tocca poi al secondo fare la propria scelta: punire il primo o perdonarlo.
Quante situazioni ci sono in ogni società di questo tipo? Concordo, non poche, mi piace l’approccio. I 3 ricercatori assumono ora quanto segue: il primo giocatore ritiene che sia sempre meglio barare ed essere perdonato che non essere responsabile. Il secondo giocatore ritiene che una volta che il primo abbia barato sia meglio perdonarlo che non punirlo, anche se sarebbe molto meglio se fosse stato responsabile. L’altra assunzione che fanno i tre autori: una società dove tutti barano è peggio che una in cui tutti sono responsabili.
Forti di queste due assunzioni gli autori dimostrano che una società nel tempo può evolversi fino a raggiungere due tipi di situazioni collettive: una, ideale, dove tutti si comportano responsabilmente, grazie alla presenza significativa di alcuni individui che moralmente sono pronti a “punire chi bara”; un’altra, peggiore, dove tutte le interazioni sono caratterizzate da “bari” e da chi li “perdona”. Fin qui, tutto ok. Ma sentite un po’, anzi indovinate. Così, senza troppe preoccupazioni, i nostri 3 autori chiamano il primo Paese, ideale, … Germania. Ed il secondo … Grecia.
Come mai? Beh è semplice. Qual è il punto chiave? Ovviamente il significato della parola “responsabile” che porta il peso morale di un atto “giusto” e dell’assunzione che essere responsabili è “meglio” per la società. Nella mente dei nostri tre autori è lineare assumere che è responsabile un Paese dove i debiti vengono ripagati e dove vengono puniti coloro che non ripagano i debiti; come altro definire dunque le due situazioni se non attribuendo il Paradiso alla Germania e l’Inferno alla Grecia?
A questo punto è anche inevitabile scoprire, come fanno, che unire con una moneta unica due paesi diversi come Grecia e Germania, in assenza di eventuali altri maggiori vantaggi dall’unione monetaria, rende l’unione stessa più svantaggiosa rispetto ad una situazione con ogni Paese con la sua moneta. E lo è, questo svantaggio dall’unirsi, tanto più grande quanto maggiore è la … differenza culturale tra i due paesi: troppe diventano le situazioni di mancata cooperazione con i “cattivi greci” che vanno puniti, visto che distraggono lo sviluppo dall’ordinato rispetto delle clausole contrattuali.
L’unione monetaria si è fatta? OK, era in un momento in cui i vantaggi parevano sopravanzare i costi delle diversità culturali. Oggi, la percezione è opposta. Da qui, i 3 autori si domandano: “che fare”?
Intervallo. Il critico rimugina a voce alta su quanto ha appena letto.
Ma se … ma se invece fosse “responsabile”, se invece definissimo responsabilità l’attitudine in un Paese ad aiutare quando vi è una crisi chi è in difficoltà, cancellandone i debiti, cosa succederebbe al modello? Molto semplice. Il Paese subottimale è quello dove si è promesso un aiuto che in un momento di difficoltà non viene dato (“il baro” del contratto sociale). Difficile pensare che questo Paese sia la Grecia, o peraltro, la Germania stessa, società caratterizzate al loro interno da forti meccanismi di solidarietà sociale. Diversità culturali sì, ma tra Paesi che al loro interno dispiegano ambedue un forte senso di solidarietà per chi soffre.
Ma forse quel Paese è l’area euro di oggi. Perché quanto abbiamo detto sopra, la solidarietà, viene più facile verso chi ha lo stesso nostro passaporto. Nel momento in cui un’unione monetaria per sopravvivere, come oggi, abbia avuto bisogno di solidarietà tra culture diverse, è possibile che sia cresciuta (rispetto al mondo prima dell’euro) la percentuale di coloro che hanno sentito mancare la tanto attesa solidarietà europea, ovvero che i tedeschi abbiano “barato” e non cooperato. E che i greci abbiano, per usare il modello dei tre ricercatori, “perdonato” i tedeschi, non uscendo dall’euro, e facendo sì che i veri free-rider di questa crisi siano stati i tedeschi.
Stesso modello, risultati opposto a seconda delle assunzioni che si fanno.
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Atto II: la sentenza degli Dei.
Che destino per questa unione imperfetta durante una crisi che la scuote alla radice?
Per i nostri 3 ricercatori c’è una sola soluzione: l’Unione fiscale, un solo Ministro del Tesoro per tutti, greci e tedeschi, miracolosamente capace di mostrare una capacità di perdono più ampia di quella che hanno i tedeschi all’interno della loro società. Un Ministro del Tesoro dunque … più greco che tedesco. Ma non troppo greco, altrimenti si rischierebbe di finire nuovamente nella “pessima” Grecia.
E’ buona questa unione fiscale? Beh, evidentemente c’è un costo dal perdere la sovranità fiscale, ma gli autori presumono, come i tanti che credono che le crisi sono un momento ottimale per accelerare nel creare nuove istituzioni europee, che il costo di tale perdita di sovranità sia minore in una crisi (il perché non è chiaro). Quindi farla e farla subito.
Finisce qui la tragedia europea. Il critico spende qualche parola sul secondo Atto di questa macchinazione infernale.
Come tale unione fiscale, tra culture assunte giustamente essere molto diverse, possa nascere non è dato di sapere. Forse con un “colpo di Stato” che aggiri ambedue i “vincoli di conformità/democrazia” del proprio elettorato? E chi garantisce che il Ministro del Tesoro europeo non sia piuttosto molto più tedesco che non greco, portando ad un peggioramento ulteriore, se possibile, per la Grecia?
La diversità di culture non è, come argomentano gli autori, la causa del fallimento europeo. Ne è piuttosto la sua forza. Rimane da comprendere piuttosto come si governa un’area che tutt’ad un tratto, a causa del passaggio all’euro, a fronte di vantaggi futuri da toccare con mano, aumenta le difficoltà di governare tale differenziazione culturale nel Continente.
La risposta sta forse nel comprendere in cosa consista la diversità di culture. Gli autori definiscono cultura “le strategie attuate dai cittadini”, senza affrontare per loro stessa ammissione “la fonte di questi valori culturali individuali”. E’ un peccato, perché magari avrebbero potuto scoprire, visto che ad esempio il disprezzo per la corruzione è simile tra Germania Grecia, la differenza di comportamenti tra greci e tedeschi può essere ricondotta, ancora prima che a differenze culturali, a una differenza di contesti, spesso più facili da influenzare che non le culture con l’azione politica. E che dunque non sarebbe tanto utile “levare potere alla Grecia” con una Unione fiscale quanto “indirizzare l’azione politica” verso una modifica del contesto. Su questo, per esempio, da tempo sul blog chiediamo, piuttosto che un’Agenzia Bancaria Europea, un’Autorità Anti Corruzione Europea, ben più utile per sostenere la volontà di tanti europei che vogliono restare insieme.
Questo non significa che non vi siano, così come suppongono giustamente i 3 autori, differenze culturali. Solo che queste non risiedono in una qualche forma di “superiorità morale” dei “cooperatori” tedeschi.
La verità è che i leader tedeschi hanno già mostrato la capacità di essere solidali, e proprio in quel momento gli spread sono crollati. La verità che gli stessi leader tedeschi hanno spesso e volentieri condonato e partecipato allo sviluppo greco in senso sbagliato degli anni 2000. Il problema non sono le culture di riferimento. Il problema è l’incapacità dei leader di fare quel mestiere che la democrazia consente loro di fare, rappresentare un mandato popolare con intelligenza, leadership e competenza.
19/01/2014 @ 23:14
Manca la parola chiave: interesse.
Non c’è democrazia, responsabilità o morale che tenga. Se non parliamo di interessi possiamo discutere degli anni inutilmente.
20/01/2014 @ 00:05
Mi sembra che la ricerca di Guiso-Herrea-Morelli contenga un sacco di ovvietà. Ma davvero non ci era arrivato nessun economista? Ma dove vivete? Se un politico rappresentasse “un mandato popolare con intelligenza, leadership e competenza”, seguendo le linee da lei indicate, perderebbe il mio voto e non vorrei mai più vedere il simbolo di quel partito per il resto della mia vita. So bene che ciò che manca è la domanda etc…, ma la mia cultura (credo che sia dovuto a quella, hanno ragione i nostri tre) mi impedisce di essere solidale con i greci o chicchessia, anche a costo di rimetterci personalmente! Rimasugli giansenisti del cristianesimo in Piemonte? Credo di sì!
20/01/2014 @ 23:10
Perdoni la durezza Pier, ma una cosa che impedisce di essere solidale, più che cultura pare assenza di cultura, bestialità (senza offesa agli animali danno spesso lezioni di umanità agli uomini).
E soprattutto assenza di informazione.
Per indebitarsi c’è bisogno di un prestatore. E le banche (principalmente tedesche, non per razzismo ma perché erano quelle che avevano più capitali da investire) sapevano benissimo che greci e spagnoli non sarebbero stati in grado di ripagare. Mentre i greci e gli spagnoli no, loro non lo sapevano cosa sarebbe successo; non lo sapevano che la loro economia era drogata dal capitale del centro, non sapevano che avrebbero perso il lavoro e non avrebbero potuto ripagare, perché sono semplici cittadini e non istituzioni e queste porcherie neppure le immaginavano.
Questo gioco ha un nome: moral hazard.
Significa che le banche hanno prestato a greci e spagnoli (per avere interessi più alti) SAPENDO FIN DA PRINCIPIO che sarebbe arrivato il giorno in cui i debitori non sarebbero più stati in grado di restituire e a questo punto sarebbero intervenuti gli stati. Ovvero tutti i cittadini, come lei e me, avrebbero dovuto pagare gli incauti prestiti dei “bravi” banchieri per evitare il fallimento delle banche.
I salvataggi delle banche “buone” sono uno schifoso ricatto costato mooooolto di più agli stati di quanto sarebbe costato salvare la Grecia “cattiva”.
D’altro canto che il problema sia il debito privato (che poi è diventato pubblico), oggi lo ammettono un po’ tutti. Ad esempio Rampini definisce i banchieri i peggiori criminali di tutti i tempi con l’aggiunta che hanno la certezza di farla franca. Altroché greci!!!
Secondo lei banchieri imbottiti di tutoli-spazzatura (tanto da meritarsi oltreoceno il soprannome di idioti di Dusseldorf) che gonfiano bolle e drogano le economie dei paesi periferici con il prestito facile spinto consapevolmente ben oltre alle possibilità di restituzione, sono validi? Sono morali? Sono buoni? Meritano la salvezza che lei vorrebbe negare ai greci oltre a stipendi pazzeschi e bonus stratosferici (pagati con soldi pubblici!) per mandare in rovina il mondo?
Mi creda non voglio polemizzare con lei, provo solo una gran pena e tristezza a leggere tanti luoghi comuni privi di fondamento, di qualsiasi logica e cultura. Non si offenda, si informi e si chiederà lei stesso di come ha potuto sorbire a una propaganda tanto fasulla e insensata quanto inumana e moralistica (che ha un significato ben diverso da morale)
ps anch’io sono piemontese, questi rimasugli pseudo-giansenisti forti con i deboli e deboli con i forti non sono tipici della cultura e della tradizione della mia regione, ma dell’ignoranza.
22/01/2014 @ 20:42
Concordo con Silvia sopratutto con l’inizio del suo commento, chiaro e forte come un cristallo.
Oramai ne dovremmo sapere abbastanza per scongiurare l’insorgere di ulteriori pericolose soluzioni. E invece No! Pare che questa crisi e l’economia che la determina venga trattata come una calamità, un destino ineluttabile risolvibile solo con soluzioni estreme e irreversibili diventate purtroppo per alcuni un pretesto per salire su una macchina da guerra, di quelle che distruggono tutto e in fretta, in nome della “necessità” , come una nuova ideologia. Un mantra che nulla ha che fare con le terribili tribolazioni che stiamo subendo, lontano dal confronto e dal rispetto delle diverse opinioni, osservando sempre più spesso pregiudizi e toni sprezzanti, nei confronti di chi non la pensa in un certo modo, immaginando assurdamente senza conoscere le persone, fantasiosi interessi di status quo e/o personali. Tutto questo non solo è assurdo ma molto violento, molto aggressivo, deleterio e pericoloso. Sconti, per chi non l’avesse ancora capito non ce ne sono per nessuno. La barca sulla quale ci stiamo insultando è una sola, e affonda inesorabilmente con sopra tutti noi.
Dispiace osservare anche qui in alcuni commenti, la troppa aggressività e il pregiudizio nei confronti di chi desidera salvare l’idea di un progetto di Stati Uniti d’Europa, partendo proprio da questa crisi, da questa europa tutta sbagliata e tutta da cambiare. Ma di questo si preferisce non tenerne conto, creando confusione e fraintendimenti.
Ma i rami torti Non siamo noi, Non sono questi responsabili e generosi individui.
Non sono rami torti coloro che lottano per cambiare il destino di questa economia rifiutandosi di viverla come un destino ineluttabile, credendo fermamente nella capacità di una lotta serrata in grado di capovolgere questo infausto orizzonte economico, uniti, insieme a far parte di una grande possibilità per l’Italia e per l’Europa.
I rami torti sono altrove a fare parte di un sistema fradicio, logoro, e oramai insostenibile.
Esistono programmi già sviluppati e ricchi di sapienti e sagge soluzioni, che ci dovrebbero animare verso scelte alternative alla disperata contromisura di un uscita dall’euro. L’estremo atto che si dovrebbe compiere solo quando nessun altra via risulta percorribile.
Bandendo una ricerca seria, fatta di profonde e attente valutazioni come quella svolta dal prof Piga e da altri bravi e attenti ricercatori, credo che il futuro sarà buio, insopportabile sarà il rimpianto di non avere intrapreso quella soluzione che avrebbe sconfitto il male e salvato il malato, senza averlo mutilato con inutili e dolorose amputazioni.
La terapia è dimostrato esiste, per nostra grandissima fortuna.
Ma come si dice puoi svegliare chi dorme, impossibile svegliare chi finge di dormire.
20/01/2014 @ 08:54
Niente di nuovo sotto il sole, caro professore. I suoi colleghi hanno la stessa spinta “morale” (è un eufemismo) che avevano i colonizzatori europei nell’epoca delle espansioni coloniali: andiamo a portare la civiltà e la religione!
20/01/2014 @ 10:18
Se “definissimo responsabilità l’attitudine in un Paese ad aiutare quando vi è una crisi chi è in difficoltà, cancellandone i debiti, cosa succederebbe al modello ovvero ai bilanci familiari, delle banche, dei fondi pensione nonché della stessa BCE?
Con un solo Ministro del Tesoro che fine fa la montagna di debito sovrano detenuto in maniera incrociata dai vari agenti economici europei…
21/01/2014 @ 08:10
Mi pare che però si sottovaluti il contenuto della cd “Unione Fiscale”. Se unione monetaria c’è stata questa non può trascendere dall’unione fiscale o meglio della “politica fiscale”.
Come possiamo dire “La Grecia è brutta e cattiva” e l’”Irlanda nonostante l’aiuto è grande e virtuosa” quando i livelli di tassazione tra i due stati sono agli antipodi?
Perchè “salvare le banche greche è un male inevitabile” mentre quando la Germania ha dato un aiuto enorme alle sue Landesbanken era tutto lecito?
Se approcciamo il metodo con quanto fa di solito la poltica ovvero “domani facciamo così” di sicuro andremo a sbattere contro qualche scoglio di Schettiniana memoria ma l’unione fiscale è I N E V I T A B I L E se si vuole creare un vero mercato unico europeo.
Aiutare o tassare le aziende in maniera diversa tra gli stati dell’UE non è una politica “Unitaria” ma “divisiva” da Divisione Europea!
Ricordo sempre che l’OCA di Mundell è un punto di arrivo e non di inizio, un obiettivo e non un dogma!
21/01/2014 @ 20:35
L’OCA di Mundell è un punto di arrivo. Sì Luigi, concordo.
21/01/2014 @ 08:43
@Massimo GIANNINI
(QUOTO)”Con un solo Ministro del Tesoro che fine fa la montagna di debito sovrano detenuto in maniera incrociata dai vari agenti economici europei”
La convergenza non sarebbe oggi per domani e penso che debba essere un sistema federale con debiti dei singoli stati e debiti federali (dell’intera UE)