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Il braccino del tennista che uccide l’Italia

Ieri è uscito per il semestre ottobre 2011-marzo 2012, il rapporto della BCE sull’accesso alla finanza delle piccole e medie imprese, basato sul sondaggio di più di 7000 imprese dell’area dell’euro, quasi tutte di dimensioni inferiori a 250 addetti.  Dal 2009 la BCE pubblica semestralmente tale rapporto, che diventa col tempo sempre più articolato e preciso, capace anche di permettere paragoni temporali sull’evoluzione dello stato della piccola europea. Che non rallegrano.

Rispetto al precedente rapporto che copriva estate ed autunno del 2011, il numero di piccole imprese europee che dichiara un peggioramento nei profitti è salito dal 15 al 27%, con picchi nel settore delle costruzioni (ci torneremo tra pochi paragrafi) e del commercio. Ben meno grave il declino per le grandi imprese.

La buona abitudine della BCE è di chiedere alle piccole (e grandi) imprese quale è la fonte di maggiore preoccupazione: fattori legati alle riforme (regolazione), alla competitività (competizione, costi di produzione), alla produttività (qualità della forza lavoro), all’accesso al credito oppure fattori di domanda aggregata (disponibilità di clienti).

Il messaggio è drammaticamente chiaro: torna ad essere alto come nel bel mezzo del nero 2009 il problema della domanda aggregata, che manca con i suoi clienti per le imprese che non si trovano più. Ancor più della disponibilità di credito (su cui torneremo in prossimi post) la mancanza di clienti è il problema più sentito. E’ in crescita anche per le grandi imprese europee, ma in maniera meno drammatica (ma non per l’Italia, vedi sotto).

E l’Italia, appunto, come si pone in tutto ciò? In termini di evoluzione dal 2009, l’enfasi si è spostata se possibile ancora più pesantemente su mancanza di domanda, accesso alla finanza e costi di produzione: il 15% in più, all’interno della piccole imprese rispetto a più di 2 anni fa, ha spostato la sua preoccupazione su uno di questi 3 problemi.

Ma rispetto al totale delle imprese europee, sia le grandi che le piccole italiane soffrono ben di più di problemi di domanda che non c’è: 28% le grandi (20% nell’euro) e 30% le piccole (27% nell’euro) con un picco del 33% per le micro imprese.

Ora io mi chiedo.

In assenza così ovvia di domanda privata, cosa, cosa aspettiamo per risvegliare la domanda pubblica per le piccole imprese in questo Paese? Se è vero come è vero che nel settore delle costruzioni alberga un grande dramma occupazionale e imprenditoriale, cosa aspettiamo  a domandare loro in questo momento di ristrutturare l’edilizia fatiscente di prigioni, scuole, ospedali, università, luoghi d’arte per i nostri cittadini e per non far sparire per sempre queste imprese? Riservando per di più quote di questi appalti alle piccole?

Le riforme non salveranno queste imprese dalla loro morte, con danni occupazionali e umani terribili. Non c’è da chiedere rigore che da instabilità anche nei conti pubblici ma sviluppo che genera stabilità.

Se PIL e occupazione salgono perché le imprese lavorano per il Paese e nel fare questo mettono in sicurezza i nostri conti pubblici uccisi dall’austerità, mi dite cosa temiamo, perché abbiamo il braccino del tennista?

Altro che Salva Italia, svegliamoci!

6 comments

  1. ci vorrebbe una bella legge sul risparmio energetico (anzi un decreto d’urgenza) basterebbe mutuare quella che c’è in germania o quella inglese…forse le aziende in italia non sarebbero tanto pronte ma gli si potrebbe ‘pagare’ l’aggiornamento con un credito d’imposta con qualche sgravio o qualche incentivo …
    E’ talmente ovvio che un rilancio dell’edilizia (e delle ristrutturazioni) è funzionale sia alla crescita che al risparmio energetico…lo aveva detto anche tremonti ma poi non ha fatto nulla…
    Fa tristezza perchè oramai la grecia è vicina (almeno per il comparto costruzioni e pmi )
    In questo davvero è stato un gravissimo errore non prendere esempio da germania , regno unito , svizzera…
    Tremendo ridardo culturale da parte dei partiti degli intellettuali italiani e degli italiani in genere …e se il pifferaio grillo sembra
    l’ultima salvezza…siamo proprio messi bene…
    quanto alla spending review non mi sembra che stia procedendo benissimo…
    Diciamo che un periodo di decadimento non ha una causa sola …

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  2. maurizio campolo

    30/04/2012 @ 12:59

    Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur…
    Il più grave degli attuali problemi dell’Italia – che non sono certo pochi – è la sospensione della democrazia, realizzatasi con l’insediamento “forzoso” del governo tecnico e la sparizione di qualsiasi dibattitto fra maggioranza ed opposizione (quest’ultima, semplicemente, non esiste più, essendosi “sciolta”, di fatto, nella grande coalizione grigia che governa il Paese).
    In un simile, desolante, quadro, la mancanza di forze politiche che possano, con una qualche credibilità, contrastare il patto implicito fra i poteri forti che sta determinando le nostre sorti, rischia di rendere il dibattito accademico fine a se stesso e, quindi, sterile.
    Lo so che può suonare ridicolo in un momento come l’attuale, in cui l’antipolitica sembra trionfare, ma forse l’unica sarebbe fondare un nuovo partito.
    Ma dove collocarsi per essere alternativi a questa miseria generalizzata?
    Non è che sia semplice capirlo…

    Reply
      • maurizio campolo

        01/05/2012 @ 08:26

        Qualunque cosa che non sia la DC!!
        Abbiamo penato a lungo per liberarcene e adesso ci manca solo che ce la ritroviamo in versione riveduta e corretta con in testa l’ex delfino di Forlani!
        Sembriamo finti….
        Scherzi a parte, io credo che la situazione polticamente “bloccata” nella quale ci troviamo sia destinata ad un’evoluzione drammatica, se non si fa qualcosa per riportare sulla scena un minimo di confronto “vero”.
        Ad esempio, la nomina di Bondi, al di là delle indubbie qualità e competenze tecniche dell’uomo (che peraltro pare abbia assunto il figlio di Monti ai tempi dell’incarico in Parmalat…), e l’affiancamento di Giavazzi, dimostrano una volta di più che questo governo ha ricevuto il mandato di fare “pulizia etnica”: non è accettabile, francamente, in un Paese che si dice democratico, che decisioni così drammatiche e decisive vengano adottate da esperti che appartengono, sostanzialmente, ad una medesima cerchia (consorteria?), tanto più considerando che, trattandosi di un governo tecnico, questi signori, di fatto, rispondono ad un Parlamento sotto tutela.
        Politicamente, io credo che l’Italia abbia bisogno di un nuovo (e vero) partito liberale, ovviamente liberista, ma che non rifiuti il ruolo fondamentale che lo Stato può giocare in economia.
        Un partito che rifiuti le logiche dell’affarismo e del clientelismo, ma che si sforzi di istituzionalizzare le pratiche di lobbying, rendendole così trasparenti e, per ciò stesso, meno insidiose.
        Se mi chiede dove credo dovrebbe collocarsi un simile partito, Le rispondo che, pur essendo io convinto che “destra” e “sinistra” siano ormai etichette prive di senso, io lo associo più facilmente all’idea di destra.

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        • Il partito liberale. Che meraviglia sarebbe un vero partito liberale, che metta al centro l’uomo, per questo Paese. Lo sa però che per me liberale non equivale a liberista? Io proteggerei costantemente i piccoli con le regole, non abbatterei quelle regole.

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          • maurizio campolo

            01/05/2012 @ 11:34

            Mio caro Professor Piga, la mia idea è un liberismo per così dire “illuminato” ed adeguato ai tempi, non una deregulation sfrenata.
            Io mi sono formato studiando le partecipazioni statali ed ho un dottorato in diritto dell’economia.
            Il vero liberale protegge la concorrenza e, per questo, non lascia i “piccoli” senza le (giuste) protezioni.
            Né lascia che il mercato possa abusare degli utenti e quindi, alla fine, di se stesso (pensi che io introdurrei volentieri un regime di prezzi calmierati anche per le pizze….).
            Ma ci vuole l’azione, oltre al pensiero.
            E l’azione non è semplice.
            Questi vogliono rifare la DC…….. :(

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