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Se lo sanno fare loro, lo sappiamo fare noi

Sono stato il primo studente di dottorato che ha avuto il Prof. Roberto Perotti quando arrivò ad insegnare alla Columbia University dopo avere lui stesso preso il dottorato al MIT di Boston. Dubbio onore per lui (lo feci impazzire ed ebbe santa pazienza a tollerarmi) grande onore per me. Mi fece le pulci su qualsiasi passaggio, su qualsiasi equazione, su qualsiasi affermazione. Un lavoro folle, ma che rese il successo finale con il titolo di dottore di ricerca la più bella medaglia al petto che posso ancora oggi appuntarmi, una spinta ad andare avanti con entusiasmo quasi infinito.

Dunque la mia stima per Roberto Perotti è, coerentemente, quasi infinita. Tra l’altro gli dobbiamo gratitudine per avere messo a soqquadro l’università italiani anni fa introducendo il Bollettino dei concorsi che tanti baroni di Economia ha terrorizzato, migliorando grandemente la qualità dei concorsi stessi. Proposte estreme, a volte sbagliate, le sue, ma importanti.

Quindi lo leggo sempre volentieri. Come oggi sul Sole. Dove dice: Per ridurre la pressione fiscale di cinque punti percentuali del Pil in cinque anni, e assumendo una crescita reale dell’1% annuo, bisogna ridurre la spesa di circa 70 miliardi ai prezzi attuali.

E che:  L’alternativa cui ricorrono tutti sono i tagli ai consumi intermedi dello Stato e alle remunerazioni dei dipendenti. Ma non basta enunciarne la quantità, bisogna dire “come” attuarli. Per fare un solo esempio, si è parlato molto in queste ultime settimane della sanità. Ma in Gran Bretagna da quindici anni commissioni su commissioni studiano il problema di come ridurre la spesa sanitaria in un sistema pubblico, senza pregiudicare la qualità dei servizi, e non ne sono ancora venuti a capo. Quante persone in Italia hanno la competenza necessaria per fare una proposta organica e quantitativamente rilevante? Quanti partiti hanno fatto proposte concrete? …Che ci piaccia o no, il problema dei tagli alle tasse è prima di tutto, e molto semplicemente, un problema di ordine pubblico….

E conclude: Ma non c’è una lista o un commentatore (incluso il sottoscritto, per quel che conta) che sia in grado di proporre un programma dettagliato, credibile, e politicamente sostenibile per affrontarlo.

Ecco 4 punti su cui non concordo con Roberto:

a) presume che il fine ultimo dei tagli di spesa sia la riduzione delle tasse. Non è così. Ridurre le tasse oggi non aiuterebbe il ciclo economico (vedi post di ieri) e non affronterebbe il problema di lungo periodo numero uno del Paese: la urgente necessità di mettere mano alla ricostruzione delle infrastrutture materiali ed immateriali del Paese per vincere la battaglia della produttività del nostro settore privato con i nostri partner internazionali.

b) conclude che non ci siano persone in Italia capaci di tagliare le spese in acquisti di beni e servizi (non con tagli lineari) e anche di lavori. Non è vero. E’ vero che la Ragioneria Generale dello Stato è un moloch immobile dentro la quale ci si perderebbe anche Teseo con gomitolo annesso, ma questo è un (rilevantissimo) problema politico. Ma non tecnico. Su questo blog da 1 anno diciamo come si dovrebbe fare e sappiamo benissimo che si potrebbe fare.  Il Regno Unito, al contrario di quel che dice Roberto, in questi 30 anni ha rivoluzionato la qualità dei suoi appalti pubblici con competenza e professionalità, premiate. Se lo sanno fare loro, lo sappiamo fare noi.

c) Ma parrebbe vero che nessun programma lo prevede. Appunto. E’ un problema politico. Ma nemmeno questo è vero. Il programma dei Viaggiatori in Movimento che stiamo ultimando in questi giorni (è dura! tanta fatica!) prevede un taglio del 3%  di PIL di spesa nominale di acquisti di beni e servizi e lavori, senza toccare la spesa reale (ovvero: tagli di sprechi non tagli recessivi). Da usare però in modo ben diverso da quanto richiesto da Perotti: far diventare quegli sprechi spesa vera, per le infrastrutture a supporto del nostro settore privato. Università, scuola, dissesto idro-geologico, le nostre Pompei in malora, carceri, ospedali, tribunali, ICT. Così da ridare vita anche al settore privato, sia in termini di ciclo che di capacità di crescita strutturale.

d) Roberto Perotti a Gustavo Piga: “anche se superassi il vincolo politico, cosa impossibile, quella spesa ulteriore sarebbero ulteriori sprechi”. Vero, se governasse la macchina pubblica chi non ha mai preso un impegno nei confronti del taglio degli sprechi. Falso, se chi promette di tagliarli sa farlo e ha la forza politica per farlo.

E’ semplicemente ora di votare sulla base dei programmi. Ma non i temini di 25 pagine scritti in 3 giorni a 6 mani.

Quelli, per favore, no.

3 comments

  1. Fabrizio Padua

    11/01/2013 @ 09:16

    Gustavo, concordo in pieno, il punto centrale è proprio quello che ricordi per l’ennesima volta (ma tante altre ne dovranno seguire !):
    “…prevede un taglio del 3% di PIL di spesa nominale di acquisti di beni e servizi e lavori, senza toccare la spesa reale (ovvero: tagli di sprechi non tagli recessivi)”.
    Per chiarire meglio il concetto penso che sarà opportuno fare degli esempi concreti, corretti ma facili da capire, con numeri e con categorie merceologiche note a tutti, secondo me occorre spiegare bene la differenza tra tagli di sprechi rispetto a tagli recessivi: ad esempio, come giustamente evidenziato nel programma, comprare meglio significa avere compratori oltre che onesti soprattutto competenti.

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  2. Giorgio Zintu

    11/01/2013 @ 14:24

    Concordo e vedo da tempo immemorabile un insieme di scelte politiche ed economiche che si rincorrono senza sapere da dove cominciare. Spesso si parte dalle tasse e da lì si costruisce il consenso elettorale. Poi si ricomincia. Quindi tutti i governanti a vario titolo si affannano a promettere un futuro senza quella tassa e i governati credono alle promesse. Non è una novità ma ci si aspetterebbe che a fronte di un tasso di scolarità cresciuto aumentasse anche il livello di competenza o di partecipazione alle decisioni. Non è così perché anche i più competenti forniscono ricette diverse non capendo bene qual è il fine dell’economia. Insomma la diminuzione delle tasse non è il traguardo ultimo di un governo. Meglio una tassazione che giustifichi il livello della qualità dei servizi resi alla collettività.
    Infatti a cosa servirebbe avere qualche centinaio di euro disponibile a famiglia se le strade sono impercorribili, se i mezzi pubblici inquinano come nel secolo scorso quando a Vienna utilizzano bus elettrici di fabbricazione italiana, se il turismo estero non troverà una Pompei tenuta come un bene culturale invece di un crescente mucchio di rovine oppure se i servizi sanitari diventeranno di fatto inaccessibili perché da Oriolo Romano si dovrà andare a Roma o a Viterbo per trovare qualche servizio ospedaliero in grado di salvarti la vita. Mi fermo qui.

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    • Giorgio, l’apprezzamento di quanto dici dovrebbe appartenere alla normalità, ad un giusto ordine delle cose e delle aspirazioni. Sotto il peso di questo regresso però, non possiamo più pensare in questi termini, ora che un numero sempre più vasto di famiglie e di persone subiscono licenziamenti, il disagio di stipendi arretrati anche di parecchi mesi, le imprese che chiudono drasticamente. Queste famiglie, queste persone ( che siamo noi) devono riemergere e scalare quelle macerie prodotte da una crisi affrontata con questa ormai conclamata scellerata austerità. Queste persone impiegano ogni istante della propria vita per preoccuparsi di sopravvivere, alle tasse di un attività finita male, alle angoscianti conseguenze di un mutuo impossibile da affrontare, ai figli, alla complessità della propria vita! L’annullamento di quella tassa somiglia al rumore di una goccia che cade nel deserto. Basta poco se si ha sete! Si può biasimare l’idea di questa opportunità? Anche se la realtà ci dice che è solo una goccia! Preserviamo quella goccia preziosa. E intanto diamoci da fare, per andare oltre!

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