Non cambia mai nulla nelle determinanti di questa maledetta crisi europea. Intervistate, come ogni semestre, dalla BCE, piccole e grandi imprese sono accomunate da un vero ed unico problema: la mancanza di clienti (cerchio rosso). Anzi le grandi (secondo grafico) ancora più dello scorso semestre. Ben di più di qualsiasi altro problema che vi diranno i guru, i “quelli che” la competitività, “il costo del lavoro”, “la burocrazia”, oh yes.
Il quadro che la Banca di Francoforte dipinge per l’Italia è chiarissimo: il 62% delle piccole imprese riportano per gli ultimi 6 mesi un aumento nei tassi sui prestiti ad indicare “una forte avversione delle banche in un contesto di attività economica debole e di difficoltà dei sistemi bancari” anche a prestare a imprese la cui rischiosità è aumentata. Percentuali in crescita.
Ditemi voi, a che servirebbero le pur meritorie operazioni di defiscalizzazione per le nuove assunzioni a tempo indeterminato menzionate dal Presidente Letta: se non si vedono clienti all’orizzonte, perché assumere? Senza ottimismo, perché scommettere sul futuro?
Dubito che Saccomanni veda il rilancio dei clienti delle imprese come un tema pregnante con il quale caratterizzare il suo mandato. Saccomanni? E che c’entra mi direte?
Semplice. Quasi 20% della ricchezza che viene prodotta ogni anno da queste imprese viene proprio dalla domanda del cliente pubblico. E sarebbe così facile far ripartire l’ottimismo generale per le assunzioni, gli investimenti ed i consumi proprio da quella componente che è l’unica nelle nostre mani e che non dipende da più o meno ottimismo ma da più coraggio politico.
Se non lo faremo, d’accordo con la Francia, saremo qui tra un anno a leggere il prossimo DEF con numeri sempre peggiori. Il 18 aprile 2012 parlavamo di un PIL 2013 che sarebbe cresciuto dello 0,5%, un anno dopo Moody’s parla di -1,8%. Politiche sciagurate, quelle dell’ultimo governo, che se questo Governo oserà ripetere … Beh, lo sappiamo cosa succederà: condannerà se stesso ed il Paese ad una incredibile e ben più grave sciagura; l’uscita dall’euro e la fine del progetto europeo, per voto unanime referendario di una maggioranza di cittadini italiani distrutti dalla più stupida austerità che ci sia mai stato dato di conoscere nella nostra pur lunga vita.
29/04/2013 @ 23:49
Che l’uscita dall’EuroFollia sia una sciagura è tutto da dimostrare, anzi sono in molti che già negli anni 80 e 90 consideravano l’euro una pessima idea e che adesso consigliano vivamente di uscire da questo nuovo gold standard.
Giusto per citare qualcuno, Krugman, Stiglitz, Salvatore, Flassbeck, Sapir, Bagnai, Borghi, Caffè ecc
Draghi stesso nella sua tesi di laurea considerava l’euro un errore.
L’austerità è una diretta conseguenza dell’euro e degli assurdi trattati europei.
30/04/2013 @ 07:33
A parte il fatto che trovare clienti è il problema di tutti in ogni periodo, crisi o meno… A parte il fatto che bisognerebbe vedere come viene fatto il sondaggio…. Sono domande aperte o chiuse? Se sono chiuse, in che ordine vengono presentate e alterative? Quante risposte sono possibili?
Ma a parte tutto questo, è impressionante quanti dicano che i problema è regulation e la mancanze di skilled labor force. Nel frattempo che aspettate che si sveglia Hollande (auguri) e cambiano medicine alla Merkel, che avete intenzione di fare?
Nel sondaggio parecchi dicono pure che il problema è competition… Che fate, mettete qualche regoletta in piu’ per limitare la concorrenza?
30/04/2013 @ 07:43
Non capisco la definizione dell’uscita dall’euro come “grave sciagura”. Potrebbe spiegarmi meglio, in termini di costi-benefici, cosa vorrebbe dire uscire da questa bella situazione economica in cui viviamo, e che e’ sotto gli occhi di tutti i cittadini dell’eurozona?
Grazie molte.
Paolo
30/04/2013 @ 09:15
Ma intervendo su “competitività”, “costo del lavoro”, “burocrazia” non dovrebbe comunque diminuire il prezzo del prodotto e di conseguenza aumentare la domanda? Grazie e complimenti per il blog.
30/04/2013 @ 09:56
Aspetta che ritrovo la voce schiarendomi la gola, ché mi sgolo sempre inutilmente…
Allora:
trovare clienti (lo dico da imprenditore) è SEMPRE la priorità!
Si trovano:
1) in modo banale, abbassando i costi (e qui tutti le cause di costi diretti ed indiretti che gravan sulla nostra produzione VALGONO e si SOMMAN tutti i seguenti, probabilmente ‘other included’ ed esclusi in ‘don’t known’
2) ascoltando il mercato e reagendo rapidamente alle variazioni della richiesta, senza cercar di vender O SVENDERE produzioni obsolete
3) ANTICIPANDO le richieste di mercato intuendo cosa potrebbe ‘spaccare’.
Quindi vendere può esser facile o difficile per un mix di ragioni esterne o interne alle ditte, dar la colpa SOLO all’esterno è piangersi addosso per non riconoscer la mancanza d’umiltà e di idee (tipico delle grandi aziende italiane!), pretendere che con il nostro estro creativo possiam continuare a far fronte ad inefficienze e sopportare la sanguisuga statale tanto affamata… è mancanza d’imprenditorialità da parte della ‘politica’, che non riesce più a TROVARE CLIENTI!
30/04/2013 @ 10:02
L’uscita dall’euro non significa la fine del progetto europeo. Anzi, il progetto europeo riprenderebbe nuovamente vigore grazie alla reintroduzione delle valute nazionali e alla fine della redistribuzione della ricchezza (Nord che ha guadagnato grazie ai surplus commerciali grazie al cambio favorevole e Sud che vuole che i suoi altissimi debiti li paghino i contribuenti dei Paesi più virtuosi).
Un’Europa unita ci può essere solo rendendo veramente indipendenti e sovrani gli Stati nazionali e delegando al livello federale solo la politica estera e la difesa, lasciando liberi gli Stati di porre in essere le misure che ritengono necessarie per i loro popoli senza ingerenze di nessun tipo.
Il progetto europeo potrà rivivere solo se fermiamo il processo di centralizzazione delle decisioni, di armonizzazione fiscale, bancaria, ecc. e torniamo al progetto originario, cioè un’area di libero scambio basata sulla libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali.
30/04/2013 @ 14:30
Non si parli più d’entrata o d’uscita dall’Euro: la strada fu già tracciata ed è quella della caduta. Si dovesse anche fortuitamente sfuggire, uscendo, sarebbe, ahinoi, null’altro che una mera illusione.
È innegabile oramai: STATI FEDERALI D’EUROPA entro il 2020, per eccesso.
Ovvero: Bruxelles Bolscevica in termini di centralismo fiscale e legislativo con succursale a Francoforte per la controparte monetaria.
Francamente, si è mai davvero riflettuto sul reale motivo per il quale si necessita la cosiddetta indipendenza della banca centrale all’interno d’una nazione?
Il rischio dell’inconsistenza temporale nella gestione governativa della politica della bassa inflazione non è endemica ad una qualunque nazione ma solamente ad una dotata d’una democrazia rappresentativa parlamentare, ove il popolo è, per definizione, rappresentato in tutta la sua più manifesta disunità materiale e morale. L’effetto è causale poiché tale condizione societaria agisce da dottrina rendendo il problema reiterante.
Il popolo unito, il popolo unanime è quello sotto il condottiero, sotto il Re, sotto la guida – concetto paradossalmente molto affine agli economisti specialmente in luce di quei mercati imperfetti frutto della natura peccatrice umana – entità, la guida, però definitivamente abolita dall’auto-dichiaratosi democraticissimo Occidente già dal non poi così lontano ed assai invero incongruente 1789.
Allorché coeso il popolo è veramente uno e quell’uno che lo rappresenta nel perseguimento di quelle scelte ottimali, per ma soprattuto dal collettivo, che tali sono non altro che per criterio fondante, anche e forse maggiormente quelle concernenti la valuta, l’interesse, le riserve ed il quadro monetario, agisce non per conto ma attraverso esso.
La costituzione Americana, per quanto comunque rappresentativa, nacque almeno in intenzione volitiva, fu per un breve periodo gloriosa e per l’appunto quantomeno fornita della delegazione delle gestione della politica monetaria al solo parlamento del popolo Europeo pioniere: quello Nord Americano. 1861 e 1917 furono date deleterie in tale rispetto. La politica monetaria Americana è oggi in mano a corpi estranei che giustificano la loro padronanza su tale strumento a fronte del regime politico vigente.
Orbene, delegare la moneta ad un’entità estranea al popolo è la condanna più violenta che una qualunque gente si possa infliggere; per giustificarla occorre il pretesto: democrazia rappresentativa. Essa stessa, per definizione, delineante di dissidi e quindi matrice fondante di quel, veramente irrisolvibile poiché innato ad essa nella sua irrazionalmente masochistica concezione filosofica, problema del principale e dell’agente, del conflitto d’interessi, del danno reciproco, del non-dinamismo nel lunghissimo periodo: della caduta.
La moneta è dello stato, la leva fiscale è dello stato, poiché nulla esiste fuori lo stato.
Condizione Italiana al dunque: stato federale, se non mera provincia, soggetto ad annuali trasferimenti di cifra arbitraria, verosimilmente esponenzialmente calanti. Influsso massiccio di mano d’opera Afro-Asiatica a costo nullo – date scarne preferenze e maggiore offerta lavorativa – con conseguente annichilamento del tessuto economico Italiano che ragione per rivendicarsi come tale di fatto ma soprattutto di giure avrà nemmeno più.
Nel dettaglio: ancor meno spesa pubblica (e più tasse); ancor meno stato sociale; ancor meno impiego; ancor meno consumo; ancor meno spesa privata – e giacché dato tasso d’interesse nominale fisso – ancor meno risparmio ed ancor meno investimento; ancor meno prodotto; ancor meno crescita in popolazione; ancor meno preservazione cultura Latina bicentenaria; ancor meno valori; ancor meno morale; ancor meno etica; ancor meno umanesimo; ancor meno uomo, sicuramente sempre più schiavo e perso in quella però già vaticinata abominevole desolazione.
È un’epoca senza precedenti questa, forse l’ultima testimone della nostra intraprendenza come specie, caratterizzata però, secondo la tragica natura dell’uomo, da esseri non all’altezza della sua importanza, inadatti al suo rilievo, e del tutto incuranti, qualora accorti, del suo immensurabile momento.
30/04/2013 @ 17:02
Post Bellissimo.
Commento questo Post dopo aver visto il video del primo incontro tra il Premier Letta e Angela Merkel.
Il Premier tedesco conferma che la crescita è un obiettivo prioritario dell’Europa, se vogliamo che i cittadini vedano L’Europa come un alleato e non come un nemico è necessario procedere con politiche di crescita, ma queste politiche di Crescita devono trovare un equilibrio con la tenuta dei conti pubblici.
Perfetto! Adesso vediamo come si possono introdurre politiche di crescita in questa Europa con le mani bloccate, la Merkel afferma che la crescita deve passare per le aziende, devono riprendere ad investire, allora MOSTRIAMOGLI questi grafici, se il principale problema che stiamo osservando riguarda l’assenza dei clienti, non è forse poiché una voce chiamata Reddito Disponibile è crollata drasticamente e senza spiragli per il futuro come facciamo a rilanciare i consumi, di certo i privati non saranno quella macchina in grado di far riprendere i consumi, c’è un assenza di fiducia verso l’operato del governo, c’è il timore di nuove imposte, per questo anche momentanee iniezioni di reddito non generano nuovi consumi e penso sia anche giusto.
Sarà necessario l’intervento pubblico?, secondo la merkel non c’è ne bisogno ed invece purtroppo non è cosi, per rilanciare il meccanismo che apporti fiducia agli imprenditori, che forse quando vedono crescere gli ordini magari saranno propensi a procedere con nuove assunzioni, quelle nuove assunzioni generano nuovo reddito disponibile, finalmente forse si verrebbe a creare un meccanismo di fiducia, i consumi del settore privato mostrerebbero dati in crescita.
Certo, senza dubbio è necessario avere stazioni appaltanti serie, è inconcepibile che ogni domenica sera, Report mostra sprechi nella spesa pubblica inconcepibili, spendiamo veramente male, mostriamo che è possibile invertire questo trend.
Se abbiamo conflitti nella stessa Autorità di Vigilanza dei contratti Pubblici, difficilmente possiamo convincere i nostri amici europei che siamo in grado di spendere correttamente.
30/04/2013 @ 17:48
L’unica buona notizia di recente è che la bilancia commerciale resta attiva anche se, come riportato da Report, paghiamo il gas prezzi di favore a Putin!
Personalmente penso che l’unico modo CONCRETO di risanare il debito pubblico sia di STRAVENDERE all’estero, guadagnando abbastanza da ricomperarci il debito pubblico.
Uno dei modi (mai smetterò di ripeterlo) è aumentare al 25% l’I.V.A., applicata su ogni prodotto nazionale ed estero in concorrenza, e destinarne il ricavo alla riduzione del cuneo fiscale o quant’altro renda più economici e quindi competitivi i prodotti nazionali, qui ed ALL’ESTERO, destinando quota parte per riequilibrare il potere d’acquisto dei lavoratori e delle fasce più deboli che fossero colpite da questo aumento.
01/05/2013 @ 11:41
L’IVA al 25% è semplicemente una sciocchezza che ammazzerebbe letteralmente i consumi che sono già molto bassi.
Imporre dazi sui prodotti esteri è una sciocchezza mercantilista sconfitta dalla storia sin dai tempi della battaglia di Cobden contro le leggi sul grano in Inghilterra
05/05/2013 @ 19:23
Caro Luca, non hai capito niente!
Rileggi, ripassa, medita ed assimila; in fondo non è difficile il concetto.
Ed evita slogans vani e vacui!
02/05/2013 @ 07:38
Post importante.
Lavoro in una multinazionale di informatica da molti anni , ho ricoperto diverse responsabilità ma sempre nelle vendite, con il primo e ultimo pensiero della giornata rivolto al mercato, ai clienti.
Non si scappa, siamo in una economia di mercato, se non ci sono nuovi clienti che comprano i propri prodotti non si cresce e se non si cresce si chiude.
In una economia a crescita zero si acquisiscono nuovi clienti solo togliendoli alla concorrenza in una guerra giornaliera dove non si fanno prigioneri.
Scusate se uso scenari bellici ma questa è la realtà nuda e cruda del mercato, a me molto cara perchè considero l’organizzazione delle multinazionali simile a quella delle legioni romane, stesso rigore nella applicazione del metodo di conquista del mercato.
E il mercato si conquista con le persone e con l’offerta.
Occorrono persone di valore che mettono nel lavoro a contatto con i clienti passione, integrità, competenza.
Ma senza una offerta di qualità frutto di analisi di mercato efficaci e di una costante attenzione alla ricerca e sviluppo, in tutti i campi non solo nell’informatica, non si va da nessuna parte.
Tutto ciò per dire che i due grafici non mi sorprendono, la ricerca di nuovi clienti dopo il viaggio illusorio della finanza creativa è la prova che si sta tornando alla economia reale.
Ed è sacrosanto quello che Gustavo e con lui tutti noi Viaggiatori stiamo continuando a dire da mesi, e cioè che il mercato più grande, anche maggiore del 20% è quello del settore pubblico
Ma il settore pubblico (di cui ho avuto la responsabilità commerciale per diversi anni) non deve essere considerato come la vacca da mungere alla ricerca di incentivi sterili o di finanziamenti (anche europei) da prendere a tutti costi con progetti poco realistici, ma come un mercato dove portare valore e innovazione.
Il mercato del settore pubblico deve essere il volano che genera progetti di infrastrutture, con manager pubblici competenti e integri.
Nel programma dei Viaggiatori proponiamo molti progetti a sostegno dei giovani e PMI ma senza una riforma “anglossasone” della PA non si va da nessuna parte, e penso che ognuno debba fare la sua parte lato domanda e lato offerta.
08/05/2013 @ 12:16
Ecco uno che la vede TOTALMENTE come me!!!!
Angel Gurrìa, Segretario generale OCSE a Ballarò:
http://www.youtube.com/watch?v=W5DjFRENKvw